Partite Iva forfettarie, due anni di scivolo: che cos’è l’exit tax?

Due anni di scivolo per le partite Iva a regime forfettario che dovessero superare la soglia di ricavi e di compensi di 65 mila euro. Il disegno di legge delega fiscale riscrive, dunque, le regole del sistema di flat tax applicato alle partite Iva con imposta fissa del 15% (o del 5% per le partite Iva attive nei primi cinque anni). Il tetto dei 65 mila euro è attualmente invalicabile se si voglia mantenere il regime fiscale di vantaggio. Tuttavia, il provvedimento in arrivo dovrà contenere regole e limiti per evitare che i contribuenti possano adottare dei comportamenti ‘elusivi’.

Partite Iva a regime forfettario, che cos’è l’exit tax di due anni?

Nel testo della legge delega fiscale è prevista l’introduzione della “exit tax”. Si tratta di un percorso specifico per le partite Iva affinché possano non perdere i vantaggi fiscali legati al regime agevolato del forfettario. Si tratterebbe, dunque, di un paracadute di due anni collegato al ritorno al regime ordinario di partita Iva per i forfettari che dovessero superare il tetto dei 65 mila euro di ricavi e di compensi durante l’anno. Nei due anni di sforamento del tetto, i contribuenti applicherebbero un’aliquota Irpef di certo superiore a quella del 15%, purché il superamento avvenga entro determinati limiti. Nel dettaglio:

  • non è stata ancora determinata l’aliquota al di sopra del 15% da applicare;
  • il tetto di ricavi al di sopra dei 65 mila euro per beneficiare dei due anni di exit tax non è stato ancora stabilito.

Quali vantaggi dai due anni di scivolo per le partite Iva forfettarie che superano i 65 mila euro di ricavi e compensi annuali?

L’attuale disciplina stabilisce che le partite Iva a regime forfettario che superino il tetto dei 65 mila euro di ricavi e di compensi annuali debbano perdere completamente i vantaggi del regime fiscale di favore. La perdita si concretizza nell’anno susseguente a quello nel quale si sfori il tetto dei ricavi. Il vantaggio delineato dalla legge di delega fiscale è quello di permettere al contribuente di non uscire in automatico dal regime forfettario e di beneficiare dei due anni di scivolo. Questo meccanismo sarebbe a discrezione del contribuente stesso che potrebbe, in ogni modo, optare per il regime ordinario.

Regime di exit tax per le partite Iva forfettarie: come funzionerebbero i due anni di scivolo?

E, dunque, l’adozione del nuovo scivolo di due anni permetterebbe alle partite Iva che dovessero superare il tetto dei 65 mila euro di poter valutare se nel successivo anno le previsioni sono per una riduzione dei compensi e dei ricavi stessi. Tali da rientrare nella soglia dei 65 mila euro. Si prevede che anche nei due anni di exit tax, il regime fiscale non cambi le regole. Ovvero, le partite Iva forfettarie dovrebbero continuare a calcolare la base imponibile sulla base dei coefficienti di redditività evitando la detrazione dei costi legati all’attività.

Partite Iva, quale scegliere tra lo scivolo dei due anni e il regime ordinario?

Quando scegliere lo scivolo dei due anni e quando invece conviene passare al regime ordinario? Ai fini della scelta è necessario verificare che il margine di attività sia relativamente basso. Dal punto di vita dei costi, è dunque necessario che questi ultimi si prevedano più alti rispetto alle percentuali di redditività che sono alla base del meccanismo forfettario della partita Iva.

Scivolo della partita Iva forfettaria: nella delega indicazioni per evitare comportamenti elusivi

Infine, nella legge di delega fiscale si fa chiaramente riferimento a fare in modo che il nuovo scivolo delle partite Iva a regime forfettario non favorisca comportamenti fiscali che possano ritenersi elusivi. Tra le possibili soluzioni, vi è quella che prevede che il contribuente manifesti la volontà di porre fine al regime forfettario di exit tax. Tale volontà potrebbe essere manifestata sia nella fattura elettronica che nella dichiarazione dei redditi.

Partita Iva, ecco tutte le novità in arrivo con la legge delega fiscale

In arrivo numerose novità per le partite Iva dalla legge delega di riforma fiscale. È stato infatti depositato un pacchetto di emendamenti alla legge delega che prevede, tra le varie novità, anche la mensilizzazione degli acconti e la riduzione progressiva della ritenuta di acconto. Il tutto al fine di riformare il metodo di calcolo delle imposte da versare delle partite Iva e dei lavoratori autonomi.

Legge delega di riforma fiscale: a che punto è l’approvazione?

Ad oggi, sono 27 gli emendamenti presentati alla legge delega di riforma fiscale. A questi si aggiunge anche l’emendamento relativo al catasto. Sugli emendamenti si concentrerà dunque il lavoro delle Commissioni parlamentari in vista dell’accordo della maggioranza parlamentare. A essere revisionati, in particolare, saranno gli articoli 2 di riforma Irpef e superamento del sistema duale, e l’articolo 6 relativo alla riforma del catasto.

Legge delega di riforma fiscale: tutte le novità delle partite Iva

L’elenco degli emendamenti presentati nella legge delega di riforma fiscale per le partite Iva e i lavoratori autonomi prevede, nel dettaglio:

  • l’eliminazione del sistema duale di tassazione;
  • l’exit tax per 2 anni per le partite Iva che superino il tetto dei 65 mila euro;
  • l’introduzione del principio dell’equità orizzontale;
  • il ribasso dell’Irpef per i redditi medi e bassi;
  • l’avvio del sistema di rimborso tramite cashback fiscale per le spese sanitarie;
  • l’abolizione dell’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) per gli studi associati, le società di persone e le società di professionisti;
  • la riforma del catasto con l’introduzione dei valori del mercato con allentamento del valore patrimoniale;
  • l’armonizzazione delle tasse sul risparmio;
  • i controlli fiscali mediante l’utilizzo di algoritmi.

Quali altre novità sono previste per le partite Iva dalla legge delega di riforma fiscale?

Sono previste inoltre, altre novità dalla legge delega di riforma fiscale per le partite Iva. In particolare:

  • l’allargamento degli adempimenti da effettuare per via telematica;
  • l’integrazione delle banche dati fiscali;
  • la revisione delle sanzioni amministrative che saranno improntate sulla proporzionalità e sulla gradualità;
  • la mensilizzazione, da adottare in via progressiva, degli acconti e dei saldi;
  • il ribasso della ritenuta di acconto;
  • la garanzia del rispetto dell’autonomia tributaria a favore degli enti territoriali;
  • la revisione dei costi indeducibili, in via parziale o totale, dell’Ires;
  • la destinazione di una parte delle imposte del contribuente al suo comune di residenza;
  • la revisione periodica della legislazione tributaria codificata.

Partite Iva, le novità in arrivo sulla revisione dell’Irpef

Sulla revisione dell’Irpef delle partite Iva con obiettivo di rispetto del criterio di progressività, le novità in arrivo consistono:

  • nel considerare le modalità di versamento dell’Ipef degli imprenditori individuali, dei lavoratori autonomi e dei lavoratori ai quali si applicano gli Indicatori sintetici di affidabilità fiscale;
  • nel mantenimento del meccanismo attuale di calcolo dei saldi e degli acconti;
  • nella revisione del carico fiscale con la mensilizzazione in via progressiva degli acconti e dei saldi stessi;
  • nell’abbassamento della ritenuta di acconto.

In cosa consiste nella pratica la riforma dell’Ipef delle partite Iva per saldi e acconti?

Le novità sull’Irpef delle partite Iva e dei lavoratori autonomi potrebbero consentire, già a decorrere dal 2022, di far pagare la metà delle imposte a novembre rateizzate nell’anno susseguente. Inoltre, a decorrere dal prossimo 1° gennaio, si procederebbe alla riduzione del 20% della ritenuta di acconto versata dalle partite Iva e dai lavoratori autonomi. Siffatto meccanismo andrebbe ancora ampliato affinché possano essere tutelati i redditi medi e bassi dei lavoratori autonomi. A tal proposito, è previsto dalla legge delega fiscale la progressiva diminuzione delle aliquote medie dei redditi più bassi.

Detrazioni e deduzione delle partite Iva nella legge delega fiscali: quali sono le novità in arrivo?

Ulteriori novità sono in arrivo per le partite Iva e per i lavoratori autonomi dalla legge di delega fiscale per quanto concerne le detrazioni e le deduzioni. La revisione dei due istituti, infatti, saranno oggetto di trasformazioni che metteranno al primo posto le detrazioni spettanti per le spese sanitarie e sociale. Si punterà, per l’acquisto di beni e servizi rientranti nel paniere delle spese sociali e sanitarie, al rimborso immediato attraverso l’utilizzo di piattaforme telematiche che consentano l’accredito diretto del 19%.

Legge delega fiscale, in arrivo il cashback sulle spese socio-sanitarie con rimborso immediato del 19%

Pertanto, tali piattaforme di cashback fiscale consentiranno al contribuente di poter ottenere il rimborso immediato del 19% di detrazione. Il meccanismo prevede il trasferimento dello sconto sull’Iban comunicato dal contribuente tramite l’applicazione IO. Un meccanismo, dunque, che riproduce quello già sperimentato tra la fine del 2020 e il 2021 del Cashback di Stato.

Partite Iva a regime forfettario: ecco quanto si paga di tasse mediamente con la flat tax

Dall’elaborazione dei dati sulle statistiche fiscali del ministero dell’Economia e delle Finanze sulle dichiarazioni dei redditi del 2021 emergono i guadagni delle partite Iva a regime forfettario. Tra aderenti alla flat tax e vecchi minimi, sono 1,7 milioni le partite Iva iscritte al regime fiscale di vantaggio. Tuttavia, considerando le nuove aperture di partita Iva, potrebbe essere stato già superato il tetto dei due milioni di contribuenti che scelgono il regime agevolato. In tutto, dalla flat tax arriva un gettito di imposte pari a 2,3 miliardi di euro per un prelievo fiscale di oltre 1.550 euro per partita Iva.

Partite Iva a regime forfettario, quante sono nel 2022?

Dall’elaborazione dei dati del ministero dell’Economia e delle Finanze emerge che il numero di partite Iva a regime agevolato (forfettari e vecchi minimi) ha superato quota 1,7 milioni. Se si aggiungono le nuove aperture (nel 2021 sono state più di 239 mila le nuove partite Iva forfettarie) e quelle del 1° trimestre del 2022 (all’incirca 100 mila nuove aperture), nell’anno in corso si supereranno abbondantemente i due milioni di partite Iva a regime di flat tax.

Partite Iva flat tax, quanto guadagnano mediamente?

I dati, inoltre, evidenziano che le partite Iva a regime di flat tax (con imposta del 15% o del 5% nei primi cinque anni di attività), pagano un volume di imposte pari a 2,3 miliardi di euro. Le informazioni sono tratte dalle dichiarazioni dei redditi del 2021 per l’anno di imposta 2020. Il valore medio di imposta pagato mediamente, dunque, è di 1.556 euro all’anno per ciascuna partita Iva. Il reddito imponibile, sul quale calcolare il carico fiscale, è di 18,9 miliardi di euro che, suddiviso per tutte le partite Iva a regime agevolato, produce un reddito medio di 12.961 euro. Il valore è in diminuzione rispetto all’anno di imposta 2019 (prima del Covid). Infatti, tre anni fa il guadagno medio era di 13.895 euro.

Quante sono complessivamente le partite Iva in Italia?

In totale, considerando tutti i regimi fiscali, il numero delle partite Iva in Italia è pari a 3,7 milioni di contribuenti. Meno della metà aderisce alla partita Iva forfettaria o al regime dei minimi. Sette partite Iva forfettarie su dieci concentrano la propria attività in quattro macro settori:

  • attività professionale, tecnica e scientifica pari al 35%;
  • commercio al dettaglio e all’ingrosso, pari al 14,6%;
  • sanità e assistenza sociale per l’11,9%;
  • altre attività di servizi per l’8%.

Qual è l’imposta media che pagano le partite Iva forfettarie a seconda dei settori di attività?

I dati forniscono anche le differenze di imposta media pagata dalle partite Iva a regime forfettario a seconda del settore di attività. In particolare, dai dati del ministero dell’Economia e delle Finanze emerge che:

  • attività immobiliari con partita Iva a regime forfettario pagano mediamente 2.230 euro all’anno;
  • le attività finanziarie e assicurative, 2.040 euro all’anno;
  • attività professionali, tecniche e scientifiche 1.910 euro all’anno;
  • attività di estrazione di minerali da cave e miniere, 1.890 euro;
  • le attività di costruzioni, 1.870 euro;
  • attività di fornitura di acqua; di reti fognarie; di attività di gestione dei rifiuti e di risanamento 1.820 euro;
  • attività sanitarie e di assistenza sociale, 1.570 euro;
  • le attività di fornitura di energia elettrica; gas; di vapore; di aria condizionata 1.520 euro;
  • i servizi di informazione e di comunicazione, 1.500 euro;
  • le attività manifatturiere, 1.330 euro.

 

 

 

Dichiarazione dei redditi partite Iva: tutte le date

Ecco quali sono le date da rispettare per le partite Iva nella dichiarazione dei redditi 2022. In questa guida illustreremo quando e come si pagano le tasse e le varie scadenze fiscale dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti. In particolare è necessario prestare attenzione:

  • al versamento del saldo 2021 e del primo acconto;
  • alle modalità da seguire per il calcolo;
  • al secondo acconto;
  • alla dichiarazione dei redditi.

Partite Iva e lavoratori autonomi: a giugno il pagamento del saldo e del primo acconto

A giugno, le partite Iva e i lavoratori autonomi dovranno versare il saldo e il primo acconto. Per le partite Iva aperte nel corso del 2021 si tratterà del debutto nel versamento delle imposte. Infatti, la legislazione nazionale prevede che la tassazione sul reddito imponibile venga calcolata e poi versata a partire dal mese di giugno dell’anno susseguente, in concomitanza con la dichiarazione dei redditi. La scadenza è dunque fissata al 30 giugno 2022.

Partite Iva e liberi professionisti: entro il 30 giugno 2022 versamento del saldo e della prima rata

Le partite Iva e i liberi professionisti attivi già da anni, a giugno devono fare il calcolo di quanto versare sulla base di quanto già pagato nell’anno precedente. Infatti, nel 2021 sono state già versate o le ritenute a titolo di acconto o di acconti di imposta. E, pertanto, entro il 30 giugno 2022 dovrà essere pagato il saldo e la prima rata dell’acconto dell’Irpef, dell’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) o dell’imposta sostitutiva per le partite Iva a regime forfettario.

Versamento imposte partite Iva al 30 giugno 2022, si può pagare dopo?

Il primo pagamento di giugno relativo al saldo e alla prima rata delle partite Iva e dei lavoratori autonomi può essere differito di 30 giorni. Non è necessario che ci sia una motivazione da dimostrare, ma la scadenza può essere posticipata al 30 luglio prossimo. Considerando che nel 2022 il 30 luglio capita di sabato, si può procedere con il versamento entro il 2 agosto. Infine, data la pausa estiva, l’ultima data utile disponibile per il pagamento del saldo e della prima rata è quella del 22 agosto 2022. Tuttavia, pagare in ritardo rispetto al 30 giugno il saldo e la prima rata comporta l’addebito degli interessi al tasso dello 0,4%.

Imposte delle partite Iva, come si può rateizzare quanto dovuto?

Le partite Iva possono anche rateizzare gli importi dovuti al 30 giugno a titolo di imposte. Sia che scelgano la scadenza del 30 giugno prossimo che quella del 22 agosto, l’importo da versare può essere rateizzato con scadenza dell’ultima rata al 30 novembre 2022. A questa data corrisponde anche il versamento del secondo acconto. Il pagamento di quanto dovuto può essere effettuato solo on line, utilizzando il modello F24.

Partite Iva, come si calcola il saldo e il primo acconto?

Per il calcolo del saldo di imposta, le partite Iva dovranno considerare:

  • il reddito imponibile e la dichiarazione dei redditi;
  • le detrazioni e le deduzioni;
  • quanto già versato nel corso del 2021 come acconto.

Nel momento in cui si determina il saldo dell’imposta del precedente anno, si definisce anche quale acconto dovrà essere pagato. Tale acconto andrà a saldo nel 2023.

A quanto ammonta l’acconto delle partite Iva?

L’imposto dell’acconto delle partite Iva corrisponde al totale dell’imposta dichiarata nell’anno 2022. Il contribuente, tuttavia, nel caso in cui preveda delle riduzioni della propria attività autonoma, può versare a titolo di acconto un importo inferiore. Nel momento in cui viene definito il totale dell’acconto, dovrà essere pagato subito, entro il 30 giugno 2022, il 40% dell’acconto stesso. Le partite Iva forfettarie rientranti negli Indici sintetici di affidabilità (Isa), versano a titolo di acconto il 50%.

Partite Iva e liberi professionisti: entro quando va pagato il secondo acconto?

Il versamento del secondo acconto delle partite Iva e dei liberi professionisti ha scadenza al 30 novembre 2022. Entro questa scadenza, i lavoratori autonomi dovranno pagare la restante parte, ovvero il 60% (o il 50% dei soggetti Isa). Si tratta dell’acconto per il prossimo anno, da versare in via obbligatoria. Nel caso in cui l’acconto dovesse non eccedere l’importo di 257,52 euro, è possibile versarlo in un’unica soluzione con scadenza al 30 novembre 2022. In questo caso, non dovrà essere pagato nulla a giugno.

Dichiarazioni dei redditi delle partite Iva e professionisti: quali sono le date da ricordare?

La dichiarazione della dichiarazione dei redditi delle partite Iva tramite il modello Persone fisiche (Pf) deve essere presentata da tutti i lavoratori autonomi, indipendentemente dall’aver conseguito dei redditi nel periodo di imposta 2021. È quanto prevede l’Agenzia delle entrate con il provvedimento dello scorso 31 gennaio. Pertanto, anche le partite Iva che nello scorso anno non abbiano conseguito guadagni sono tenute a presentare il modello Persone fisiche.

Entro quando deve essere inviato il modello Persone fisiche dai titolari di partita Iva?

Il modello Pf deve essere inviato entro la scadenza del 30 giugno prossimo se si provvede mediante la compilazione del modello cartaceo. In tal caso, il modello va inviato da un ufficio postale. Nel caso in cui si scelga di inviare il modello Pf on line, la scadenza è al 30 novembre prossimo. Lo può inviare direttamente il contribuente o il proprio commercialista.

Bonus 200 euro, chi lo prenderà e quando

Chi prenderà il bonus 200 euro e quando? L’erogazione dell’indennità prevista dal decreto legge “Aiuti” del governo, avverrà per tutte le categorie lavorative e per i pensionati. Tutti dovranno avere un reddito lordo annuo non eccedente il 35 mila euro. Inclusi nella misura anche colf e badanti e, in generale, i lavoratori domestici. Il bonus 200 euro sarà pagato anche a chi prende il reddito di cittadinanza e quanti hanno ricevuto nel corso dello scorso anno un’indennità per il Covid. A disciplinare la misura di aiuto contro il rincaro dei prezzi è il decreto legge numero 50 del 2022, in vigore da mercoledì 18 maggio. L’indennità verrà pagata anche ai commercianti, artigiani, liberi professionisti e partite Iva: ma i lavoratori autonomi dovranno attendere un altro decreto da emanarsi entro 30 giorni che disciplini le modalità di pagamento e quanto spetti di indennità.

Bonus 200 euro ai pensionati, come verrà pagato?

I pensionati con redditi personali del 2021 non eccedenti i 35 mila euro lordi all’anno prenderanno il bonus 200 euro con decorrenza entro il 30 giugno 2022. Sarà l’Inps a effettuare il pagamento nella mensilità di luglio 2022. I pensionati, dunque, non dovranno presentare alcuna domanda. Per il calcolo del reddito non si tiene conto della casa di abitazione, del trattamento di fine rapporto (Tfr) e delle competenze arretrate a tassazione separata. Anche i percettori del trattamento sociale o di invalidità civile percepiranno l’indennità. Sono incluse anche le prestazioni di accompagnamento alla pensione, come ad esempio, l’Ape sociale o i lavoratori usciti da lavoro con i contratti di espansione.

Indennità Inps 200 euro ai lavoratori dipendenti: cosa bisogna fare?

I lavoratori alle dipendenze riceveranno il bonus 200 euro nel cedolino della busta paga di luglio. L’indennità, prevista dagli articoli 31-33 del decreto legge numero 50 del 2022, è esentasse. Come tutte le altre categorie, i lavoratori dipendenti percepiranno l’indennità una sola volta. Il pagamento del bonus non prevede alcuna domanda. Tuttavia, il lavoratore dipendente non deve essere percettore di alcuna pensione, anche di invalidità civile, e nemmeno del reddito di cittadinanza. I datori di lavoro potranno recuperare l’indennità anticipata in compensazione sui contributi UniEmens.

Lavoratori dipendenti che percepiranno il bonus 200 euro: come verificare se si rientra?

I lavoratori dipendenti possono verificare se il bonus 200 euro spetti mediante il diritto allo sconto contributivo. Si tratta della misura introdotto per il 2022 che consente di beneficiare di uno sconto di contributi pari allo 0,8%. Ricevono lo sconto i lavoratori con reddito mensile lordo non eccedente i 2.692 euro. Dunque, basta che i dipendenti abbiano beneficiato dello sconto contributivo in almeno un mese tra gennaio e aprile per percepire il bonus 200 euro.

Prendono il bonus 200 euro i lavoratori autonomi occasionali?

Il bonus 200 euro verrà pagato anche ai lavoratori autonomi occasionali senza partita Iva. Ovvero ai titolari dei contratti previsti dall’articolo 2222 del Codice civile. Si tratta dei contratti con ritenuta d’acconto. L’indennità spetterà se è stato corrisposto almeno un contributo mensile durante l’anno 2021. Per questi contratti, tuttavia, è necessario il versamento dei contributi alla Gestione separata dell’Inps (che deve risultare aperta al 18 maggio 2022) che avviene se il totale dei compensi annui supera la cifra di 5 mila euro. Ne consegue che i lavoratori autonomi occasionali prenderanno il bonus 200 euro solo se, per uno o più contratti del 2021, hanno percepito almeno 6.330 euro. Questo importo è il minimo per l’accredito di un mese di contributi. Infine, per questi lavoratori serve presentare la domanda all’Inps per ottenere l’una tantum.

Bonus 200 euro, verrà pagato agli incaricati delle vendite a domicilio e lavoratori dello spettacolo?

Il bonus 200 euro verrà pagato anche agli incaricati delle vendite a domicilio. La condizione per ottenere l’indennità è che nel 2021 siano stati percepiti compensi superiori ai 5 mila euro. Tra le altre condizioni, serve la partita Iva e l’iscrizione alla Gestione separata dell’Inps. Occorre presentare domanda all’Inps. I lavoratori dello spettacolo con redditi 2021 entro i 35 mila euro percepiranno il bonus purché per il 2021 abbiano almeno 50 contributi giornalieri. A questi lavoratori il bonus viene pagato dall’Inps previa domanda.

Lavoratori stagionali, a termine, intermittenti e disoccupati agricoli: prenderanno il bonus 200 euro?

I lavoratori stagionali, a termine e intermittenti prenderanno il bonus 200 euro purché nel 2021 il reddito non sia stato eccedente i 35 mila euro. Anche per questi lavoratori sono necessarie 50 contributi giornalieri. L’Inps eroga il bonus previa domanda. Non serve la domanda all’Inps, invece, per i disoccupati agricoli. Sarà l’Inps stessa a erogare l’indennità purché sia stata percepita la disoccupazione nel 2021.

Lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.): prenderanno il bonus 200 euro?

I lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) prenderanno il bonus 200 euro a determinate condizioni. Infatti, il contratto deve essere in essere alla data del 18 maggio 2022. Il lavoratore deve essere iscritto alla Gestione separata dell’Inps. Inoltre, i lavoratori di questa categoria non devono essere percettori di pensione. E nemmeno essere iscritti ad altre gestioni previdenziali. Anche per questi lavoratori vale il limite di reddito di 35 mila euro. È l’Inps a erogare il bonus previa domanda.

Colf, badanti e disoccupati: prenderanno l’indennità di 200 euro?

Colf, badanti e lavoratori domestici prenderanno il bonus purché abbiano in essere un rapporto di lavoro alla data del 18 maggio 2022. Serve presentare la domanda all’Inps. I disoccupati, ex lavoratori alle dipendenze o parasubordinati, percepiranno il bonus 200 euro purché ricevano una mensilità di disoccupazione Naspi o Dis coll a giugno 2022. È l’Inps a pagare senza bisogno di presentare la domanda.

Bonus banda ultralarga da 300 a 2500 euro, ammessi anche professionisti e partite Iva

Anche i liberi professionisti, gli autonomi e le partite Iva sono stati ammessi al bonus banda ultra larga. Il relativo decreto ministeriale sul bonus per la connettività, che consente di ottenere i contributi per l’adesione ai servizi di internet ultra veloce, è stato pubblicato nei giorni scorsi nella Gazzetta Ufficiale. Anche le partite Iva e i professionisti, dunque, potranno richiedere il voucher che va da un minimo di 300 euro a un massimo di 2.500 euro. Le partite Iva si uniscono, pertanto, alle micro e piccole e medie imprese tra i beneficiari dei contributi.

Voucher banda ultralarga, quali sono i requisiti per chiedere il bonus?

I professionisti e le partite Iva che vorranno richiedere il bonus per la banda ultra larga, dovranno avvalersi dei servizi di connettività veloce offerti dagli operatori di telecomunicazione. La velocità della banda dovrà attestarsi da un minimo di 30 megabit per secondo a connessioni che superano i gigabit per secondo. Anche le partite Iva dovranno rivolgersi agli operatori delle telecomunicazioni accreditati alla gestione dei voucher da parte di Infratel Italia. La società è deputata a gestire le risorse per conto del ministero per lo Sviluppo Economico (Mise).

Bonus banda ultra larga per i professionisti e partite Iva: passo avanti nella digitalizzazione

La possibilità di usufruire dei bonus per la connettività veloce rappresenta, dunque, anche per le partite Iva e i lavoratori autonomi un passo importante verso la transizione digitale. Inoltre, l’inclusione alla misura consente ai professionisti di cogliere un’importante opportunità sulla parità di accesso agli strumenti digitali e di ridurre il gap con le imprese in merito alla competitività sul mercato.

Voucher imprese per la connettività veloce, di cosa si tratta?

Già a partire dallo scorso 1° marzo le micro e le piccole e medie imprese possono richiedere il voucher per la banda ultralarga dall’importo minimo di 300 euro fino a un massimo di 2500 euro di aiuto. L’incentivo prevede l’erogazione del voucher alle imprese per gli abbonamenti a internet ultra veloce. I bonus sono erogati dal ministero per lo Sviluppo Economico (Mise) sulla base del decreto del 23 dicembre 2021 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 33 del 2022), adesso modificato per includere anche le partite Iva e i professionisti. Il relativo comunicato di riferimento del Mise per l’attuazione della misura è quello del 28 febbraio 2022. Nel documento sono contenute tutte le informazioni per la richiesta del bonus.

Quali bonus possono richiedere le imprese e le partite Iva per le connessioni internet a banda ultra larga?

I voucher per la connessione internet a banda ultra larga hanno in importo minimo di 300 euro fino a un massimo di 2500 euro. Il contributo è previsto dalla Strategia nazionale di attuazione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Gli abbonamenti alla banda ultra veloce delle micro e delle piccole e medie imprese devono avere una durata minima di 18 fino a una massima, ai fini del bonus, di 24 mesi. Il totale delle risorse messe a disposizione dal ministero per lo Sviluppo Economico ammontano a 608 milioni di euro. Per la domanda del voucher le micro e le piccole e medie imprese devono risultare regolarmente iscritte al Registro delle imprese.

Qual è l’importo del voucher per le connessioni a internet a banda ultra larga delle micro e Pmi?

Il voucher per gli abbonamenti alla banda ultra veloce può essere richiesto dalle micro e piccole e medie imprese, nonché dalle partite Iva e dai professionisti, a seconda delle necessità di connessione. Il servizio richiesto dovrà avere una velocità di download a partire da 30 megabit al secondo. Si può arrivare a velocità di un gigabit al secondo o anche di più. Il voucher base di 300 euro riguarda i contratti di abbonamento a internet ultra veloce da 30 megabit per secondo a 300 megabit per secondo (Voucher A1). Il Voucher A2 è richiedibile per velocità di connessione da 300 megabit per secondo fino a 1 gigabit per secondo. Si può richiedere un contributo anche per sostenere le spese di installazione del sistema di connessione.

Come si presenta la domanda per il bonus banda larga per le imprese e le partite Iva?

La domanda del voucher per la banda ultra larga può essere inoltrata dalle imprese dal 1° marzo 2022. Con la modifica del decreto, anche le partite Iva e i liberi professionisti potranno inoltrare richiesta di voucher. La scadenza è fissata al 15 dicembre prossimo. Le domande vengono inoltrate direttamente dagli operatori di telecomunicazione abilitati da Infratel Italia per realizzare gli interventi.

Partite Iva forfettarie, regime flat tax verso gli 85mila euro

Il meccanismo di flat tax delle partite Iva a regime forfettario potrebbe vedersi elevare il proprio limite di ricavi e di compensi annui da 65 mila euro a 85 mila euro. L’innalzamento della soglia, tuttavia, non è l’unica novità attesa nel disegno di legge delega fiscale. Infatti, nelle intenzioni del governo c’è la riforma della ritenuta d’acconto, da eliminare progressivamente insieme alla mensilizzazione degli acconti. Inoltre, si stanno facendo passi avanti nella direzione del cashback fiscale, la misura che consente di monetizzare subito la percentuale detraibile di determinate spese.

Aumento del regime di flat tax delle partite Iva forfettarie a 85 mila euro: si tratta di uno scivolo

L’aumento della soglia di ricavi e di compensi delle partite Iva a regime forfettario a 85 mila euro non è una estensione definitiva da subito. Si tratterebbe di uno scivolo di 20 mila euro, rispetto ai 65 mila euro attuali, che consente a chi sfori il tetto massimo di ricavi annuali, di non dover passare al regime ordinario di partita Iva. In altre parole, lo scivolo servirebbe a preparare il terreno verso un progressivo innalzamento della soglia di ricavi e compensi annuali di chi è in regime di flat tax. La soglia di 85 mila euro è l’obiettivo finale della riforma delle partite Iva a regime forfetario.

Novità dalla legge fiscale, interventi sull’eliminazione della ritenuta d’acconto

Ulteriori novità sono attese dalla legge fiscale per quanto concerne la ritenuta d’acconto e la mensilizzazione degli acconti. In entrambi i casi, si tratterebbe di un progressivo avvicinamento all’eliminazione dei due strumenti. Inoltre, molte delle attese sono anche per il cashback fiscale. La proposta del Movimento 5 stelle è una delle novità emerse in Commissione Anagrafe Tributaria a chiusura dell’indagine conoscitiva sulla digitalizzazione e interoperabilità delle banche dati fiscali.

Cashback fiscale in arrivo nella legge fiscale, che cos’è?

Il disegno di legge delega di riforma fiscale, dunque, contiene la nuova misura di cashback fiscale che consente ai contribuenti di vedersi accreditare e monetizzare nell’immediato il beneficio fiscale ottenuto da varie spese detraibili. Tali spese sono disciplinate dall’articolo 15 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). Per esempio, se si acquistano farmaci, con il nuovo meccanismo fiscale non si dovrà più attendere la dichiarazione dei redditi per la detrazione del 19% delle spese sostenute. Il beneficio fiscale potrà essere incassato nell’immediato, mediante l’accredito diretto sul conto corrente bancario fornito dal contribuente.

Cashback fiscale, quando è previsto il debutto?

Il disegno di legge delega della riforma fiscale dovrebbe trovare approvazione definitiva al Senato entro la fine di giugno di quest’anno. Nel caso in cui i relativi decreti attuativi venissero adottati in tempi rapidi, il cashback fiscale potrebbe debuttare già a partire dal 2023. Si tratterebbe di immettere nel sistema, e quindi nelle tasche dei contribuenti, liquidità, della quale ce n’è bisogno. Anche se si tratta di somme relativamente basse.

Cashback fiscale, come si utilizza?

Avvalersi del nuovo meccanismo di cashback fiscale non comporta particolari adempimenti da parte del contribuente. Infatti, quest’ultimo dovrà semplicemente comunicare al venditore di un prodotto o al prestatore di un servizio di volersi avvalere del cashback fiscale (al posto della detrazione fiscale nella dichiarazione dei redditi) nel momento in cui sostiene la spesa. Il venditore o chi presta il servizio dovrà comunicare all’anagrafe tributaria che il contribuente vuole usufruire del cashback fiscale per la spesa sostenuta.

Cashback fiscale, come avviene il rimborso?

Si tratta di un sistema che già ha avuto una sperimentazione molto simile nel momento in cui è rimasto in vigore il Cashback di Stato che permetteva il rimborso del 10% sulle spese effettuate con relativo pagamento con sistemi tracciabili. Le detrazioni sulle spese sostenute e ammesse arriveranno direttamente sul conto corrente del contribuente e notificate mediante l’applicazione Io. In questo modo, il contribuente non dovrà più attendere e certificare le spese sostenute nell’anno di imposta nella dichiarazione dei redditi.

Partite Iva forfettarie e a regime ordinario: come si calcola l’imposta su acquisti e vendite?

Come si calcola l’imposta dovuta dalle partite Iva a seconda che aderiscano al regime forfettario o a quello ordinario? Il regime forfettario è, ad oggi, quello più gettonato per decidere di aprire un’attività autonoma o da libero professionista. Sono infatti notevoli i vantaggi, in termini di imposte e di semplificazioni fiscali, a favore del sistema di favore delle partite Iva. Secondo le ultime rilevazioni effettuate dall’Osservatorio sulle partite Iva, nello scorso anno sono state 239 mila le posizioni aperte aderenti al regime forfettario. L’aumento è stato dell’11% rispetto al 2020. Il che significa che circa il 43% delle nuove aperture di partite Iva è stata effettuata verso il regime di flat tax che assicura un’aliquota d’imposta del 15% (del 5% per i primi cinque anni di nuova attività).

Vantaggi nella scelta della partita Iva a regime di flat tax: semplicità di contabilità

Tra i vantaggi riscontrabili nell’apertura della partita Iva a regime forfettario (o di flat tax) rispetto a quella a regime ordinario c’è la semplicità della contabilità.  Le partite Iva a regime forfettario, infatti, hanno una gestione dell’Iva di molto differente rispetto ai lavoratori autonomi con partita Iva ordinaria. Gli autonomi in regime di flat tax non addebitano l’Iva nella fattura alla propria clientela nel momento in cui vendono una prestazione o un bene.

Partita Iva flat tax, non c’è bisogno di liquidazioni periodiche o dichiarazioni dell’Iva

Inoltre, nel caso di acquisto di un bene o di una prestazione, i forfettari non devono detrarre l’Iva pagata in fattura, come avviene nel regime ordinario. Ciò, dunque, dal punto di vista operativo e contabile rappresenta un vantaggio non di poco conto nella gestione della partita Iva. Infatti, non è necessario effettuare le liquidazioni periodiche dell’Iva. Inoltre, il professionista o l’autonomo forfettario non devono presentare la dichiarazione Iva per i contribuenti.

Tassazione a confronto partite Iva flat tax e ordinarie: il vantaggio del forfettari

Un vantaggio consistente della partita Iva a regime forfettario risiede nel confronto di tassazione a proprio favore rispetto al regime ordinario. In primis la tassazione è più bassa per alcune tipologie di contribuenti forfettari come gli artigiani e i commercianti. Le due categorie possono godere di uno sconto opzionale del 35% sui contributi versati all’Inps annualmente. Le altre categorie rientranti nella flat tax non hanno lo stesso sconto contributivo ma una percentuale che per il 2022 è pari al 25,72% calcolata sull’imponibile ottenuto forfettariamente, e dunque non su tutti i ricavi percepiti. Inoltre, la tassazione è esclusa dalle aliquote Irpef e si applica al 15% o al 5% nei primi cinque anni di attività.

Gestione dell’Iva nel regime ordinario e semplificato: quali vantaggi?

Rispetto alla partita Iva a regime forfettario, gli autonomi del regime ordinario e semplificato devono applicare l’Iva sulla cessione dei beni o sulla prestazione dei servizi. Dunque, autonomi e professionisti devono addebitare l’Iva verso il cliente che sta acquistando il bene o il servizio e poi versarla allo Stato ogni tre mesi od ogni mese. Allo stesso tempo, sugli acquisti di beni e di servizi le partite Iva ordinarie devono detrarre l’Iva pagata dal totale dell’Iva dovuto sulle vendite. Il che significa che ogni bene venduto o servizio reso genera un’Iva a debito il cui importo viene detratto dall’Iva pagata sugli acquisti dai fornitori. E pertanto, almeno parte dell’Iva pagata ai fornitori può essere recuperata.

Partite Iva a regime ordinario, il meccanismo dell’Iva a debito e a credito

Quest’ultimo passaggio dell’Iva a debito e a credito rappresenta una valutazione di non poco conto nella scelta tra partita Iva a regime forfettario o a regime ordinario. Infatti, la partita Iva forfettaria può convenire ai lavoratori autonomi che non hanno tanta Iva da detrarre. A maggior ragione che, in questa situazione, hanno una più ampia semplificazione nella gestione dell’Iva, non dovendo procedere con il versamento mensile (o trimestrale) e con la dichiarazione Iva. Tale regime, tuttavia, può non produrre gli stessi vantaggi nel caso in cui il lavoratore autonomo procede con investimenti e acquisti che generano un notevole quantitativo di Iva a credito. Con il regime di flat tax questo credito verrebbe perduto. Al meccanismo dell’Iva a credito e a debito, si aggiunge la tassazione del regime ordinario che deve essere calcolata secondo le normali aliquote Irpef.

Partite Iva a regime forfettario e ordinario: quale scegliere?

Al contrario, la partita Iva a regime forfettario è certamente non vantaggiosa se gli investimenti e gli acquisti per svolgere l’attività sono notevoli. In questi casi, sarebbe meglio scegliere un altro regime di partita Iva. Ma nella scelta deve certamente essere fatta una valutazione dell’imposta, di sicuro più alta nel regime ordinario. E dunque chiedersi se il recupero dell’Iva compensa la maggiore imposizione fiscale del regime ordinario.

Fattura elettronica, quali nuove partite Iva sono obbligate?

Quali sono le nuove partite Iva a regime forfettario obbligate ad adottare la fattura elettronica dal 1° luglio 2022? Il limite minimo di compensi e di ricavi di 25 mila euro, tiene fuori dall’obbligo ancora tanti professionisti, circa la metà degli avvocati e dei consulenti del lavoro in base ai compensi dichiarati nell’anno di imposta 2020. Ecco cosa avverrà a partire tra meno di due mesi.

Partite Iva a regime forfettario: nuovo obbligo di adottare la fattura elettronica, per chi?

Il decreto legge numero 36 del 2022 ha introdotto l’obbligo di adottare la fattura elettronica anche ai soggetti finora esonerati. In primis le partite Iva forfettarie. L’obbligo scatta a partire dal 1° luglio 2022 per tutti i lavoratori autonomi che, nel precedente anno, abbiano conseguito volumi di compensi e di ricavi eccedenti i 25 mila euro.

Fattura elettronica ai forfettari, fino al 30 settembre 2022 regime transitorio

I nuovi contribuenti obbligati alla fatturazione elettronica potranno beneficiare del regime transitorio dal 1° luglio al 30 settembre 2022. In questo periodo non verranno applicate le sanzioni per chi non emetta la fattura elettronica nei termini dovuti. I nuovi soggetti, infatti, avranno come scadenza il mese successivo a quello dell’operazione per emettere fattura nel formato elettronico.

Fattura elettronica, quali sono le sanzioni previste per chi non emette il documento nelle modalità previste?

Per le partite Iva che non emettano fattura nei modi e nei termini previsti, si applica la sanzione che va dal 5% al 10% del corrispettivo non documentato. Se la violazione non è rilevante ai fini della determinazione del reddito la sanzione va da 250 a 2 mila euro. L’adozione della fattura elettronica a partire dal 1° luglio per i nuovi soggetti obbligati potrebbe determinare alcune difficoltà di gestione dei documenti che fino al 30 giugno potranno continuare a essere emessi nella modalità cartacea.

Fattura elettronica ai forfettari, vantaggi e difficoltà di adozione del formato elettronico

Alcune partite Iva che rientreranno tra i nuovi soggetti obbligati potrebbero pensare di rimandare, quanto più possibile, l’adozione della fattura elettronica dopo il 30 giugno prossimo. In ogni modo, tra le obiezioni che si stanno facendo c’è quella dell’aumento dei costi per l’utilizzo di software adeguati. L’Agenzia delle entrate mette a disposizione una propria piattaforma di gestione delle fatture e di invio ai clienti tramite il Servizio di interscambio (Sdi). Il servizio è gratuito. Sulle difficoltà di utilizzo del nuovo sistema, in molti confermano che dopo poche emissioni, si prende dimestichezza e si possono valutare i vantaggi nell’aver adottato un sistema che permette l’invio e la conservazione dei documenti in maniera facilitata dall’elettronica.

Chi sono i nuovi soggetti obbligati alla fattura elettronica?

Tra i nuovi obbligati ad adottare la fattura elettronica, sono circa la metà gli avvocati che sono sotto la soglia dei 25 mila euro di compensi e di ricavi annui e che, dunque, potranno continuare ad utilizzare il formato cartaceo. Infatti, nel 2020 su 241.830 avvocati, circa la metà, pari a 118.695 avvocati, hanno dichiarato redditi alla Cassa forense non eccedenti i 25 mila euro. Proiettando il dato dei compensi e dei ricavi all’anno 2021, circa la metà dei professionisti dovrebbe rimanere fuori dall’obbligo di fattura elettronica. La stesso prospettiva riguarda i consulenti del lavoro. L’Enpacl calcola che 12.731 professionisti hanno superato la soglia dei 25 mila euro di ricavi e compensi nel 2020. Quasi altrettanti ne sono al di sotto (11.541 professionisti).

Chi dovrà aderire alla fattura elettronica tra i professionisti?

Tra i professionisti che dovranno aderire in massa al nuovo regime di fattura elettronica rientrano i commercialisti e gli esperti contabili. Considerando che avranno l’obbligo i forfettari con volumi di ricavi e di compensi da 25 mila e 65 mila euro (limite della flat tax), solo poco più di 14 mila professionisti appartenenti alla categoria sono al di sotto dei 25 mila euro. La stragrande maggioranza (oltre 67 mila professionisti) ha avuto volumi di ricavi e di compensi sopra i 25 mila euro nel 2020.

Fondo impresa donna alle partite Iva, tutto ciò che c’è da sapere

Cosa fare per accaparrarsi i contributi a fondo perduto per iniziare una nuova attività al femminile o consolidarla? Per le imprese e le partite Iva c’è la possibilità di beneficiare del Fondo impresa femminile. La dotazione è di 200 milioni di euro, ma servono determinati requisiti per ottenere gli aiuti sulle spese ammissibili. Ecco quale iter seguire per presentare domanda dei nuovi incentivi economici per le nuove imprese al femminile e per la crescita di quelle già esistenti.

Imprenditoria al femminile, quali sono le risorse stanziate per la nascita e la crescita delle imprese?

I contributi a fondo perduto a favore dell’imprenditoria al femminile rientrano nei pacchetti di incentivi del ministero per lo Sviluppo Economico (Mise). In parte, le risorse sono a valere sul Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr), oltre ai fondi messi a disposizione dalla legge di Bilancio 2021. La misura è operativa dal mese di maggio 2022 con la possibilità di presentare domanda seguendo la procedura degli sportelli on line. Alle risorse si possono aggiungere ulteriori incentivi per altri 200 milioni di euro. Derivano da altre due misure:

  • Smart & Start Italia per 100 milioni di euro;
  • On, Oltre nuove imprese a tasso zero per altri 100 milioni di euro.

Entrambe le misure sono gestite da Invitalia.

Quali sono gli incentivi per l’imprenditoria al femminile?

Gli incentivi per l’impresa al femminile consistono in un mix di contributi a fondo perduto e di finanziamenti a tasso agevolato. I settori di investimento per i quali si possono richiedere i contributi riguardano:

  • l’industria;
  • l’artigianato;
  • la trasformazione dei prodotti agricoli;
  • il commercio;
  • i servizi;
  • il turismo.

Quali sono i requisiti richiesti alle partite Iva e alle società per richiedere gli incentivi dell’imprenditoria al femminile?

I finanziamenti a tassi agevolati e i contributi a fondo perduto per l’imprenditoria al femminile spettano sia alle partite Iva individuali che alle società. In particolare, risultano potenziali beneficiarie degli incentivi:

  • le partite Iva, organizzate in lavoratrici autonome o in imprese individuali con titolare donna. Solo dopo aver avuto la conferma dell’ottenimento degli incentivi, è necessario il cambiamento in società;
  • le società di capitali purché almeno i due terzi delle quote e dei componenti degli organi di amministrazioni siano di genere femminile;
  • le cooperative e le società di persone, con almeno il 60% di socie.

Inoltre, la sede legale o operativa deve essere presente sul territorio italiano. Le condizioni devono sussistere nel momento in cui si presenta la domanda. Nono sono richiesti specifici requisiti su fatturato annuo dell’impresa richiedente e sul numero dei dipendenti.

Quali sono i requisiti per richiedere i finanziamenti dell’impresa al femminile per le partite Iva e i professionisti?

Secondo quanto spiegato dal ministero per lo Sviluppo Economico, le associazioni tra professionisti non sono incluse nella definizione di impresa al femminile. Tale definizione segue quanto contenuto nel decreto ministeriale del 30 settembre 2021 al capo I, articolo 1. Il provvedimento è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 dicembre 2021. Sulla base dello stesso decreto, la definizione di impresa al femminile esclude gli studi professionali associati dalla richiesta di finanziamenti. Pertanto, le lavoratrici autonome possono presentare domanda come libere professioniste con partita Iva.

Quanto spetta di incentivo per l’imprenditoria al femminile?

Gli incentivi finanziano la nascita e il consolidamento delle imprese femminili. Non vi sono limiti minimi di spesa. Quindi, anche un piccolo progetto può essere sostenuto purché vengano rispettati i requisiti richiesti. I progetti della imprese devono essere conclusi nell’arco dei 24 mesi. Per le nuove imprese e per quelle costituite da non oltre i 12 mesi da quando si presenta la domanda, i contributi a fondo perduto coprono l’80% delle spese ammissibili per un investimento fino a 100 mila euro e un tetto massimo di 50 mila euro di contributo. Il contributo può arrivare al 90% per investimenti di donne disoccupate. Per progetti del valore di 250 mila euro di investimento, l’agevolazione dei contributi a fondo perduto sale a 125 mila euro. In questo caso, il tetto dell’agevolazione è del 50%. Oltre ai contributi si può richiedere la copertura dei servizi di assistenza tecnica e gestionale fino al limite di 5 mila euro.

Quali contributi a fondo perduto sono richiedibili per imprese al femminile di oltre 12 mesi?

Per progetti di impresa al femminile esistenti da oltre 12 mesi, è previsto un mix di finanziamenti e di contributi a fondo perduto. Per progetti fino a 400 mila euro, l’incentivo copre l’80% delle spese fino a un massimo di 320 mila euro tra contributi a fondo perduto e finanziamenti da restituire in otto anni a tasso zero. Le imprese operanti da oltre 36 mesi al momento della domanda possono ottenere solo il contributo al capitale circolante, totalmente a fondo perduto. Anche per queste imprese è previsto un contributo per assistenza tecnica e gestionale fino a 5 mila euro.

Contributi a fondo perduto e finanziamenti impresa al femminile, come si presenta la domanda?

Per la presentazione delle domande dei contributi a fondo perduto e dei finanziamenti a tassi agevolati delle imprese al femminile è necessario far riferimento a Invitalia, gestore della misura. La procedura da seguire è quella dello sportello on line. Per l’accesso è occorrente avere un’identità digitale attiva, ovvero lo Spid, la Carta nazionale dei servizi (Cns) o la Carta di identità elettronica (Cie). Risulta necessaria anche la firma elettronica della titolare dell’impresa individuale oppure del legale rappresentante, oltre a un indirizzo di posta elettronica certificata (Pec).

Quando presentare le domande dei contributi per le imprese femminili e con quali scadenze?

Per la richiesta di contributi a fondo perduto e finanziamenti dell’impresa al femminile per realtà nuove, la domanda si potrà iniziare a compilare a partire dalle ore 10:00 del 5 maggio 2022. Giornalmente la piattaforma rimane a disposizione fino alle ore 17:00. Le imprese già esistenti potranno procedere con il precaricamento della domanda a partire dalle ore 10:00 del 24 maggio 2022. La fase di precaricamento della domanda, in entrambi i casi, si conclude con l’ottenimento di un codice di predisposizione della domanda. L’invio vero e proprio della domanda si potrà effettuare dalle ore 10:00 del 19 maggio 2022 per le nuove imprese; quello delle imprese già esistenti sarà possibile dalle ore 10:00 del 7 giugno 2022. Non sono previste scadenza per la presentazione della domanda: l’unico vincolo nella richiesta è rappresentato dall’esaurimento delle risorse a disposizione.