Il gran ballo delle partite Iva

Ancora una volta il governo mischia le carte sulle partite Iva. Questa volta, però, sembra farlo con l’intento non di passare a condizioni peggiorative ma, per quanto possibile, migliorative. Del resto, dell’importanza dei professionisti e delle partite Iva per la crescita economica e sociale del Paese, esponenti governativi e non si riempiono la bocca da tempo, ma è un dato di fatto che le misure fiscali più agevolate vanno spesso a favore della media e grande industria.

Sia come sia, con la legge di Stabilità 2016 arriveranno alcune importanti novità per le partite Iva, specialmente per quello che riguarda il regime dei minimi. Reintroduzione dell’aliquota al 5% per i primi 5 anni di attività, appunto per il regime dei minimi, con la reintroduzione della soglia di ricavi a 30mila euro per i professionisti.

Il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti ha posto come obiettivo di questa ennesima riforma un beneficio per le start up e i piccoli professionisti, la maggior parte dei quali sono partite Iva.

Questa misura è una boccata di ossigeno per centinaia di migliaia di professionisti e di partite Iva. Infatti, con la revisione del regime dei minimi operata nel 2015 il limite di ricavi era stato dimezzato e portato da 30mila a 15mila euro, con un’imposta forfettaria triplicata, dal 5 al 15%.

Una misura che aveva suscitato proteste e malcontento, soprattutto perché andava nella direzione esattamente opposta rispetto a quelli che, da sempre, sono stati gli intendimenti di questo governo nei confronti del popolo delle partite Iva. Una levata di scudi che aveva indotto l’Esecutivo a far coesistere fino al 31 dicembre 2015 il nuovo e vecchio regime.

Per evitare però che il 2016 diventi un bagno di sangue per una categoria già duramente provata dalle ricadute della crisi, ecco nel 2016 il nuovo regime dei minimi col tetto dei ricavi a 30mila euro per i liberi professionisti e all’aliquota al 5% per i primi 5 anni di attività. Di fatto, in ritorno al passato, con le medesime condizioni di convenienza che partite Iva avevano con il vecchio regime dei minimi.

Abbiamo detto che l’introduzione di queste soglie è una boccata di ossigeno per numerose partite Iva: secondo le stime del ministero dell’Economia, questa modifica del regime dei minimi riguarda 1 milione e 800mila partite Iva che nel 2014 hanno dichiarato redditi a di sotto dei 30mila euro.

Nuove partite Iva sempre più over

Quando il ministero delle Finanze diffonde i dati sulle aperture di nuove partite Iva, da alcuni mesi a questa parte non ci sono sorprese eclatanti. In realtà, però, i dati sulle partite Iva aperte a settembre offrono qualche spunto di riflessione in più, a partire dal ritorno del segno positivo: +0,2% rispetto allo stesso mese del 2014, per un totale di 41.763 nuove posizioni.

L’Osservatorio sulle partite Iva del ministero rileva anche che il 74,7% delle partite Iva è stato aperto da persone fisiche, il 20% da società di capitali, il 4,5% da società di persone.

I dati più interessanti arrivano però analizzando la segmentazione per fasce di età delle nuove partite Iva. Risulta infatti che quasi la metà delle nuove posizioni è stata aperta da persone al di sotto dei 35 anni (47,7%) mentre, dato significativo, le partite Iva aperte da over 50 crescono del 9% anno su anno. Un dato figlio della difficoltà di queste persone a reinserirsi nel mondo del lavoro dipendente una volta che ne sono state estromesse.

Se si guarda poi alla distribuzione geografica delle nuove partite Iva, il 42,4% di loro è localizzato al Nord, il 23% al Centro e il 34,4% al Sud e nelle isole. Gli aumenti più significativi anno su anno si registrano in provincia di Trento (+14,4%), in Sardegna (+8,6%) e in Toscana (+7,1%), mentre i cali più marcati arrivano da Molise (-9,7%), Marche (-7,9%) e Campania (-5,7%).

I settori nei quali si registrano gli aumenti maggiori di nuove partite Iva sono l’istruzione (+35,1%), l’agricoltura (+10,2%), la sanità e l’assistenza sociale (+9%). Giù i trasporti (-12,6%), le attività immobiliari (-5,6%) e ancora una volta l’edilizia (-5,1%).

Le nuove partite Iva sono ancora per la maggior parte al maschile (62,4%), mentre si registra ancora una netta prevalenza della scelta del regime dei minimi, al quale hanno aderito 10407 soggetti contro i 3.399 soggetti che hanno scelto il nuovo regime forfetario.

Legge di Stabilità e partite Iva

La Legge di Stabilità 2016 impatterà su alcuni aspetti della fiscalità delle famiglie e sulle agevolazioni fiscali per le aziende, ma anche su quello che è il target primario del nostro giornale, il popolo delle partite Iva.

La Legge di Stabilità interviene infatti sul regime dei minimi introducendo una specie di ibrido tra il vecchio regime dei minimi e il regime forfettario approvato con la Legge di Stabilità del 2015. L’ipotesi per il nuovo regime dei minimi considera infatti un’aliquota del 5% su guadagni fino a 30mila euro e per i primi cinque anni di attività, passati i quali la tassazione salirà al 15%. Cala anche l’aliquota per le start-up, che si dimezza al 5% dal precedente 10%.

Novità importante anche per le partite Iva senza cassa previdenziale, per le quali la Legge di stabilità considera l’aliquota contributiva Inps bloccata al 27,72%, anziché sottoposta all’innalzamento graduale che era stato previsto fino a raggiungere il 33,72%.

Tornando all’aliquota forfettaria, il dettato della Legge di Stabilità prevede che si possa applicare solo fino a quando persistono i requisiti di reddito. Per il calcolo dell’imponibile, la legge prevede l’applicazione ai ricavi di coefficienti diversi a seconda delle diverse categorie professionali:

  • 30mila euro per i professionisti, dai precedenti 15mila;
  • 30mila euro per artigiani e imprese, dai precedenti 20mila;
  • 50mila euro per i commercianti, dai precedenti 40mila;
  • 50 mila euro per alberghi e ristoranti;
  • 40mila euro per gli ambulanti di bevande e alimentari e bevande;
  • 30mila euro per gli ambulanti di altri prodotti.

Novità importante prevista dalla Legge di Stabilità è l’accesso al nuovo regime dei minimi anche per i dipendenti e i pensionati con un’attività in proprio, purché lo stipendio o la pensione siano inferiori a 30mila euro l’anno.

Ricordiamo che, oltre alla importante revisione del regime dei minimi, la Legge di Stabilità 2016 interviene anche su alcune agevolazioni fiscali per i professionisti e per le società di persone. Per queste ultime ci un’agevolazione fiscale che prevede l’innalzamento della franchigia di deduzione Irap a 13mila euro dai precedenti 10.500. I professionisti potranno invece avvalersi di un’agevolazione fiscale sulle spese di formazione, che saranno interamente deducibili dal reddito fino a 10mila euro all’anno.

Revisione del de minimis, il ruolo del CoLAP

Il CoLAP rivendica il proprio ruolo determinante nella riformulazione del de minimis di cui si sta discutendo in questi giorni nell’ambito delle misure di semplificazione fiscale allo studio del Governo e lo fa partendo dalle recenti dichiarazioni del viceministro dell’Economia e delle Finanze Casero: “Nella Legge di Stabilità si reintrodurrebbe l’aliquota al 5% per i primi 5 anni di attività poi al 15%, ristabilendo per la categoria dei professionisti la soglia di 30.000 euro, senza stavolta alcun limite di età”.

La proposta di riformulazione del de minimis – ricorda la Presidente del CoLAP Nazionale Alessandrucciè una delle nostre proposte contenute nella Road Map del CoLAP. Speriamo che sia davvero questa la formulazione che troveremo nella stabilità, non vorremmo scherzetti dell’ultimo minuto come l’anno scorso dove si prese una bella cantonata con il regime proposto. Il Governo apra le interlocuzioni con gli interessati, possiamo insieme costruire una proposta sostenibile e davvero incentivante per i professionisti. Vogliamo contribuire alla ripresa del Paese anche pagando le tasse, ma è necessario renderle giuste, eque e sostenibili”.

La stabilità ha dei compiti importanti per incoraggiare la ripresa del nostro Paese – continua la Alessandruccie per questo non si possono lasciare fuori i professionisti; necessaria la revisione del de minimis, ma il settore professionale italiano necessita di altri provvedimenti, non solo fiscali: dobbiamo agire sulla semplificazione, sulla competitività, sulla maggiore apertura del mercato professionale. Le nostre proposte racchiuse nella Road Map CoLAP sono uno spunto importante da cui partire, vorremmo trovare essere ascoltati, non per rivendicare, ma per costruire insieme”.

Fungeremo da esempio – conclude la Presidente -: questo è il nostro modo costruttivo di contribuire alla ripresa del nostro Paese”.

Nuove partite Iva in calo a febbraio

Calano ancora le nuove partite Iva a febbraio 2015. Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio sulle partite Iva del dipartimento delle Finanze, ne sono state aperte 42.799, ossia il 16,8% in meno rispetto a febbraio 2014.

Probabile che il calo di nuove partite Iva sia stato causato dal fatto che la legge di stabilità ha previsto che, per il 2015, le partite Iva operative all’1gennaio possono continuare ad operare con il preesistente regime fiscale vantaggioso: ragion per cui, molti hanno scelto probabilmente di anticipare l’apertura delle nuove partite Iva a fine 2014.

Anche a febbraio, tra le nuove partite Iva prevalgono le persone fisiche (67,3%), seguite dalle società di capitali (24,9%) e dalle società di persone (7,1%). Rapportando i dati a un anno prima, a febbraio 2014, crescono le aperture di società di capitali (+3,7%), calano le società di persone (-10,9%) e crollano le persone fisiche (-23%).

Tra i settori produttivi delle nuove partite Iva stravince il commercio (25,8%), seguito dalle attività professionali (10,8%), dalla ristorazione e dall’edilizia (9,8% per entrambe). Sempre guardando a febbraio 2014 si nota un calo molto forte per le attività professionali (-43,5%) e per le professioni della sanità (-32,8%), entrambi settori nei quali la variazione del regime forfettario ha una forte incidenza.

Il nuovo regime dei minimi ammazza le nuove partite Iva

E dai e dai, il nuovo regime dei minimi ce l’ha fatta ad ammazzare le nuove partite Iva. Secondo i dati diffusi dal ministero dell’Economia, a gennaio 2015 c’è stato un tracollo delle nuove aperture: -29,7% rispetto a gennaio 2014, la miseria di 56.717.

Secondo il ministero, “tra le nuove partite Iva di cui sono titolari persone fisiche si è rilevato un discreto numero di adesioni al nuovo regime forfettario (10.708 soggetti), introdotto dalla legge di stabilità per il 2015 in sostituzione del preesistente regime fiscale di vantaggio“.

Una constatazione fatta un po’ per ripulirsi la coscienza sulle nuove partite Iva, dato che poco dopo si legge nella nota che la diminuzione di gennaio “è stata influenzata dalla clausola prevista dalla stessa legge di stabilità che, insieme all’introduzione del nuovo regime forfettario, consentiva alle partite Iva in essere al primo gennaio 2015 di continuare a operare con il vecchio regime. È quindi probabile che diversi soggetti abbiano anticipato l’apertura della partita Iva entro la fine del 2014 (novembre e dicembre), ritenendo il regime allora in vigore più vantaggioso per la propria attività, facendo conseguentemente registrare un calo a gennaio 2015“. Ma dai! Al ministero hanno scoperto l’acqua calda.

La natura giuridica delle nuove partite Ivamostra che la quota relativa alle persone fisiche nelle aperture di partita Iva si attesta al 71,3% del totale, quella delle società di capitali al 20,5% e quella del le società di persone al 7,5%“. Senza contare che, rispetto al gennaio di un anno fa, le nuove partite Iva mostrano, per ogni forma giuridica, “un calo di aperture: modesto per le società di capitali (-3,3%), più evidente per le società di persone (-12,5%) e particolarmente accentuato per le persone fisiche (-36,2%) a seguito della novità normativa che riguarda esclusivamente le persone fisiche“. Standing ovation.

Intanto le nuove partite Iva ringraziano (ironicamente…) e quelle che avrebbero potuto essere ma non sono, devono aspettare tempi migliori. Con molta pazienza.

Minimi e gestione separata, vincono i professionisti

E alla fine vinsero i professionisti. La protesta 2.0 contro il regime dei minimi, l’aumento dell’aliquota previdenziale della gestione separata e altri pasticci combinati dal governo a danno dei professionisti, ha avuto i risultati sperati con l’approvazione in Commissione degli emendamenti al Decreto Milleproroghe in tema di regime dei minimi e con il blocco dell’aumento dell’aliquota previdenziale della gestione separata.

Soddisfatto il Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi (Int) e Vice Presidente vicario di Confassociazioni, Riccardo Alemanno: “Ha vinto una protesta civile 2.0 – ha commentato -; sì, perché la rete ha evidenziato e dato il giusto risalto anche in termini numerici di quanti cittadini erano colpiti dall’aumento dell’aliquota della gestione separata e dal penalizzante nuovo regime dei minimi forfetizzati“.

Evidentemente – ha poi aggiunto – la grande unione di intenti dei vari soggetti rappresentativi dei professionisti di area associativa ha dato i suoi frutti, ma credo che i parlamentari e i rappresentanti del Governo abbiamo compreso che i problemi legati a norme sbagliate andavano a incidere negativamente su un segmento molto ampio di forza lavoro ed economica del nostro Paese, che null’altro chiede se non di poter lavorare e dare lavoro. Quindi, come si suol dire, l’unione ha fatto la forza, ma mi piace pensare che la svolta positiva su queste problematiche derivi soprattutto dalla giustezza delle proteste, proteste per cambiamenti positivi e mai a sfavore di qualcuno”. La battaglia in favore di chi sceglie il regime dei minimi è emblematica.

Ora però – ha proseguito Alemannonon si deve più aspettare e bisogna mettere mano a una profonda riforma del fondo di gestione separata dell’Inps. Inoltre, come tributaristi dovremo essere molto attenti all’evoluzione della delega fiscale e ai tanti provvedimenti in cantiere“.

La grande concitazione dei giorni scorsi lascia quindi spazio alla soddisfazione, ma, come affermato dal Presidente dell’Int, non si deve mai abbassare la guardia, perché è un periodo di grandi cambiamenti che devono migliorare la vita dei cittadini e non travolgerla. Perciò bisogna essere sempre pronti ad evidenziare le negatività come è giusto evidenziarne gli aspetti positivi, fanno sapere dall’Int.

Nuovo regime dei minimi tra vantaggi e attacchi

Mentre sul web impazza l’attacco social delle associazioni professionali e delle partite Iva contro il governo Renzi e gli errori compiuti nei confronti dei liberi professionisti, l’anno nuovo è iniziato e con esso è stato introdotto il nuovo e disastroso regime dei minimi.

Proprio per protestare contro la revisione del regime dei minimi e gli altri sbagli marchiani del governo, Confassociazioni, Acta e Alta Partecipazione hanno dato il via alla campagna “mettiamo in fattura il malus Renzi”, con l’indicazione in fattura del cosiddetto “malus Renzi”, in contrapposizione al bonus di 80 euro evidenziato nelle buste paga dei lavoratori dipendenti.

Parallelamente, è partita la guerra di hashtag scatenata dal CoLAP con il suo #Matteosegnaaportavuota e sempre da Confassociazioni, Acta e Alta Partecipazione con #annullaAutogol. Senza contare il tweet bombing del 28 gennaio contro l’account Twitter del premier @matteorenzi.

Intanto, sotto il fuoco incrociato del popolo delle partite Iva, il nuovo regime dei minimi ha cominciato a prendere forma e, come risulta dal convegno Telefisco del Sole 24 Ore, tenutosi nei giorni scorsi a Milano, le cifre sono di tutto rispetto. Le ha illustrate il direttore dell’Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, secondo la quale la revisione del regime dei minimi introdotta dal governo “fa entrare 700mila partite Iva che prima non c’erano e avevano regimi molto più pesanti“.

Orlandi ha voluto ampliare l’orizzonte del problema sottolineando che le recenti polemiche sul nuovo regime dei minimi rispondono solo al punto di vista dei professionisti e non tengono conto dei vantaggi per altre partite Iva: “In questo Paese – ha detto – tutti pensano solo ai professionisti e nessuno agli artigiani, ai piccolissimi commercianti, ai fabbri, ai piccoli riparatori”.

Orlandi ha poi ricordato che chi è entrato nel regime dei minimi al 5% entro la fine del 2014, come si sa manterrà le stesse regole e non subirà quindi delle nuove norme. “Vedremo come la norma uscirà dal Parlamento – ha detto – ma quello che colgo è che c’era una serie di soggetti importanti in questo Paese che erano esclusi e che il governo ha fatto entrare“.

Il vantaggio effettivo del regime dei minimi – ha concluso Orlandi – è la semplificazione. I giovani sono in grado di fare la dichiarazione da soli, senza spese, e speriamo tra un paio di anni di poterla fare direttamente noi“. Una posizione chiara e condivisibile, che però non toglie l’amaro in bocca dai professionisti, semmai lo aumenta. Se anche la revisione del nuovo regime dei minimi deve essere un’occasione per la filosofia un tanto al chilo del “mal comune mezzo gaudio”, c’è ben poco da stare sereni.

Si apre la caccia alle false partite Iva

Da una parte il popolo delle partite Iva e le associazioni professionali stanno tartassando il governo perché metta mano al pasticcio fatto nei loro confronti con la recente legge di stabilità. Dall’altra, il governo prova a cominciare a mettere qualche pezza cercando di intervenire nei confronti delle cosiddette false partite Iva, nascoste sotto rapporti di lavoro subordinato e comunque interessate alla battaglia che si sta combattendo intorno al mondo dei professionisti.

Del resto, non poteva passare inosservato ai volponi di governo, Inps e Agenzia delle Entrate il numero esagerato di aperture di nuove partite Iva registrato a novembre 2014, quando le nuove aliquote previdenziali e i limiti di reddito previsti per il regime dei minimi stavano convincendo vere e false partite Iva a mettersi al riparo.

Gli ispettori dei suddetti enti hanno quindi cominciato a verificare i casi di presunzione automatica della subordinazione, ossia quelli in cui le false partite Iva sono in realtà lavoratori assunti. Si calcola infatti che su 5,5 milioni di partite Iva attive, circa 3 milioni siano riconducibili a lavoratori autonomi senza dipendenti. Di questi circa 800mila hanno un unico cliente e il 35-40% di loro (meno di 400mila) è costituito da false partite Iva. 

E se queste false partite Iva vengono accertate, gli ispettori prendono in considerazione tre indicatori per capire se far scattare o meno la presunzione di un rapporto di lavoro subordinato; se due su tre di questi indicatori sono presenti contemporaneamente, ecco che questa presunzione scatta e gli ispettori potranno decidere la trasformazione del rapporto in contratto in collaborazione coordinata e continuativa o contratto a tempo indeterminato.

I tre indicatori sono:
– postazione di lavoro fissa per la partita Iva nella sede del committente;
– durata della collaborazione della partita Iva non superiore agli 8 mesi annui per due anni consecutivi;
– soglia dell’80% dei corrispettivi annui dovuti alla collaborazione nell’arco di due anni consecutivi.

Se tre indizi fanno una prova, in questo caso due indicatori fanno le false partite Iva. Tutto molto bello, ma alle partite Iva vere, quando saranno date delle risposte convincenti per fermare il massacro in atto?

Jobs Act, legge di stabilità, partite Iva… che caos

Jobs Act e legge di stabilità, come era logico prevedere, hanno lasciato più amarezza e gente scontenta che facce sorridenti, un po’ in tutte le categorie professionali. I due decreti attuativi, comunque, costituiscono due atti importanti che non sono sfuggiti all’analisi degli addetti ai lavori.

Nello specifico, i consulenti del lavoro hanno trovato pane per i loro denti, tanto che l’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Varese e l’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro – Unione Provinciale (Ancl-up) di Varese hanno dedicato un approfondimento a Jobs Act e legge di stabilità, come testimoniano le parole dei due presidenti, Vera Stigliano per l’Ordine e Ferdinando Butto per Ancl-up Varese.

Con occhio tecnico – sostiene Stigliano -, dico subito che siamo solo all’inizio e che il dettato normativo, ancora una volta ambiguo e lacunoso, non fa che ostacolare la certezza e l’applicazione dei pochi strumenti messi in campo. Confesso che se il fine è ridare impulso all’economia, sostenere le imprese che assumono, ridurre la burocrazia, rendere credibile la giustizia e i suoi tempi, livellare le disparità, da questi due decreti rileviamo che le novità sono un ‘restyling’ degli ammortizzatori sociali e un correttivo al sistema dei licenziamenti e, francamente, questo ‘nonsense’ ci spiazza non poco”.

Dello stesso parere su Jobs Act e legge di stabilità è anche Butto, che precisa: “Ancora una volta un ‘pasticcio all’italiana’, dove chi scrive le norme non è sicuramente chi opera sul campo e soprattutto lo si fa sempre più in maniera poco chiara e con conseguenze che danno adito solo a varie interpretazioni. La legge di stabilità in sintesi consoliderà molti contratti a tempo determinato, creerà nell’immediato e magari per tutto quest’anno nuovi posti di lavoro, ma alla scadenza dei tre anni, se l’economia non dovesse ripartire, i datori di lavoro saranno costretti a licenziare anche chi è stato assunto a tempo indeterminato, generando ulteriore contenzioso. Ovviamente il Governo si è occupato dei lavoratori futuri e non di quelli presenti”.

Un disinteresse per i lavoratori presenti cui Butto guarda con preoccupazione tanto quanto al fenomeno delle cosiddette “false partite Iva”: “Cosa dire dei giovani, troppo onerosi da assumere come lavoratori subordinati e quindi obbligati ad iscriversi e ad aprire partita Iva per entrare nel mondo del lavoro – prosegue infatti -. La legislazione ha concesso fino ad ora la possibilità di iscriversi come Contribuenti Minimi e la Legge di Stabilità ne ha modificato i parametri. I contribuenti minimi, ora ex, diventano i nuovi forfettari che con la nuova normativa saranno ulteriormente penalizzati. Con l’aumento dell’aliquota sostitutiva dal 5% al 15% e dell’aliquota Inps al 30,72%, i ricavi verranno dimezzati passando da 30mila euro a 15mila euro l’anno. La logica conclusione è che con questa tassazione non riusciranno più ad essere competitivi e saranno costretti ad applicare tariffe più alte per sopravvivere, con la conseguente perdita di lavoro e clienti. Bamboccioni o vittime delle tassazioni?”.

Come si vede, l’autogol sul regime dei minimi preoccupa anche i consulenti del lavoro. Per un Jobs Act che pare abbia mantenuto molto meno di quanto avesse promesso.