Ravvedimento operoso: come fare pace con il fisco in maniera low cost

Esiste uno strumento molto interessante per i contribuenti che hanno debiti di natura fiscale, tributaria e così via. Parliamo del ravvedimento operoso, strumento che vale davvero molto visto che permette a chi vuole mettersi in regola, di risparmiare diversi soldi di sanzioni, interessi e così via.

Del ravvedimento operoso, che consiste nella possibilità di regolarizzare la propria posizione debitoria fiscale dopo aver omesso un pagamento o dopo averne fatto uno ridotto, si parla sempre. Ma pochi sanno effettivamente come funziona. Ecco perché una guida è quello che serve per capire bene il funzionamento di questo strumento.

Ravvedimento operoso, la guida al risparmio

Ravvedimento deriva da ravvedersi e perciò è facile immaginare di cosa si tratti. Quando un contribuente si rende conto di aver omesso un pagamento o di aver sbagliato importo, prima che gli venga sollevata contestazione da parte dell’Ente Pubblico a cui l’imposta andava versata, può intervenire evitando guai peggiori.

Il ravvedimento operoso non è una novità in quanto è in funzione da anni. Fu il decreto legislativo n° 472 del 1997, precisamente il suo articolo n° 13 a inserirlo nel sistema. Principio cardine del ravvedimento operoso è la spontaneità del contribuente nel mettersi in regola. Quando da solo, il contribuente si mette in regola per un omesso, tardivo o insufficiente pagamento di una tassa o di un tributo, si materializza lo strumento del ravvedimento. E si pagano sanzioni ridotte se questo strumento viene utilizzato dal contribuente prima che venga avvisato di procedure di accertamento.

I vari tipi di ravvedimento, molto dipende dai tempi entro cui si utilizza

Detto che il ravvedimento operoso è strumento atto a poter regolarizzare, spontaneamente, i versamenti di imposte omessi, insufficienti o tardivi, pagando sanzioni ridotte, vanno indicati i balzelli in cui un contribuente può utilizzare lo strumento.

Il ravvedimento può essere sempre utilizzato, tranne nel caso in cui al contribuente sia già stato recapitata una notifica di atto di accertamento.  Ci sono diversi tipi di ravvedimento operoso con sanzioni o riduzioni di sanzioni e interessi che variano in base alla velocità con cui ci si ravvede rispetto alla scadenza del balzello evaso o pagato erroneamente.

Con il ravvedimento Sprint per esempio, si ha diritto all’applicazione di una sanzione ridotta pari allo 0,1% per ogni giorni di ritardo nel pagamento. Il ravvedimento sprint è quello che può essere utilizzato nei primi 14 giorni successivi alla data entro cui andava pagato il tributo. Evidente che sia la versione più vantaggiosa per i contribuenti dato che se si paga entro i primi 14 giorni, la sanzione massima è pari all’1,4% (0,1% per 14 giorni). Tra il 15imo ed il 30imo giorno si parla di ravvedimento breve, con la sanzione ridotta ma pari all’1.5%. Sale ad 1.67% la sanzione per il ravvedimento intermedio, che si adotta tra il 30imo e il 90imo giorno dalla scadenza. Peggio accade con il ravvedimento lungo, che arriva a sanzioni pari al 4,29% se il ravvedimento avviene dopo il 90imo giorno ed entro la data di scadenza dell’annualità successiva dello stesso balzello.

Quali sono i balzelli che possono essere dentro il ravvedimento

Il ravvedimento si può usare su tutte le imposte legate ad Irpef, Irs, Irap e Addizionali. Ma anche per l’Iva, il bollo auto, l’imposta di registro, le ritenute alla fonte del datore di lavoro, le imposte catastali ed ipotecarie. Per non parlare dei tributi locali, IMU, Tasi, Rifiuti e così via.  Sono davvero tante le tasse o le imposte che rientrano nel meccanismo del ravvedimento operoso. Con il ravvedimento operoso è naturale che deve essere il contribuente autonomamente a versare ciò che deve per mettersi in regola.

Le modalità di versamento sono le stesse delle tasse su cui si è materializzato l’omesso pagamento, il ritardato pagamento o l’erroneo versamento. Il versamento si fa tramite F24 per l’Irpef, l’Iva, le addizionali, le imposte sostitutive e l’Irap. Si utilizza il modello F24 Elide per versare le sanzioni del ravvedimento per le imposte sulla registrazione dei contratti di affitto. Stesso discorso per le imposte catastali e quelle ipotecarie. Con il modello F23 invece, si versano le risultanze del ravvedimento per tributi indiretti o imposta di registro.

Irpef su partite Iva forfettarie e dipendenti: un confronto

Il regime forfettario delle partite Iva rinnova il confronto degli autonomi con i lavoratori dipendenti. Dall’analisi del prelievo dell’Irpef, infatti, a parità di reddito tra gli autonomi e i dipendenti, gran parte delle partite Iva paga un’Irpef minore. In particolare per gli autonomi ricadenti nel regime forfettario con imposta sostitutiva del 15%, la cosiddetta “flat tax”, estesa dalla legge di Bilancio 2019 agli autonomi che abbiano ricavi entro i 65.000 euro annui.

Partita Iva, la scelta della flat tax per il regime forfettario

Il regime agevolato del quale beneficia chi apre una partita Iva forfettaria, con la non applicazione dell’Irap, dell’Iva e delle addizionali Irpef, sta portando a una maggiore preferenza nella scelta degli autonomi verso la flat tax. Ad oggi le partite Iva con regime forfettario costituiscono il 30% del totale degli autonomi, ma l’incidenza verso questo regime si sta accrescendo ulteriormente negli anni. Nel 2020, infatti, il forfait è stata la scelta per il 46,4% delle nuove partite Iva, e circa il 50% per quelle del primo trimestre di quest’anno.

A chi conviene di più il regime forfettario delle partite Iva e la tassa fissa

Chi massimizza i benefici della partita Iva a regime forfettario sono soprattutto i lavoratori autonomi che hanno una soglia di fatturato quanto più vicina al limite dei 65.000 euro. E dunque, con la flat tax fissata al 15%, sono soprattutto i professionisti a sfruttare al massimo il regime agevolato, avendo una bassa incidenza dei costi e un elevato coefficiente di redditività. La convenienza al regime forfettario è testimoniato dal fatto che le piccole imprese cercano di rimanere il più possibile nel sistema agevolato. Ciò diventa disincentivante per lo sviluppo dell’economia e delle imprese. Ma anche la progressività delle imposte, rispetto alla flat tax, pone dei dubbi sulla reale equità e redistribuzione delle tasse. Si pensi, ad esempio, al salto di 11 punti Irpef tra il secondo e il terzo scaglione, dal 27 al 38%.

Aliquote Irpef del lavoro dipendente a confronto con i coefficienti di redditività della flax tax

Nel confronto tra partita Iva del regime forfettario e aliquote Irpef applicate al lavoro dipendente, non possono essere esclusi altri fattori e proposte di revisione del sistema fiscale. In primis, il regime forfettario ha portato qualche anno fa al debutto dei coefficienti di redditività, poi rivisti dopo l’innalzamento della soglia dei ricavi a 65.000 euro (dai 25.000 minimi). Tuttavia, gli stessi coefficienti non risultano coerenti con le strutture dei costi delle aziende, soprattutto per quelle di maggiori dimensioni. In ambito di riforma fiscale, non mancano le iniziali proposte di aumentare l’aliquota della flat tax al primo scaglione Irpef applicato anche ai lavoratori dipendenti, pari al 23%.

Lavoratori dipendenti e Irpef: progressività a scaglioni e detrazioni

Un reale confronto sul sistema Irpef tra la partita Iva forfettaria e la progressività a scaglioni del lavoro non autonomo non può escludere le specifiche detrazioni, rispetto al reddito e ai carichi familiari, applicati ai lavoratori alle dipendenze. Le stesse aliquote Irpef, pertanto, vanno valutate sulla base della struttura delle detrazioni applicate per il lavoro e la famiglia, determinando le effettive aliquote marginali.

Esempio di pagamento Irpef lavoratore autonomo e dipendente: meno Irpef o più detrazioni?

Scendendo nel confronto tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi forfettari, si può fare l’esempio di un lavoratore dipendente e di un autonomo con un reddito annuo di 24.500 euro: il secondo si troverà nella situazione ideale di pagare il 15% di imposte ma senza oneri deducibili e detraibili, o carichi familiari. Mentre i lavoratori dipendenti, quasi nella globalità, hanno altri oneri detraibili. Dunque, dall’ultimo calcolo fiscale dei lavoratori dipendenti, quasi tutti i 22 milioni e 200 mila (pari al 54% dei contribuenti) beneficiano di detrazioni d’imposta e circa il 39% ottiene agevolazioni per carichi di famiglia.

Rateizzazione in dieci anni per i contribuenti in difficoltà

La crisi ha messo in difficoltà i contribuenti a tal punto che, in molti casi, faticano ad adempiere ai pagamenti che stanno arrivando a scadenza.

Per questo motivo, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha firmato un decreto ministeriale che prevede la possibilità di rateizzare in 120 mesi le cartelle di Equitalia dei contribuenti in difficoltà per la crisi.

I piani di rateizzazione sono diversi:
Quello ordinario scatta in caso di “temporanea situazione di obiettiva difficoltà economica”, come disciplinato dal Testo unico sulla riscossione delle imposte sul reddito del 1973, e prevede un massimo di 72 rate.

Il piano straordinario può essere chiesto invece di fronte a una “comprovata e grave situazione di difficoltà, indipendente dalla responsabilità del debitore e collegata alla congiuntura economica”: in questo caso, si potrà diluire il debito con il Fisco in 120 rate.
Il piano straordinario scatta quando il contribuente non è in grado di pagare una rata superiore al tetto del 20% sul reddito mensile per i privati e del 10% sul valore della produzione per le imprese.

Confesercenti ha dato in giudizio positivo al provvedimento: “Il provvedimento che consente di spalmare su 120 rate il pagamento delle cartelle Equitalia è intelligente e umano, perché evita di sommare crisi a crisi: tanti, imprenditori e non, si trovano in difficoltà a causa della recessione, e sono quindi realmente impossibilitati a pagare in tempi brevi le proprie pendenze fiscali. Il nostro apprezzamento va anche all’onorevole Daniele Capezzone, promotore della mozione per un fisco più umano, che con il suo lavoro ha permesso a famiglie e imprese di tirare un sospiro di sollievo”.

Vera MORETTI

Valanga di adempimenti per gli italiani

Nessun dei benefici fiscali previsti dalla Legge di Stabilità saranno visibili nell’immediato, anzi, da qui a fine anno gli italiani, sia che si tratti di famiglie, sia che si tratti di imprese, saranno chiamati ad importanti adempimenti.
Facendo una somma dei 20 pagamenti da effettuare in 45 giorni, è previsto un aggravio nelle tasche dei contribuenti di 436 euro in media.

Alle vecchie e già conosciute imposte, si aggiungono:

  • le imposte maggiorate, comprendenti da un lato l’aumento della misura degli acconti Irpef, Ires e Irap e, dall’altro, l’aumento dell’aliquota Iva al 22% e il versamento aggiuntivo cui sono tenute le imprese a fronte delle fatture emesse fra ottobre e novembre;
  • le nuove imposte, in cui troviamo gli aumenti generalizzati prodotti dalla nuova Tares per effetto della maggiorazione della tariffa sui rifiuti (motivata dalla copertura totale dei costi del servizio) e dell’introduzione di un contributo aggiuntivo (30 cent. al mq. A titolo di partecipazione ai costi dei servizi indivisibili dei comuni);
  • le imposte incerte, fra le quali primeggia il saldo dell’IMU prima casa, considerato che a poco più di 30 giorni dalla scadenza del termine di pagamento non si sa ancora se interverrà la promessa cancellazione. Ma a tale categoria appartiene anche un prelievo che può essere deliberato entro la fine di novembre: l’aumento dell’addizionale comunale all’Irpef per il 2013 che ogni Comune può ancora decidere di applicare.

Vera MORETTI

Il Tax Freedom Day slittato di più di un mese

Da uno studio di Confesercenti emerge un’altra magagna che la crisi ha contribuito a generare, e che fa aumentare la nostalgia dei tempi andati.

Se, infatti, nel 1990 bastavano 8 giorni per pagare le tasse locali, ora ne servono ben 26. E i tempi si sono allungati non solo a causa delle tasche, sempre più vuote, ma anche per l’aumento delle imposte che il cittadino è chiamato a versare: tra imposte sul lavoro, sulle imprese e sui consumi, gli italiani pagano il doppio di tasse rispetto a spagnoli ed inglesi.

Per questo, il Tax Freedom Day, che fino a pochi anni fa scattava già ad inizio di maggio, ora è slittato al 12 giugno. E la “colpa” è soprattutto del federalismo, che ha incrementato le tasse locali.

Per questo motivo, diventa quanto mai indispensabile un abbassamento della pressione fiscale, da ottenere in maniera definitiva con un taglio deciso alla spesa pubblica, come Confesercenti sostiene: “Gli sprechi, le spese inutili, i troppi livelli istituzionali producono uno sperpero enorme di denaro pubblico. Si può cominciare a risparmiare molto con il rigore ed una coraggiosa riforma. E’ strumentale ogni tentativo di prendere tempo: bisogna cominciare subito per favorire la ripresa”.

Vera MORETTI