Groupon: Avvocati e dentisti in saldo richiamati all’Ordine

di Alessia CASIRAGHI

Liberalizzare. E’ la parola d’ordine che si rincorre sulle bocche di parlamentari, ministri, economisti e riempie le prime pagine dei giornali di questi giorni. Una bacchetta magica pronta a garantire la libera concorrenza e a ristabilire un po’ di sana competizione nel nostro paese. Ma quali sono le insidie che si nascondo dietro questo parola magica?

La notizia è passata un po’ sottotono, ma vale la pena accennarla. Qualche giorno fa cinque ingegneri, regolarmente iscritti all’Ordine professionale, di Torino, sono stati ‘richiamati’ proprio dall’ordine per aver svenduto a prezzi stracciati le proprie prestazioni attraverso un sito web. Il sito in questione, forse conosciuto ai più per le ablazioni dentali a costi bassissimi e per le cene di sushi a prezzi cinesi, è Groupon.

Portale di deal nato a Chicago nel 2008, Groupon propone offerte online a prezzi scontati attraverso coupon e vocher. E nel 2011 sono stati numerosi gli studi professionali che hanno deciso di diventare partner del servizio di vendita online. Qualche esempio?

Certificazione energetica di immobili e registrazione al catasto regionale a 59 euro, anziché 300. Trattazione di un procedimento stragiudiziale a 39 euro, anzichè 500, e per chi volesse pensare in grande c’è anche il due al prezzo di uno, 69 euro anzichè 1000.

Immediato l’attacco degli Ordini professionali: “praticare prezzi inferiori alla vigente tariffa professionale, contrasta con le norme deontologiche”. E a Bologna il mese scorso l’Ordine dei Medici ha puntato il dito contro le offerte in saldo di prestazioni mediche quali pulizie dentali, pap test, visite dermatologiche,  contro il “discount di una falsa sanità”.

Medici, avvocati, ingegneri, architetti e commercialisti sono avvertiti: svendere le proprie prestazioni a prezzi che contrastano notevolmente con le tariffe minime vigenti, comporta il rischio di un richiamo da parte dell’Ordine professionale, se non addirittura l’esclusione dallo stesso.

Ma liberalizzare le professioni non significa proprio fare i conti con l’abolizione delle tariffe minime vigenti? La questione resta aperta. Nel frattempo Groupon, dal canto suo, ha fatto sapere di essere ricorso più volte all’Antitrust, nel solo 2011, dopo numerosi boicottaggi in ogni parte d’Italia: “I problemi con le organizzazioni di categoria sono cominciati nel gennaio del 2011 – spiega Roberto Panetta, legale del gruppo. – Prima in maniera blanda, poi sempre più frequenti, sono arrivati decine di richiami per i nostri partner. Riteniamo che questo sia un comportamento scorretto perché restringe la concorrenza, pertanto abbiamo chiesto l’intervento dell’Autorità garante”.

Medici richiamati dall’ordine, insinuazioni più o meno verificate sull’attendibilità dei servizi offerti dal portale, un po’ come a dire ‘se costa poco, la fregatura ci sarà’. All’alba della nuova era ‘liberalizzata’ le perplessità sono numerose. E l’esempio di Groupon rappresenta un caso limite, ma anche un interessante spunto di riflessione.

E voi cosa ne pensate? Si tratta di un processo alle intenzioni, quello esercitato dagli Ordini Professionali, o di un’azione giusta e tesa a limitare una concorrenza che potrebbe farsi spietata e senza più regole? E’ giusto applicare tariffe scontate anche a servizi e prestazioni fino ad oggi regolamentate da tariffari minimi e cachet prestabiliti?

Corso di aggiornamento obbligatorio per mediatori civili e commerciali

Si terrà presso l’Istituto Nazionale Telematico di Battaglia Terme (PD), nei giorni 21 e 28 gennaio 2012, il corso di aggiornamento per mediatori civili e commerciali previsto dall’articolo 18, 2° comma, lettera g) del Decreto 18 ottobre 2010 n. 180.

Il corso durerà 18 ore, durante le quali i mediatori civili e commerciali che hanno già frequentato il corso base di 50 ore verranno informati sulle attualità normative, perfezioneranno le tecniche di negoziazione e applicheranno le metodologie più efficaci di risoluzione pacifica delle controversie. In particolare verranno analizzati i punti critici dei primi interventi giurisprudenziali.

Le iscrizioni dovranno pervenire entro il 15 gennaio 2012. Il programma è già stato accreditato presso l’Ordine dei consulenti del lavoro di Padova ed è in corso l’accreditamento anche presso gli altri Ordini professionali.

Per saperne di più visitate il sito

 

Ministro Severino: Abolire gli ordini? Mai detto

Ramoscello d’ulivo dal Governo al mondo delle professioni. Nell’audizione in commissione Giustizia al Senato sulle linee programmatiche del suo dicastero, il ministro della Giustizia, Paola Severino, torna sulla presunta volontà di abolire gli ordini professionali: “Nessuno ha mai parlato di abolizione degli ordini. Liberalizzare non vuole dire consentire a chiunque di svolgere la professione di avvocato, ma liberare gli ostacoli eccessivi all’esercizio delle professioni“, ha affermato.

Bisogna fare presto – ha aggiunto – perché non è rinviando una riforma che si risolve un problema“. “Il rasserenamento e l’apertura al dialogo – ha concluso – credo siano ottime strade“.

d.S.

La politica delle parole

di Matteo SANTINI

La politica delle parole vale anche per la categoria forense; è la politica di chi fa finta di protestare contro provvedimenti osceni che stanno giorno dopo giorno annichilendo e mortificando la professione forense, mentre, di fatto, fa l’occhiolino ai poteri forti che vorrebbero una categoria forense a servizio delle grandi imprese. La politica delle parole è quella di chi coltiva solo il proprio orticello dimenticando che se non si lavora tutti insieme, le grandi carestie colpiscono inesorabilmente la terra di tutti.

Rassegnazione o vigliaccheria ? Forse entrambe le cose; il servilismo nei confronti dei potenti è un malcostume tipicamente Italiano, in parte giustificato dal timore che se si è da soli ad alzare il capo, si viene più agevolmente individuati e schiacciati. L’occhiolino ai potenti ci rende apparentemente più sereni; falsamente convinti di godere della protezione dei forti e magari speranzosi di potere un domani raccogliere le briciole della grande torta ormai divorata dalle grandi avide bocche.

E’ ora di cambiare ma le parole non bastano. E’ ora che tutti gli avvocati, si rendano conto che è in atto una campagna mediatica e legislativa finalizzata all’annientamento della categoria. Rispetto a quanto affermato nella recente manovra economica (approvata da “illustri” colleghi che siedono in Parlamento), rispondo che la professione forense mai e poi mai rientrerà tra le attività economiche di cui all’articolo 41 della Costituzione. La nostra non è attività di impresa.

La nostra tutela Costituzionale discende direttamente da un altro articolo (che non è il 41 come a molti fa comodo pensare): mi riferisco ovviamente all’articolo 24. Oltretutto, la funzione di interesse pubblico svolta dagli avvocati è confermata dalla stessa normativa comunitaria, recepita dall’ordinamento italiano. Quali sarebbero le indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni di cui all’articolo 3 del DL 138/2011 ? Se, consideriamo come indebite restrizioni le disposizioni volte a limitare il numero degli iscritti, a verificare l’effettiva preparazione degli aspiranti avvocati attraverso un esame di stato serio e rigoroso, a limitare forme di concorrenza sleale mediante aste al ribasso sulle tariffe dei servizi professionali, allora ciò significa che il nostro legislatore, oltre ad essere molto abile nel rovesciare e mistificare la realtà, possiede anche un macabro umorismo. In Italia siamo in 240mila avvocati: mi viene il dubbio che le restrizioni “debite” o “indebite” che si vogliono abolire, in passato non siano mai esistite o quanto meno non abbiano funzionato!

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma
È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

Intermediari fiscali: serve confronto unitario con l’Agenzia delle Entrate

Lo aveva annunciato ai primi di agosto, dopo una lettera inviata al Direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera; ora lo ha concretizzato. Riccardo Alemanno, Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT), ha inoltrato via e-mail una lettera ai Presidenti di ordini e associazioni che rappresentato professionisti che svolgono la funzione di intermediari fiscali. Tutto inizia ai primi di agosto, quando l’Agenzia, negli ultimi giorni della predisposizione del modello Unico, pubblica in area entratel (riservata agli intermediari fiscali) un comunicato sui controlli ai predetti professionisti in tema di privacy.

Ovviamente, anche per il periodo e il tono, molto professionisti si sono preoccupati e Alemanno aveva ricevuto parecchie comunicazioni da parte degli iscritti INT. Da qui la lettera a Befera per chiedere un incontro chiarificatore e poi l’idea di proporre ai rappresentanti di ordini e associazioni di richiedere all’Agenzia delle Entrate la costituzione di una consulta permanente degli intermediari fiscali, al fine di potere dialogare e confrontarsi unitariamente con l’Amministrazione finanziaria. I destinatari della proposta di Alemanno sono i Presidenti degli Ordini di dottori commercialisti, consulenti del lavoro e delle associazioni di tributaristi e revisori legali.

Si legge nella lettera: “E’ necessario pertanto che le rappresentanze degli intermediari fiscali e l’Amministrazione finanziaria abbiano un confronto da cui possa scaturire l’istituzione di una sorta di consulta permanente o tavolo di consultazione attraverso cui si possano conoscere preventivamente gli atti dell’Agenzia delle Entrate nei confronti degli intermediari e discuterne contenuti e motivazioni.Spero che questa proposta possa trovare la Vostra condivisione per potere chiedere congiuntamente all’Agenzia delle Entrate quanto suddetto. Sarebbe un bel segnale un’ azione congiunta, soprattutto a vantaggio dei nostri rappresentati“.

Alemanno spera nella condivisione da parte degli altri Presidenti. “Nell’ambito della Commissione centrale sugli studi di settore abbiamo dimostrato che possiamo affrontare problematiche comuni tralasciando le contrapposizioni, spero che questo possa avvenire anche per questa importante funzione svolta dal mondo professionale del settore fiscale. Oltre all’aspetto positivo per gli iscritti di ogni singola organizzazione credo che sarebbe un bel segnale in un Paese oggi diviso ed in contrapposizione su tutto“.

“Riforma degli ordini? C’è una scarsa volontà politica”

di Davide PASSONI

Riccardo Alemanno è presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi dal 1997. Cinquantatrè anni, di origine genovese, vive e lavora ad Acqui Terme ed è nel settore delle associazioni fin dal 1985, in quanto ex segretario nazionale dell’associazione unica dei tributaristi. Una persona con le idee chiare, senza peli sulla lingua, che mette la difesa della propria associazione come priorità, con una grande coerenza e lucidità di pensiero. Infoiva lo ha incontrato, per fare il punto con lui sulla riforma degli ordini professionali, sulla Finanziaria e sui tanti nodi che intrappolano oggi il sistema delle professioni in Italia.

Qual è il suo punto di vista sulla questione della riforma degli ordini professionali?
Tanta confusione e scarsa volontà politica. Sin dalla prima indicazione, in uno dei tanti testi della manovra in cui si parlava di abolire l’esame di stato per alcune professioni ma non per altre, la cosa era talmente eclatante rispetto alla tradizione ordinistica italiana che nessuno vedeva l’applicabilità di una norma scritta in tal modo, anche in cuor mio speravo in un cambio di visione del sistema professionale italiano. Poi si è scritto di una supercommissione, poi naufragata, la quale elaborasse un testo che desse alcune indicazioni e valutazioni su ciascun ordine, dando contemporaneamente indicazioni di trasparenza agli utenti. Poi il nuovo (ultimo?) testo con tanti contenuti ma poca concretezza  se non l’obbligo della polizza di r.c. professionale da parte dei professionisti a tutela dei loro assistiti. E nel settore tributario, dove si lavora sempre sotto pressione per via delle scadenze ravvicinate, l’errore è sempre dietro l’angolo per ciò le associazioni come l’INT da sempre obbligano i propri iscritti alla sottoscrizione di un polizza assicurativa. Comunque nel settore delle professioni, mio avviso, si è persa un’occasione soprattutto a vantaggio dei giovani che nel settore professionale entrano troppo tardi nel mondo operativo.
 
Per non parlare dell’aspetto delle tariffe…
Appunto. C’è stato ancora una volta il balletto sulle tariffe, con Catricalà che ha mandato osservazioni al parlamento e al governo, in cui diceva di abrogare i minimi tariffari, gli ordini che difendono la validità: è il ripetersi di uno scenario già visto alcuni anni fa, con spunti che sono tornati di una attualità agghiacciante.
 
E quindi, dov’è il vero nodo?
Il punto vero è che anche gli ordini professionali hanno un problema, collegato in gran parte alle casse previdenziali: liberalizzare certe attività creerebbe una minore iscrizione alle casse, salvo far rientrare nella loro gestione alcuni di coloro che attualmente afferiscono alla gestione separata. Peraltro è curioso che in tutto questo sistema di cose dette e scritte ma non applicate, l’Ue nelle raccomandazioni fatte a giugno per i Paesi dell’area euro indicasse tra gli interventi da fare anche quello della liberalizzazione nel settore delle professioni. Ho quindi pensato che certe cose scritte in manovra fossero state inserite dietro questo input, ma evidentemente, visti gli ultimi sviluppi, non è stato così. Abbiamo perso solo tempo ed energia da mesi a questa parte: si redige un testo, qualcuno protesta e il testo si cambia; protesta qualcun altro e si cambia ancora: non so se questo sistema paga in credibilità, penso di no.
 
Che cosa chiedete dunque alle istituzioni?
Da tempo si chiede un riconoscimento da parte del governo nazionale delle associazioni quali soggetti che rilascino un attestato di competenza riconosciuto a livello europeo, secondo direttive europee di storica memoria (dir. Ue 92/51) o quanto meno l’applicazione  della cosiddetta “direttiva qualifiche”, recepita con decreto ma mai resa operativa, anzi, per le associazioni sembrano una chimera i tavoli di confronto europei: paradossale. Abbiamo alcune associazioni già inserite nell’elenco della direttiva qualifiche con le stesse caratteristiche della nostra, mentre la posizione della nostra è ancora in stand by. Chiederemo al nuovo ministro della Giustizia come mai il decreto che ci riguarda non venga emanato, nonostante abbia avuto tutti gli ok del caso.
 
Qual è oggi il limite del sistema ordinistico italiano?
Negli ultimi 25-30 anni il fatto che esistano delle associazioni che raggruppano, coordinano, aggiornano e danno regole ha creato una sorta di “categoria nella categoria” e questo può dare più fastidio perché non si compete solo singolarmente ma anche come organizzazioni di rappresentanza. Vedo una incapacità di fare sistema. Al di là del fatto che le associazioni sono diventate interlocutori delle istituzioni e le battaglie intraprese non sono per la difesa di interessi di parte a danno di altri ma per difendere il lavoro dei propri iscritti. Chiediamo solo di poter lavorare in modo sereno, con i riconoscimenti avuti, i contratti che abbiamo firmato e negli ambiti che quotidianamente presidiamo. I professionisti delle associazioni, tra cui i tributaristi, sono quelli nelle cui strutture c’è il contradditorio più aperto. Difendiamo i singoli interessi se questo significa difendere il nostro lavoro, ma siamo sempre disponibili a dare una mano al miglioramento del Paese in quanto coinvolti in diversi tavoli istituzionali.
 
E la politica che cosa risponde?
Vedo situazioni lobbistiche molto forti. Sono rimasto amareggiato da alcuni parlamentari che vengono da attività professionali, i quali hanno minacciato di non votare la manovra senza lo stralcio della norma sulle professioni: arrivare a dire “non voto la manovra” perché un’ala minoritaria del Paese non ne condivide una parte non mi sembra un buon segnale. 
 
Capitolo Finanziaria…
Guardi, stiamo organizzando per ottobre il consiglio nazionale a Roma e ai vari consiglieri dico: cominciamo a leggere quanto riportato nella manovra solo quando sarà definitivamente approvata, perché sennò perdiamo solo tempo. Abbiamo assistito a un teatrino che non fa bene a nessuno: quando si chiedono dei sacrifici, non saranno mai bene accetti del tutto, ma lo saranno di più se ho fiducia in chi me li impone; mi pare che il sistema globale della politica faccia di tutto per perdere la fiducia dei cittadini. Ho visto tante finanziarie, ma una come quest’anno non mi era mai capitata. 
 
Non è l’unico a dirlo…
Tempo fa chiedemmo al legislatore, con una iniziativa: no alla retroattività delle norme tributarie, sì alla semplificazione. Oggi lo slogan deve essere: serietà e buon senso. Si devono lasciare da parte gli indugi e intervenire in modo serio e preciso sulla spesa pubblica, non solo sui costi della politica. Pensi che almeno il 50% delle società partecipate dal pubblico è in perdita o producono utili risibili e non si fa nulla: vorrei sapere quanto sono costate ad oggi, per esempio, tutte le società collegate al progetto del ponte sullo Stretto. Si parla, giustamente, di lotta all’evasione e si torna a fare grosso modo quello che fece il ministro Visco, i cui provvedimenti erano stati abrogati dall’attuale maggioranza.  Vogliamo parlare poi della tracciabilità dei pagamenti? Bene, si dovrebbe contestualmente incentivare l’utilizzo della moneta elettronica per favorirla: allora facciamo in modo che il suo costo di gestione sia meno pesante di quanto sia oggi, altrimenti pochi la useranno soprattutto nelle spese della quotidianità. Si tratta solo di un esempio per dire che non fare retromarcia aiuta a migliorare in credibilità; del tira e molla siamo tutti scontenti.
 
Se dovessimo parlare di tutti gli aspetti della manovra, non ne usciremmo più. Limitiamoci alle pensioni…
Non capisco, ferma restando una differente modalità pensionistica per i lavori usuranti, perché tanta polemica sull’innalzamento a 65/67 anni dell’età pensionabile: si stanno pagando pensioni per un numero superiore rispetto a quello derivante dai calcoli degli Anni ’60 e ’70, non supportate da contributi adeguati perché non si era tenuto conto in modo corretto di parametri come l’innalzamento dell’aspettativa di vita. Il messaggio è: pensiamo in modo meno egoistico e prepariamo per le nuove generazioni un sistema più solidale, perché questo non può reggere. Ci troveremo un giorno a dover alzare in un colpo solo a 70 anni l’età della pensione: sul non toccare i diritti acquisiti sono d’accordo, ma il futuro va programmato in modo diverso. Fortunatamente nell’ultimo testo della manovra si è messa mano all’età pensionabile anche se solo per il mondo femminile, ma si deve fare di più, non solo per l’Europa ma per i nostri giovani.

Il decreto anticrisi rispetta gli ordini professionali

C’è soddisfazione dal mondo degli ordini professionali per il decreto anticrisi, che non intaccherebbe i principi cardine del sistema e prevede invece solo utili ammodernamenti. Allontanati gli allarmi delle settimane scorse è tempo per affrontare le novità. Gli esami di stato rimangono, si istituiscono maggiori controlli territoriali per vegliare sull’ordine, vengono apposte chiarezze circa i compensi dei professionisti, vengono abrogate le indebite restrizioni per l’accesso alla professione.

Queste in linea generale le novità introdotte. La presidente dei Consulenti del Lavoro Marina Calderone commenta così: “In un momento in cui a tutti i lavoratori vengono richiesti sacrifici è giusto che anche i professionisti facciano la loro parte. Fondamentale per noi era il mantenimento dei principi su cui si basa il sistema ordinistico italiano che è pieno riconoscimento del valore delle professioni. Le novità introdotte dal decreto legge anticrisi erano peraltro già contenute nella proposta di modernizzazione degli Ordini presentata al Ministro di Giustizia a luglio 2010 e nel provvedimento attualmente in corso di iter parlamentare, per il quale ci sono state le audizioni in Commissione Giustizia della Camera” – e prosegue – “Una manovra da 45,5 miliardi di euro in due anni richiede la coesione di tutti gli attori sociali e istituzionali, evitando tentativi di accaparramento di competenze altrui approfittando della situazione di crisi. Ribadisco il nostro ringraziamento al Governo per avere sottolineato l’importanza e la necessità degli Ordini nel nostro Paese“.

 

“Radiografia” degli architetti in Italia

Architetto, professione d’Italia. Gli architetti iscritti all’Ordine professionale, nel nostro Paese, sono infatti quasi 145mila, il numero maggiore tra i Paesi europei e il 30% del totale degli architetti europei; Questo è quanto emerge dalla ricerca “Lo Stato della professione dell’architetto in Italia: i temi, la crisi, la riconfigurazione“, realizzata dall’Osservatorio Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori (Cnappc) – Cresme. Dalla ricerca emerge anche che quella degli architetti è, per numero, la quinta categoria professionale italiana dopo medici, infermieri, ingegneri e avvocati.

Circa il 40% degli architetti italiani ha meno di quarant’anni e sono in maggioranza donne, con oltre il 40%, contro una media europea intorno al 30%. Rispetto alle altre professioni tecniche in Italia, con l’eccezione dei biologi (74% di presenza femminile), le donne iscritte agli Ordini professionali sono ancora in netta minoranza: sono appena il 2 e il 7% tra i periti (industriali e agrari), il 9% tra i geometri; tra il 13 e il 18% tra agrotecnici, geologi e agronomi, appena il 10% tra gli ingegneri e, in misura maggiore (anche se inferiore rispetto agli architetti), il 34% tra i chimici.

Nel complesso, il fatturato medio annuo degli architetti è di circa 37mila euro con una contrazione, a causa della crisi, del 16-17%. Nel 2010 per un quarto degli architetti l’insoluto ha superato il 20% del giro d’affari complessivo e i tempi di pagamento si sono allungati: gli enti pubblici passano da una media di 100 giorni del 2008 a 140 del 2010; le imprese da 63 giorni a 119; le famiglie da 46 a 81 giorni, gli altri professionisti da 39 a 68 giorni.

Influisce sulla contrazione del fatturato il crollo verticale del mercato della progettazione di nuove costruzioni residenziali, dei mercati della nuova produzione non residenziale e del settore delle opere pubbliche: nel 2010 il 67% degli architetti indica un calo dell’attività (era il 72% nel 2009), con riduzioni annue del fatturato nel settore, per la metà degli architetti, superiori al 25%. Segnali più confortanti, invece, arrivano dalla riqualificazione, settore che nei prossimi anni è destinato a caratterizzare tutto il mercato delle costruzioni nazionale che il 30,7% degli architetti vede in crescita.

Commercialisti: la mediazione obbligatoria è necessaria, ma si può migliorare

Il presidente dei commercialisti, Claudio Siciliotti, nel corso del convegno nazionale “Mediazione civile: strumento giuridico e percorso di unione. Il ruolo dei commercialisti” tenutosi a Torino qualche giorno fa ha espresso un importante commento sulla mediazione obbligatoria: “Quella sulla mediazione civile è una riforma sicuramente perfettibile, ma il suo avvio segna comunque uno spartiacque nella storia della giustizia italiana. Pur con tutte le difficoltà che nella fase iniziale potranno verificarsi, era importante partire. La mediazione è ad oggi l’unico strumento in campo per alleggerire i nostri tribunali dal peso dei quasi sei milioni di cause civili pendenti, con una durata media tra i dieci e i dodici anni. Siamo al 156° posto delle classifiche mondiali per la durata dei processi, una situazione che penalizza pesantemente cittadini e imprese. Chi si oppone a questa riforma finisce di fatto per difendere questo indifendibile status quo“.

Tra le migliorie apportabili Siciliotti ha ricordato: “Probabilmente il ruolo di mediatore andrà riservato ai soli iscritti agli Ordini professionali e non ai laureati triennalitout court. Così come andranno costantemente monitorati i percorsi formativi. Massima vigilanza sulla qualità dei mediatori, quindi, ma anche grande impegno per l’affermazione di uno strumento di risoluzione alternativa delle controversie che può essere di grande aiuto per la collettività, anche perché potrà contribuire ad un significativo snellimento della pubblica amministrazione“.

L’incontro di Torino è stato un pretesto per presentare anche modello di conciliazione dei commercialisti, a illustrarlo è stato Felice Ruscetta, consigliere nazionale della categoria.

Cambio ai vertici del Consiglio Nazionale degli Architetti

Il Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori ha da poco eletto il suo nuovo presidente, si tratta di Leopoldo Freyrie. Il suo entourage sarà composto da Giorgio Cacciaguerra (Udine), Pasquale Caprio (Salerno), Matteo Capuani (Frosinone), Simone Cola (Sondrio), Ferruccio Favaron (Lecco), Pasquale Felicetti (Pescara), Massimo Gallione (Novara), Raffaello Frasca (Palermo), Franco Frison (Belluno), Salvatore La Mendola (Agrigento), Alessandro Marata (Bologna), Paolo Pisciotta (Napoli), Domenico Podestà (Genova) e dall’architetto junior Luisa Borinato (Vicenza).

Nel discorso di insediamento, il neoeletto presidente ha tirato un bilancio sulla situazione professionale: “La grave crisi economica che ha investito il nostro Paese ha duramente colpito gli architetti italiani, aggravando le conseguenze di un mercato già asfittico, sovraccarico di burocrazia e afflitto dalla carenza di regole che garantiscano scelte meritocratiche. La politica continua a non cogliere il legame molto stretto che lega il superamento della crisi alla piena valorizzazione del contributo di idee e di iniziativa delle professioni intellettuali, che sono il motore dell’innovazione, dell’economia, dei valori della comunità e dell’ambiente”.

Freyrie ha inoltre espresso polemiche circa la mancata realizzazione di riforme necessaria per una reale ripresa prospettando per il futuro di attivare piattaforme informatiche che semplifichino e velocizzino il rapporto con la P.a; attivare forme societarie che permettano di fruire dei benefici fiscali; intraprendere le necessarie azioni perché gli enti pubblici affrontino e risolvano il gravissimo problema dei debiti nei confronti degli architetti; creare, infine, un’agenzia di promozione degli architetti italiani nel mondo.

Il presidente ha infine lanciato un piccolo esame di coscienza per riscoprire i veri valori dell’architettura al servizio del cittadino: “L’architettura deve tornare ad assumere il suo naturale valore etico al servizio della società. Gli architetti italiani devono poter contribuire allo sviluppo civile del Paese interpretando, e ritrasmettendole nei loro progetti, le esigenze dei cittadini, sempre più consapevoli dell’importanza dell’architettura e dell’ambiente per la vita quotidiana. Siamo pronti promuovere un grande progetto per il Paese“.