La riforma delle pensioni e cosa potrebbe accadere nel 2023

Le continua emergenze a cui il governo è stato chiamato ad intervenire da mesi hanno portato allo stop di qualsiasi ragionamento sulle pensioni. E si aprono scenari negativi per quanto riguarda una riforma mai decollata che stenta a farlo. Anche il Documento di Economia e Finanze di aprile è uscito e sulle pensioni nulla. La guerra in Ucraina, il conflitto con la Russia, le questioni militari, i soldi per il riarmo e anche la questione dei “nuovi” profughi dagli scenari di guerra hanno ingessato qualsiasi ragionamento sulle pensioni. Più o meno quello che è accaduto con il Covid, quando sempre le pensioni furono retrocesse come priorità, da parte dell’esecutivo. E pare quasi scontato che con il termine di alcune misure in scadenza alla fine di quest’anno, si tornerà in pieno alla normativa vigente ordinaria, quella della riforma Fornero. Ma noi di Infoiva guardiamo ad uno scenario differente. Nel senso che non ci sorprende nulla di tutto questo, perché è una prassi consolidata quella degli ultimi governo e delle ultime leggi di Bilancio.

Cosa accade sempre in magteria previdenziale da molti anni a questa parte

Il trend appare sempre il solito quando si parla di pensioni. Prima le riunioni, i summit, gli incontri a ripetizione. I sindacati che chiedono misure straordinarie, mentre il governo più rigido lima le proposte considerando il lato della spesa pubblica fondamentale. FU così anche lo scorso anno, quando alla fine di quota 100, al posto di passare a flessibilità e misure se non migliorative, almeno simili, si è passati a misure peggiorative come la quota 102. Da 62 anni come età base per le uscite con la quota 100, si è saliti a 64 anni con la quota 102. Non certo irrisorio il colpo inflitto con due anni in più di attesa. Con chi, nel 2022 e nel 2023, compirà 62 o 63 anni, completamente tagliato fuori dalle pensioni anticipate. Per loro ciò che rischia di accadere dal 2023, cioè il ritorno ai regimi ferrei della riforma Fornero, è accaduto già quest’anno.

Perchè si va avanti rinvio dopo rinvio

Fu il Covid con l’emergenza epidemiologica e la campagna vaccinale a bloccare qualsiasi discorso sulle pensioni. Anche se le promesse e le idee erano come al solito sul tavolo. Adesso c’è la guerra in Ucraina, e quindi, la riforma che doveva iniziare a vedersi nel Def, che è l’atto con cui si determinano le politiche economiche e fiscali, oltre che i piani di spesa, del governo in vista della legge di Bilancio di fine anno, è ferma al palo. Se ne riparlerà nel Nadef, cioè nella nota di aggiornamento del Def quando c’è da giurarci, prima della sua stesura, le pensioni saranno al centro della discussione.

Cosa accadde a fine 2021

La fine del 2021 ha portato all’intervento quasi obbligatorio sul piano previdenziale. Andava detonato il pericolo scalone di 5 anni che avrebbe lasciato in funzione quota 100. Infatti dai 62 anni di età di quota 100 ai 67 che sono gli anni utili alla pensione di vecchiaia, passano esattamente 5 anni. Ma tra una flessibilità in uscita a 62 anni per tutti, come i sindacati chiedevano, e le critiche che quota 100 si è portata dietro per tutti i suoi tre anni di sperimentazione, il governo con il benestare anche di chi difendeva a spada tratta la quota 100 come la Lega, ha deciso di introdurre quota 102. E si sono persi due anni esatti di possibilità. Più o meno quello che era successo anni prima, quando fu introdotta una misura davvero particolare come l’Ape sociale, oppure come Opzione donna.

Tutte misure tampone quelle emanate negli ultimi anni sulle pensioni

Misure tampone vere e proprie, che non risolvevano le problematiche del sistema ma che consentivano a determinate persone e determinati lavoratori, di uscire prima dal lavoro. Qualche volta con costi elevati e tagli pesanti di assegno, come per Opzione donna per esempio. Altre volte con misure che tutto sembrano che misure pensionistiche, come per l’Ape social, che è privo di maggiorazioni, assegni e tredicesima. Nulla a che vedere con riforme profonde come quelle che chiedono i sindacati per esempio. La quota 41 per tutti per esempio, è una autentica chimera.

Cosa accade adesso in vista del 2023

Appare sempre più fattibile il ritorno pieno alla riforma Fornero rispetto ad una riforma tanto sperata quanto difficile. Molti siti e giornali hanno già lanciato l’allerta sul ritorno alle regole lacrime e sangue della professoressa Elsa Fornero. Dopo le proroghe del 2022, il prossimo 31 dicembre torneranno a  scadere sia Opzione donna che l’Ape sociale. E insieme a loro anche la quota 102. Infatti la misura nata in sostituzione della quota 100 va in  scadenza il prossimo 31 dicembre. Una misura nata per durare solo un anno. Il motivo è presto detto. Si pensava che si sarebbe passati ad una riforma profonda del sistema, ecco perché la quota 102 fu varata come una specie di panacea temporanea. Secondo noi invece l’allarme sullo stop a queste misure e sul ritorno alle regole senza scivoli e senza deroghe del governo Monti sono esagerati.

Se sarà difficile lanciare una vera riforma, va detto che 9 su 10 si arriverà a prorogare le misure già oggi vigenti, lasciando al 2023 qualsiasi discorso di riforma. In pratica, un autentico “dejavù”. Quando novità e nuove misure sono difficili da varare, si perdono mesi a parlarne, per arrivare alla resa dei conti della legge di Bilancio con il solito rinvio a tempi migliori l’anno dopo.

Il 2023 e le pensioni, ci si muove su un campo minato

E si arriverà probabilmente a dire di si ad una proroga di Opzione donna, l’ennesima. A meno che non si decida di rendere la misura strutturale. Cosa niente affatto difficile, anche perché si tratta della misura che maggiormente taglia l’assegno a chi la sceglie. Nulla di trascendentale quindi come vantaggio, perché alle uscite a 58 anni per le lavoratrici dipendenti, c’è chi ha lasciato il 30% di pensione. Si arriverà ad estendere la misura a chi completa i requisiti entro la fine del 2022, come accade adesso a chi ha raggiunto 58 o 59 anni di età e 35 anni di contributi entro la fine dello scorso anno.

Lo scenario più plausibile porta allo stallo sulle pensioni

Proroga probabile pure per l’Ape sociale, perché si tratta di una misura a platea contenuta, limitata a poche categorie di soggetti anche se sono state aggiunte molte attività gravose quest’anno. Un misura che costa il giusto, su cui lo Stato risparmia su assegni familiari, tredicesima, maggiorazioni e così via. E probabilmente, se non si potrà fare altro, ecco che anche la quota 102 sarà prorogata. Perché immaginare che un governo, qualsiasi esso sia, arrivi a dire, basta con queste misure e si esce solo a 67 anni con la pensione  di vecchiaia ordinaria, essendo un provvedimento che in quanto a gradimento è assai impopolare, appare azzardato come progetto. Sempre che l’esecutivo non sorprenda tutti e vari una autentica riforma delle pensioni sulla linea delle richieste di parti sociali e lavoratori. Mettendosi però contro ai diktat della UE che mai come in questi mesi sono da assecondare visto che sono in ballo i soldi del recovery fund e del Piano nazionale di ripresa e resilienza che l’esecutivo Draghi ha già varato.

Pensione di vecchiaia, come cambia l’età di uscita dal 2022 al 2030

Arrivano novità sull’età di uscita della pensione di vecchiaia. Nei giorni scorsi, infatti, sono state rese note le proiezioni della Ragioneria generale dello Stato in merito alla speranza di vita e alla possibilità che il requisito anagrafico della pensione di vecchiaia rimanga congelato fino al 2026. Il che significa che, per andare in pensione, serviranno 67 anni di età, unitamente a 20 anni di contributi, fino al 31 dicembre 2026. Poi l’età della pensione continuerà a salire ogni due anni.

Pensione di vecchiaia, età bloccata sicuramente a 67 anni fino al 31 dicembre 2024

La novità sulle pensioni di vecchiaia arriva dal Documento sulle tendenza del medio e del lungo periodo del sistema pensionistico, sociale e sanitario della Ragioneria Generale dello Stato. Il rapporto sintetizza l’andamento della speranza di vita e dei requisiti necessari per andare in pensione. Tali requisiti dovrebbero rimanere costanti anche nel biennio del 2025 e del 2026. Infatti, proprio nelle scorse settimane l’età della pensione di vecchiaia era stata confermata a 67 anni anche negli anni 2023 e 2024. Tale conferma è arrivata dal decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 27 ottobre 2021, poi reso operativo dall’Inps con la circolare numero 28 del 18 febbraio 2022. In base a quanto stabilito dal ministero, l’età della pensione di vecchiaia rimarrà congelata a 67 anni fino al 31 dicembre 2024.

Pensioni di vecchiaia nel biennio 2025 e 2026: ecco le tendenze della speranza di vita che fanno pensare al blocco età

Il congelamento dell’età della pensione di vecchiaia anche oltre il 2024 dovrà risultare dalle tendenze demografiche e della speranza di vita che verranno rilevate e confermate nei prossimi anni. Ad oggi, il Documento della Ragioneria Generale dello Stato costituisce una base solida per le proiezioni della speranza di vita. Il congelamento anche al 2025 e 2026 dell’età di uscita per la pensione deriverebbe dall’entrata nel calcolo della speranza di vita degli anni 2020 e 2021, segnati dal cambio di tendenza della mortalità a causa della pandemia da Covid-19.

Pensione di vecchiaia, a che età si potrà uscire da lavoro dal 2027 al 2030?

Per effetto del Rapporto della Ragioneria Generale dello Stato, dunque, l’età della pensione di vecchiaia dovrebbe tornare a salire solo a partire dal 1° gennaio 2027. E dovrebbe tornare ad aumentare ogni due anni a seconda delle stime sulla speranza di vita osservate nei prossimi anni. Per effetto delle stime pubblicate nel rapporto nei giorni scorsi, l’età della pensione di vecchiaia rimarrà costante fino al 31 dicembre 2026 a 67 anni. Poi, nei due anni del 2027 e 2028 dovrebbe salire di 2 mesi, decretando l’età di uscita a 67 anni e due mesi. Più consistente sarebbe l’aumento nel 2029 e 2030, quando si accederà alla pensione di vecchiaia all’età di 67 anni e 5 mesi, con un aumento di tre mesi.

Pensioni di vecchiaia, le proiezioni della Ragioneria Generale dello Stato negli anni dal 2030 al 2065

Peraltro, la Ragioneria Generale dello Stato ha stimato anche l’aumento dell’età per la pensione di vecchiaia nei decenni successivi al 2030. Per effetto delle stime pubblicate nel rapporto, per andare in pensione occorrerà l’età di:

  • 68 anni e due mesi a partire nel 2035;
  • 68 anni e sei mesi nel 2040;
  • 69 anni nel 2045;
  • 69 anni e 4 mesi nel 2050;
  • 69 anni e 9 mesi nel 2055;
  • 70 anni nel 2060;
  • 70 anni e 4 mesi nel 2065.

Pensioni anticipate, quanti anni di contributi serviranno per uscire da lavoro fino al 2026?

Se l’età della pensione di vecchiaia è ancora in bilico nel biennio 2025-2026, per la pensione anticipata fino al 31 dicembre 2026 serviranno:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.

Il blocco dei requisiti contributivi, a prescindere dell’età di uscita da lavoro, è stato decretato dal provvedimento numero 4  del 2019. Si tratta del decreto che ha istituito la quota 100. Per effetto del provvedimento, dunque, i contributi per le pensioni anticipate rimarranno congelati ancora per oltre quattro anni.

Pensione anticipata, come cambieranno i contributi per uscire da lavoro dal 2027?

Solo a partire dal 1° gennaio 2027 potranno cambiare gli anni di contributi richiesti per le pensioni anticipate. In particolare, il Documento della Ragioneria Generale dello Stato stima gli aumenti dei bienni:

  • 2027 e 2028: 43 anni di contributi per gli uomini, 42 per le donne;
  • 2029 e 2030: 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini, 42 anni e 3 mesi per le donne;
  • 2035: 44 anni di contributi per gli uomini, 43 anni per le donne;
  • 2040: 44 anni e 4 mesi di contributi per gli uomini, 43 anni e 4 mesi per le donne;
  • 2045: 44 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 43 anni e 10 mesi per le donne;
  • 2050: 45 anni e 2 mesi di contributi per gli uomini, 44 anni e 2 mesi per le donne;
  • 2055: 45 anni e 7 mesi di contributi per gli uomini, 44 anni e 7 mesi per le donne;
  • 2060: 45 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 44 anni e 10 mesi per le donne;
  • 2065: 46 anni e 2 mesi di contributi per gli uomini, 45 anni e 2 mesi per le donne.

Leggi anche sullo stesso argomento: La riforma delle pensioni perfetta: ecco come sarebbe

Pensioni 2023, anche per l’anno prossimo si va in pensione a 67 anni

Pensioni 2023, non cambia nulla, si va in pensione a 67 anni, ecco la precisazione dell’Inps e del Ministero dell’economia.

Pensioni 2023, rimangono invariati i criteri

La pensione è l’arrivo di una lunga carriera di lavoro. Non importa se si è dipendenti, lavoratori autonomi, collaboratori, per tutti quando arriva il giorno della pensione, è un giorno in cui la vita cambia. Tuttavia nel 2023 non cambia molto, si potrà andare in pensione a 67 anni per quella di vecchiaia.

Mentre per quella anticipata, occorreranno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.  A precisarlo è una circolare dell’INPS che recepisce il decreto del ministero dell’economia ed lavoro. Anche perché secondo l’Istat, a causa della pandemia, la speranza di vita è diminuita a 65 anni. Ma ciò nonostante non cambierà proprio nulla. Infatti dal primo gennaio 2023 i requisiti pensioni rimangono invariati.

Pensioni 2023, alcune categorie di lavoratori

A questo punto è opportuno fare un pò di chiarezza sulle varie categorie di lavoratori e sui criteri pensionistici. Quindi per tutti i lavoratori il limite d’età per entrare in pensione è fissato a 67 anni. Mentre per i lavoratori che hanno svolto attività molto faticose, gravose e pesanti, la legge prevede:

  • 66 anni e 7 mesi di età;
  • almeno 30 giorni

Almeno questo previsto per il biennio 2023/2024. Per i lavoratori precoci il requisito contributivo per la pensione anticipata è fissato a 41 anni fino al 2026. Sempre che abbiano almeno un anno di contributi prima dei 19 anni e vivono in situazione di forte disagio. Infine per i lavoratori del sistema contributivo con un importo di pensione maturati inferiore a 1,5 volte il minimo ma hanno ameno cinque anni effettivi di contributi il requisito per la pensione, si perfeziona con il raggiungimento di 71 anni. Anche in questo caso ci si riferisce al biennio 2023/2024

Cosa succede per la pensione anticipata?

Nel caso dei dipendenti della difesa, vigili del fuoco, polizia, sicurezza si parla di pensione anticipata. E’ riservata a chi va in pensione con 42 anni e 10 mesi ed il trattamento pensionistico decorre trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti. In particolare ci vorranno 41 anni di contributi o almeno 35 anni se si sono compiuti almeno 58 anni.

Infine, restano invariati i requisiti anche dei lavoratori dello sport e dello spettacolo con i ballerini che continuano ad andare in pensione di vecchiaia a 47 anni, i cantanti e gli orchestrali a 62 e gli attori e i conduttori a 65. Questo fino ad oggi, sempre che non ci siano variazioni o nuovi provvedimenti in merito alla Riforma delle pensioni 2023.

Riforma pensioni: si va verso i 63 anni per tutti, ma come sarebbe?

La riforma delle pensioni inizia a prendere sempre più forma. E si va sempre più su un potenziamento dell’Ape sociale. Lo hanno dimostrato anche i legislatori quest’anno, col pacchetto pensioni della legge di Bilancio. La misura è state estesa a molte più categorie di lavoratori. I lavori gravosi sono stati estesi come platea. E potrebbe essere questa la strada principale che si intraprenderà per portare a casa il risultato di una riforma che resta prioritaria per il governo.

Pensioni, ritocchi nel Def?

Cosa accade adesso? Le vie restano due. O si riesce ad intervenire subito, magari nel Documento di economia e finanza o si aspetta a fine anno, con la solita manovra finanziaria.

Il Def è in aprile, e potrebbe essere una possibilità. Difficile ma possibile. Anche perché se davvero è l’Ape sociale l’indirizzo, con la sua pensione a 63 anni, i lavori sono già allo stato avanzato.

La Commissione sui lavori gravosi ha già prodotto una graduatoria con una serie di attività che andrebbero tutelate come pensionamento. È da questa lista che sono già state estrapolate le attività che adesso sono finite tra le beneficiare dell’Anticipo Pensionistico Sociale.

E da questo elenco che probabilmente si attingerà in futuro. Una graduatoria basata sull’incidenza numerica di malattie professionali e infortuni sul lavoro.

L’obiettivo del governo quindi è che si deve arrivare ad aprile in vista del Documento di economia e finanze, quanto meno con un piano da proporre ai sindacati. Per una riforma che entrerà in vigore il 31 dicembre 2022, se davvero verrà introdotta.

Appuntamento al 7 febbraio per un primo nuovo appuntamento governo-sindacati

Sarà il giorno 7 febbraio il primo appuntamento in cui tra governo e sindacati si tornerà a parlare di pensioni per davvero. L’incontro del 3 febbraio serve solo per andare a fissare alcuni paletti di quelli di cui si parla da giorni. Pensione di garanzia per i giovani e tutele per le donne in prima linea. Ma ripetiamo, l’indirizzo sempre ormai assodato. SI va verso il potenziamento dell’Anticipo pensionistico sociale.

Anche perché gli studi sull’età media dei pensionamenti in Italia ha dimostrato che pur se si poteva uscire a 62 anni con la quota 100, pochi di coloro che si trovavano anche ad aver raggiunto i 38 anni di contribuzione hanno colto l’occasione. Infatti si esce più vicini ai 64 anni che ai 62, come media.

In questo ambito la pensione con l’Ape sociale, su cui magari si può ritoccare il parametro dei contributi necessari come accaduto nella legge di Bilancio per i ceramisti e gli edili (si è passati solo per queste categorie dai 36 ai 32 anni di versamenti necessari).

Resta fermo il fatto che si viaggia in direzione di utilizzare l’Ape sociale come alternativa ai canali ordinari di uscita, compresa naturalmente al pensione di vecchiaia dai 67 anni.

Come funziona l’Ape sociale

Parlare di Ape sociale come misura alternativa alla pensione di vecchiaia, nel regime della flessibilità, è argomento che necessita di alcuni passaggi tecnici. Va bene collegare le uscite agevolate alle attività svolte, perché da sempre si parla di differenziare le uscite in base alla pesantezza del lavoro.

Ma è altrettanto vero che occorre innanzi tutto limare l’Anticipo Pensionistico Sociale e portarlo più vicino alle altre misure. E non parliamo di requisiti di accesso, ma di struttura della misura.

Non si può lasciare come alternativa alla pensione di vecchiaia a 67 anni, una uscita dai 63 anni con l’Ape sociale, così come è fatta oggi questa particolare misura. Senza maggiorazioni, senza tredicesima, senza assegni familiari, non reversibile. Per renderla davvero una misura di pensionamento anticipato, non c’è altra via che eliminare questi paletti.

Pensioni 2023: la legge Fornero sarà definitivamente superata?

La riforma pensionistica introdotta con la Legge Fornero (decreto legge 201 del 2011) ha messo in difficoltà molti lavoratori perché, al fine di ridurre il debito pubblico, ha innalzato molto i requisiti per andare in pensione. Prevede il pensionamento a 67 anni di età oppure 42 anni e 10 mesi di contributi che scendono a 41 anni e 10 mesi per le donne. Dopo l’approvazione di Quota 102 fino al 31 dicembre 2022, i lavoratori fanno domande sulle pensioni 2023 sperando in una riforma che possa far superare definitivamente la Legge Fornero.

La Legge Fornero, Quota 100 e Quota 102

La Legge Fornero fin dalla sua entrata in vigore ha destato molti malumori, d’altronde già il fatto che al momento della presentazione della stessa, il ministro Elsa Fornero piangeva a dirotto, ha fatto immaginare ai lavoratori scenari apocalittici. Proprio per questo nel tempo, al fine di mitigare il malumore e le oggettive difficoltà dei lavoratori, i vari governi e le varie maggioranze parlamentari hanno proposto delle alternative alla Legge Fornero, che resta tutt’ora applicabile.

Per mitigare gli effetti della Legge Fornero con il decreto legge 4 del 2019 è stata introdotta la Quota 100 che permetteva ai lavoratori di uscire in anticipo dal mondo del lavoro a patto però che maturassero 62 anni di età e almeno 38 di contributi. La Quota 100 è però definitivamente andata in pensione il 31 dicembre 2021, sostituita dalla Quota 102.

Si tratta di una misura ponte che porterà molto probabilmente all’applicazione delle Legge Fornero in maniera totale. Quota 102 dovrebbe terminare la sua funzione il 31 dicembre 2022 e prevede la possibilità di andare in pensione a 64 anni di età con 38 anni di contributi. Ricordiamo che coloro che non hanno i requisiti per Quota 102, Opzione Donna, Ape Sociale o non vogliono approfittare di queste misure vedono l’applicazione della Legge Fornero che quindi è ancora attiva.

Cosa ci sarà dopo Quota 102? Le ipotesi per le pensioni 2023

Ciò che molti si chiedono è se dal 2023 si ritornerà alla Legge Fornero che, essendo criticata anche da molti partiti, potrebbe di fatto con un po’ di impegno essere superata. Le ipotesi allo studio per evitare l’applicazione dal 2023 della Riforma Fornero sono diverse, infatti i lavoratori sperano in un ritorno a Quota 100 dal 2023, mentre il Governo sembra stia studiando l’ipotesi di un’ulteriore misura ponte, cioè la Quota 104 che permetterebbe di andare in pensione con con almeno 66 anni di età e 38 di contributi.

Un’ulteriore ipotesi per poter tenere alla larga l’entrata in vigore completa della Legge Fornero senza ulteriori misure di pensione agevolata, è l’introduzione del solo sistema contributivo che andrebbe però a ridurre molto l’importo della pensione maturato. Secondo il Presidente del Consiglio Mario Draghi però questo è l’unico modo per evitare l’applicazione delle riforma pensionistica ideata dall’allora ministro Elsa Fornero.

Nota sul sistema contributivo per le pensioni 2023

Attualmente la disciplina del sistema contributivo prevede che:

  • il sistema contributivo, più favorevole ai lavoratori, venga applicato in maniera integrale ai lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996;
  • per coloro che alla data del 31 dicembre 1995 avevano maturato un’anzianità contributiva di almeno 18 anni si applica un sistema misto fino al 1° gennaio 2012, cioè l’entrata in vigore della Legge Fornero del calcolo retributivo;
  • infine, per coloro che al 1° gennaio 1996 non avevano ancora maturato 18 anni di contributi, il calcolo dell’assegno pensionistico avviene con il sistema misto con applicazione del calcolo contributivo già dal 1° gennaio 1996. Con l’ipotesi allo studio verrebbe meno questa differenziazione.

Tra le ipotesi allo studio c’è anche Quota 41, presentata dalla Lega, che prevede la possibilità per i lavoratori di andare in pensione a 63 anni con almeno 41 anni di contributi. I sindacati invece chiedono una norma che consenta ai lavoratori di scegliere quando andare in pensione dopo aver raggiunto 62 anni di età e 41 di contributi, inoltre chiedono il riscatto gratuito della laurea e una pensione di garanzia per i giovani.

Pensioni 2023: resteranno Opzione Donna e Ape Sociale?

Ricordiamo che per agevolare il pensionamento ad oggi sono disponibili anche altre strade, cioè Opzione Donna che consente alle donne di andare in pensione a 58 anni di età, 59 per le lavoratrici autonome, con almeno 35 anni di contributi, ma perdendo però almeno il 30% dell’assegno in quanto gli importi sarebbero calcolati esclusivamente con il metodo contributivo. Infine è ancora possibile andare in pensione con l’APE Sociale che prevede anticipi pensionistici per chi ha perso il lavoro e ha difficoltà a collocarsi nel mondo del lavoro, per i lavori usuranti e per i care givers.

Per avere maggiori informazioni sulle attuali possibilità di pensionamento si consiglia la lettura di:

APE Sociale 2022: tutte le novità introdotte con la legge di bilancio

Legge di Bilancio 2022 novità per Quota 102 e Opzione Donna