Partite Iva, pioggia di bombe su Renzi

Le partite Iva sono quelle che, forse, il premier Matteo Renzi si sarebbe aspettato come ultime dei nemici. E invece, dopo gli scivoloni a ripetizione del governo su professionisti, lavoratori autonomi e partite Iva, ecco che contro il presidente del Consiglio scatta il loro fuoco incrociato.

Dopo le ripetute prese di posizione delle diverse associazioni professionali all’indomani dell’approvazione della legge di stabilità che ha fatto strage di diritti e speranze delle partite Iva, in questi giorni tornano alla carica Confassociazioni, Acta e Alta Partecipazione.

Dopo il trattamento riservato al lavoro autonomo professionale dal Governo – attaccano in una nota le tre associazioni di professionisti e partite Ivae dopo l’annuncio del presidente del Consiglio Renzi di una pronta marcia indietro ancora una volta siamo in attesa che alle parole seguano i fatti. È urgente che il Governo sostenga in Parlamento gli emendamenti al Milleproroghe che prevedono il blocco dell’aumento dell’aliquota della gestione separata Inps e subito dopo metta mano al regime dei minimi e si dedichi a una riforma organica del lavoro autonomo e professionale che preveda il riconoscimento di un’effettiva tutela della malattia e fissi l’aliquota previdenziale al 24% come già previsto per artigiani e commercianti”.

Poi la provocazione: “In assenza di segnali concreti chiederemo a tutti i professionisti, autonomi e freelance di evidenziare esplicitamente nelle fatture che rilasciano ai propri clienti l’aggravio fiscale e contributivo prodotto dalle politiche del Governo. La campagna METTIAMO IN FATTURA IL MALUS RENZI prevede proprio l’indicazione in fattura del “Malus Renzi”, in contrapposizione al bonus 80 euro ben evidenziato nelle buste paga dei lavoratori dipendenti”.

Scateneremo il #VIETNAMDELLEFATTURE”, concludono Confassociazioni, Acta e Alta Partecipazione.

E nemmeno il CoLAP resta a guardare. Dopo che nei giorni scorsi aveva lanciato l’ultima chiamata per il governo da parte delle partite Iva, ora presenta un emendamento al Milleproroghe per bloccare l’aliquota contributiva Inps Gs per i professionisti e le partite Iva esclusiva al 27 % anche per l’anno 2015.

Il CoLAP, riconoscendo il valore del carattere contributivo del nostro sistema pensionistico non chiede l’abbassamento dell’ aliquota, ma la stabilizzazione al 27%, percentuale ragionevole per garantire non solo la sostenibilità della pensione ma anche della vita attuale.

Tutti si sono cosparsi il capo di cenere dopo le ingiustizie inflitte alle partite Iva nella legge di stabilità – dice Emiliana Alessandrucci Presidente del CoLAP -; ora dopo il pentimento è il momento della correzione; si può infatti rimediare, almeno parzialmente, alle vessazioni inflitte ai lavoratori autonomi. Il CoLAP ha presentato un emendamento che prorogherebbe il blocco dell’aliquota contributiva INPS GS al 27% per i professionisti a partita iva esclusiva per tutto il 2015”.

Ma questo non risolve il problema – conclude -, è un provvedimento che da solo non serve, per questo chiediamo il blocco per il 2015 e l’apertura immediata di un tavolo per la costruzione di una proposta; siamo stanchi di trovarci sempre a discutere delle stesse cose! Ci toglie energie, ci ruba tempo e ci riduce opportunità. Non esistono motivi che possano bloccare la nostra, abbiamo segnali importanti che l’emendamento verrà presentato ora però deve anche essere approvato”.

Insomma, se già non lo ha fatto, Matteo Renzi prepari la contraerea: i bombardamenti delle partite Iva sono solo all’inizio.

Vecchio regime dei minimi fino al 30 gennaio 2015

Come sempre accade in Italia, sulle questioni tributarie e fiscali si fanno sempre dei grandi polveroni. Non sfugge a questa regola neppure la telenovela sul nuovo regime dei minimi.

Il passaggio a una tassazione agevolata triplicata al 15% dal vecchio 5% ha spinto il ministro del Lavoro Poletti a gettare acqua sul fuoco, anziché benzina: “Sugli aspetti fiscali del nuovo regime dei minimi – ha detto – sarà il ministero dell’Economia a predisporre opportune modifiche, mentre per gli aspetti previdenziali confermo e mi impegno ad adottare i necessari interventi. Posso anticipare la mia intenzione di incontrare le associazioni e le figure professionali interessate da questo provvedimento nei prossimi giorni per superare i profili critici”.

E, dopo che il premier Renzi ha parlato di “clamoroso autogol”, ecco la possibilità di rientrare nel vecchio regime dei minimi entro il 30 gennaio 2015 a patto che, assicura l’Agenzia delle Entrate, si posseggano i requisiti soggettivi e oggettivi, si chieda di potersi avvalere del regime agevolato previsto dal dl n.98/2011 abrogato dalla Legge di Stabilità 2015 (art.1, comma 85, lettera b, legge n. 190/ 2014) e si dichiari come data di inizio attività il 31 dicembre 2014.

Infatti la legge consente di rientrare nel vecchio regime dei minimi in quanto prevede 30 giorni di tempo per i soggetti che intraprendono l’esercizio di un’impresa per darne comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Si tratta dell’art. 35 del dpr n. 633/1972, che lascia così una scappatoia grazie alla quale evitare il nuovo regime dei minimi per le attività avviate il 31 dicembre 2014. 

Quello che tutto il mondo professionale si aspetta è però una revisione delle aliquote dei professionisti iscritti nella gestione separata che per il 2015 hanno subito l’impennata vergognosa; se non all’aliquota del vecchio regime dei minimi, al massimo a un 10%. Magari già negli emendamenti che saranno presentati al decreto Milleproroghe, in occasione del quale il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti (che già si era battuto per lasciare le vecchie aliquote) ha proposto la proroga del vecchio regime dei minimi anche per il 2015.

 

Quello che è certo è che sul nuovo regime dei minimi si è consumata una delle figure peggiori di un esecutivo che, al netto delle enormi difficoltà nelle quali si è trovato a operare, non ha sempre brillato per lungimiranza nei confronti dei professionisti.

CoLAP: partite Iva? Ultima chiamata

Che le partite Iva siano state considerate dal governo Renzi come dei figli di un dio minore, è un dato di fatto. Un dato di fatto così lampante, che persino il presidente del Consiglio ha riconosciuto l’errore fatto nella legge di stabilità a discapito delle partite Iva e ha proposto di recuperare la topica.

Un mea culpa che ha lasciato di stucco il presidente del CoLAP, Emiliana Alessandrucci: “Quando ho sentito il Presidente Renzi dire che sulle partite Iva ha sbagliato – ha scritto Alessandrucci in una nota – mi sono sorpresa: abbiamo scritto, riscritto, pubblicato, organizzato incontri, presentato istanze, illustrato proposte alternative, configurato scenari futuri e nessuno ci ha ascoltato”.

Oggi è inaccettabile – continua Alessandrucci – sentire che ‘hanno sbagliato’; hanno sbagliato perché volevano sbagliare. La cosa più grave è che questo errore lo pagheremo noi, i nostri professionisti e le nostre professioniste, le loro famiglie, il loro benessere sociale ed economico. Questo ‘erroruccio’ crea una nuova categoria di poveri; con l’innalzamento dell’aliquota contributiva Inps e con il nuovo regime dei minimi, i nostri professionisti e le nostre professioniste hanno solcato la soglia di povertà”.

Una conclusione sulle partite Iva alla quale è arrivata anche la Cgia, ma che ad Alessandrucci fa comunque montare il sangue alla testa: “Dire adesso ‘ho sbagliato’ – prosegue – è riduttivo e irresponsabile, abbiamo necessità di fatti basta parole, basta vane promesse! Poletti accetta finalmente il nostro suggerimento di aprire un tavolo con le associazioni… Sarà certamente utile, ma non abbiamo più tempo da perdere, le proposte ci sono, si possono migliorare e limare, ma dobbiamo farle diventare progetti, realtà per salvare le professioni, per aiutare l’emersione e questo SUBITO!”.

I Professionisti Associativi – conclude Alessandrucci – lanciano l’ultima chiamata al governo e se ancora una volta sarà inascoltata troveremo un modo più efficace per difenderci, tutelarci e valorizzare il lavoro che facciamo non solo per noi ma anche per il nostro Paese”.

Si attendono risposte, ora, da parte del governo, perché quella del CoLAP non è una stecca da solista ma una voce ben intonata in un coro di associazioni professionali e di partite Iva, stanche di dover pagare sempre e per tutti.

La grande fuga dal nuovo Regime dei Minimi

Se l’effetto che il ministero voleva con il nuovo Regime dei Minimi era quello di un boom di partite Iva a fine 2014 complimenti, risultato raggiunto. Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio Partite Iva del ministero delle Finanze, a novembre 2014 le nuove partite Iva aperte sono state 38351, +15,5% rispetto allo stesso mese del 2013.

Un dato motivato soprattutto da quanti hanno aperto partita Iva per sfuggire al penalizzante Regime dei Minimi 2015, aderendo quindi al vecchio: +84%, per un totale di 11917 contribuenti. Entrando nel dettaglio, il 71,7% delle nuove aperture è relativo a persone fisiche, il 21,8% a società di capitali, il 5,7% a società di persone. Del resto, anche il ministero lo esplicita nella sua nota: “Alcuni soggetti abbiano anticipato l’apertura della partita IVA entro la fine del 2014, ritenendo il regime allora in vigore più vantaggioso per la propria attività”, scrive.

La maggior parte delle nuove aperture (24,8%) è relativa al settore del commercio; seguono il settore delle attività professionali (15,9%) e quello dell’alloggio/ristorazione (9%). E, a testimonianza che si tratta soprattutto di professionisti ansiosi di sfuggire al nuovo Regime dei Minimi, il boom di aperture si è registrato tra le attività professionali (+84,5% rispetto a novembre 2013), seguite dalla sanità (+78,4%) e dai servizi d’informazione (staccati a +39%, ma pur sempre un incremento sensibile).

Se questi professionisti sfuggono con tutta evidenza al nuovo Regime dei Minimi, c’è invece chi, dal vecchio, rischia di finirci con entrambi i piedi. La legge di stabilità, che ha dato il via a questa sciagurata riforma, prevede infatti per alcune partite Iva uno scatto automatico da un Regime dei Minimi all’altro in presenza dei nuovi requisiti. Per fortuna loro, però, quanti godevano del regime di vantaggio legato alla condizione di mobilità o alla imprenditoria giovanile manterranno il vecchio Regime dei Minimi fino alla naturale scadenza dei 5 anni o al compimento (per i giovani imprenditori) del 35esimo anno di età. Altrimenti… cornuti e tassati.

Regime dei minimi e “bancomat dello Stato”

Più o meno tutte le associazioni professionali e quelle di lavoratori a partita Iva sono in rivolta per la riforma del regime dei minimi ma, grazie al fatto di non avere né santi in paradiso né sindacalisti al posto giusto, non possono decidere di abbassare la saracinesca e indire un inutile sciopero generale come fanno gli stratutelati lavoratori dipendenti. E allora?

E allora minacciano “proteste non convenzionali“, qualora non ci fossero cambiamenti al Senato nel testo della legge di stabilità, a partire proprio dal nuovo regime dei minimi. Le parole sono di Acta, Confassociazioni e Alta partecipazione, ovvero le principali organizzazioni di categoria di consulenti, autonomi, free lance e professionisti.

Dopo la delusione alla Camera, dove il cosiddetto emendamento Zanetti che avrebbe rivisto in meglio alcuni aspetti è stato bocciato, Acta, Confassociazioni e Alta partecipazione rivendicano “il blocco dell’aumento dell’aliquota contributiva per le partite Iva iscritte alla gestione separata”, per evitare che siano “spinte fuori dal mercato del lavoro centinaia di migliaia di freelance, professionisti e lavoratori della conoscenza”.

Le associazioni, infatti, sottolineano come il proposito che ha mosso il governo nella riforma del regime dei minimi (ossia ampliare il numero di quanti potrebbero accedervi) rischia di diventare un boomerang: La somma della revisione dei minimi (che per autonomi e professionisti comporta una stretta sui ricavi e un incremento del prelievo fiscale) e della ennesima crescita dell’aliquota previdenziale – scrivono in un appello online renderà ancora più insostenibile la vita di autonomi e professionisti. Nel momento in cui si stanziano risorse per dipendenti (80 euro), imprese (irap), artigiani e commercianti (minimi + Inps), è paradossale che il lavoro autonomo e professionale divenga il bancomat dello Stato, spingendo sotto la soglia della povertà intere generazioni di lavoratori indipendenti”.

Se non altro, un ordine del giorno a firma Misiani, Gribaudo, Bonomo e Anna Ascani ha bloccato per il 2015 l’aumento dell’aliquota contributiva per i lavoratori iscritti alla gestione separata INPS, che avrebbe toccato il 33,72% nel 2019. Ma il rischio che nei prossimi anni questa aliquota ancora rimane. Perché dopotutto, per far funzionare il “bancomat dello Stato”, da qualche parte i soldi bisogna metterceli, a partire dal regime dei minimi

Regime dei minimi, la campagna degli Agrotecnici

Non abbiamo fatto in tempo a registrare ieri la presa di posizione ferma e contraria del Consiglio Nazionale degli Ingegneri contro il nuovo regime dei minimi, che oggi arriva la voce del Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati, con uno “spot” a favore dell’attuale regime dei minimi, più vantaggioso di quello che si aprirà dall’1 gennaio 2015.

Il Consiglio ha infatti diffuso un’informativa per mettere al corrente i giovani professionisti che volessero usufruire del regime dei minimi che ne avranno un reale giovamento solo se lo attiveranno entro il 31 dicembre 2014.

Per fare questo ha avviato una capillare campagna informativa nei confronti dei giovani liberi professionisti di tutti gli altri Albi, invitando chi avesse intenzione di avviare nei prossimi mesi l’attività professionale in regime dei minimi, di anticipare l’avvio entro la fine di quest’anno.

È stati lo stesso Presidente del Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati, Roberto Orlandi, a intervenire in prima persona sulla questione: “I vantaggi che si maturano con una tempestiva adesione al regime dei minimi – ha dichiarato – permarranno infatti almeno per i 5 anni successivi, dando modo a molti giovani di tentare l’avvio di una autonoma attività professionale a condizioni di favore: una occasione da non perdere”.

Regime dei minimi, l’ira degli ingegneri

La recente modifica del regime dei minimi che dovrebbe entrare in vigore dal prossimo anno, approvata nel giorni scorsi alla Camera, ha fatto saltare i nervi a più di un’associazione professionale, dalle più strutturate a quelle di recente creazione. Quello che principalmente ha causato le ire dei professionisti è stato il dimezzamento della soglia di applicazione, che passerà (salvo improbabili modifiche al Senato) da 30 a 15mila euro.

Una delle voci più dure contro la modifica del regime dei minimi è quella del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (Cni) il cui presidente Armando Zambrano, coordinatore della Rete delle Professioni Tecniche, si era battuto per la modifica della soglia reddituale convincendo il sottosegretario all’Economia Zanetti a introdurre un emendamento (soglia a 30mila euro e imposta sostitutiva all’8% anziché al 15%), bocciato però in Commissione bilancio.

Ora Zambrano è tornato a tuonare contro l’illogica piega presa dall’affaire sul regime dei minimi: “La modifica testimonia il totale distacco tra politica e mondo del lavoro. Colpiti i professionisti a basso reddito, una categoria già gravemente in difficoltà. Esprimiamo forte dissenso”.

Secondo il Cni, l’abbassamento della soglia reddituale per accedere al regime dei minini dagli attuali 30mila euro a 15mila riduce drasticamente la possibilità per molti professionisti a basso reddito e fortemente provati dalla crisi di usufruire di un regime fiscale agevolato, andando nella direzione opposta a quella per la quale queste misure erano state pensate.

Alcune simulazioni curate dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, rilevano che in determinate situazioni il nuovo regime dei minimi risulta non avere alcuna convenienza rispetto a quello ordinario. “Modificare il regime dei minimi – dice Zambranoè un segno del totale distacco tra classe politica e mondo del lavoro. Nel momento in cui il sistema delle professioni registra un drammatico calo dei ricavi, soprattutto tra i professionisti più giovani e meglio formati, si tagliano alcune agevolazioni fiscali proprio a chi è in difficoltà. Come sempre la classe politica si dimostra incapace di guardare al mercato del lavoro nella sua interezza. Ingegneri e professionisti vedono ridursi drasticamente un’agevolazione fiscale che ha un’incidenza minima sul bilancio dello Stato. Al tempo stesso, il Governo stanzia risorse per rifinanziare il bonus degli 80 euro per i dipendenti pubblici, prevede un taglio dell’Irap alle imprese, oltre alle agevolazioni per il contributo dei minimi per artigiani e commercianti”.

La conclusione di Zambrano sul nuovo regime dei minimi è netta: “Il Cni esprime tutto il proprio dissenso rispetto a questo provvedimento, ora in esame al Senato. Ancora una volta cercheremo di fare sentire la nostra voce. Il lavoro professionale è una parte importante dell’economia di questo Paese e deve essere incentivato, non mortificato”.