Imprese Confapi: bene art. 8, ma aiuta chi è grande

Secondo un sondaggio effettuato tra 800 Pmi aderenti alla Confapi, l’articolo 8 della manovra finanziaria viene promosso, soprattutto per sostenere incrementi di competitività e salario e per aiutare la gestione delle crisi aziendali. Il 70% delle aziende intervistate pensa che “gli interventi sono prevalentemente a vantaggio della grande impresa”.

Gli altri ambiti per i quali l’articolo 8 interessa alle imprese Confapi sono “interventi per la qualità dei contratti di lavoro (72%), interventi per sostenere l’occupazione (71%), per sostenere l’avvio di nuove attivià’ (70%), per l’emersione del nero (68%) e per l’adozione di una forma di partecipazione dei lavoratori (66%).

Circa la metà degli associati Confapi (48,4%) ritiene che le attuali leggi sul lavoro non siano adeguate alle esigenze delle Pmi e l’82% pensa che “la manovra incida poco o niente sulla possibilità di modifica dello Statuto dei Lavoratori“.

Secondo il presidente nazionale della Confapi, Paolo Galassi, “si parla sempre dello Statuto dei Lavoratori, ma dobbiamo parlare invece di Statuto del Lavoro per tutelare il posto di lavoro“.

Consumi fermi ma prezzi su: ad agosto inflazione +2,8%

C’era da aspettarselo. Dopo la fiammata dei prezzi dei beni energetici, l’Istat ha comunicato che l’inflazione ad agosto ha raggiunto il 2,8% dal 2,7% di luglio, toccando il valore più alto da ottobre 2008. L’Istat ha sottolineato che i prezzi al consumo sono cresciuti dello 0,3% rispetto a luglio, a causa, guarda caso, del traino dei beni energetici non regolamentati e dai servizi relativi ai trasporti. I prezzi dei beni energetici non regolamentati (carburanti e gasolio per riscaldamento) sono cresciuti dello 0,9% su luglio e del 15,5% su agosto 2010. La benzina ad agosto è aumentata dell’1,1% congiunturale e del 16% rispetto ad agosto 2010. Un impatto significativo sull’andamento dei prezzi è stato dato anche dai servizi relativi ai trasporti con un aumento dei prezzi del 2,5% rispetto a luglio e del 5,7% rispetto ad agosto 2010. Imbarazzante il dato sulla crescita delle tariffe dei traghetti: +61% rispetto ad agosto 2010.

Stabile invece il tasso di disoccupazione che a luglio è rimasto all’8% come a giugno, in calo di 0,3 punti rispetto a luglio 2010. I disoccupati nel mese erano poco più di 2 milioni, mentre la lieve crescita del numero degli occupati (+36mila rispetto a giugno, +8mila rispetto a luglio 2010), secondo l’Istat, si spiega con l’aumento proporzionale della popolazione nella fascia 15-64 anni.

L’Istat sottolinea che gli inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuiscono dello 0,2% (-33mila) rispetto al mese precedente, portando il tasso di inattività nella fascia di età considerata al 38%. A luglio l’occupazione ha registrato variazioni positive sia nella componente maschile (+0,1% rispetto a giugno e + 0,2% rispetto a luglio 2010), sia per quella femminile (+0,2% in termini congiunturali, +0,6% su base annua). Il tasso di occupazione maschile risulta stabile sia su giugno sia su luglio 2010 al 67,5%, mentre quello femminile resta stabile al 46,3% rispetto a giugno mentre aumenta di 0,1 punti rispetto a luglio 2010. Il tasso di disoccupazione maschile a luglio era al 7,2% (stabile su giugno) mentre quello femminile era al 9,3% (stabile su giugno, in calo di 0,2 punti su luglio 2010.

Occupazione, Bankitalia non vede la ripresa

Secondo il bollettino di Bankitalianon emergono segnali di una significativa ripresa dell’occupazione“, tanto che nel 2011 “risulterebbe ancora modesta la creazione di nuovi posti di lavoro“.

Secondo via Nazionale, a frenare l’occupazione sarebbe sopratutto “il graduale riassorbimento, nei processi produttivi, del personale in cassa integrazione” che, nel secondo trimestre dell’anno, “ha interrotto la riduzione delle ore autorizzate“. Per questo, secondo Bankitalia, la ripresa dell’occupazione “procederebbe a rilento“.

Sempre secondo il Bollettino, il tasso di occupazione delle persone tra i 15 e i 64 anni è salito, nel primo trimestre 2011, di un decimo di punto ma la partecipazione al mercato del lavoro è ancora in calo: pesa “l’effetto scoraggiamento” che ha portato a una riduzione della partecipazione al 62,2% dal 62,4%.

In questo quadro di incertezza “le imprese continuano a prediligere le assunzioni con contratti flessibili e part-time“: secondo i dati di fonte Inail elaborati dal Ebitemp, nel primo trimestre hanno registrato un incremento delle ore di lavoro interinale del 24,3% su base tendenziale. Nello stesso periodo il numero degli occupati dipendenti a termine è aumentato del 4,1% rispetto al trimestre 2010 a fronte di una riduzione dello 0,1 di quelli permanenti. Il numero dei dipendenti a tempo parziale è poi cresciuto del 2,5% e il lavoro autonomo, che include i collaboratori a progetto, ha segnato un incremento dello 0,9%.

Persiste la crisi nel settore delle costruzioni

Nei giorni scorsi in occasione dell’incontro del Consiglio direttivo di Anaepa è stato presentato in anteprima il Rapporto annuale Confartigianato che contiene alcuni dati significativi del comparto delle costruzioni registrati nei primi mesi del 2011, a cura dell’Ufficio Studi Confederale.

Secondo lo studio nonostante la produzione abbia registrato una timida ripresa a marzo 2011, nel settore dell’edilizia persiste una crisi ormai triennale con una flessione dell’occupazione del 4,6% nell’ultimo biennio. La crisi colpisce in particolare le micro e piccole imprese incidendo pesantemente sull’allungamento dei tempi di pagamento dalla Pubblica Amministrazione, il triplo rispetto alla media europea, che nell’edilizia sono aumentati di 27 giorni, passando dai 90 di un anno fa ai 117 di oggi.

Il panorama del settore costruzioni presenta questa situazione:  nel 2009 le costruzioni hanno generato un valore aggiunto di 85.932,2 milioni di euro, pari al 6,3% del totale economia, nel 2010 contano 1.929.594 occupati. Le imprese artigiane registrate al primo trimestre 2011 sono 581.681 e gli occupati dell’artigianato nel 2008 sono 1.094.956.

Approvata nuova riforma sull’apprendistato

Il Consiglio dei Ministri ha approvato la riforma riguardante l’ apprendistato, che diventa un contratto piu’ semplice per aumentare l’occupazione giovanile. Esso servirà a dare una qualifica professionale, a partire da 15 anni e per 3 anni, ai giovanissimi; garantire un mestiere ai giovani dai 18 ai 29 anni; accompagnare a un titolo di scuola media secondaria, di istruzione tecnica superiore, universitario o post- universitario, in aziende convenzionate con istituzioni educative.

La formazione di tipo “trasversale” viene limitata a 40 ore nel primo anno e a 24 nel secondo. Tutta la restante formazione si svolgerà in ambienti lavorativi sulla base di quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro. Si tratta di un contratto tempo indeterminato che può concludersi al termine della fase di apprendimento ma, nel silenzio del datore di lavoro, si stabilizza automaticamente.

M. Z.

Cgia di Mestre: nelle Pmi l’occupazione è al 61%

Il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi in merito ai dati dell’occupazione nelle piccole e medie imprese ha commentato: ” Peccato che la grande maggioranza degli osservatori ritenga che la presenza così diffusa di tante piccole e micro-imprese costituisca un elemento di arretratezza. Invece, rappresentano la modernità, perché sono il risultato del profondo cambiamento sociale, economico e tecnologico che l’Italia ha subito negli ultimi 30 anni“. Le Pmi infatti rappresentano il 99% delle attività produttive in Italia oltre che dar lavoro al 61% degli occupati in Italia. In totale sono 21.726.547 i lavoratori italiani tra autonomi e dipendenti, sia pubblici che privati, di cui più di 13 milioni impiegati in Pmi con meno di 50 addetti.

Stando ai dati elaborati dalla stessa Cgia di Mestre le micro imprese (meno di 20 dipendenti) in particolare presentano un tasso di occupazione pari al 50,7% del totale per un totale di 11.011.563 unità; nelle medie e grandi imprese (più di 250 addetti) si concentra il 26,7% degli occupati, pari a 5.795.642 unità. Anche d’innanzi alla crisi le piccole imprese sono quelle che han tenuto duro, dichiarando di voler assumere (il 62,7% ovvero 502.970 unità riguardavano imprese con meno di 50 dipendenti e il 40,5% del totale ovvero 324.900 unità micro imprese con meno 20 addetti, il tutto su un totale di previsioni di assunzione pari a 802.000).

Un Paese competitivo ha bisogno anche delle grandi imprese. Purtroppo, se negli ultimi decenni il loro numero è costantemente sceso, la responsabilità non va certo imputata alla grande diffusione del capitalismo molecolare, ma all’incapacità dei nostri grandi gruppi di reggere l’urto della concorrenza internazionale” – ha proseguito Bortolussi.

Mirko Zago

Il Piemonte presenta il Piano straordinario dell’occupazione

Il Piemonte ha presentato in data 8 marzo il “Piano straordinario dell’occupazione” (a tutte le provincie, camere di commercio, e enti legati alle imprese) al fine di far conoscere agli imprenditori di Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Novara, Torino, Vercelli e del Verbano Cusio Ossola tutte le misure attivate dalla Regione Piemonte per ridare slancio all’economia e allo sviluppo piemontese.

Tra i temi più ricorrenti vi sono gli interventi che riguardano sia gli incentivi diretti alle assunzioni sia gli strumenti che mirano a far crescere le imprese piemontesi e ad attrarne di nuove sul territorio della nostra regione, oltre che le forme di defiscalizzazione e semplificazione che hanno l’obiettivo di facilitare l’accesso al credito, il tutto riassumibile nei quattro cardini più occupazione, più competitività, più credito, meno burocrazia. Gli euro stanziati ammontano a 390 milioni.

Sono attesi ulteriori rafforzamenti del Fondo per l’imprenditoria femminile e giovanile con un incremento di 1,5 milioni di euro a favore del lavoro delle donne, in aggiunta ai circa 7 milioni già in dotazione. Altri soldi (circa 3 milioni di euro) arriveranno per rispondere alle necessità nuovi servizi per l’infanzia, per la flessibilità del lavoro, per la facilitazione del rientro al lavoro dopo un lungo periodo di assenza, per l’incentivazione dei congedi parentali dei padri e per le banche del tempo.

Mirko Zago

Segnali di crescita dall’artigianato bresciano

Buone notizie in questo secondo trimestre dell’anno anche per l’Artigianato di Brescia.

Analizzando i dati congiunturali del periodo, quelli elaborati dalla Confartigianato Imprese Unione di Brescia, i segnali sono sì timidi ma positivi:

“Si vede qualche spiraglio all’orizzonte, ma è ancora troppo presto per parlare di ripresa”, ha spiegato il presidente Eugenio Massetti.

Ma quali sono i settori dall’andamento in pisitivo? Sicuramente la carta stampa, la gomma plastica, i minerali non metallici e la meccanica.

Incoraggiante anche il dato dell’occupazione, che si stabilizza al di sopra della soglia del 78% (era il 76,5% nel periodo di gennaio-marzo).

In attesa che anche i comparti del tessile, dell’abbigliamento, e poi le pelli-calzature, il legno mobilio e il siderurgico si riprendano, è bene segnalare che la produzione nei mesi di aprile-giugno ha fatto rilevare un timido segnale di crescita.

Se da un lato, infatti, le imprese che hanno notato una crescita sono state il 37,36% (erano il 29,59%), ben il 34,06% delle aziende ha ravvisato una diminuzione (erano il 33,67%), mentre, il 28,57% ha dichiarato una stabilità della produzione, di contro il 36,73% del trimestre precedente.

Insieme alla produzione migliora anche lo stato di salute del fatturato. Dall’indagine: il 37,36% delle ditte ha rilevato un incremento che fa ben sperare se si considerare il 29,59% del trimestre precedente; il 32,97% ha riscontrato un calo (erano il 38,78%) ed infine il 29,67% delle aziende ha dichiarato di aver avuto un andamento pressochè stabile (a inizio anno erano il 31,63%).

Paola Perfetti

Gli ingegneri lavorano tutti, ma pochi hanno il coraggio di mettersi in proprio

In Italia ci sono circa cinquecentomila ingegneri (di cui più di duecentomila sono iscritti all’Albo) e tutti – o quasi – possono dormire sonni tranquilli. Infatti secondo alcuni dati presentati dal Corriere della Sera, sembrerebbe che solo il 4% dei neolaureati in ingegneria resterebbe senza occupazione, ma se si tiene conto della negatività congiunturale dell’anno, la cifra è pari a zero.

Ma nonostante tutti siano pazzi per gli ingegneri, questi guadagnano ancora troppo poco e sono pochi quelli che trovano il coraggio per mettersi in proprio aprendosi una partita iva (soltanto circa il 18% ha una partita iva). Sono finiti i tempi in cui bastava aprire uno studio e aspettare che arrivassero i clienti. Specialmente al Sud dove gli ingegneri oggi si sentono ai margini della società e non adeguatamente valorizzati, perché in sovrabbondanza rispetto alle esigenze del territorio. E allora che fare? molti ingegneri del Sud-Italia, si trasferiscono al Nord dove scelgono un lavoro da dipendente in società o compagnie di costruzione (circa il 75% degli ingegneri ha un lavoro come dipendente).

Questa situazione comporta una remunerazione ancora troppo bassa per una professione che, sebbene basata su logiche imprenditoriali, conserva un intrinseco carattere intellettuale. Così oggi un giovane ingegnere al primo impiego riesce a guadagnare non più di 1.300 euro al mese, che dopo cinque anni si tramutano in appena 1.680 euro. Chi si accontenta resta in Italia, magari al Nord, e chi invece vuole provare a guadagnare di più, si sposta all’estero dove i livelli retributivi sono in media superiori del 25-30%.

Ma chi sono gli ingegneri a partita Iva?
Si tratta prevalente di ingegneri operanti nel settore delle costruzioni (circa il 90% degli ingegneri a partita Iva), organizzati perlopiù in piccoli studi singoli o associati (massimo cinque associati).

I grandi studi associati in Italia sono pochi, ma riescono comunque ad avere la meglio nei grandi appalti, riuscendo a ribassare anche di molto i costi delle performance lavorative. A discapito della qualità del lavoro complessivo. Secondo i colleghi piccoli professionisti.