Nuova Sabatini, aumentano i finanziamenti per il 2023

Il Governo insieme allo schema della legge di bilancio 2024 ha approvato un ulteriore decreto collegato, questo prevede, tra le altre cose, lo stanziamento di ulteriori 50 milioni di euro per la Nuova Sabatini. Ulteriori risorse inoltre con la legge di Bilancio 2024.

Nuovi finannziamento di 50.000 euro per le imprese che investono

La Nuova Sabatini è l’agevolazione messa a disposizione dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy con l’obiettivo di facilitare l’accesso al credito delle imprese e accrescere la competitività del sistema produttivo del Paese. L’agevolazione sostiene gli investimenti per acquistare o acquisire in leasing macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware, nonché software e tecnologie digitali.

La Nuova Sabatini è destinata alle piccole, medie e micro imprese e permette di acquistare macchinari di ultima generazione in grado di migliorare la produttività.

L’articolo 13 del decreto legge 145 del 2023 prevede il rifinanziamento con ulteriori 50 milioni di euro della Nuova Sabatini per il 2023, l’obiettivo è dare continuità a piccole, micro e medie imprese che vogliono fare innovazione. Non è inoltre la prima volta che nel 2023 viene rifinanziata la Nuova Sabatini nel 2023. Naturalmente vi deve essere correlazione tra i beni per i quali si chiede il finanziamento e l’oggetto dell’attività svolta.

Leggi anche: Nuova Sabatini, arrivano nuovi finanziamenti

Chi può accedere alle risorse della Nuova Sabatini?

Si può accedere alle risorse presentando la domanda con l’uso della piatttaforma prefisposta dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy entro il 31 dicembre 2023.

Le risorse, che vanno ad aggiungersi a quelle già stanziate con la legge di bilancio 2023, possono essere utilizzare per l’acquisto o per contratti di leasing per macchinari, attrezzature, impianti, beni strumentali ad uso produttivo e hardware, software e tecnologie digitali. Possono accedere alle risorse le imprese di tutti i settori produttivi compresi agricoltura, pesca, ad eccezione delle imprese che si occupano di attività finanziarie e assicurative.

Possono accedere ai contributi le imprese:

  • regolarmente costituite e iscritte nel Registro delle Imprese;
  • non sono in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali con finalità liquidatoria;
  • non risultano essere imprese in difficoltà;
  • non rientrano tra le imprese che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti considerati illegali o incompatibili dalla Commissione Europea;
  • abbiano sede legale o un’unità locale in Italia.

Leggi anche: Imprese: la legge “Nuova Sabatini” per finanziare l’acquisto di macchinari

Decreto Aiuti 2022: aumenta il credito di imposta per formazione e investimenti

Novità per le imprese: con il Decreto Aiuti 2022 n° 75, approvato il 2 maggio dal Consiglio del Ministri, sono potenziati gli aiuti grazie a un aumento del credito di imposta per la Formazione 4.0 e per gli Investimenti 4.0. Ecco i nuovi importi di cui potranno avvalersi le imprese che decideranno di puntare sull’innovazione tecnologica.

Credito di imposta per Formazione 4.0

Il credito di imposta per la Formazione 4.0 è stato introdotto per la prima volta con la legge di bilancio 2020 e consiste in un sostegno alle piccole e medie imprese che decidono di investire in formazione 4.0 in favore dei lavoratori. Si tratta di adeguare le competenze del personale all’uso in sicurezza delle nuove tecnologie che possono accelerare o migliorare il processo di produzione o consentono di aumentare la qualità dei prodotti. In questo modo i dipendenti hanno nuove competenze spendibili nel mondo del lavoro e non c’è perdita di lavoro legata a conoscenze obsolete dei dipendenti.

Affinché si possa accedere al credito di imposta per la formazione 4.0 è necessario che le attività di formazione a carico dei dipendenti siano erogate da soggetti specifici individuati in un decreto del MISE (Ministero dello Sviluppo Economico), inoltre al termine dei corsi di formazione devono essere rilasciati certificati in cui sono indicate le competenze acquisite dai dipendenti.

Tra le tematiche che possono essere affrontate nei corsi ci sono big data, cyber security, realtà virtuale e realtà aumentata, analisi dei dati e robotica.

Attualmente gli aiuti previsti sono:

  • 30% per le grandi imprese (budget massimo di spesa 250.000 euro);
  • 40% per le medie imprese ( sempre con budget massimo di spesa di 250.000 euro);
  • 50% per le micro e piccole imprese, in questo caso con budget di spesa massima annuale di 300.000 euro.

Con l’entrata in vigore delle nuove norme previste nel decreto Aiuti 2022 le piccole e medie imprese possono ottenere maggiori agevolazioni, infatti il credito di imposta sarà di:

  • 70% per micro e piccole e imprese;
  • 50% per le medie imprese.

Per conoscere se la tua impresa può essere classificata come piccola o media, leggi l’articolo: Micro, Piccola e Media Impresa: definizione e differenze

Nel decreto Aiuti 2022 aumenta il credito di imposta per Investimenti 4.0 in beni immateriali

Naturalmente la Formazione 4.0 ha poco senso se all’interno dell’impresa non vi sono tecnologie 4.0. Proprio per questo motivo il decreto Aiuti 2022 varato dal Consiglio dei Ministri c’è la previsione del credito di imposta anche per gli investimenti 4.0.

In questo caso l’obiettivo è supportare le imprese che investono in beni immateriali come software, piattaforme e applicazioni. Tale misura è stata introdotta per la prima volta con la legge di bilancio 2017 e ora aumentano le aliquote per i soli beni immateriali.

In questo caso l’aliquota del credito di imposta aumenta dal 20% al 50%.

Tale maggiorazione si applica per gli investimenti 4.0 effettuati dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, inoltre si può ottenere la maggiorazione anche per gli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2022 al 30 giugno 2023, ma in questo caso vi è un’ulteriore condizione e cioè che l’ordine sia stato accettato dal venditore entro il 31 dicembre 2022 e sia stato versato entro la stessa data un acconto pari almeno al 20% del valore dei beni acquistati.

Per il credito di imposta per gli investimenti 4.0 è comunque previsto un tetto massimo per la spesa, questo è fissato in un milione di euro.

Restano immutati gli aiuti previsti per l’acquisto di beni materiali. Si può avere una disamina su questi nell’articolo: Piano industria 4.0 e finanza agevolata. Benefici per le imprese

Il credito di imposta potrà essere fatto valere dalle imprese attraverso l’uso del modello F24 per la compensazione dei crediti con i “debiti fiscali”.

Programma strategico sull’intelligenza artificiale: linee guida

Sebbene in forte ritardo rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea, anche l’Italia si è dotata di un Piano Strategico sull’Intelligenza Artificiale, lo stesso ha durata triennale 2022-2024. Ecco cosa comporta.

Cos’è il Piano Strategico sull’Intelligenza Artificiale

La prima cosa da fare nel trattare l’argomento è delimitare il campo e quindi capire di cosa si parla quando si fa riferimento all’Intelligenza Artificiale. In base al Piano, la IA consiste in applicazione di “modelli digitali, algoritmi e tecnologie che riproducono la percezione, il ragionamento, l’interazione e l’apprendimento”. Nel piano Strategico si ricorda che nel prossimo futuro l’intelligenza artificiale fornirà il sostegno per una maggiore produttività, sviluppo tecnologico e attività analitiche in tutti i settori.

L’obiettivo di dotarsi di un Piano strategico sull’Intelligenza Artificiale è del 2019, ma nei fatti non è arrivato fino al novembre 2021. Inizialmente doveva lavorare allo stesso solo il MISE, nel tempo sono però stati coinvolti anche altri Ministeri e in particolare quello per la Innovazione Tecnologica e della Transizione Digitale e il Ministero dell’Università e Ricerca.

Il Piano intende:

  1. rafforzare le competenze ed attrarre talenti;
  2. aumentare i finanziamenti per la ricerca (in realtà ad oggi non sono stati ancora correttamente individuati i fondi anche se notevoli risorse potrebbero arrivare dal PNRR che come sappiamo sarà vigente fino al 2026);
  3. incentivare l’adozione dell’Intelligenza Artificiale sia nel settore pubblico sia in quello privato.

Il piano comprende 24 policy suddivise in questo modo:

  • 5 sui talenti e le competenze (policy A);
  • 8 sulla ricerca (policy B e C);
  • 11 sulle applicazioni (policy D e E).

Il programma strategico sull’intelligenza artificiale prevede una cooperazione rafforzata tra i vari dipartimenti universitari e centri di ricerca, mentre si è rinunciato al progetto iniziale che prevedeva la realizzazione di un centro ricerca.

I progetti del Piano stragegico sull’Intelligenza Artificiale

Tra i progetti più importanti vi è la previsione di un aumento dei dottorati di ricerca con l’obiettivo di attrarre in Italia i migliori ricercatori del mondo, naturalmente l’ambito specifico della ricerca è inerente l’intelligenza artificiale, ciò anche al fine di favorire il rientro dei cervelli (Policy C2). Si ricorda che il rientro dei cervelli è favorito anche da un particolare regime fiscale, per conoscere i dettagli leggi l’articolo:

Rientro dei cervelli: agevolazioni fiscali fino a 11 anni dal rientro.

Il programma prevede l’implementazione dei corsi sulle materie STEM (science, technology, engineering and mathematics ) e di rafforzare le competenze digitali. Si punta alla istituzione di nuove cattedre di ricerca sull’intelligenza artificiale e una migliore collaborazione tra mondo accademico e della ricerca, industria, enti pubblici e società. Inoltre sono previste misure volte ad aiutare le aziende nel Piano di Transizione 4.0, le misure sono volte sia ad aiutare le aziende già presenti sul mercato, sia quelle di nuova apertura.

Se vuoi conoscere il Piano di Transizione 4.0 leggi l’articolo: Piano di Transizione 4.0 per Ricerca e Sviluppo: come accedere

Il Piano Strategico IA e la Pubblica Amministrazione

Naturalmente il Piano Strategico sulla Intelligenza Artificiale non poteva trascurare la Pubblica Amministrazione interessata da tante novità negli ultimi anni e alla ricerca di competenze sempre più ad elevata specializzazione. In questo caso le risorse saranno concentrate sullo sviluppo di sistema per la gestione dei Big Data, si tratta di un progetto essenziale, infatti ad oggi circolano in rete dati sensibili e supersensibili, trattati con l’uso delle nuove tecnologie e questo anche grazie a una Pubblica Amministrazione sempre più digitale (Policy E5). Diventa quindi essenziale fare in modo che tutti questi dati siano protetti e allo stesso tempo possano essere conservati correttamente senza particolari problemi.

Un segno del cambio di passo nella Pubblica Amministrazione è nella possibilità di ottenere online i certificati che solitamentei cittadini richiedevano presso il proprio Comune di residenza. Se vuoi conoscere quali puoi avere e come ottenerli, leggi l’articolo:

Certificati anagrafici gratuiti e online dal 15 novembre 2021. Guida

La Pubblica Amministrazione non viene coinvolta nel Piano Strategico sull’Intelligenza artificiale solo in riferimento alla gestione dei big data, ma anche tramite il rafforzamento dell’ecosistema GovTech in Italia che mira a introdurre bandi periodici per supportare le Start Up che decidono di applicare la IA (Policy E2).

Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione nella policy denominata A3 è prevista l’attuazione di tre cicli di dottorato rivolti in modo specifico alle esigenze della Pubblica Amministrazione.

Dottorato Nazionale in Intelligenza Artificiale

Il Piano Strategico sull’Intelligenza Artificiale ha una struttura complessa basata anche sull’istruzione, infatti a supporto di esso è stato creato nel 2021 il Dottorato Nazionale in “Intelligenza Artificiale” (PhD-AI.it) si tratta di uno dei percorsi più complessi a livello mondiale, coinvolge oltre 50 soggetti tra università, enti di ricerca e organizzazioni di ricerca. Si tratta di 5 corsi di dottorato federati, ognuno con un’area di specializzazione diversa:

  1. salute e scienze della vita;
  2. agroalimentare e ambiente;
  3. sicurezza e sicurezza cibernetica;
  4. industria 4.0;
  5. società.

Il dottorato ha già visto l’erogazione di 200 borse di studio con un budget di 16 milioni di euro.

Infine, per coordinare tutte le strategie viene creato il Gruppo di Lavoro Permanente sull’Intelligenza Artificiale.

I Punti deboli del Sistema Italia nell’applicazione della IA

Il Piano Strategico sull’Intelligenza Artificiale elenca anche quelli che sono considerati i punti deboli del Sistema Italia. In particolare si ricorda che vi è un’eccessiva frammentarietà della ricerca, una incapacità di attrarre talenti, su questo punto si ribadisce che in Italia vi è un’adeguata capacità di formare nuovi talenti, ma vi è una difficoltà ad attrarre talenti dall’estero e a trattenere i giovani ricercatori italiani.

Viene sottolineato anche il significativo divario di genere, infatti solo il 19,6% dei ricercatori di IA sono donne. Su questo specifico punto è possibile leggere l’articolo:

Imprenditoria femminile e gender gap digitale nell’industria 4.0.

Infine, il documento ribadisce che in Italia vi è una limitata capacità di registrare brevetti.

Nel Piano Strategico sull’intelligenza artificiale non mancano criticità, la più importante è lo scarso coinvolgimento delle PMI nello stesso. Il Piano Strategico sull’Intelligenza Artificiale, infatti per essere realmente efficiente deve essere attuato a tutti i livelli e in particolare in seno alle Piccole e Medie Imprese che più di altre realtà possono trovare giovamento nell’applicazione di nuovi strumenti, applicativi, protocolli di produzione. Il coinvolgimento doveva riguardare soprattutto l’aspetto della formazione in modo da rendere più semplice l’innovazione da parte delle aziende.

Un altro punto critico sono le risorse, infatti il documento nella parte finale individua i finanziamenti, ma si tratta di “possibili finanziamenti” quindi si individuano dei capitoli all’interno del PNRR, ma di fatto ancora non c’è nulla di concreto.

Pmi, che cosa si intende per riorganizzazione al fine di rafforzare patrimonio e operatività?

Le piccole e medie imprese spesso procedono alla riorganizzazione della propria struttura. Le ragioni possono essere svariate, ma quasi sempre gli obiettivi sono due. Da un lato il rafforzamento del proprio patrimonio; dall’altro arrivare a creare un sistema integrato delle filiere produttive. In entrambi i casi, la riorganizzazione richiede competenze in ambito gestionale e organizzativo, ma anche in campo fiscale e giuridico. Ecco allora che, per arrivare alle ottimali aggregazioni patrimoniali e operative, sono tre gli strumenti che possono assicurare la giusta integrazione: le fusioni, i joint venture e le reti di impresa.

Pmi, le ragioni di una riorganizzazione

Un primo elemento che conduce alla decisione, da parte delle piccole e medie imprese, di procedere con una riorganizzazione è la patrimonializzazione. Quest’ultima, infatti, può rappresentare un limite significativo nell’esposizione verso il sistema creditizio, in particolare quando si tratta di gestione e di sofferenza dei crediti. Un’altra situazione interessante e frequente nelle piccole e medie imprese italiane è quella dell’alta percentuale di aziende a conduzione familiare. In questo caso, il limite potrebbe essere rappresentato non solo dal fatto che la famiglia tenda a mantenere il controllo totalitario dell’azienda, ma anche nella mancata apertura ad accordi con la filiera dello stesso settore produttivo.

Piccole e medie imprese, le difficoltà di tipo industriale, commerciale e finanziario

La ragioni sopra esposte portano spesso le piccole e medie imprese a risultare sottodimensionate, sottocapitalizzate e sottomanagerializzate. La somma di questi fattori produce difficoltà che si traducono, in termini industriali, nelle complicazioni a reperire le necessarie materie prime. Ma anche in termini commerciali le Pmi a conduzione familiare e poco dimensionate tenderebbero a riscontrare difficoltà nell’intraprendere politiche al rialzo dei prezzi al pari di quanto riescano invece le imprese di più grandi dimensioni. Infine, ulteriori e decisive difficoltà potrebbero riscontrarsi sulle leve finanziarie. Piccole e medie imprese poco patrimonializzate e a conduzione prettamente familiare potrebbero vedersi escluse dalla possibilità di finanziare nuovi investimenti e iniziative imprenditoriali.

Pmi, cosa succede se al proprio interno sussiste la non capacità manageriale?

Non da ultimo, una piccola e media impresa che non pensi a una ristrutturazione e riorganizzazione del proprio interno potrebbe riscontrare delle difficoltà di tipo manageriale. E, in questo ambito, risultare inadeguata rispetto agli obiettivi e alle capacità di muoversi sul mercato da parte di altre imprese che abbiano al loro interno manager qualificati.

Riorganizzazione Pmi: fusioni, joint venture e reti di imprese

In tutti i casi descritti e per le difficoltà finanziarie, industriali, commerciali e manageriali che le piccole e medie imprese possono incontrare nella propria attività, spesso si ricorre alle aggregazioni societarie e industriali. Si tratta di vere e proprie fusioni e joint venture (aggregazioni reali) o di filiera (come le reti di imprese). I vantaggi, in tali operazioni, potrebbero risultare di tre tipi: di forza negoziale, di ottimizzazione operativa e di condivisione di tecnologie.

Quali vantaggi negoziali dall’aggregazione delle Pmi?

La maggiore capacità negoziale delle piccole e medie imprese che procedano con fusioni, aggregazioni e reti di imprese si manifesta nella possibilità di confrontarsi con i principali clienti e i maggiori fornitori del marcato di riferimento. Inoltre, dall’aggregazione con altre imprese potrebbe derivare una maggiore rappresentatività e visibilità nel mercato internazionale, oltre a una maggiore attrattività riguardo a possibili accordi industriali e commerciali.

Aggragazioni Pmi, quali sono i vantaggi in termini operatività e di condivisione?

Infine, la riorganizzazione delle piccole e medie imprese potrebbe garantire una maggiore ottimizzazione operativa. Si pensi, ad esempio, alle Pmi che procedano alla fusione e alla messa in comune dei propri servizi in ambito di ricerca e di sviluppo, di internazionalizzazione e di rotazione del personale. Tutto ciò favorirebbe anche maggiori opportunità professionali del personale interno alle imprese. Non da meno, la condivisione delle tecnologie tra imprese e di accessibilità ai finanziamenti potrebbe aprire le porte a nuovi modelli di business basati sull’effettiva domanda sul mercato dei consumatori finali.

Pmi proiettate verso l’estero grazie a ConfExport

Le piccole e medie imprese sono in grado di farsi sentire non solo in Italia, dove rappresentano il tessuto stesso dell’economia nostrana, ma anche all’estero, grazie ad un considerevole aumento dell’esportazione.

Nel 2017, infatti, le pmi italiane hanno venduto prodotti per un valore di 122 miliardi, con un aumento del 5% rispetto al 2016.

A supporto delle imprese che, dunque, desiderano farsi conoscere anche fuori dalle mura domestiche, c’è anche ConfExport, società che fa parte di Confartigianato specializzata a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese.

Lo scorso anno sono state organizzate molte iniziative per favorire l’export, anche in collaborazione con Ice Agenzia, con il coinvolgimento di 682 imprese, che hanno potuto partecipare, ad esempio, alle maggiori fiere internazionali ed incontrare buyers stranieri in Italia, ma anche approfittare di attività di formazione e finanziamento delle imprese.

Il 2018 si apre con molti progetti nuovi, che interesseranno città come Tokio, Dubai, Parigi, ma anche Miami e Milano, ovvero alcune delle metropoli che sono tra le più prestigiose per il commercio mondiale.

Andando nel dettaglio, Tokio e New York ospiteranno Interior Lifestyle con il meglio dei complementi d’arredo, mentre a Dubai e Miami ci sarà, sempre per il settore dell’arredamento, Italian Luxury Interiors.

Milano si conferma capitale della moda con le 4 edizioni di White, con il Micam e Sì Sposa Italia. E ancora, il palcoscenico della Bit, la Borsa Internazionale del turismo, ha appena ospitato a Milano le nostre aziende del settore alimentare, in attesa di Tuttofood previsto agli inizi di maggio.
Mentre a marzo sarà la volta della meccanica al Mecspe di Parma.

Si tratta solo di alcuni esempi, che si intensificheranno grazie all’accordo siglato tra il salone White di Milano e ConfExport, che ora punta ad altre collaborazioni, questa volta con Fiera Milano e con le Fiere di Rimini e di Vicenza.

Vera MORETTI

RTI approva il passaggio da Industria 4.0 a Impresa 4.0

Patrizia De Luise, presidente portavoce di Rete Imprese Italia e presidente di Confesercenti, è intervenuta a Torino durante la presentazione dei risultati del 2017 relativi al piano nazionale Impresa 4.0 e, in quell’ambito, ha spiegato il motivo del passaggio da Industria 4.0 a Impresa 4.0.

Abbiamo necessità di coinvolgere tutte le imprese se vogliamo agganciare la ripresa e garantire occupazione a tutti. Qui sta l’innovazione. È fondamentale passare dall’enunciazione ad una declinazione di interventi che consentano di portare innovazione nel mondo delle MPMI. Queste imprese riescono a far convivere l’innovazione tecnologica con la capacità di realizzare un prodotto artigianale, un valore aggiunto fondamentale per il nostro Paese”.

Per questi motivi, le micro, piccole e medie imprese che popolano tutto il territorio urbano, hanno bisogno di essere valorizzate, anche attraverso processi di sburocratizzazione e investimenti nella formazione, da proporre non solo ai dipendenti ma anche ai titolari d’impresa.

De Luise ha poi aggiunto: “Occorre dunque mettere in condizione le imprese di lavorare e di innovare: ma se le imprese non conoscono le regole del gioco non possono farlo. E se non si salvaguardano le imprese non si garantisce l’occupazione, alla base della tenuta sociale di un paese. Quindi dobbiamo mettere le imprese in condizione di lavorare, progredire e reggere la concorrenza con gli altri Paesi. Solo così si crea futuro”.

Al dibattito hanno partecipato anche il Presidente dell’Istat Giorgio Alleva, i Rettori del Politecnico di Torino Prof. Marco Gilli e dell’Università degli Studi di Torino Prof. Gianmaria Ajani e la Presidente della Fondazione ITS ICT Torino Anna Maria Poggi.

A discutere risultati e prospettive del Piano con Patrizia De Luise c’erano anche il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, i Segretari Generali della Cgil Susanna Camusso e della Uil Carmelo Barbagallo e Angelo Emilio Colombini, Segretario Confederale Cisl.

I lavori sono stati conclusi dagli interventi del Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

Vera MORETTI

Le pmi sempre più verso l’internazionalizzazione

Le piccole e medie imprese, per diverse ragioni, stanno ampliando i loro orizzonti oltre i confini di casa. Se, infatti, in alcuni casi per pesare il valore dei loro prodotti, specialmente se di qualità eccellente ma di nicchia, confrontandosi con mercati a minore intensità, spesso si tratta di una decisione quasi obbligata.
Se la crisi ha messo in ginocchio l’economia locale, infatti, molte pmi si sono salvate proprio rivolgendosi a mercati esteri e scegliere la strada dell’internazionalizzazione, e tuttora rimane una soluzione ottima se si vuole rimanere competitivi.

Per riuscire ad approdare sui mercati stranieri, occorre seguire leve strategiche che potrebbero davvero rivelarsi vincenti.
Bisogna comunque sapere quali sono gli aspetti da non tralasciare:

  • Termini contrattuali;
  • Fattibilità economica del progetto;
  • Conoscenza degli interlocutori e partner aziendali;
  • Attenzione ai flussi di cassa;
  • Evitare business poco chiari o illeciti;
  • Non accettare compromessi o scorciatoie;
  • Agire entro le regole del WTO;
  • Valutare potenziali problemi e apprendere dagli errori propri e altrui;
  • Limitare l’esposizione;
  • Essere presenti.

Prima di intraprendere l’avventura dell’internazionalizzazione, inoltre, è necessario effettuare un’analisi di mercato per capire dove è più conveniente dirigersi, e monitorare, tra gli altri aspetti, il livello di barriere d’ingresso, la dimensione e il tasso di crescita della domanda, la sensibilità del consumatore al prezzo, il livello di competizione e i futuri trend.

Anche il raggio d’azione è molto importante, poiché potrebbe rivelarsi più vantaggioso a questo proposito focalizzarsi sulle aree che abbiano maggior potenziale e tralasciare quelli che, al contrario, potrebbero non corrispondere alle aspettative, portando a scarso successo e a un inutile spreco di tempo e di denaro.

A proposito di denaro, si tratta ovviamente di un aspetto da non dimenticare, tenendo conto di tutti quei costi che sono legati al processo di distribuzione e vendita del cliente finale. Si comincia dal costo della spedizione, assicurazione compresa, fino ad eventuali tasse di importazione, e tutto ciò che c’è da sapere per non farsi cogliere impreparati.

Vera MORETTI

Italia ComFidi, primo Confidi nazionale in Italia

Italia Comfidi, l’associazione consortile promossa da Confesercenti, è ad oggi il primo Confidi nazionale e conta su 67.000 imprese e 2,8 miliardi di euro di finanziamenti per lo sviluppo delle pmi.
Cosa molto importante, la società, che ha sede a Roma e direzione generale a Firenze, è presente su tutto il territorio nazionale: il 40% delle imprese risiede nel Nord Italia, il 54% nel Centro e il rimanente 6% al Sud e Isole.

Nico Gronchi, presidente di Italia Comfidi, ha dichiarato: “E’ noto come il rapporto tra imprese e sistemi finanziari e bancari si sia deteriorato nel decennio appena trascorso per effetto di riforme del settore che non sempre hanno raggiunto i risultati voluti e da una crisi che ha fortemente cambiato il sistema produttivo italiano. Italia Comfidi ha come mission quella di favorire l’accesso al credito per le imprese attraverso le garanzie erogate: conosciamo le imprese e le necessità vitali per un loro sviluppo così come sappiamo in quale misura il sistema del credito necessiti di interlocutori produttivi affidabili e quanto sia urgente ripristinare un clima di fiducia tra imprese, banche e sistemi di garanzia. Con il 2018 metteremo a disposizione un nuovo plafond, con garanzie a prezzi estremamente agevolati, per un totale di 150 milioni di euro di finanziamenti dedicati agli investimenti per le PMI, un ulteriore passo in avanti per favorire la ripartenza del sistema economico del nostro paese”.

Questa associazione si pone come ponte di collegamento tra il mondo delle imprese e quello delle banche, e riesce a farlo con successo.
A dimostrazione di ciò, Italia Comfidi, ha saputo assumere negli anni un ruolo fondamentale nel mercato delle garanzie attraverso iniziative specifiche in partnership con il sistema bancario; attualmente sono attive convenzioni con oltre 150 banche o intermediari finanziari, senza dimenticare che in circa 50 Camere di Commercio sono state avviate agevolazioni dirette a favore delle imprese.

Si tratta di un fattore molto importante perché l’accesso al credito rappresenta per le pmi la possibilità di investire in strumenti che possano rendere la propria impresa sempre più competitiva.
Al fine di garantire finanziamenti, è molto importante che il rapporto con le banche e il ruolo di Abi possano rappresentare un elemento di stabilità.

Vera MORETTI

Convenzione tra Unioncamere e il Dipartimento per le Politiche Europee

E’ stata firmata una nuova convenzione tra il Dipartimento per le Politiche Europee e della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Unioncamere, al fine di promuovere la diffusione e la conoscenza a livello locale e nazionale delle politiche e delle tematiche europee.

Questa collaborazione permetterà di favorire iniziative che possano rendere più efficaci gli Sportelli Unici per le Attività produttive (SUAP), che sono i punti di accesso delle imprese alla pubblica amministrazione per tutti quei procedimenti amministrativi legati all’avvio e allo svolgimento di una determinata attività economica.

Questo accordo prevede anche iniziative che servano ad accrescere la conoscenza delle opportunità del mercato unico e delle politiche a livello europeo.

Diana Agosti, Capo Dipartimento per le Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha dichiarato in proposito: “La convenzione con Unioncamere rappresenta una opportunità per far conoscere sempre più efficacemente al mondo della piccola e media impresa i vantaggi dell’appartenenza all’Unione Europea e i servizi e gli strumenti che lo stare in Europa offre a imprenditori e professionisti. SOLVIT e il centro di assistenza per il riconoscimento delle qualifiche professionali istituiti presso il Dipartimento per le Politiche Europee rappresentano due efficaci esempi di opportunità per far valere i diritti ed esercitare la propria attività. E’ sempre più necessario rafforzare ogni iniziativa che favorisca la diffusione della conoscenza dell’Unione: è un obiettivo del Dipartimento, è una priorità istituzionale tanto più oggi all’indomani del rilancio nel 2017 del dibattito sul futuro dell’Europa in occasione delle celebrazioni per il 60° anniversario dei Trattati di Roma e alla vigilia del 2019 che sarà l’anno delle elezioni europee”.

Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, ha aggiunto: “Quest’intesa arricchisce il quadro di alleanze che il Sistema delle Camere di commercio sta mettendo a punto con le altre istituzioni del nostro Paese per avvicinare un numero sempre maggiore di imprese italiane ai mercati stranieri, a partire da quello europeo che resta il principale sbocco delle esportazioni made in Italy. Per questo occorre fare conoscere alle nostre PMI le opportunità di crescita e le regole di “gioco” per competere ad armi pari all’estero, come intendiamo fare anche attraverso questa collaborazione per quanto attiene all’Unione europea. L’internazionalizzazione, infatti, è una delle funzioni chiave che ci sono state assegnate dalla recente riforma camerale e che ci vedrà impegnati nel prossimo triennio a individuare, formare e preparare per l’export almeno 10.000 nuove imprese”.

Vera MORETTI

Fatturazione elettronica online semplificata per le pmi

La piattaforma nata tre anni fa da un accordo siglato da Unioncamere e l’Agenzia delle Entrate Fatturaelettronica.infocamere.it per venire incontro alle esigenze di fatturazione elettronica da parte delle piccole e medie imprese si arricchisce di nuove funzionalità.

Con alcuni importanti accorgimenti, infatti, le pmi possono collegarsi alla piattaforma online per effettuare in tempo reale la compilazione, l’invio e la conservazione delle fatture a costo zero, indipendentemente dal loro numero, e non solo verso la Pubblica Amministrazione ma anche verso altre imprese.

Inoltre, il sistema di fatturazione elettronica delle camere di Commercio ora viene integrato con il Sistema di Interscambio (SdI), gestito dalla Agenzia delle Entrate, anche con riferimento alle operazioni effettuate verso le imprese (e non solo verso la PA).
I contribuenti potranno scegliere di trasmettere telematicamente all’Agenzie dell’Entrate i dati di tutte le fatture attive e passive e le relative variazioni, sempre su base volontaria.

A questo proposito, Ivan Lo Bello, presidente di Unioncamere, ha dichiarato: “E’ questo un ulteriore passo avanti per semplificare nel concreto la vita delle imprese attraverso la digitalizzazione. Il digitale rappresenta una delle nuove funzioni innovative affidate alle Camere di commercio dalla recente riforma del sistema camerale e su questa strada ci stiamo impegnando per supportare i principali progetti nazionali, dall’Agenda Digitale Italiana al Piano impresa 4.0”.

La piattaforma è raggiungibile anche dai singoli siti delle Camere di commercio e dal punto unico di contatto previsto dalla direttiva Servizi europea Impresainungiorno.gov.it
Sono soprattutto le imprese di piccole dimensioni ad aver fruito dei vantaggi della piattaforma per la fatturazione elettronica del sistema camerale: 7 aziende su 10 non superano il milione di euro di fatturato, 9 su 10 hanno meno di 15 dipendenti e 8 su 10 sono società a responsabilità limitata.
Tra le provincie italiane la business community più popolosa che ha fatto ricorso al servizio è stata in particolare quella di Bolzano (3.127 imprese), Lecce (2.147) e Roma (2.127).

Vera MORETTI