Nate 4mila imprese nella prima settimana di gennaio

Anche nei giorni di festa, tra Capodanno e la Befana, le imprese non sono state a guardare, anzi, si sono moltiplicate, pronte a diventare operative con la nascita dell’anno nuovo.
Non si contano, infatti, solo i primi nati del 2018, ma anche le pmi che hanno presentato domanda di iscrizione dall’1 al 5 gennaio, che quest’anno sono state addirittura 4mila.

Tra queste, ben 700 sono nate in Lombardia, come è stato confermato dalla Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi, tramite elaborazione dei dati del registro delle imprese.
Questo significa che la regione pesa, da sola, il 19% di tutte le prime startup italiane del 2018.
Se, infatti, in tutta Italia sono nate ogni giorno 800 imprese, in Lombardia ne sono nate 150. A livello provinciale, nella prima settimana dell’anno sono state costituite 261 nuove imprese a Milano, che rappresenta il 37% del totale regionale e il 7% nazionale, seguita da Bergamo (127), Brescia (115), Pavia (37), Como (35) e Monza e Brianza (31).

La performance di Milano la pone in testa tra le città con più nuove startup in Italia. Seconda è Roma, con 223 nuove imprese (5,8%), poi Torino (146) e Napoli (141). Al quinto e sesto posto della classifica nazionale altre due lombarde, Bergamo (5° con 127 imprese) e Brescia (6° con 115), seguite da Cuneo, Bari e Salerno.

Per quanto riguarda Milano città, senza la provincia, si contano 164 imprese, che pesano il 23% regionale e il 4,3% nazionale.
Su questa percentuale, molto alta, oltre la metà (il 57%) sono società a responsabilità limitata mentre sono imprese individuali nel 21% dei casi. Tra queste, gli stranieri pesano il 32%, si tratta soprattutto di egiziani e cinesi (27%) seguiti dai bengalesi (18%).

Vera MORETTI

Cuneo fiscale più pesante per i contratti di apprendistato italiani

Confartigianato ha voluto intervenire all’interno del dibattito sulla legge di bilancio, ed in particolare circa la detassazione del costo del lavoro, per porre l’attenzione sul contratto di apprendistato.
In particolare, è stato chiesto di semplificare questo tipo di contratto, che permette ai giovani di entrare nel mondo del lavoro, poiché considerato troppo articolato e, per questo, spesso non molto amato dai datori di lavoro. Ma non solo: è stata anche richiesto il ripristino della decontribuzione totale nei primi tre anni di contratto per le assunzioni di apprendisti in aziende fino a 9 dipendenti.

Questa richiesta non è un caso, poiché l’apprendistato è un contratto utilizzato maggiormente dalle piccole imprese, tanto che nel primo trimestre 2017 l’incidenza degli ingressi mediante apprendistato nelle Micro e Piccole Imprese è dell’11,5% delle assunzioni, quota doppia rispetto al 5,5% delle medie-grandi imprese.
Va ricordato che nelle Micro e Piccole imprese italiane sono occupati 5.776.791 lavoratori dipendenti, il 50,7% del totale; sono 1.259.835 i dipendenti delle imprese artigiane.

La decontribuzione dell’apprendistato contribuirebbe alla riduzione della elevata pressione fiscale sul lavoro, considerando che, nel confronto con gli altri Paesi Ocse, l’Italia deve sopportare un peso fiscale di gran lunga più elevato sul costo del lavoro dipendente, che nel 2016 è pari al 47,8%, di 11,8 punti superiore alla media dei paesi avanzati (36,0%) ed il quinto più alto dopo Belgio (54,0%), Germania (49,4%), Ungheria (48,2%) e Francia (48,1%).

Andando più nel dettaglio, il cuneo fiscale dell’Italia è la composizione del 16,4% di imposte su redditi da lavoro dipendente, del 7,2% di contributi sociali a carico del lavoratore e del 24,2% di contributi sociali a carico del datore di lavoro, voce che da sola rappresenta la metà del cuneo fiscale.

Vera MORETTI

Welfare Index Pmi

Sono sempre di più le imprese che danno un’importanza rilevante al welfare aziendale. Non stupisce quindi il fatto che Generali Italia, con la partecipazione di Confagricoltura e di Confindustria, abbia promosso il Welfare Index Pmi, il primo indice di valutazione del livello del benessere aziendale nelle piccole e medie imprese italiane.

Nel progetto sono state coinvolte 2.140 le piccole e medie imprese, suddivise tra industria, agricoltura e terziario, grazie alle quali è stato costruito l’indice. Di fatto, uno strumento con il quale, ogni anno, le imprese potranno avere accesso a un servizio gratuito con il quale misurare le proprie iniziative nei confronti dei dipendenti e confrontarle con quelle più avanzate del loro settore di appartenenza.

Al momento c’è il massimo riserbo su quali sono le migliori e più interessanti case history uscite dall’indice: lo si saprà solo l’8 marzo prossimo quando, a Roma sarà presentato il Report 2016 e saranno appunto premiate le case history di successo.

Il commento di Philippe Donnet, country manager e amministratore delegato di Generali Italia: “Con il Welfare Index Pmi vogliamo stimolare un cambio culturale nelle piccole e medie imprese, con l’obiettivo di valorizzare la centralità del welfare nella vita quotidiana delle aziende, dei lavoratori e delle loro famiglie. Per un’impresa il welfare aziendale può essere un fattore distintivo sul mercato, segno di relazioni industriali evolute, e può favorirne la crescita“.

Cresce l’ export delle micro e piccole imprese

Piccola azienda, grande export. Nel 2015, infatti, le esportazioni delle micro (meno di 10 addetti, l’86,4% delle unità produttive italiane nel 2013) e piccole imprese italiane sono aumentate, nonostante il rallentamento delle economie emergenti che rappresentano i primi mercati esteri per molte di loro.

L’andamento è stato certificato da un’indagine di Confartigianato sul made in Italy nei settori della micro e piccola impresa, dalla quale emerge che, sul totale dell’anno, il risultato dell’ export è stato positivo: tra il quarto trimestre 2014 e il terzo trimestre 2015, il valore dell’ export di queste imprese è stato pari a 114,7 miliardi di euro, il 7,1% del Pil.

Se si guarda invece al periodo gennaio-settembre 2015, l’ export è aumentato di oltre 3 miliardi di euro, +3,8% rispetto allo stesso periodo del 2014. Le esportazioni sono cresciute del 4,1% nel manifatturiero, del 6,6% nell’alimentare e del 6,4% nel legno arredo.

Nel dettaglio, l’ export è cresciuto del 5,4% verso le economie avanzate e calato dello 0,6% nei Paesi emergenti, trascinati al ribasso dalla Russia (-33,5%). Tra i principali mercati del made in Italy cresce l’ export verso Stati Uniti (+20,4%), Corea del Sud (+17%), Cina (+12,9%), Hong Kong (+10,1%), Polonia (+8,9%), Regno Unito (+8,8%), Spagna (+7,3%) e Svizzera (+5,7%). Oltre a quello verso la Russia, calano quelli verso Francia (-0,1%), Belgio (-1,2%) Emirati Arabi Uniti (-1,5%), Austria (-1,7%), Grecia (-7,2%).

Nell’indagine, Confartigianato invita a tenere sott’occhio l’andamento del prezzo del petrolio, che potrebbe condizionare le dinamiche dell’ export. Secondo gli artigiani, infatti, sia i Paesi produttori sia quelli fornitori dell’Italia potrebbero rivedere le proprie politiche di importazioni di prodotti made in Italy a causa del protrarsi della “guerra” del prezzo del greggio. E si tratterebbe di realtà importanti: Confartigianato ricorda infatti che 41 Paesi emergenti produttori di petrolio pesano per il 15,1% dell’ export italiano e i 19 emergenti fornitori del nostro Paese per il 7,7%.

Le piccole imprese sono più solvibili delle grandi

La crisi del credito e la difficoltà di molti soggetti nel restituire i prestiti avuti dalle banche è evidente ormai da anni, ma grazie a una recente ricerca dell’Ufficio studi della Cgia questa tendenza può essere osservata anche da un nuovo e interessante punto di vista. Un punto di vista che dice che le famiglie e le piccole imprese sono più affidabili e solvibili delle grandi imprese.

La conferma viene dal coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo: “Tra il giugno di quest’anno e lo stesso mese del 2014, le classi di grandezza delle sofferenze fino a 75mila euro hanno registrato una contrazione, mentre quelle da 75mila a 125mila sono aumentate appena dello 0,5%. Niente a che vedere con quanto è successo in quelle più elevate. Nella fascia tra i 500mila e il milione di euro la variazione è stata dell’11,4%, per quella successiva, tra 1 e 2,5 milioni, l’aumento è stato del 14,5% e per le classi ancor più elevate l’incremento ha superato il 18%. Se teniamo conto che il livello delle insolvenze è proporzionale alla dimensione dei prestiti ricevuti, possiamo affermare con un elevato grado di precisione che le famiglie e le piccole imprese continuano a essere più solvibili delle grandi imprese”.

Una tendenza che non interessa solo l’ultimo anno, sia per le piccole imprese, sia per le famiglie. Tra giugno 2011 e giugno 2015 (ultimo dato disponibile), fino a 125mila euro di sofferenze la variazione è aumentata progressivamente fino al 35,7%, ma per le classi successive si sono raggiunti livelli monstre: sopra il milione di euro l’incremento è più che raddoppiato e nella fascia tra i 5 e i 25 milioni di euro si è arrivati a un +147,4%.

L’andamento si replica per lo stesso arco temporale anche sui dati riferiti alle sofferenze bancarie analizzate per comparto di clientela: le piccole imprese familiari (quelle con meno di 5 addetti) hanno registrato un aumento delle sofferenze del 4%, le Amministrazioni pubbliche del 6,5%, le società non finanziarie (con oltre 5 addetti) del 12,7% e le finanziarie del 147,5%.

Infine, se due indizi fanno una prova e tre un colpevole, anche nel mondo delle piccole imprese, ecco che sempre nel medesimo periodo famiglie e micro imprese registrano una crescita delle sofferenze del 46,6 e del 47,6%, le società non finanziarie del 107,8%, le società finanziarie del 282,5% e le pubbliche amministrazioni addirittura del 484,6%.

Imprese italiane, imprese nane

Alla crisi abbiamo imputato un sacco di colpe e disastri perpetrati verso le imprese italiane, ma su una cosa, almeno, è stata magnanima: non ha modificato in maniera sensibile le dimensioni medie delle imprese italiane né la struttura produttiva della nostra economia.

È una delle evidenze emerse dal rapporto annuale dell’Istat relativo al 2012, secondo il quale le imprese italiane hanno mantenuto la loro dimensione media, una tra le più basse d’Europa: 3,9 addetti per ciascuna, con il 47,5% degli occupati che lavora in imprese che contano meno di 10 addetti. Percentuale invariata rispetto al 2007, anno di inizio della crisi, quando era al 47,4%.

Secondo l’Istat, le imprese italiane con meno di 10 addetti sono 2,2 milioni, generano il 10% del valore aggiunto del sistema produttivo del Paese e spesso sono realtà che si presentano come forme di autoimpiego, con scarsi obiettivi di produttività e crescita. Basti ricordare che nel 2012 le imprese italiane hanno investito in ricerca e sviluppo solo lo 0,7% del Pil nazionale, contro l’1,3% dell’Unione Europea a 28.

Se non altro, però, il numero di imprese italiane innovatrici e di quelle che registrano nuovi marchi e nuovi prodotti di design industriale è di gran lunga superiore a quello di tutta Europa: 41,5% contro il 36% dell’Unione Europea a 28.

Se le imprese italiane, prese singolarmente, rimangono micro, cresce invece il numero dei gruppi di imprese: nel 2012 ne risultavano oltre 90mila, dai 76mila nel 2008 e davano lavoro a 5,6 milioni di persone in 206mila imprese.

Le prospettive, però, sono andate migliorando dal momento che, secondo l’Istat, nel 2014 i segnali di ripresa hanno coinvolto un numero rilevante di imprese italiane. Un’impresa con almeno 20 addetti su due del manifatturiero ha visto infatti crescere il proprio fatturato totale di quasi 1 punto (0,8%) mentre, rispetto al 2013, sono aumentati sia i ricavi esteri (almeno +1,6%) sia quelli interni (+0,1%) e il fatturato interno è aumentato per la prima volta da oltre tre anni.

Insomma, se è nel dna delle imprese italiane il fatto di essere micro, le dimensioni contenute possono anche essere un vantaggio competitivo, specie se si fa in modo di aggregarsi in gruppi più strutturati.

Contributi alle pmi lombarde

Sono state pubblicate, da Regione Lombardia e Finlombarda SpA, le nuove modalità attuative dell’iniziativa Credito adesso, per l’erogazione di finanziamenti finalizzati a sostenere il fabbisogno di capitale circolante delle imprese regionali.

Possono aderire al progetto le pmi che abbiano sede operativa in Lombardia ed attive da almeno 24 mesi, purché appartenenti ad uno dei seguenti settori:

  • Attività manifatturiere;
  • Servizi di informazione e comunicazione;
  • Attività professionali, scientifiche e tecniche;
  • Servizi alle imprese;
  • Trasporto e magazzinaggio;
  • Commercio;
  • Costruzioni;
  • Turismo.

Sono ammessi a finanziamento uno o più ordini di fornitura o contratti di fornitura di beni e/o servizi,antecedenti massimo tre mesi alla data di presentazione della domanda di partecipazione all’iniziativa, aventi un importo complessivo minimo pari a:

  • 30.000 euro nel caso di Micro Imprese e Piccole Imprese;
  • 100.000 euro nel caso di Medie Imprese.

Alle imprese aderenti all’iniziativa viene concesso, da parte di Finlombarda e della Banca convenzionata, un finanziamento chirografario con rimborso amortizing, rata semestrale a quota capitale costante, alle scadenze fisse del 30 aprile e del 31 ottobre di ogni anno, e senza preammortamento della durata di 24 o 36 mesi.

Il finanziamento produrrà interessi al tasso Euribor a 6 mesi oltre ad un margine che varierà in funzione della classe di rischio assegnata all’impresa.

In nessun caso l’ammontare del finanziamento potrà superare il 60% delle spese ammesse. Finlombarda e le Banche convenzionate non richiederanno alle PMI alcuna commissione e/o spesa di istruttoria.
Finlombarda concede inoltre un contributo in conto interessi, nella misura pari a 125 basis points, a parziale copertura degli oneri connessi al finanziamento.

Le imprese interessate possono presentare la domanda di partecipazione a partire dal 27 dicembre 2013 esclusivamente tramite procedura on-line.

Vera MORETTI

Buone Feste un po’ speciali. I nostri auguri per tutti

di Davide PASSONI

Le festività natalizie sono il tempo degli auguri. Nemmeno INFOIVA si sottrae alla tradizione, ma preferisce, come sempre, declinarla a modo proprio. E allora ecco i nostri personali auguri.

Auguri, naturalmente, agli imprenditori e ai professionisti; a quelli che ancora hanno un’impresa o uno studio e a quelli che ormai non l’anno più: possano ricordarsi sempre che il loro, prima che un lavoro, è una missione, dimenticandosi che ci fu un tempo in cui i missionari venivano ammazzati.

Auguri al fisco italiano e a Equitalia: si ricordino che una cosa è il rigore, un’altra è l’accanimento. Si ricordino che chi evade lo fa più spesso per sopravvivere che per fregare gli altri.

Auguri alla burocrazia italiana. Si ricordi di essere un mostro che ingoia imprese e cittadini: con l’anno nuovo non chiediamo che sia più buona, ci basterebbe fosse meno paradossale.

Auguri ai nostri stimati politici, di destra, di sinistra, di centro, di dove diavolo vogliono mettersi. Si ricordino che la disistima e l’accanimento dei cittadini nei loro confronti se lo portano in eredità da chi li ha preceduti e che stanno facendo assai poco per marcare la differenza con loro. E che sono, ahinoi, lo specchio di chi li ha votati.

Auguri al governo italiano. Che sappia essere meno prudente, meno vago, più incisivo e che, soprattutto, ci liberei dalla più insopportabile delle maledizioni: l’incertezza fiscale che grava su imprese e cittadini.

Auguri all’Italia e agli italiani. Si ricordino che, pur con tutti i limiti e i difetti si portano con sé come popolo e come Paese perché “ce li hanno nel sangue”, hanno una capacità di fantasia, di ripresa e una volontà di ripartire sempre e comunque, anche da zero, che pochi al mondo hanno. Usino tutto questo per uscire dal pantano.

E, infine, auguri a voi, nostri lettori. Speriamo ci vogliate seguire ancora nel 2014 e perdonateci se, ogni tanto, siamo venuti meno alla nostra volontà di ottimismo e positività. Con quello che stiamo vivendo da 5 anni, possiamo essere perdonati per qualche scivolone, non credete?

Un pieno di vantaggi con Carta voil@’

Nelle scorse settimane vi abbiamo introdotto nel mondo delle carte petrolifere, uno strumento utile che, dopo essere stato per molto tempo appannaggio di grandi aziende con grandi flotte, ora si trasforma ed entra nel portafogli di piccoli imprenditori, professionisti, possessori di partita Iva.

Un segmento di clientela molto attraente per le compagnie petrolifere, che hanno infatti pensato di realizzare prodotti studiati per chi utilizza auto o veicoli commerciali per lavoro e, spesso, è una ditta individuale.

Uno di questi prodotti è Carta voil@’ di TotalErg, della quale abbiamo già illustrato i vantaggi fiscali e che ci siamo fatti “raccontare” da un gestore della compagnia, che conosce bene la propria clientela, le sue esigenze e sa quanto questo strumento possa essere utile.

Pensiamo, quindi, che sia molto utile ricordare quali sono i vantaggi in termini di sconti e fidelizzazione per le aziende e i professionisti che sottoscrivono una  Carta voil@’ di TotalErg:

– sconto di 2 cent al litro sul prezzo esposto alla pompa nella stazione di servizio TotalErg scelta e associata alla Carta voil@’ dal cliente che la attiva (nelle altre stazioni di servizio TotalErg, il prezzo applicato è quello esposto alla pompa);
– plafond complessivo mensile di 1.200 euro, per tutte le carte associate a un’unica azienda o al professionista;
– richiesta massima di 3 carte, in modo da poter coprire più veicoli qualora l’azienda o il professionista abbiano un piccolo parco veicoli;
– eliminazione del contante e delle schede carburante all’atto del pagamento: il saldo avviene con addebito tramite RID bancaria;
– fatturazione mensile con dilazione di pagamento a 20 giorni data di emissione della fattura
– rendicontazione delle spese tramite fattura elettronica.

Per maggiori informazioni e per aderire, Carta voil@’.

Salerno vola ad Hannover

Le imprese salernitane che si occupano di subfornitura industriale hanno la possibilità, grazie ad un’iniziativa promossa dalla Camera di Commercio di Salerno, di partecipare alla manifestazione Hannover Messe, che si terrà nella città tedesca dall’8 al 12 aprile.

La CCIAA, infatti, sta organizzando, in occasione dell’evento, una collettiva di imprese, dedicata in particolare alle micro e piccole imprese, in forma singola e consorziata, che siano produttrici di beni o servizi a carattere industriale o artigianale aventi almeno unità produttiva nella provincia di Salerno.

Le aziende ammesse dovranno pagare un importo di 1.500 euro più Iva, a fronte dei seguenti servizi:

  • desk aziendale provvisto di logo e insegna, ciabatte con alimentazione elettrica, due sgabelli alti, cestino;
  • tavolino con sedie;
  • espositori per brochures, connessione internet veloce, n° 2 pass espositori.

Per poter partecipare, le imprese interessate devono presentare richiesta entro il 18 gennaio 2013, a mezzo raccomandata o posta celere, al seguente indirizzo:

Camera di Commercio I.A.A.
Via S. Allende, 19
84100 – Salerno

Vera MORETTI