Addio alla Pec, a breve arriva la Rem. Cos’è e come funziona?

Dopo anni di onorato servizio, la Pec, Posta elettronica certificata va in pensione, sarà sostituita dalla Rem che rispetta gli standard previsti dall’Unione europea, ma cos’è la Rem (Registro elettronico mail) e come funzionerà? Ecco i dettagli.

Cos’è la rem e perché è necessario sostituire la pec?

La Posta elettronica certificata per anni ci ha accompagnato facendo le veci della vecchia posta raccomandata che però per svolgere a pieno le sue funzioni aveva dei tempi mediamente lunghi, infatti occorreva inviare la missiva compilando anche la ricevuta di ritorno, attendere che fosse recapitata al destinatario e che la cartolina che avvisava della ricezione tornasse al mittente. Tutto più semplice con la Posta elettronica certificata che in poche ore consente di inviare la comunicazione a un indirizzo verificato e ricevere la notifica della lettura.

Per gli standard europei il livello di sicurezza della Pec è però troppo basso. In base agli standard del regolamento per il servizio elettronico di recapito certificato qualificato a livello europeo la Pec non offre certezza sull’identità del destinatario, con la Rem viene meno questo handicap.

Rem è acronimo di registro elettronico mail, consente di inviare messaggi di posta elettronica senza rischi di intrusione, in particolare offre la certezza che il documento arrivi esclusivamente al destinatario e, ad esempio, non finisca nelle mani del collega d’ufficio.

La differenza rispetto alla Pec sta nel fatto che questa non verifica l’identità del mittente e del destinatario, mentre la Rem offre anche tale certezza perché l’utente è obbligato a confermare l’identità, questo costituisce una maggiore tutela anche nei confronti di eventuali attacchi informatici.

Quali sono i tempi in cui la pec sarà sostituita dalla rem?

I tempi entro i quali la pec andrà in pensione per essere sostituita dalla rem sono piuttosto brevi, infatti già dal 2024 chi oggi è obbligato ad avere una pec per le comunicazioni ufficiali, ricordiamo ad esempio che in tutte le comunicazioni con la Pa è necessario avere una pec, ad esempio per l’iscrizione ai concorsi, per accedere a molti servizi dell’Agenzia delle entrate, dovrà avere una casella rispondente agli standard rem. Con il registro elettronico mail l’utente sarà obbligato a identificarsi con l’identità digitale, in particolare Spid, Cie o Cns e questo fornirà certezza sul soggetto che realmente invia e riceve la comunicazione.

Leggi anche: Cartella esattoriale digitale: novità per la notifica con pec

 

Invalidità notifica cartella esattoriale via pec dell’Agenzia delle Entrate: in quali casi?

Maxi annullamento di un debito fiscale del valore di 1 milione e 400 mila euro in favore di un contribuente, imprenditore, il motivo dell’annullamento è l’invio delle cartelle esattoriali da un indirizzo di posta elettronica certificata (pec) non pubblico. Come è potuto succedere?

Il caso: cartella esattoriale notificata dall’Agenzia delle Entrate da un indirizzo pec non valido

Per capire il caso è necessario fare due premesse. In Italia la notifica tramite PEC, Posta Elettronica Certificata, ha lo stesso valore legale della notifica tramite raccomandata con ricevuta di ritorno. Questo perché il sistema di interscambio è “monitorato”.

Per conoscere come funziona la cartella esattoriale digitale, leggi l’articolo: Cartella esattoriale digitale: novità per la notifica con pec.

La seconda premessa è che gli imprenditori devono avere una casella PEC e al momento dell’attivazione della stessa, questa si inserisce all’interno di un pubblico registro.

A questo proposito l’articolo 3 bis della legge 53 del 1994 stabilisce che la notifica telematica può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo pec, posta elettronica certificata, del notificante che appare in elenchi pubblici.

Il caso nasce dal fatto che l’Agenzia delle Entrate ha utilizzato una casella di posta elettronica certificata non registrata per la notifica della cartella esattoriale. Nella difesa l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che in base all’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 602/1973 è l’indirizzo pec del destinatario a dover essere inserito nei pubblici registri e non del notificante. La Commissione tributaria è però stata di contrario avviso e di conseguenza ha annullato l’intero debito del contribuente nei confronti dell’erario.

Il precedente: ecco in quali casi la notifica via pec della cartella esattoriale è valida

Non è questo il primo caso, infatti, una sentenza simile è stata pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Calabria: con la sentenza 3369 del 6 agosto 2021 ha precisato che si considera valida la notifica se:

  • la PEC del mittente (come ad esempio quella del Riscossore) è estratta dagli indici specificatamente previsti dal Ministero;

  • la PEC del destinatario (come ad esempio una società contribuente) è estratta dagli indici specifici indicati e previsti dal Ministero.

Queste due condizioni devono coesistere.

Indirizzo irrituale e ignoto

Nel caso in oggetto il contribuente ha sottolineato che la notifica della cartella esattoriale era viziata in quanto proveniente da un indirizzo pec non contenuto nell’elenco ufficiale IPA (Indice delle Pubbliche Amministrazioni), bensì un “irrituale e ignoto indirizzo”.

Tale decisione si basa sul fatto che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella pronuncia 19704 del 2015 ha sottolineato che “ il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale a causa dell’invalidità della relativa notifica sia avvenuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione”.

La pronuncia in oggetto precisa che, affinché sia valida la notifica è necessario, che l’indirizzo pec del notificante sia contenuto in uno di questi registri:

www.indicepa.gov.it;

Reginde;

Inipec;

Pertanto l’unico indirizzo registrato e valido utilizzabile dall’Agenzia delle Entrate è protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it. Nel caso in esame era invece stato utilizzato l’indirizzo notifica.acc.calabria@pec.agenziariscossione.gov.it.

Anche in questo caso la sentenza ha declarato la nullità della notifica.

Puoi scaricare la sentenza seguendo il link CTP-Reggio-Calabria-n.-3369-2021-2

Cartella esattoriale digitale: novità per la notifica con pec

La legge di bilancio 2020 prevedeva il servizio di digitalizzazione delle cartelle esattoriali della Pubblica Amministrazione e, a due anni di distanza, è ormai pronta la piattaforma e si va verso l’attivazione del servizio che dovrebbe velocizzare le procedure, consentire risparmio economico ed evitare utilizzo del cartaceo. Ecco cosa cambia per i contribuenti che potranno ricevere la cartella esattoriale digitale.

Ultimi passi verso la nuova cartella esattoriale digitale

I Ministri dell’Innovazione Tecnologica, Vittorio Colao, e dell’Economia, Daniele Franco, hanno firmato il decreto che consentirà ai contribuenti di ricevere le cartelle esattoriali della Pubblica Amministrazione tramite pec, posta elettronica certificata. Il passo successivo sarà la registrazione del decreto da parte della Corte dei Conti e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. A quel punto le nuove modalità di notifica delle cartelle esattoriali saranno attive. Non dovrebbe intercorrere molto tempo tra la pubblicazione e l’effettiva disponibilità dei nuovi strumenti visto che la piattaforma è già pronta.

La piattaforma sarà gestita da PagoPa e consentirà ai contribuenti che hanno un indirizzo di posta elettronica certificata di ricevere a tale indirizzo la notifica della cartella esattoriale digitale. Ricordiamo che a fini legali la pec per le sue modalità operative ha la stessa efficacia di una raccomandata con ricevuta di ritorno.

La PEC infatti prevede che il mittente, quindi in questo caso l’agente di riscossione o la Pubblica Amministrazione, inviino la notifica al destinatario che è titolare di un indirizzo di posta elettronica certificata attraverso un server SMTP autenticato via SSL. Questo accetta l’invio e notifica al mittente tale invio (ricevuta di presa in carico), quindi notifica al destinatario l’arrivo della “comunicazione”. Una volta arrivata a destinazione la comunicazione, il mittente riceve la notifica di avvenuta consegna. La posta elettronica certificata offre garanzie su mittente e destinatario perché trattasi di indirizzi certificati, proprio per questo ha la validità di una raccomandata.

I vantaggi della cartella esattoriale digitale

Tra i vantaggi di questo sistema vi è la riduzione delle spese di notifica che passano da 3,40 euro a 2 euro. Gli stessi 2 euro saranno destinati 1 euro per chi spedisce la cartella, ad esempio Agenzia delle Entrate, 1 euro per chi gestisce la piattaforma.

Il costo di notifica continuerà ad essere di 3,40 euro per i contribuenti che non indicano un indirizzo di posta elettronica certificata per la notifica delle cartelle.

La normativa messa a punto prevede comunque un recupero delle spese delle notifiche a carico del contribuente. Potranno essere recuperate le somme:

  • dei costi di notifica tramite cartaceo;
  • le somme spettanti a chi fornisce il servizio se la notifica è cartacea;
  • le somme spettanti al gestore della piattaforma.

Questo vuol dire che i contribuenti titolari di un indirizzo di posta elettronica certificata che ricevono la cartella esattoriale digitale potranno risparmiare sulle spese di notifica.

La notifica digitale delle cartelle esattoriali è solo l’ultimo passo verso lo snellimento della burocrazia e verso una PA economicamente più vantaggiosa, infatti già nei mesi passati abbiamo assistito al un cambio di passo con la possibilità di ottenere i certificati anagrafici online e di cambiare residenza comodamente da casa usando il computer. Per approfondimenti:

Certificati anagrafici gratuiti e online dal 15 novembre 2021. Guida

Cambio di residenza online: la guida per evitare la fila in Comune

Le pecche della PEC, quali sono e come migliorarle

La Posta Elettronica Certificata, pur essendo entrata in vigore ormai da tempo, è stata inutilizzata a lungo, prima di diventare quasi indispensabile, anche grazie alla diffusione, negli ultimi due anni, delle fatture elettroniche alla Pubblica Amministrazione, che vengono trasmesse proprio via PEC.

Oggi, dunque, la PEC è il canale principale usato da imprese ma anche da professionisti e organizzazioni, in particolare per le comunicazioni rilevanti e le transazioni con gli stakeholder.

Questo però non significa che i problemi della PEC si siano magicamente risolti. A preoccupare di più sono il rischio di smarrimento o di mancata lettura dei messaggi. Se, infatti, questi vengono persi o letti troppo tardi, l’azienda può avere seri problemi. Questo accade specialmente quando l’indirizzo di destinazione è generico e non specifico. In questo caso, si tratta di un indirizzo poco presidiato, non essendo di competenza di un ufficio in particolare.

Per evitare dispersioni, nel caso di una casella PEC presidiata da più uffici, il sistema dovrebbe riuscire a smistare i messaggi automaticamente verso gli uffici competenti. In concreto, si dovrebbe garantire agli utenti un sistema basato su cartelle virtuali a cui accedere per visualizzare i messaggi PEC ma filtrati in maniera che a ciascuno arrivino solo le email di competenza, tramite l’individuazione di una parola chiave.

Può anche accadere, al contrario, che in un’azienda ci sia chi deve gestire più caselle PEC, come per le holding. In questo caso, la soluzione ottimale sarebbe quella di poter visualizzare agilmente più caselle PEC nello stesso momento, superando la tipica impostazione one-to-one.

Ma non si tratta solo di problemi di gestione, poiché ci sono anche altre criticità, a cominciare da una visualizzazione poco chiara del messaggi che arrivano in inbox. Questi, infatti, vengono inviati come busta allegata alle email e le corrispondenti ricevute diventano oggetto di altri e separati messaggi. Quando tutto ciò succede, il moltiplicarsi delle comunicazioni si traduce in una grande confusione per chi presidia la casella.
Per agevolare l’utente, il sistema dovrebbe consentire la visualizzazione dei messaggi PEC “senza busta”, ossia mostrando immediatamente il messaggio originario. E le ricevute PEC di accettazione e di avvenuta consegna dovrebbero venire automaticamente etichettate e agganciate al messaggio inviato (riconciliazione automatica).
Se così fosse, l’utente potrebbe visualizzare solo le ricevute di errore, verificare immediatamente i problemi della spedizione e concentrarsi solo su queste.

Le aziende, dunque, dovrebbero poter scegliere quale opzioni poter scegliere e di usufruire così di una PEC più personalizzata.

Vera MORETTI

Società di capitali, occhio alla Pec

Le società di capitali che sospettano minimamente di avere delle pendenze o delle irregolarità con il fisco, devono tenere gli occhi bene aperti. L’Agenzia delle Entrate ha infatti reso noto che, a partire dallo scorso 15 gennaio stesso invierà a mezzo Pec circa 200mila comunicazioni di irregolarità alle suddette società.

Tali irregolarità, ha ricordato l’Agenzia, sono emerse a carico delle società di capitali dal controllo automatizzato effettuato sulle dichiarazioni presentate dalle stesse attraverso hanno il modello Unico SC relativo l’anno d’imposta 2013.

Sempre verso le società di capitali, hanno poi ricordato le Entrate, nei prossimi mesi saranno inviate anche le comunicazioni riguardanti gli agli altri modelli di dichiarazioni presentate negli scorsi anni.

In questo modo l’Agenzia delle Entrate si adegua allo sviluppo tecnologico cui deve sottostare parte della PA, poiché l’invio delle comunicazioni attraverso Posta Elettronica Certificata sostituisce l’invio ordinario tramite raccomandata con avviso di ricevimento.

Una modalità che, qualora l’invio della Pec alle società di capitali non andasse a buon fine, sarà mantenuta dall’Agenzia delle Entrate. Allo stesso modo, nel caso anomalie che emergessero dai riscontri effettuati sull’elenco degli indirizzi contenuto nell’indice nazionale indirizzi di Pec istituito dal ministero dello Sviluppo Economico.

I rimborsi fiscali arrivano via Iban

L’Agenzia delle Entrate ha deciso, per restituire più velocemente i rimborsi fiscali, di chiedere a circa 100mila società di comunicare, attraverso la propria posta elettronica certificata, di comunicare il proprio Iban, che permetta di ricevere le somme direttamente sul conto corrente.

Gli inviti sono recapitati agli indirizzi Pec delle società presenti nel registro delle imprese.

Per evitare il rischio di phishing, l’Agenzia non accetta Iban per posta, e-mail o Pec e non invia mail o messaggi cui sono allegati file da compilare e trasmettere, né software e applicazioni da scaricare su computer o dispositivi mobili.

Gli unici due canali ammessi per comunicare l’Iban del conto corrente bancario o postale sono:

  • i servizi online disponibili sul sito dell’Agenzia. Per comunicare il codice (o modificare quello precedentemente fornito) basta accedere alla propria area autenticata, riservata agli utenti abilitati ai servizi telematici;
  • gli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate. In questo caso occorre presentare il modello per la richiesta di accreditamento (che qui alleghiamo) disponibile presso gli stessi uffici o sul sito www.agenziaentrate.it.

Fornendo l’Iban si accorciano i tempi del rimborso poiché le somme arrivano sul conto del beneficiario in maniera più celere e sicura.

Vera MORETTI

INT chiede chiarimenti sull’INI-PEC

A seguito dell’incontro avvenuto tra il Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, Riccardo Alemanno, e il direttore dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi e successivamente con il Direttore centrale per l’accertamento Aldo Polito, era stato anticipato dallo stesso Alemanno che sarebbe stata emanata una circolare dell’Age che avrebbe chiarito e semplificato le modalità di comunicazione della Pec dei soggetti obbligati agli adempimenti antiriciclaggio.

Tale comunicazione è stata pubblicata il 14 ottobre, giusto in tempo per la comunicazione sulla Pec, che deve essere inviata entro il 31 ottobre.

Nell’atto dell’Age si chiarisce che coloro che sono inseriti nell’elenco INI-PEC o coloro che hanno comunicato alle Associazioni di appartenenza l’indirizzo Pec in base ai protocolli d’intesa non dovranno procedere ad altra comunicazione.

Tale precisazione era necessaria anche per i tributaristi iscritti alle associazioni, che non erano inseriti nell’ INI-PEC, come indicato in una nota del MISE inviata all’INT in cui si ribadiva che l’iscrizione all’INI-PEC al momento non era prevista per i professionisti di area associativa.

Riccardo Alemanno è rimasto soddisfatto dalle comunicazioni giunte dall’Age ed ha dichiarato: “Credo che questo sia il migliore esempio, positivo, di collaborazione tra istituzioni ed operatori del settore tributario e ringrazio i Dirigenti dell’Agenzia delle Entrate che hanno recepito le nostre esigenze. Bisogna essere propositivi, ma fare proposte operative che possano essere compatibili con l’attuale sistema, certo a tutti piacerebbe una semplificazione totale e generalizza ma ciò non è realizzabile in tempi brevi, ci si potrà arrivare solo per gradi e quindi con tanta determinazione e concretezza. Noi lasciamo le polemiche strumentali ad altri e preferiamo il confronto, non sempre ciò sortisce effetti positivi ma abbiamo l’obbligo nei confronti dei nostri iscritti e non solo di continuare a fornire comunque indicazioni migliorative del sistema. L’importante è che l’interesse ed il bene generale prevalgano sull’interesse personale o anche di categoria, la strada della semplificazione deve essere di tutti solo così potremo avere qualche speranza di migliorare il sistema. Ora infatti è necessaria una modifica legislativa dell’INI-PEC con l’inclusione dei professionisti di cui alla Legge n.4/2013”.

Alla luce di questi chiarimenti, dunque, il presidente di INT chiederà al MISE una modifica legislativa per l’inserimento nell’INI-PEC anche dei professionisti di cui alla Legge n.4/2013, al fine di avere un elenco pubblico che possa effettivamente contenere le pec di tutti i soggetti che operano economicamente nel nostro Paese.

Vera MORETTI

PEC: sanzioni se ogni impresa non ha un suo indirizzo proprio

L’indirizzo PEC che le imprese sono obbligate ad avere deve essere unico poiché ognuno di essi deve ricondurre ad una sola azienda.
Solo in questo modo si ha la certezza di individuare il vero destinatario della comunicazione, considerando che, tra le e-mail ricevute, ci sono anche quelle provenienti dalla Pubblica Amministrazione.

Il Ministero dello Sviluppo Economico aveva chiarito, con riguardo all’obbligo della PEC per le società, che esse potevano indicare come indirizzo PEC quello dello studio professionale che le assiste negli adempimenti burocratici, oppure quello di un’altra società cui la società sia giuridicamente o economicamente collegata.

Inoltre, sempre il Ministero ha specificato che “è necessario che l’indirizzo PEC sia ricondotto esclusivamente ed unicamente all’imprenditore stesso, senza possibilità di domiciliazione presso soggetti terzi“.

A causa di alcuni dubbi, inoltre, il Ministero ha ritenuto opportuno precisare che “nel caso in cuisi rilevi, d’ufficio o su segnalazione di terzi, l’iscrizione di un indirizzo PEC, di cui sia titolare una determinata impresa, sulla posizione di un’altra (o di più altre) – ovvero, comunque, l’iscrizione sulla posizione di un’impresa di un indirizzo PEC che non sia della stessa – dovrà avviarsi la procedura di cancellazione del dato in questione ai sensi dell’art. 2191 c.c., previa intimazione, all’impresa interessata (o alle imprese interessate), a sostituire l’indirizzo registrato con un indirizzo di PEC proprio”.

Pertanto, ogni società o impresa deve avere un proprio indirizzo PEC utilizzabile e riconducibile esclusivamente ad essa.
Ciò implica che non è più possibile comunicare al Registro delle imprese l’indirizzo PEC di un terzo (ad esempio, quello dello studio professionale che assiste l’impresa negli adempimenti burocratici, oppure quello di un’altra società cui la società sia giuridicamente o economicamente collegata).

Nel caso in cui la Camera di Commercio rilevi, d’ufficio o su segnalazione di terzi, che lo stesso indirizzo PEC è utilizzato da più imprese, l’ufficio, in primo luogo, intima l’impresa interessata (o le imprese interessate) a sostituire l’indirizzo PEC registrato ma non esclusivo con un indirizzo PEC proprio.

In caso di inadempienza, trascorsi 3 mesi per le società o 45 giorni per le imprese individuali la Camera di Commercio avvia la procedura di cancellazione d’ufficio della PEC ai sensi dell’art. 2191 del codice civile e applica la sanzione prevista dall’art. 2630 del codice civile per l’omessa presentazione della domanda di variazione di dati già comunicati, cioè da € 103 a € 1.032.

Vera MORETTI

I rimborsi dal Fisco arrivano con bonifico

Le imprese che dispongono di PEC riceveranno direttamente dall’Agenzia delle Entrate la segnalazione della possibilità di ottenere i rimborsi fiscali in accredito postale o bancario.

Nella comunicazione, il Fisco sollecita inoltre gli interessati a comunicare, a questo proposito, il proprio IBAN, per velocizzare i rimborsi stessi.
Tra i più urgenti e diffusi c’è quello relativo alla deducibilità Irap, sul costo del lavoro, che riguarda da vicino 70mila aziende.

Al loro indirizzo di Posta Elettronica Certificata, dunque, le aziende riceveranno la richiesta di consenso per accreditare le somme direttamente sul conto corrente.
Il vantaggio dell’accredito con procedura automatizzata è che i tempi sono molto più veloci, senza contare che la procedura non comporta aggravi per i contribuenti.

La nuova procedura di rimborso fiscale, in precedenza possibile solo per liquidazioni da dichiarazione dei redditi e contributo unificato, è stata da poco estesa a tutte le imposte dirette e indirette.
E’ possibile effettuare le comunicazione e richiedere il rimborso diretto in due modi:

  • per via telematica utilizzando i servizi web Fisconline e Entratel delle Entrate, dall’area riservata agli utenti registrati.
  • allo sportello recandosi presso gli uffici dell’Agenzia e presentando il modelloper la richiesta di accredito debitamente compilato.

In realtà, questa segnalazione non interessa solo le imprese ma anche i contribuenti che possono dunque comunicare il proprio Iban compilando il modello per le persone fisiche. In questo caso, i rimborsi potranno anche essere pagati in contanti presso qualsiasi ufficio postale purché l’importo sia inferiore a mille euro.
Diversamente, il rimborso può essere erogato tramite vaglia cambiario non trasferibile della Banca d’Italia.

Vera MORETTI

Pec, l’INT: sulle sanzioni prevalga il buon senso

Come molti sanno, è scaduto ieri il termine per la comunicazione al registro imprese della casella di posta elettronica certificata. Una vicenda che, come spesso accade in Italia, pur se partita con buone intenzioni, rischia di creare più problemi che altro.

Sulla questione interviene l’Istituto Nazionale Tributaristi, secondo cui la vicenda della Pec obbligatoria per le società rischia di aprire un nuovo triste e negativo capitolo della burocrazia italiana. La difficoltà di questi giorni per ottenere le pec, sostiene l’Istituto, e il loro deposito entro la data del 29 hanno indotto il Ministero dello Sviluppo economico a diramare nei giorni scorsi una circolare che di fatto rinvia al 31 dicembre il termine per il deposito della pec al registro imprese con un sospiro di sollievo per le società ed i loro consulenti.

Neanche il tempo di prendere atto della nota del Ministero, dice l’INT, ed ecco la parte peggiore della burocrazia affiorare: le Delegazioni provinciali dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT) segnalano in Emilia Romagna due atteggiamenti opposti di due CCIAA. Bologna non applicherà sanzioni in ossequio alla circolare ministeriale, Forlì – Cesena invece dopo la data del 29 novembre, sanzionerà qualsiasi tardiva iscrizione di pec societarie.

Solo due casi ma che probabilmente non saranno i soli: se è pur vero che una circolare non fa legge, o meglio, non può modificare una norma, è altrettanto vero che la vicenda pec potrebbe invece creare costi e preoccupazioni ulteriori rispetto a quelli già creati.

Il presidente del’INT Riccardo Alemanno spera che prevalga il buon senso, ma nell’incertezza chiederà al Ministero dello Sviluppo di intervenire con un atto normativo che possa evitare ogni interpretazione a danno delle società.

d.S.