Ddl lavoro, Alemanno risponde a Elsa Fornero

Le problematiche inerenti a norme contenute nel Ddl lavoro, come le false partite Iva, e l’aumento dell’aliquota previdenziale del Fondo di gestione separata dell’Inps, sono i temi affrontati dal Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Elsa Fornero, in un messaggio scritto a Riccardo Alemanno, Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT).
Nel messaggio del Ministro si legge: “Le questioni sollevate dall’Istituto che lei presiede in merito al disegno di legge di riforma del mercato del lavoro sono oggetto della mia attenzione e valutazione”.

Dopo aver analizzato gli emendamenti presentati al Senato al Ddl lavoro, Alemanno ha così risposto: “Ho preso atto, degli emendamenti presentanti da Relatori e Governo al Ddl sul lavoro, ma non ho trovato alcuna modifica sull’incremento dell’aliquota previdenziale del fondo di gestione autonoma dell’Inps. Ho anche ascoltato il Suo intervento in merito, al video forum del Corriere della Sera, e condivido il fatto che con il sistema contributivo si debba arrivare ad un versamento (risparmio) importante per avere una assegno pensionistico decente, ma il suddetto incremento deve essere maggiormente dilazionato nel tempo e soprattutto, i professionisti (veri) privi di cassa autonoma non possono essere considerati, dal punto di vista della precarietà come i parasubordinati, la loro attività è strutturata e continuativa e l’aliquota previdenziale del 33% rischia di diventare un prelievo dal reddito eccessivo e difficilmente sostenibile, soprattutto da parte dei più giovani. Ribadisco quindi la necessità di un incontro con Lei al fine di valutare, anche al di fuori del Ddl lavoro, un percorso per dare chiarezza alla posizione previdenziale dei professionisti, nella consapevolezza che le loro esigenze previdenziali e le dinamiche del loro reddito sono estremamente differenti rispetto ai parasubordinati ed al mondo del precariato in genere”.

Francesca SCARABELLI

Partite Iva: le norme mettono a rischio posti di lavoro

Le nuove norme che disciplinano le partita Iva, contenute nella riforma del lavoro che si appresta a iniziare il suo iter parlamentare, mettono a rischio molti posti di lavoro. E’ quanto sottolinea la Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, che analizza gli effetti e i profili di criticità del ddl sulla riforma del mercato del lavoro, con la circolare n.6 del 2012. Si tratta di primo un esame tecnico giuridico, disponibile integralmente sul sito consulentidellavoro.it, che interessa soprattutto il lavoro a progetto e il lavoro autonomo.

Nel mirino dei consulenti, i tre requisiti che, secondo le nuove regole, fanno scattare per le partite Iva, il presupposto di lavoro subordinato: monocommittenza, durata della prestazione superiore a 6 mesi in un anno e il fatto che il collaboratore disponga di una postazione di lavoro presso una delel sedi del committente. “Qualora ricorrano -spiega la circolare- anche soltanto due dei tre presupposti indicati, opera dunque la presunzione del regime di parasubordinazione del rapporto”.

La conversione avviene automaticamente, “salvo che sia fornita la prova contraria da parte del committente”. Per i consulenti “la scelta, evidentemente discutibile, conferma l’approccio alla materia che nell’ambito del condivisibile obiettivo di perseguire le violazioni delle tutele in materia di lavoro, ritiene in maniera aprioristica in senso negativo qualsiasi rapporto di lavoro diverso dal ‘tempo pieno e indeterminato'”.

“Il problema è che da un approccio sbagliato, la correzione possa riverlarsi dannosa perlomeno quanto il vizio che si vorrebbe correggere”, aggiungono gli esperti della Fondazione Studi dei consulenti del lavoro.

E questo potrebbe comportare (come “ipotesi non affatto remota”, spiegano ancora) “l’effetto perverso negativo per l’occupazione, con la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, scaturente dal timore di conversioni forzose e dei costi, ingiustificati quanto una conversione ex lege avulsa dalle modalità di attuazione effettiva del rapporto di lavoro, che ne conseguirebbero”.

Fonte: adnkronos.com

‘Falsa’ partita Iva: non basta la monocommittenza

Con la riforma Fornero sono in arrivo nuove regole per chi lavora con la partita Iva, un esercito composito e sempre più numeroso. In Italia sono infatti circa 6,5 mln le partite Iva attive, di queste un milione sono di società di capitale, più di un milione di professionisti, oltre un milione di artigiani e commercianti e tre milioni e mezzo di professionisti non regolamentati con attività individuale. Ogni anno si aprono circa 200 mila nuove partite Iva mentre, secondo l’Isfol, le false partite Iva sono attorno alle 400 mila unità.

In questo universo convivono, dunque, sotto lo stesso regime fiscale, il giovane designer e il fotografo, l’organizzatore di eventi e il musicista, l’autotrasportatore e l’odontotecnico.

“Anche per questo -dice a LABITALIA Gabriele Rotini, coordinatore nazionale di Cna Professioni, che si occupa delle attività non ordinistiche- per individuare una falsa partita Iva occorre distinguere il discorso sulla monocommittenza da quello che riguarda l’aspetto legato a un’attività più prettamente imprenditoriale piuttosto che professionale”. Insomma, per Rotini, quello che distingue una vera da una falsa partita Iva “è anche la natura del committente: il professionista ha un rapporto diretto con il cliente, la falsa partita Iva sta dentro una ‘triangolazione’, in cui il rapporto tra fornitore e cliente passa attraverso il datore di lavoro”.

Rotini ha una lunga esperienza nel settore perché per oltre 10 anni è stato componente della commissione regionale del Lazio sull’artigianato.”Quando dovevamo valutare un caso -ricorda- la base che prendevamo in considerazione era quella dell’autonomia imprenditoriale e cioè vedere se il lavoratore in oggetto veramente era autonomo nel decidere i tempi di lavoro, mentre se i tempi di lavoro venivano fissati e decisi da altri, cioè dal committente, quello poteva essere lavoro subordinato”.

Insomma, dice Rotini, “la monocommittenza non può essere il solo indicatore che ci dice che il lavoro è subordinato, è un ragionamento piuttosto complicato”. “Come Cna professioni -conclude- difendiamo la sopravvivenza delle partite Iva, necessarie in un sistema economico dove il 96% delle aziende è fatto da piccole imprese sotto i 10 addetti”.

Fonte: adnkronos.com

Ici in scadenza a metà dicembre

Sta per arrivare la scadenza del saldo Ici 2011 per i proprietari degli immobili diversi dall’abitazione principale ma che coinvolge anche i proprietari di immobili che, pur costituendo abitazione principale, rientrano nelle categorie catastali A1 (signorile), A8 (ville) e A9 (castelli, palazzi di pregio artistico e storico).

L’Ici (imposta comunale sugli immobili) è la principale tassa sulla casa, risale al 1993 e costituisce una fonte di finanziamento per i Comuni. A differenza dell’Irpef, l’Ici non è un’imposta progressiva, in quanto si ottiene applicando l’aliquota fissata dal singolo Comune (che varia dal 4 al 7 per mille) al valore dell’immobile (rendita catastale rivalutata del 5%) moltiplicato a sua volta per un coefficiente fisso, in base alla categoria catastale di appartenenza:

  • 140 per la cat. B (per esempio scuole, biblioteche, uffici pubblici)
  • 100 per le cat. A (abitazioni) e C (per esempio magazzini, laboratori, box), escluse le categorie A/10 e C/1; 50 per le cat. D (per esempio alberghi, teatri, capannoni) e A/10 (uffici e studi privati)
  • 34 per la cat. C/1 (negozi e botteghe).

L’Ici viene pagata dal proprietario dell’immobile e dal possessore di terreni ed aree edificabili, in due rate – ciascuna pari al 50% dell’imposta complessiva: la prima entro il 16 giugno (c.d. acconto) sulla base delle aliquote e delle detrazioni deliberate dal Comune per l’anno precedente e la seconda entro il 16 dicembre (c.d. saldo) prendendo a riferimento l’aliquota e le detrazioni deliberate dal Comune nell’anno a cui si riferisce l’imposta (al momento del saldo, quindi, potrebbe eventualmente essere effettuato un conguaglio).

E’ bene ricordare queste modalità perché, come anticipato, una delle prime manovre varate dal Governo Monti riguarda proprio la reintroduzione di questa tassa. In attesa che tale provvedimento venga confermato, dal momento che sembra verrà riformulata con criteri di progressività, resta l’importante scadenza del prossimo 16 Dicembre, per il versamento del saldo ICI 2011, che per ora non comprende l’abitazione principale.

In linea di massima il saldo ICI 2011 si determina come differenza tra l’imposta dovuta per l’anno 2011, determinata sulla base delle aliquote e delle detrazioni deliberate dal Comune per l’anno in corso e l’acconto versato entro il 16.6.2011, con eventuale conguaglio su quest’ultimo, necessario in quanto:

  • l’acconto versato entro il 16.6.2011 era solo il 50% dell’imposta dovuta per l’intero anno, computata fra l’altro tenendo conto delle aliquote e delle detrazioni vigenti nel 2010;
  • in sede di determinazione dell’ICI dovuta per il 2011, occorre ora assumere le aliquote e le detrazioni in vigore nell’anno in corso.

Per conoscere la misura delle aliquote deliberate dai vari comuni, ci si può rivolgere direttamente ai comuni interessati o collegandosi online al sito Finanze.gov.it, accedendo alla sezione dedicata alla fiscalità locale, oppure a Webifel.it, sito internet della Fondazione ANCI.

Ricordiamo che l’imposta va commisurata al numero di mesi di possesso nel corso dell’anno; si conteggia il mese in cui la titolarità è iniziata o cessata se la frazione è superiore a 14 giorni, mentre non si computa se è inferiore o uguale a 14 giorni.
Il versamento del saldo Ici

Dal 1° maggio 2007 è possibile effettuare il versamento dell’imposta Ici oltre che con bollettino di c/c/p o versamento diretto in tesoreria, anche mediante Modello F24, utilizzando i seguenti codici tributo:

  • 3901 per abitazione principale;
  • 3902 per i terreni agricoli;
  • 3903 per le aree fabbricabili;
  • 3904 per gli altri fabbricati.

Per i soggetti titolari di Partita Iva è obbligatorio il canale telematico.

A prescindere dalle modalità scelte, l’importo da versare deve essere arrotondato all’unità di Euro. Nel caso di utilizzo del bollettino postale deve essere arrotondato solo l’importo del versamento totale, mentre quelli relativi alle singole fattispecie devono essere esposti arrotondati al centesimo.

Nel caso di omesso o carente versamento del saldo Ici è possibile ricorrere al ravvedimento operoso applicando gli interessi legali pari 1,5% dal 1° gennaio 2011 (codice tributo 3906) e le relative sanzioni (codice tributo 3907)che vanno dallo 0,2% al 2,8% se il pagamento è effettuato entro 14 giorni dalla scadenza (ravvedimento sprint); 3% se il pagamento è effettuato tra il 15° e il 30° giorno dalla scadenza (ravvedimento breve); 3,75% se il pagamento è effettuato oltre i 30 giorni dalla scadenza ed entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno della violazione (ravvedimento lungo).

Vera Moretti

Manovra fiscale: proviamo a capirci di più

Il Fisco ha diramato una circolare per chiarire la nuova manovra: il taglio della ritenuta sui bonifici per ristrutturazioni edilizie agevolate, le partite Iva “fantasma” e lo spesometro in caso di pagamenti tracciabili sono solo alcuni dei punti toccati dalla circolare 41/E del 5 agosto.

Per quanto concerne le partite Iva sono circa 8,9 milioni quelle formalmente attive, di cui 6 milioni riguardano le persone fisiche e 2,9 le società. Le misure della manovra sono finalizzate a tenere in vita solo quelle che effettivamente operano nel nostro sistema. Il decreto prevede che i titolari di partita Iva che, sebbene obbligati, abbiano dimenticato di comunicare la cessazione della propria attività entro i 30 gg prescritti dalla norma, possono ora sanare la violazione versando spontaneamente, entro novanta giorni a partire dal 6 luglio, un importo pari a 129 Euro.

E’ previsto il taglio del 6% della ritenuta d’acconto trattenuta dalle banche e dalle poste sui bonifici incassati da chi esegue lavori di ristrutturazioni edilizie o finalizzati al risparmio energetico. L’aliquota, infatti, passa dal 10 al 4% e si applica agli accrediti effettuati dal 6 luglio 2011.

Gli operatori finanziari obbligati a segnalare all’Anagrafe tributaria le operazioni e i rapporti intrattenuti con la clientela devono comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati sulle transazioni Iva sopra i 3 mila euro pagate dal consumatore finale con carte di credito, di debito o prepagate emesse dagli stessi.

E’ inoltre previsto un alleggerimento dell’applicazione delle sanzioni per il contribuente che vede accolte le proprie deduzioni difensive dall’Ufficio che gli contesta la violazione degli obblighi tributari. L’atto di irrogazione delle sanzioni si potrà definire applicandole in misura ridotta.

 

 

Partita I.V.A., nuovi obblighi e Paesi della Black List

L’Agenzia delle Entrate informa che sussiste l’obbligo di comunicazione delle operazioni con soggetti stabiliti in Paesi black list (a fiscalità ridotta o privilegiata), anche quando la partita Iva indicata in fattura è riconducibile ad un Paese a fiscalità ordinaria.

Con la Risoluzione n. 71 del 6 luglio 2011, l’Agenzia delle Entrate ha risposto ad un quesito relativo all’obbligo di comunicazione delle operazioni con soggetti stabiliti in Paesi black list.
La questione riguardava, in particolare, l’applicabilità o meno dell’obbligo di comunicazione qualora l’operazione con il soggetto con sede nel Paese black list (nel caso specifico, una società lussemburghese) sia riconducibile formalmente ad una o più partite Iva rilasciate da Paesi a fiscalità ordinaria (nel caso specifico, Regno Unito, Germania e Francia) e territorialmente rilevanti in quei Paesi.

L’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto che sussiste anche in questo caso l’obbligo di comunicazione. Nella compilazione del Quadro A del modello di comunicazione, dovranno essere indicati, nello spazio relativo ai dati anagrafici della società estera, la sede legale ed il codice fiscale della società localizzata nel Paese black list, mentre nello spazio relativo al codice Iva dovranno essere indicati i codici Iva rilasciati dai Paesi nei quali la società si è identificata ai fini del compimento dell’operazione economica. Dovrà essere compilato un quadro per ciascuno dei codici.

Partita Iva “spenta”, good bye

I titolari di una posizione Iva che, pur non svolgendo alcuna attività, non hanno comunicato la cessazione (sono circa 2 milioni), hanno ora 90 giorni di tempo per regolarizzare la propria situazione, pagando una sanzione ridotta di 129 euro tramite il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi“, indicando il codice tributo 8110 (istituito con la risoluzione n. 72/E dell’11 luglio), il numero di partita Iva da chiudere e l’anno di cessazione dell’attività. Chi non si avvale di questa opportunità, rischia una sanzione dai 516 ai 2.065 euro. I 90 giorni si calcolano dal 6 luglio 2011, data di entrata in vigore dell’ultima manovra (decreto legge 98/2011) e l’agevolazione si applica a patto che la violazione non sia stata già contestata dal Fisco con atto portato a conoscenza del contribuente. Nell’ottica della semplificazione, non occorre presentare anche la dichiarazione di cessazione attività con il modello AA7 (i soggetti diversi dalle persone fisiche) o AA9 (le imprese individuali e i lavoratori autonomi), perché a chiudere la partita Iva sarà l’Agenzia sulla base dei dati desunti dal modello F24 presentato.

Nel compilare la delega di pagamento con l'”F24 Versamenti con elementi identificativi” tramite il codice tributo 8110, nella sezione “Contribuente” devono essere riportati i dati anagrafici e il codice fiscale di chi effettua il versamento, mentre nella sezione “Erario ed altro” occorre indicare:

– la lettera “R” nel campo “tipo”
– il numero della partita Iva da chiudere nel campo “elementi identificativi”
– il codice tributo 8110 nel campo “codice”
– l’anno di cessazione dell’attività (nel formato AAAA) nel campo “anno di riferimento”

Regime dei minimi: meno tasse ma per meno anni

Dal prossimo anno la tassazione forfettaria scenderà dal 20 al 5%, ma si applicherà solo per 5 anni e sarà limitato alle imprese nuove oattive al 2007.
In pratica, il beneficio diventa transitorio.
Altra condizione: i beneficiari al momento di avvio dell’attività non devono aver superato i 35 anni di età.

Dubbi sul mantenimento del suddetto limite di età. Si attende la versione definitiva della manovra.

L’articolo 27 del dl sulla manovra correttiva punta sulla rimodulazione e concentrazione degli incentivi fiscali con lo scopo di favorire la costituzione di nuove imprese o di nuove attività professionali ad opera di giovani o di chi ha perso il posto di lavoro.
La nuova misura dell’imposta sostitutiva dell’Irpef e dell’Irap è fissata al 5%, in luogo del 20% previsto dal regime dei minimi e del 10% del regime delle nuove iniziative produttive.
L’agevolazione si applica a decorrere dal 2012 per i primi 5 anni di attività.

Chiusura e riapertura della partita iva nello stesso anno, ecco come comportarsi con l’Iva

Nel caso in cui un contribuente nello stesso anno abbia cessato attività chiudendo la partita Iva relativa, riaprendola però successivamente nello stesso anno , dovrà presentare ai fini dell’IVA un’unica dichiarazione composta da:

  • il frontespizio, con  indicati nella parte anagrafica la partita IVA corrispondente all’ultima attività esercitata nell’anno 2010;
  • un modulo (mod. n. 01), in cui devono essere compilati tutti i quadri riportando i dati relativi all’ultima attività esercitata. Esclusivamente nel modulo n. 01 devono essere compilati i quadri VT e VX per riepilogare i dati delle due attività;
  • un modulo, in cui devono essere compilati tutti i quadri riportando i dati relativi alla prima attività esercitata nell’anno ed indicando, in particolare, nel rigo VA1, campo 1, la corrispondente partita IVA.
Qualora fossero necessarie maggiori informazioni circa la compilazione si può far riferimento al Modello Dichiarazione Iva in relazione ai casi di trasformazione sostanziale soggettiva.
Mirko Zago

Da CheBanca! ecco il Conto Deposito Business, dedicato alle aziende e ai titolari di Partita IVA

Focus pubblicitario

CheBanca! ha lanciato Conto Deposito Business, un prodotto dedicato esclusivamente alle aziende e ai soggetti con Partita IVA.

Queste le principali caratteristiche di Conto Deposito Business:

– può essere sottoscritto da tutti i titolari di Partita IVA, dai professionisti, dai commercianti e dalle imprese;
– come per i privati, anche Conto Deposito Business riconosce al cliente gli interessi in anticipo sulle somme vincolate;
– È completamente gratuito: non ha costi di apertura, di gestione e di chiusura. Anche l’imposta di bollo è a carico di CheBanca!.

Conto Deposito Business è la risposta ad una precisa esigenza che abbiamo riscontrato nel mercato: la necessità di far fruttare la liquidità aziendale – commenta Christian Miccoli, Amministratore Delegato di CheBanca! –. Per la prima volta ci rivolgiamo al segmento dei professionisti, ma l’approccio è quello di sempre: abbiamo disegnato un prodotto semplice ed efficiente, confermando la capacità innovativa di CheBanca!”.

Le somme depositate sul Conto Deposito Business possono essere vincolate in qualsiasi momento a 3, 6 o 12 mesi, effettuando anche più vincoli nella stessa giornata. Si può sempre disporre dei depositi vincolati e, in caso di svincolo, viene comunque riconosciuto il tasso base sulle somme depositate.

Altro elemento di distinzione è la remunerazione, identica a quella del Conto Deposito per privati: l’importo lordo del tasso base è l’1,00%, del tasso a 3 mesi l’1,25%, del tasso a 6 mesi l’1,75%, del tasso a 12 mesi il 2,25%.

Strategicamente Conto Deposito Business rappresenta un importante passo avanti nell’offerta di risparmio, finora dedicata solo ai privati – conclude Miccolie un ulteriore sviluppo di un portafoglio prodotti capace di rispondere alle crescenti necessità del mercato”.