Nuove opportunità di crescita per le Pmi in Bielorussia, se ne parla a Pescara

Le piccole e medie imprese interessate ad approfittare di nuove opportunità di crescita in Bielorussia potranno partecipare all’incontro previsto per l’11 marzo 2011, alle ore 9.30, presso la sala Camplone della Camera di Commercio di Pescara. Le opportunità di business in questo Paese esistono concretamente e le potenzialità sono effettivamente molto elevate, l’incontro sarà un modo per vederle da vicino e apprendere i migliori modi per approcciarsi con il nuovo mercato.

L’incontro è frutto del lavoro delle delegazioni della Camera di Commercio italo-bielorussa capitanata dal Presidente Claudio Catania che precedentemente (19 gennaio scorso) ha stretto gli accordi comuni di crescita tra i due Paesi.

Per aderire all’incontro è necessario effettuare una registrazione a questo sito (data ultima di presentazione delle domande è il 9 marzo).

Mirko Zago

“Addio Italia, con le chiacchiere non si porta il pane in tavola”

di Davide PASSONI

Dopo la prima parte dell’intervista a Laura Costato, ecco il prosieguo.

Ce la fate ad andare in Svizzera prima che accada quello che secondo lei sarà l’irreparabile?
No, siamo un’azienda piccola e pensare di fare un salto del genere in poco tempo non è credibile. Per questo parte il progetto di un consorzio etico gestionale, per il quale manderò degli inviti alle aziende che mi hanno scritto per informazioni e illustrarlo loro; un consorzio che non produce utili, serve solo a gestire tutto quello che è il back office ma rimarrà composto da soggetti giuridici separati.

Vantaggi?
Uno per tutti: se io vado a trattare una linea di credito per un pacchetto di aziende che muovono 10-15 milioni di fatturato, otterrò senz’altro delle condizioni più favorevoli che non se andasse la Costato Srl che ne muove 1. Il progetto nasce dall’esigenza di approcciare il sistema economico svizzero con una forza diversa che la piccola azienda non ha; per cui anche tutte quelle figure professionali che il piccolo imprenditore non può avere (marketing, controllo di gestione…) possono, con il consorzio, diventare organiche a esso.

Di quante aziende parliamo?
Quando parlo di consorzio parlo di 8-12 aziende, non di più; un progetto che può essere replicabile N volte ma di fatto abbastanza chiuso. spero di riuscire a farlo con aziende compatibili tra loro, in modo da poter creare una filiera: insomma, non lasciare nulla al caso, perché muoversi da qui va fatto con grande coscienza, quando si fa un salto del genere si rischia di chiudere delle porte, trovarsi di fronte a un cancello sbarrato e restare intrappolati nel mezzo. Quello che è certo è che in Italia non ci voglio restare, non solo per una questione professionale ma anche personale: non mi riconosco più nell’italiano né nella politica che lo governa. Non vedo proposte mirate: vedo una maggioranza che distoglie l’attenzione dai veri problemi creando scandali paralleli e un’opposizione che passa il tempo a criticare questi scandali. Per parte mia non si tratta di essere ottimisti o pessimisti, ma realisti.

Quindi le IMPRESECHERESISTONO… non resistono?
Io sono una parte che non resiste, perché non mi posso permettere di resistere. Per me resistere significa sopravvivere e trovare un modo di creare quella continuità aziendale che qui non è più possibile ottenere e garantire un futuro alla mia famiglia che fa questo lavoro da 50 anni, ai miei figli e ai miei dipendenti. Sopravvivere a queste condizioni significa mettere a rischio tutto quello che si è creato in 50 anni di lavoro; io non ho mai avuto paura delle banche, delle istituzioni o delle risposte che non ho avuto: il mio incubo è quello di dire alle mie persone di stare a casa. A queste condizioni, non volendo lasciarle a casa, io posso vivacchiare ancora due anni al massimo, il mio piano industriale è chiaro. Voglio fortemente andar via prima dell’irreparabile, che vedo molto vicino non solo per la mia azienda ma per l’intero sistema.

Quanti siete oggi in IMPRESECHERESISTONO?
Prima dell’uscita di questi servizi eravamo 1300 circa, ora siamo quasi 2000. La cosa triste è che non contiamo nulla; tra tutti muoviamo il doppio dei dipendenti che muove Fiat ma di noi non importa niente a nessuno.

E siete nati?
A maggio 2009.

Triste pensare che non siate riusciti a muovere nulla finora…
Nulla! Siamo partiti con delle richieste che al governo non sarebbero costate nulla se fatte limpidamente: la deducibilità Irap, l’Iva per cassa per aiutarci nella liquidità, la moratoria dei debiti fiscali, garantire la certezza dei pagamenti su media europea… Niente. E poi assistiamo a operazioni come quelle dello scudo fiscale, che fa pagare per capitali che, a mio avviso, non sono nemmeno rientrati: chi ha l’occhio lungo paga ma i capitali li lascia all’estero, non li riporta in Italia. Se io vado il banca a chiedere dei soldi devo pagare il 12% di interessi mentre queste persone che hanno evaso, hanno creato un danno al Paese, si rifinanziano pagando un 5% facendo concorrenza sleale alle aziende oneste. E se io non pago l’Iva, pago il 3% più le sanzioni il mese dopo? E’ un sistema che premia l’illegalità. E io tutti questi aiuti alle Pmi, ribadisco, non li ho visti, gli aiuti sventolati sono stati rivolti alle aziende con fatturato da 10 a 100 milioni di euro, non certo alle micro e piccole aziende che sono il 96% del tessuto economico italiano. Per me è diventato un malessere non tanto il lavorare in se stesso quanto il vivere in questo sistema.

Ha superato la fase del dispiacere di andarsene?
Io non ho dispiacere. Mio fratello e mia madre sì, io no. Facevo fatica ad accettare l’idea di trasferire l’azienda in altre realtà tipo quelle dei Paesi dell’Est, senza nulla togliere a questi ultimi, ma non mi vedo a vivere là con i miei tre bimbi piccoli. In Svizzera ci sono scuole ottime e servizi eccellenti, in svizzera mi hanno fatto sentire benvenuta. Mi hanno detto che gli svizzeri sono spocchiosi, che guardano gli italiani dall’alto in basso… ma a me non importa, io so che con le chiacchiere il pane in tavola non lo porto e qui di chiacchiere se ne sono fatte già fin troppe.

Qualcuno però avrà anche detto che la loro fiscalità da noi ce la sogniamo…
Perché il nostro sistema fiscale è profondamente ingiusto. Se io lavoro 12 ore al giorno per guadagnare 100 e 70 e rotti li devo dare allo Stato, in questo modo mi si toglie la possibilità di crescere. E poi mi si accusa di non fare innovazione. Con che soldi? Qui si vive nel controsenso, nell’aria fritta, nella chiacchiera. Tutte cose che non portano il pane in tavola. E purtroppo mi rendo conto che, sempre più, la politica è lo specchio dell’italiano medio: è anche per questo che me ne vado.

Reazioni alla sua scelta?
Da quando sono comparsa sulla stampa o in tv, nelle mail o sul nostro blog nessuno, e dico nessuno, mi ha mai rimproverato di andarmene. Mi aspettavo qualcuno che dicesse cose del tipo “hai guadagnato qui e ora te ne vai a goderti i soldi in Svizzera“, oppure “io non scappo perché sono italiano e amo l’Italia“… niente. E questo è sintomatico. Ma quando qualcuno mi scrive “ammiro il suo coraggio“, non ci siamo. Se ancora oggi il fatto di mettere la propria faccia per denunciare quello che non va è definito coraggio, vuol dire che alla base non c’è speranza.

Suo padre, che ha fondato l’azienda, sarebbe andato in Svizzera?
Per come lo conoscevo, no. Forse avrebbe delocalizzato all’Est, ma non avrebbe lasciato l’Italia.

“In Italia nessun futuro per me né per la mia impresa”

di Davide PASSONI

Laura Costato è una bella signora di 45 anni. Una imprenditrice fiera del proprio lavoro e determinata a svolgerlo nel miglior modo possibile. Per questo ha deciso che l’Italia non è più il Paese per lei; dopo essere stata tra le fondatrici del network IMPRESECHERESISTONO e aver lottato per quasi 2 anni contro i muri di gomma della burocrazia, della mala politica e del Fisco, Laura ha deciso di dire basta e di attrezzarsi per trasferire produzione, fabbrica e famiglia in Svizzera. Una storia dura, pesante, che lei stessa racconta a Infoiva in questa lunga intervista, senza peli sulla lingua. Leggetela d’un fiato e riflettete: questa è solo la prima parte, ecco la seconda.

Perché siamo arrivati a questo punto, al punto di dire “basta, chiudo, trasferisco l’attività in Svizzera”?
Alla base c’è la stanchezza di dover lottare quotidianamente per poter fare il mio lavoro e dover lottare in un Paese in cui non c’è nulla che fino ad oggi sia stato programmato per dare sostegno alle difficoltà che incontriamo come Pmi. Tutto quello che è stato pubblicizzato finora, dalla moratoria dei debiti ai fondi messi a disposizione per le Pmi e le microaziende non ci hanno in realtà portato nulla. La stanchezza nasce da qui e dal fatto che, come IMPRESECHERESISTONO, chiediamo da 20 mesi le stesse cose e non abbiamo avuto una risposta in senso positivo né negativo: un silenzio che, a mio parere, è ancora più grave che aver ricevuto una risposta negativa. Si fa passare tutto coperto da una sorta di invisibilità: noi siamo quelli che pagano, che devono stare zitti e andare avanti da soli, in un modo o nell’altro. Io non vedo futuro. Dubito che ci sia un progetto per le Pmi ma che ci siano solo la volontà di non fare nulla o l’incapacità di fare qualcosa; ci dicessero almeno che come target non interessiamo, invece di aspettare e continuare a pagare nel silenzio fino al fallimento totale: chiuderemmo e ciascuno farebbe le proprie scelte.

Chi non risponde?
Non rispondono le banche, le istituzioni, la politica, non risponde nessuno. Da tutte le porte a cui bussiamo come IMPRESECHERESISTONO non arriva risposta. Come network siamo apartitico, dialoghiamo con tutti quelli che si mettono a disposizione, ma purtroppo in Italia c’è una politica a breve termine che è quella del sondaggio: si fanno le cose perché si vuole avere il sondaggio favorevole, ma di politiche a medio e lungo termine non se ne vedono, in nessun campo. Il rovescio della medaglia è che, denunciando queste cose e parlando di Svizzera, ogni volta che esce un articolo, una notizia, un servizio alla tv io sono subissata di mail di aziende che vogliono scappare ma soprattutto di dipendenti senza lavoro o a rischio che mi scrivono “portami con te in Svizzera“. Da tutta Italia. E’ un disagio che non sentiamo solo noi imprenditori, perché oggi la gente ha fame e da questo immobilismo nasce la sfiducia, oltre che da questa politica che si gioca il tutto per tutto per avere un punto in più di sondaggio.

In quanti siete oggi nella sua azienda, la Costato Srl?
Siamo 4 dipendenti e 4 amministratori-lavoratori. Non siamo mai stati un’azienda con enormi possibilità di crescita, in quanto operiamo in un settore di nicchia: vogliamo lavorare e vivere del nostro lavoro in maniera un po’ più dignitosa.

Che mercati avete, o meglio, avevate?
Principalmente l’Italia; avevamo clienti come Piaggio, Candy, Zerowatt, De Longhi, Bosch: tutti spariti o hanno le sedi fuori Italia, qui tendono a tenere quel poco di logistica che serve il mercato locale.

La globalizzazione è dunque davvero un grande dito dietro cui nascondersi per non vedere la vera origine di certi problemi?
Per conto mio sì, perché è un fenomeno che tocca ogni Paese e ciascuno la affronta alla propria maniera. Tanti Paesi almeno ci provano, l’Italia no. Anche in Svizzera c’è crisi, ma la qualità di un Paese si vede dalle misure che mette in campo per fronteggiarla: da noi semplicemente si scantona, si finge di credere che domani le cose cambieranno.

Perché proprio la Svizzera?
Vede, quello che a me attrae della Svizzera è sì la disoccupazione bassa, al 3%, ma anche il fatto che hanno ridotto il debito pubblico con delle politiche mirate e ora cercano di portarsi in casa quelle che loro chiamano produzioni di eccellenza, ma che sostanzialmente sono quelle che fanno stare sul mercato; noi di eccellenza non abbiamo nulla, a parte la capacità di realizzare qualsiasi prodotto nella viteria, che è un know-how che in Italia pochi hanno. Non siamo certo noi che portando quattro dipendenti in Svizzera ne possiamo cambiare le sorti economiche, e come noi tante altre aziende. Loro però si stanno muovendo prima per evitare che, da qui a 10 anni, i giovani svizzeri non abbiano lavoro. Qui invece si fa il contrario: si mandano via o si fanno chiudere le aziende che sono la vera ricchezza del Paese, anche perché sono quelle che pagano.

Le Pmi…
Per quanto possa sembrare antipatico quello che dico, le grandi aziende bene o male chiudono sempre in perdita, pagano un quarto delle tasse che paga la piccola azienda, cadono sempre in piedi e nessuno si chiede mai perché. Non voglio entrare troppo in questo ambito, ma di fatto il portafoglio dell’Italia siamo noi e chi sta nel Palazzo sta chiudendo questo portafoglio, per rappezzare sistematicamente dei buchi di bilancio. Stanno facendo morire il nostro tessuto economico per mettere una pezza a danni creati da loro, ma la coperta è corta. Da qui nasce l’idea di dire, sinceramente, non ci sto, non ci sto. Non credo alle fandonie che si raccontano da due anni a questa parte, che la crisi non è una crisi eccetera. Questa non è una crisi ma un cambiamento di mercato, non è una cosa che si risolve nel medio periodo, per cui si parla di almeno 10-15 anni. se pensano che aziende come la mia possano sopravvivere 10-15 anni con la prospettiva comunque di alzare la tassazione si sbagliano.

Perché?
Faccio un esempio. La moratoria dei debiti delle Pmi è stata sventolata come la panacea di tutti i mali e si è risolta in un anno di interessi non dovuti alle banche che, d’altra parte, hanno già guadagnato; la moratoria è scaduta e ora ci ritroviamo a dover pagare le rate intere in una situazione economica invariata se non peggiorata e in più scopriamo che dobbiamo pagare le imposte di registro anticipate al 31 marzo. Che significa? Che di fronte alla prospettiva di un fallimento di massa lo Stato vuole fare cassa fin che può. Non c’è più logica in quello che si sta facendo. Se uno ha memoria, questi sono gli stessi passi che sono stati fatti in Argentina: salviamo le assicurazioni, salviamo le banche, le aziende morivano e c’è stato il crac. Bisogna capire quando questo crac arriverà: secondo me il Paese non ce la fa a reggere fino alla fine del 2011.

Bergamo è una delle povince italiane più tassate dal fisco

L’Associazione artigiani di Bergamo lamenta un eccessivo carico fiscale per le imprese artigiane locali. Bergamo sarebbe al 37° posto nella classifica delle 103 provincie italiane tartassate dal fisco locale. L’analisi è stata condotta da ufficio Studi di Canfartigianato, verificando il peso del prelievo fiscale locale su un’impresa tipo con cinque addetti e proprietaria di un immobile produttivo.

Il gettito complessivo per quanto riguarda i principali tributi gestiti localmente come l’Irap, Ici, addizionale regionale e comunale Irpef, sarebbe di 58.011 milioni di euro. E’ il Lazio a sopportare la maggior pressione fiscale con il 4,9% del Pil, mentre la Lombardia si colloca al terzo posto con il 4%. E’ l’Irap a gravare maggiormente nei confronti delle Pmi con il 63,2%, seguita da Ici 17,2%, l’addizionale regionale che incide per il 14,2% e la comunale che influisce per il 5,4%.

Rimanendo nella provincia di Bergamo, l’Irap pesa per ogni azienda per 7.488 euro, l’addizionale comunale pari a 522 euro, l’addizionale regionale Irpef pari a 1.607 euro e un ammontare Ici di 2.043 euro, per un totale complessivo di 11.660 euro.

L’Ue spinge per un nuovo Small Business Act: meno costi e meno tempo per creare una società

La Commissione europea è in prima linea per incrementare la crescita delle piccole e medie imprese, volontà che appare evidente in particolare con le recenti nuove azioni varate per il sostentamento dell’imprenditoria. La revisione del modello di  “small business act” ovvero il quadro della politica Europea per le Pmi, ha apportato diverse novità interessanti presentate nei giorni scorsi dal vicepresidente della Commissione Ue, responsabile per l’impresa, Antonio Tajani.

Tra gli aspetti più interessanti appaiono la riduzione drastica dei tempi e i costi per la costituzione di una società. L’obiettivo che si vuole raggiungere è di arrivare a 3 giorni e 100 euro di spesa (lo scorso anno la media Ue era di 7 giorni e poco meno di 400 euro di spesa). Altri aspetti da curare maggiormente sono ancora una volta l’accesso al credito e il miglioramento della possibilità delle piccole e medie imprese di ottenere risorse finanziarie, cosi’ come di poter partecipare agli appalti.

Tajani ha affermato: “Anche le Pmi hanno accusato la crisi con la perdita di circa tre milioni di posti di lavoro, con le nuove azioni pensiamo di poter offrire loro nuove opportunità di ripresa”. E’ stato inoltre istituito una sorta di vigilante soprannominato “Mr. Pmi” (si tratta dello spagnolo Daniel Calleja).

Mirko Zago

Piccole Imprese: per la crescita c’è ancora da aspettare

L’ Osservatorio Confcommercio-Format sul credito per le imprese del commercio, del turismo e dei servizi ha evidenziato come anche per l’ultimo trimestre dell’anno conclusosi da poco permangano difficoltà per piccole e medie imprese. Se nel terzo trimestre si è assistito ad una crescita incoraggiante dei consumi, le imprese sono costrette a pagare ancora per il nodo del costo dei finanziamenti. E’ quasi un’impresa su due, ovvero il 48,9% a segnalare difficoltà nell’attività spesso a causa si problemi relativi al fabbisogno finanziario. Ad essersi rivolto ad istituti di crediti per ottenere finanziamenti è stato il 26% delle imprese (+3% rispetto al precedente trimestre) avendo in cambio l’erogazione di un importo inferiore rispetto a quello richiesto, quando la risposta non sia stata negativa.

Questa situazione ha alimentato anche una scarsa fiducia nel sistema bancario e una percezione che i costi dei servizi bancari siano aumentati ingiustificatamente e spesso congiunti a condizioni sfavorevoli.

Mirko Zago

Collabor@ nuovo servizio cloud per le Pmi di Telecom Italia

Telecom Italia, in tendenza con gli altri operatori di telecomunicazioni, si sta concentrando nella fornitura di nuovi servizi definiti cloud, ovvero basati sulla fruizione online. L’ultimo arrivato si chiama Collabor@ e prevede di incentivare le imprese attraverso la fornitura di servizi di videoconferenza pensata ad hoc per le riunioni a distanza. L’offerta rientra in Impresa Semplice, brand con cui l’ex monopolista firma i prodotti dedicati alle piccole e medie imprese. La vera novità del servizio sta nella sua convergenza: permette infatti di essere usufruito per via telematica, tramite smartphone e telefono fisso.

Il funzionamento è semplice, basta registrarsi al servizio per avere subito accesso ad una piattaforma che permette di invitare colleghi a riunioni in videoconferenza, utilizzando anche le rubriche già utilizzate con altri servizi o software come Skype, Windows Messenger, Lotus Sametime, Yahoo Messenger, Google Talk. L’integrazione è possibile anche con Outlook, attraverso l’installazione di plugin è infatti possibile creare un bottone per l’invio di inviti.

Vantaggi per le imprese derivano dal risparmio in fase organizzativa e alleggerimento delle attività di segreteria oltre che azzeramento dei costi per le trasferte. Attraverso Collabor@ è inoltre possibile condividere documenti e video in tempo reale, condividere lo schermo del pc (utile ad esempio per i corsi di formazione ai dipendenti), chattare, veicolare sondaggi per raccogliere feedback elaborati in tempo reale.

Il costo dell’offerta è di 40 € al mese, ma al momento è prevista una valutazione gratuita della durata di 4 mesi. Per maggiori informazioni si rimanda al sito dedicato.

Mirko Zago

Presidente di Rete Imprese: La crisi è passata ma il punto dolente sono le tasse

Giorgio Guerrini, presidente di Rete Imprese Italia e di Confartigianato ad un’intervista a “Il Giornale” ha espresso ottimismo a riguardo della situazione economica con delle riserve però per quanto riguarda la tassazione: “La parte peggiore della crisi è alle spalle: chi non ce l’ha fatta ha già chiuso, gli altri hanno resistito e ora possono guardare le prospettive con più ottimismo. Però il Paese non cresce ci sono ostacoli da abbattere“. Come già affermato più volte l’Italia dovrebbe puntare sull’export, sull’apertura verso nuovi Paesi, gli stessi che grazie a politiche fiscali agevolate finiscono per competere con noi, spesso vincendo la sfida: “Dobbiamo superare gli handicap rispetto ai Paesi vicini: è una competizione ad armi impari, sia sul fisco che sui costi dei servizi pubblici” – ha ribadito Guerrini.

La ultima opportunità è rappresentata da una corretta applicazione del federalismo fiscale con il quale diminuire la pressione fiscale ponendo un freno al circolo vizioso del “spendi e tassa” e introducendo elementi di responsabilizzazione, sempre stando alle parole di Guerrini. Se questa misura non rispetterà i presupposti l’intera categoria degli artigiani è pronta a cambiare opinione.

Intanto è stata accolta con entusiasmo la proroga della moratoria dei debiti per le Pmi (scadrà tra altri 6 mesi). Il nuovo accordo pur essendo lontano da quello precedente “consente tuttavia un allungamento del credito residuo, oltre che strumenti facoltativi per tutelarsi da possibili aumenti dei tassi d’interesse. La crisi ha cambiato la strategia delle banche che sono tornate sul territorio e al rapporto diretto con la clientela“. La maggior vicinanza e un cambio di approccio al credito dunque han saputo sollevare molte imprese che in caso contrario sarebbero finite sul lastrico.

Mirko Zago

Siglato accordo tra Rete Imprese Italia e Unicredit per finanziamenti alle Pmi

Unicredit e Rete Imprese Italia (che raccoglie Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti) hanno firmato a Roma un accordo con il quale promuovere il progetto “Ripresa Italia“. Si tratta di un’intesa con cui l’istituto di credito mette a disposizione un plafond di un miliardo di euro e arricchisce ulteriormente il panorama degli interventi finanziari di supporto da realizzarsi con il confronto con le associazioni. Ripresa del ciclo economico; competitività e innovazione; formazione; internazionalizzazione; sviluppo di reti di impresa sono le cinque parole chiave. I primi tre punti saranno attuati da subito a seguire ci si concentrerà sugli altri due. Tra le novità introdotte si trovano prestito per assunzione “EntiCash” (linea di fido a breve termine per smobilizzo crediti commerciali); supercash e supercash rotativo (affidamento a breve destinato a sostenere l’intero ciclo produttivo dell’impresa 12 mesi); “WinEvo” (soluzione di finanziamento finalizzata al sostegno del ciclo produttivo aziendale). Per l’innovazione si ricorrerà a mutui appositamenti pensati per far fronte all’adeguamento tecnologico e alla ricerca oltre che finanziamenti per nuove attività in fase di start-up.

Roberto Nicastro, direttore generale di Unicredit ha ricordato che “Nel 2010 UniCredit ha supportato l’economia con oltre 10 miliardi di euro di nuovi finanziamenti a quasi 200 mila piccole aziende e grazie al forte rapporto con i Confidi e le associazioni di categoria sono stati erogati quasi tre miliardi di nuovi finanziamenti a oltre 40 mila piccole imprese, a riprova di un forte rapporto con il territorio e di una consolidata e proficua collaborazione“. Ha proseguito poi affermando che “Questa nuova iniziativa è la naturale prosecuzione di Impresa Italia e Sos Impresa Italia e nasce, come sempre, da un dialogo continuo e costruttivo tra UniCredit e i propri partner del mondo imprenditoriale per disegnare soluzioni concrete che diano sostegno alle aziende in tutte le fasi del ciclo economico“. Parole alle quali si è unito anche Giorgio Guerrini presidente di Rete Imprese Italia.

Si tratta di un progetto nato dall’esigenza creditizia degli artigiani e delle Pmi con il quale si vuole sostenere una crescita economica proficua e duratura nel tempo.

Laura LESEVRE

Debiti delle PMI, da Rete Imprese Italia proposte a Tremonti sull’accordo post moratoria

In vista della scadenza del 31 gennaio della moratoria sui debiti delle PMI, il Presidente di Rete Imprese Italia Giorgio Guerrini ha inviato al Ministro dell’Economia Giulio Tremonti una lettera nella quale indica proposte “per accompagnare le imprese nel percorso di uscita dalla crisi, privilegiando iniziative di crescita e di sviluppo rispetto a operazioni di semplice copertura di perdite relative a finanziamenti pregressi“.

Rete Imprese Italia – si legge nella lettera – propone una ridefinizione delle logiche dell’Avviso comune per fornire adeguato sostegno a quelle imprese che, pur avendo usufruito della moratoria ed essendo in regola con il rimborso del proprio debito, trovano difficoltà nel far ripartire la propria attività a causa della mancanza di capitale circolante“. “L’accordo ‘post moraroria’ che le parti saranno chiamate a definire – scrive il Presidente di Rete Imprese Italiadovrà fare leva su due strumenti: la ristrutturazione dei debiti a medio/lungo termine e un finanziamento aggiuntivo del capitale circolante per far fronte ai fabbisogni finanziari generati dalla ripresa delle attività“.

Guerrini confida che il ruolo-guida esercitato dal Ministero dell’Economia in occasione dell’Avviso comune sulla moratoria possa anche stavolta portare a rapidi risultati. Sono quattro le direttrici lungo le quali il Presidente di Rete Imprese Italia ritiene debba articolarsi il nuovo accordo, in continuità con il percorso avviato con l’Avviso comune sulla moratoria:

– individuare strumenti coerenti con una fase economica che conserva forti elementi di incertezza;
– replicare il metodo di lavoro che ha contraddistinto l’esperienza della moratoria, caratterizzato dal coordinamento da parte del Ministero dell’Economia e da poche misure semplici, chiare e di agevole attuazione senza ricorso a risorse pubbliche;
– non penalizzare le imprese nelle condizioni di accesso al credito;
– valorizzare le garanzie pubbliche e quelle rilasciate dai Consorzi Fidi.

Nella sua lettera, Guerrini fa anche rilevare che “la funzionalità del nuovo accordo non potrà essere subordinata a meccanismi di accesso diretto e automatico al Fondo Centrale di Garanzia, perché così si rischierebbe di snaturare le finalità del Fondo, il cui funzionamento sarà oggetto di una revisione complessiva“.