Nuova Sabatini, aumentano i finanziamenti per il 2023

Il Governo insieme allo schema della legge di bilancio 2024 ha approvato un ulteriore decreto collegato, questo prevede, tra le altre cose, lo stanziamento di ulteriori 50 milioni di euro per la Nuova Sabatini. Ulteriori risorse inoltre con la legge di Bilancio 2024.

Nuovi finannziamento di 50.000 euro per le imprese che investono

La Nuova Sabatini è l’agevolazione messa a disposizione dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy con l’obiettivo di facilitare l’accesso al credito delle imprese e accrescere la competitività del sistema produttivo del Paese. L’agevolazione sostiene gli investimenti per acquistare o acquisire in leasing macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware, nonché software e tecnologie digitali.

La Nuova Sabatini è destinata alle piccole, medie e micro imprese e permette di acquistare macchinari di ultima generazione in grado di migliorare la produttività.

L’articolo 13 del decreto legge 145 del 2023 prevede il rifinanziamento con ulteriori 50 milioni di euro della Nuova Sabatini per il 2023, l’obiettivo è dare continuità a piccole, micro e medie imprese che vogliono fare innovazione. Non è inoltre la prima volta che nel 2023 viene rifinanziata la Nuova Sabatini nel 2023. Naturalmente vi deve essere correlazione tra i beni per i quali si chiede il finanziamento e l’oggetto dell’attività svolta.

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Chi può accedere alle risorse della Nuova Sabatini?

Si può accedere alle risorse presentando la domanda con l’uso della piatttaforma prefisposta dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy entro il 31 dicembre 2023.

Le risorse, che vanno ad aggiungersi a quelle già stanziate con la legge di bilancio 2023, possono essere utilizzare per l’acquisto o per contratti di leasing per macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware, software e tecnologie digitali. Possono accedere alle risorse le imprese di tutti i settori produttivi compresi agricoltura, pesca, ad eccezione delle imprese che si occupano di attività finanziarie e assicurative.

Possono accedere ai contributi le imprese:

  • regolarmente costituite e iscritte nel Registro delle Imprese;
  • non sono in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali con finalità liquidatoria;
  • non risultano essere imprese in difficoltà;
  • non rientrano tra le imprese che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti considerati illegali o incompatibili dalla Commissione Europea;
  • abbiano sede legale o un’unità locale in Italia.

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Microimpresa e piccola impresa, il confronto e quali sono le differenze

In Italia le imprese sono denominate e sono classificate sia in base al numero dei dipendenti, sia in ragione del loro fatturato annuo. Per esempio, in Italia ci sono tantissime microimprese, e lo stesso dicasi per la cosiddetta piccola impresa. Vediamo allora di fare il confronto tra le due, e vediamo anche di capire quali sono le differenze tra microimpresa e piccola impresa.

Cos’è una microimpresa

Nel dettaglio, in Italia sulle microimprese c’è da dire, prima di tutto, che queste rientrano tra le PMI, ed hanno meno di 10 dipendenti. Nonché hanno un fatturato o un bilancio annuo che non supera la soglia dei 2 milioni di euro.

Cos’è una una piccola impresa

La piccola impresa, invece, è un po’ più grande di una microimpresa. Dato che rientrano tra le piccole imprese le attività imprenditoriali che occupano meno di 50 lavoratori. Nonché hanno un fatturato o un bilancio annuo che non supera la soglia dei 10 milioni di euro.

Come si calcola il numero degli occupati nelle microimprese e nelle piccole imprese

Per il calcolo del numero degli occupati in una microimpresa, e lo stesso dicasi per una piccola impresa, sono conteggiati gli impiegati con contratto di lavoro a tempo indeterminato full time, e quelli con contratto a part-time. Mentre non sono conteggiati gli apprendisti, le lavoratrici in maternità e gli stagisti.

Quindi, una micro impresa può avere meno di 10 dipendenti, e classificarsi come tale, ma può avere pure stagisti e apprendisti, non conteggiati, così come avviene spesso per le microimprese e per le piccole imprese che sono operanti nel settore dell’artigianato.

Quali sono gli obblighi per le microimprese e per le piccole imprese, occhio alla fatturazione elettronica

Tra gli obblighi per le microimprese e per le piccole imprese ricordiamo che c’è quello relativo alla fatturazione elettronica. In particolare, molti contribuenti in regime fiscale forfettario rientrano tra le microimprese. Ma anche per loro, con ricavi o compensi sopra i 25.000 euro, dall’1 luglio del 2022 è scattato l’addio all’emissione di fatture cartacee.

Per la fatturazione elettronica le microimprese e le piccole imprese possono utilizzare dei software accreditati. Oppure, senza mai spendere un euro, c’è l’app FatturAE ed il portale ‘Fatture e Corrispettivi‘ dell’Agenzia delle Entrate.

Bonus esportazioni, contributi a fondo perduto per le micro imprese

Si potranno presentare a partire dal 16 maggio 2022 le domande per il bonus esportazioni per le micro imprese. Le risorse messe a disposizione sono pari a 30 milioni di euro e andranno a finanziare le iniziative di internazionalizzazione delle imprese fino a dieci dipendenti e fatturato annuo non eccedente i due milioni di euro. La misura è disciplinata dalle disposizioni del direttore generale dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice) numero 21 del 25 novembre scorso.

Contributi a fondo perduto per internazionalizzazione delle micro imprese: ammontare degli incentivi

Il provvedimento attuativo che ha dato il via ai contributi a fondo perduto per le micro imprese è quello del 12 aprile 2022. Gli incentivi verranno erogati sulla base delle soluzioni digitali che favoriranno il commercio con l’estero. Sono ammessi a presentare domanda anche le reti di impresa e i consorzi che potranno beneficiare di contributi a fondo perduto fino a 22.500 euro. I contributi sono erogati in un’unica soluzione. Alle micro imprese, prese singolarmente, l’ammontare massimo del contributo è pari a 4 mila euro.

Quali micro imprese possono presentare domande per il bonus export?

Ammesse alla presentazione delle domande del bonus export sono le micro imprese che abbiano codice Ateco “C”; inoltre, le imprese possono inoltrare domanda anche se rientranti in reti e consorzi. In tal caso, la rete o il consorzio deve essere formata a un minimo di 5 micro imprese. Il vincolo persiste sia alla data di presentazione della domanda che alla momento dell’erogazione degli incentivi. Il numero massimo di dipendenti è fissato a 10, con fatturato annuo non oltre i due milioni di euro. Inoltre, la fatturazione dei prodotti commerciali deve essere stata avviata almeno un anno prima della presentazione dell’istanza. Inoltre, le imprese richiedenti devono avere sede legale od operativa in Italia, oltre allo stabilimento produttivo nel territorio nazionale.

Requisiti necessari per presentare domanda del bonus export: ecco quali sono

Tra i requisiti richiesti per presentare domanda del bonus esportazioni rientrano:

  • l’iscrizione attiva al Registro delle imprese;
  • le posizioni contributive Inps e Inail  in regola;
  • non aver usufruito di aiuti in regime “de minimis” eccedente il massimale fissato.

Quali spese finanzia il bonus export delle micro imprese?

I contributi a fondo perduto per le micro imprese dell’avviso Ice sono destinati a coprire le seguenti spese:

  • investimenti in soluzioni digitali per le esportazioni. Le soluzioni devono essere acquistate presso un elenco di imprese abilitate dall’Ice;
  • realizzazione di sistemi di commercio elettronico per automatizzare le operazioni di trasferimento e di gestione dei beni e servizi;
  • servizi di comunicazione e di Content Management System (Cms);
  • costi per le consulenza di sviluppo di processi di organizzazione aziendale e di gestione del personale.

L’importo minimo delle spese, per ottenere il cofinanziamento, è pari a:

  • 5 mila euro per le micro imprese che presentano domanda in forma individuale;
  • 25 mila euro per le reti di imprese e i consorzi.

Come presentare domanda per i contributi a fondo perduto delle micro imprese?

Per la presentazione delle domande dei contributi a fondo perduto per l’internazionalizzazione e l’export delle micro imprese c’è tempo dalle ore 10:00 del 16 maggio prossimo fino alle ore 17:00 del 15 luglio 2022. A partire dal 10 maggio, alle ore 10:00, le micro imprese avranno la possibilità di precaricare le domande in vista dell’invio che può avvenire solo dal 16 maggio. Le domande devono essere precompilate e poi inviate tramite la piattaforma messa a disposizione da Invitalia.

Come rendicontare le spese ammissibili ai contributi del bonus export e richiedere l’incentivo?

I giustificativi di spesa per l’ottenimento dei contributi a fondo perduto del bonus export devono essere presentati soltanto in formato elettronico. L’emissione dei titoli deve avvenire in data susseguente a quella dell’invio della domanda degli incentivi. La richiesta di erogazione degli aiuti, sulla base della domanda già inviata a maggio, può avvenire in via telematica dal 30 novembre 2022 al 30 settembre 2023.

Nuove opportunità di lavoro nel settore del Pay Tech

Il settore del PayTech è uno dei più sviluppati nell’era digitale perché consente con pochi passaggi di effettuare pagamenti sicuri, veloci e con costi per il servizio ridotti.

Lavorare nel PayTech può essere la soluzione per il proprio futuro

Il Pay Tech, come dice il nome stesso, è un sistema che consente il pagamento digitale per i servizi e quindi senza contante. Naturalmente essendo un servizio molto richiesto sono tante le società che hanno cercato di scalare il settore e a sottolineare che l’Italia può avere un ruolo centrale nell’era digitale, se inizia a credere ai suoi talenti, è Nexi che in breve tempo è diventato un colosso del settore e non solo in Italia, infatti si pone al fianco di altri importanti colossi a livello globale, cioè Visa e Mastercard, di fatto è un settore in cui ci sono anche buone prospettive per il lavoro . Il PayTech prevede la collaborazione tra la società che fornisce i sistemi di pagamento digitale e le aziende che, tramite tali sistemi, possono comodamente ricevere i pagamenti digitali di prestazioni, servizi prodotti

Naturalmente nel Pay Tech l’elemento a cui proprio non si può rinunciare è la sicurezza nelle operazioni condotte, cioè è necessario avere a supporto delle proprie attività dei partner che siano affidabili e che offrano servizi molto sicuri che quindi tutelino i dati immessi ed evitino che gli stessi possano arrivare a terzi.

L’accelerazione nello sviluppo di soluzioni di pagamento digitale è dovuto anche alla situazione contingente, infatti con la pandemia anche le micro-imprese, che generalmente sono lontane dalla tecnologia digitale in quanto la vedono esclusivamente come un costo e non come un investimento, hanno dovuto cambiare la rotta. Hanno iniziato ad offrire servizi delivery e hanno adottato vetrine online e quindi hanno avuto l’esigenza di offrire soluzioni di pagamento veloci e sicure, ecco perché il settore si è molto implementato e ha bisogno di nuove professionalità.

Professionalità richieste nel Pay Tech

La svolta digitale è in pieno divenire e proprio per questo vi è un’elevata richiesta di lavoratori specializzati in questo settore, Nexi si pone come uno dei poli di eccellenza in quanto offre servizi a oltre 150 banche, inoltre lavora al servizio della Pubblica Amministrazione per rendere i pagamenti più semplici. Di conseguenza può essere considerato  leader nel settore che offre buone prospettive anche a coloro che vi lavorano. Ora è alla ricerca di ben 500 esperti nel settore digitale.

L’obiettivo è creare un nuovo centro digitale che dovrà sviluppare software e app per i pagamenti digitali. Le nuove assunzioni saranno 500, di queste 300 in Italia e 200 in Polonia. Le 300 assunzioni in Italia saranno tra Milano e Bari. A queste posizioni si aggiungono altre previste per il 2022.

Naturalmente si tratterà di posizioni a elevato valore scientifico, ricerca infatti giovani laureati in materie scientifiche, in particolare lauree in ingegneria e nel settore del digitale, inoltre saranno attivate collaborazioni con centri di ricerca universitari. L’obiettivo è dare vita a soluzioni tecnologiche che rendano i pagamenti digitali sempre più efficienti e sicuri.

Il settore è in evoluzione anche in vista dell’attuazione del Programma Strategico sull’Intelligenza Artificiale

e del Piano di Transizione 4.0 per Ricerca e Sviluppo: come accedere ai fondi

 

Voucher digitalizzazione per micro e piccole imprese

Un’iniziativa molto importante per le micro, piccole e medie imprese, che possono approfittare di un’opportunità per diventare più innovative e competitive.
Si sa che spesso le imprese di piccole dimensioni non hanno un capitale elevato e si trovano così costrette a rinunciare ad adottare tecnologie e strumenti avanzati, indispensabili per rimanere al passo e reggere la concorrenza.

Per questo motivo, dal 30 gennaio al 9 febbraio 2018 le micro, piccole e medie imprese potranno richiedere i voucher per la digitalizzazione dei processi aziendali e per l’ammodernamento tecnologico.
Questo tipo di voucher prevede un contributo fino a 10 mila euro, che deve però corrispondere al massimo al 50% del totale delle spese ammissibili.

Per presentare la domanda, gli imprenditori devono collegarsi al sito del Ministero dello Sviluppo Economico a cominciare dalle ore 10 del 30 gennaio e fino alle ore 17 del 9 febbraio 2018.
In realtà, sarà possibile già dal 15 gennaio accedere alla procedura informatica e poter compilare la domanda, ma per poterlo fare è necessario essere in possesso della Carta nazionale dei servizi e di una casella di posta elettronica certificata attiva, che però sia stata registrata all’interno del Registro delle Imprese.

Vera MORETTI

Cuneo fiscale più pesante per i contratti di apprendistato italiani

Confartigianato ha voluto intervenire all’interno del dibattito sulla legge di bilancio, ed in particolare circa la detassazione del costo del lavoro, per porre l’attenzione sul contratto di apprendistato.
In particolare, è stato chiesto di semplificare questo tipo di contratto, che permette ai giovani di entrare nel mondo del lavoro, poiché considerato troppo articolato e, per questo, spesso non molto amato dai datori di lavoro. Ma non solo: è stata anche richiesto il ripristino della decontribuzione totale nei primi tre anni di contratto per le assunzioni di apprendisti in aziende fino a 9 dipendenti.

Questa richiesta non è un caso, poiché l’apprendistato è un contratto utilizzato maggiormente dalle piccole imprese, tanto che nel primo trimestre 2017 l’incidenza degli ingressi mediante apprendistato nelle Micro e Piccole Imprese è dell’11,5% delle assunzioni, quota doppia rispetto al 5,5% delle medie-grandi imprese.
Va ricordato che nelle Micro e Piccole imprese italiane sono occupati 5.776.791 lavoratori dipendenti, il 50,7% del totale; sono 1.259.835 i dipendenti delle imprese artigiane.

La decontribuzione dell’apprendistato contribuirebbe alla riduzione della elevata pressione fiscale sul lavoro, considerando che, nel confronto con gli altri Paesi Ocse, l’Italia deve sopportare un peso fiscale di gran lunga più elevato sul costo del lavoro dipendente, che nel 2016 è pari al 47,8%, di 11,8 punti superiore alla media dei paesi avanzati (36,0%) ed il quinto più alto dopo Belgio (54,0%), Germania (49,4%), Ungheria (48,2%) e Francia (48,1%).

Andando più nel dettaglio, il cuneo fiscale dell’Italia è la composizione del 16,4% di imposte su redditi da lavoro dipendente, del 7,2% di contributi sociali a carico del lavoratore e del 24,2% di contributi sociali a carico del datore di lavoro, voce che da sola rappresenta la metà del cuneo fiscale.

Vera MORETTI

Un bando per le pmi contro la contraffazione

La Direzione generale per la lotta alla contraffazione del Ministero dello Sviluppo economico e Unioncamere, il cui abbreviativo è UIBM, ha deciso di promuovere un’iniziativa che riguarda in primo luogo l’accrescimento del valore dei marchi nazionali, quelli che contribuiscono ad esaltare e evidenziare la storia, la tradizione e la cultura d’impresa del nostro Paese.

In che modo? Attraverso il “Bando per la concessione di agevolazioni alle imprese per la valorizzazione dei marchi la cui domanda di deposito sia antecedente al 1° gennaio 1967” si mira a concedere agevolazioni rivolte in particolare a micro, piccole e medie imprese, mettendo a disposizione delle aziende italiane ben 4,5 milioni di euro per la realizzazione di un progetto finalizzato al rilancio ed alla valorizzazione produttiva e commerciale del marchio.

Per poter accedere al bando e, di conseguenza richiedere il contributo, occorre compilare l’apposito form che sarà online a partire dalle ore 9:00 del 4 aprile 2017.

A disposizione delle imprese c’è anche un servizio di assistenza telefonica al numero 06-77713810 attivo dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 11.00, oltre alla casella info@marchistorici.it a cui è possibile inviare domande o chiedere chiarimenti.

Vera MORETTI

Cresce l’ export delle micro e piccole imprese

Piccola azienda, grande export. Nel 2015, infatti, le esportazioni delle micro (meno di 10 addetti, l’86,4% delle unità produttive italiane nel 2013) e piccole imprese italiane sono aumentate, nonostante il rallentamento delle economie emergenti che rappresentano i primi mercati esteri per molte di loro.

L’andamento è stato certificato da un’indagine di Confartigianato sul made in Italy nei settori della micro e piccola impresa, dalla quale emerge che, sul totale dell’anno, il risultato dell’ export è stato positivo: tra il quarto trimestre 2014 e il terzo trimestre 2015, il valore dell’ export di queste imprese è stato pari a 114,7 miliardi di euro, il 7,1% del Pil.

Se si guarda invece al periodo gennaio-settembre 2015, l’ export è aumentato di oltre 3 miliardi di euro, +3,8% rispetto allo stesso periodo del 2014. Le esportazioni sono cresciute del 4,1% nel manifatturiero, del 6,6% nell’alimentare e del 6,4% nel legno arredo.

Nel dettaglio, l’ export è cresciuto del 5,4% verso le economie avanzate e calato dello 0,6% nei Paesi emergenti, trascinati al ribasso dalla Russia (-33,5%). Tra i principali mercati del made in Italy cresce l’ export verso Stati Uniti (+20,4%), Corea del Sud (+17%), Cina (+12,9%), Hong Kong (+10,1%), Polonia (+8,9%), Regno Unito (+8,8%), Spagna (+7,3%) e Svizzera (+5,7%). Oltre a quello verso la Russia, calano quelli verso Francia (-0,1%), Belgio (-1,2%) Emirati Arabi Uniti (-1,5%), Austria (-1,7%), Grecia (-7,2%).

Nell’indagine, Confartigianato invita a tenere sott’occhio l’andamento del prezzo del petrolio, che potrebbe condizionare le dinamiche dell’ export. Secondo gli artigiani, infatti, sia i Paesi produttori sia quelli fornitori dell’Italia potrebbero rivedere le proprie politiche di importazioni di prodotti made in Italy a causa del protrarsi della “guerra” del prezzo del greggio. E si tratterebbe di realtà importanti: Confartigianato ricorda infatti che 41 Paesi emergenti produttori di petrolio pesano per il 15,1% dell’ export italiano e i 19 emergenti fornitori del nostro Paese per il 7,7%.

La crisi mette in ginocchio l’artigianato

L’artigianato sta conoscendo un periodo di forte crisi.
I dati, a questo proposito, parlano chiaro: tra il 2009 e i primi nove mesi del 2014, infatti, più di 91mila imprese hanno dovuto alzare bandiera bianca.

Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, il cui Ufficio Studi ha effettuato questa indagine, ha commentato così questa situazione: “Nonostante la crisi economica abbia cancellato a livello nazionale ben 91.000 aziende artigiane, i giovani, soprattutto nel comparto casa, costituiscono la maggioranza degli addetti. E’ un segnale molto importante che squarcia un quadro generale molto critico. A nostro avviso ciò è dovuto a due motivi. Il primo: questi mestieri, legati al mondo dell’edilizia, impongono una forza e una tenuta fisica che difficilmente possono essere richiesti a dei lavoratori di una certa età. Il secondo: il forte aumento del numero dei diplomati avvenuto in questi ultimi anni nel settore edile, elettrico e termoidraulico ha favorito l’ingresso di molti ragazzi nel mercato del lavoro. In generale, malgrado le difficoltà e i problemi che sta vivendo il nostro settore, i giovani stanno ritornando all’artigianato, ma non ai vecchi mestieri. Dai nostri dati, ad esempio, gli artigiani che lavorano il vetro artistico, i calzolai, gli artigiani del cuoio, delle pelli e quelli e i sarti corrono il rischio, fra qualche decennio, di estinguersi”.

Per quanto riguarda l’ubicazione delle imprese che sono state costrette a chiudere, una su due si trovava al Nord, con picchi in Lombardia, dove all’appello mancano 12.496 aziende, seguita dall’Emilia Romagna (-11.719), il Veneto (- 10.944) e il Piemonte (-8.962).

Tra i settori che maggiormente hanno sofferto la contrazione numerica, ci sono sicuramente quello delle costruzioni/installazione impianti (-42.444), ma anche le attività manifatturiere (- 31.256), i carrozzieri e le autofficine (- 15.973).

Al contrario, in espansione ci sono i servizi alla persona (parrucchieri, estetiste, massaggiatori, etc.), con un saldo pari a + 1.405 attività, le gelaterie e le pasticcerie, con +5.579 imprese, e le attività di pulizia/giardinaggio, con + 10.497 aziende artigiane.

Ma quali sono le cause che hanno portato a questa crisi?
In primo luogo i costi, che hanno cominciato a lievitare tanto da registrare un picco del 21% dal 2008 al 2013 nell’energia, e del 23,5% per il gasolio.
Anche la Pubblica Amministrazione è colpevole di aver causato disagi alle imprese artigiane, poiché, nello stesso lasso di tempo, ha aumentato di 35 giorni i pagamenti ai suoi fornitori.

Le banche, ovviamente, ci hanno messo del loro, se consideriamo che in questi sei anni gli affidamenti bancari alle imprese con meno di 20 addetti sono diminuiti del 10%, con un taglio complessivo alle micro imprese di ben 17 miliardi di euro.

Infine, le tasse e la burocrazia: dopo la rivalutazione del Pil, nel 2013 la pressione fiscale in Italia si è stabilizzata al 43,3 per cento: picco massimo mai raggiunto in passato, anche se per le micro imprese il carico fiscale supera abbondantemente il 50 per cento.
La burocrazia costa al mondo delle imprese italiane 31 miliardi di euro all’anno. Ciò implica che su ogni impresa grava mediamente un costo annuo pari a 7 mila euro. A differenza di quelle più grandi, le piccolissime imprese non possiedono una struttura amministrativa al proprio interno, che quindi si vedono costrette ad avvalersi dei servizi di professionisti esterni, con una conseguente spesa ben più alta della media.

Vera MORETTI

La Regione Puglia in aiuto a banche ed imprese

Dalla Regione Puglia è in arrivo un bando, chiamato Tranched cover, che prevede l’erogazione di 125 milioni di euro da destinare alle imprese e dar loro le garanzie necessarie a ottenere finanziamenti dalle banche.

In particolare, si tratta di un progetto rivolto alle micro e piccole e medie imprese intenzionate ad investire sull’innovazione e sullo sviluppo tecnologico e non su beni immobili e materiali, che spesso penalizzate dagli istituti bancari più restii a concedere finanziamenti.

Loredana Capone, assessore regionale allo Sviluppo economico, ha dichiarato: “La Puglia è la seconda regione d’Italia, dopo il Veneto, ad avere adottato il “Tranched cover”. Vogliamo che tutte le imprese pugliesi interessate a investire in attività innovative possano accedere ai prestiti bancari. Lo vogliamo perché siamo convinti che questo sostegno sia indispensabile e perché è umiliante e frustrante rivolgersi a una banca, in Italia, e non ricevere il trattamento riservato, invece, alle imprese della Silicon Valley o di altri Paesi in cui innovazione e ricerca sono ormai considerate il motore dell’intera economica territoriale. Solo le aziende che innovano hanno la forza di combattere la crisi. Solo le aziende che innovano possono affrontare la sfida del futuro e dell’internazionalizzazione ed essere, quindi, competitive. È fondamentale, allora, non lasciarle sole“.

Le risorse, dunque, vengono erogate a favore delle banche per limitare il rischio di credito, ed agevolare la concessione di prestiti alle imprese anche grazie al il rilascio di una garanzia sul portafoglio.

Le richieste vanno inoltrate entro il 10 ottobre scaricando la modulistica pubblicata sul portale di SistemaPuglia.

Vera MORETTI