Lavoro occasionale, i professionisti sono obbligati alla comunicazione?

I liberi professionisti, nell’esercizio della propria attività, sono obbligati alla comunicazione all’Ispettorato Nazionale del Lavoro per i lavori occasionali? Sul punto è intervenuto lo stesso Ispettorato del Lavoro con la nota numero 109 del 2022 stabilendo che i liberi professionisti non sono obbligati alla nuova “Co” per il lavoro occasionale. Infatti i liberi professionisti non risultano qualificati come imprese.

Liberi professionisti esonerati dal nuovo obbligo di comunicazione per attività occasionale

Il chiarimento dell’Ispettorato del Lavoro, dunque, stabilisce che i liberi professionisti non sono soggetti a dover comunicare, obbligatoriamente, l’avvio dell’attività come invece succede per i lavoratori autonomi nelle attività occasionali. Esempi di mancato obbligo della comunicazione all’Ispettorato si ravvisano nelle attività dei redattori degli articoli o dei correttori di bozze, o per i progettisti di grafica.

Lavoro occasionale, quando non si deve fare la comunicazione all’Ispettorato?

L’obbligo di comunicazione per l’inizio di un’attività occasionale è previsto dalla legge numero 215 del 2021. La norma è stata introdotta per contrastare le forme di irregolarità di lavoratori autonomi occasionali. L’obbligo di comunicare l’inizio dell’attività rientra nell’ambito della normativa sulla sospensione dell’attività di impresa per la quale gli imprenditori risultano committenti dei lavoratori autonomi occasionali. L’obbligo della comunicazione dei lavoratori occasionali non sussiste per le attività svolte nei confronti:

  • della Pubblica amministrazione;
  • delle famiglie datrici di lavoro domestico;
  • dei liberi professionisti;
  • degli enti non profit.

Lavoro occasionale, chi risulta obbligato alla comunicazione all’Ispettorato?

Sono obbligati alla comunicazione i lavoratori autonomi occasionali rientranti nella disciplina dell’articolo 2222 del Codice civile. Non devono, altresì, fare la comunicazione i lavoratori con rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.); le prestazioni occasionali rientranti nei vecchi voucher (che hanno altri obblighi di comunicazione); le professioni intellettuali; le attività autonome soggette al regime Iva.

Lavoro occasionale, quali attività non sono obbligati alla comunicazione?

Non risultano inoltre soggetti alla comunicazione per le attività occasionali:

  • l’incaricato alle vendite occasionali;
  • il procacciatore d’affari occasionale;
  • il lavoro autonomo occasionale a favore delle associazioni dilettantistica sportiva e società sportiva dilettantistica;
  • gli enti pubblici non economici sono esonerati dalla nuova “Co”;
  • prestazioni autonome dello spettacolo.

 

Procacciatore d’affari con partita IVA, apertura e costi: regime fiscale e contributi previdenziali

Abbiamo visto in un precedente articolo, come per un procacciatore d’affari occasionale sia possibile operare in assenza di una partita IVA, in caso dei mancati requisiti richiesti. Diversamente, in questa informativa vogliamo parlare di quanto costa e come aprire una partita IVA per procacciatore d’affari.

Brevemente, ripercorriamo insieme la figura del procacciatore d’affari, chi è e di cosa si occupa.

Cosa fa un procacciatore d’affari?

Il procacciatore d’affari opera nel settore commerciale, il suo compito è di mettere in contatto chi propone un servizio o un prodotto con possibili clienti interessati e, dunque, potenziali acquirenti. Tutto questo, a prescindere dalla tipologia di prodotti o servizi offerti: egli può mettere in contatto un fornitore con un distributore, un costruttore con un investitore immobiliare e via discorrendo.

Il procacciatore d’affari occasionale non è obbligato all’apertura della partita IVA, a meno che, non subentri il requisito reddituale e la modalità di lavoro continuativa e non più sporadica. In tal senso, il freelance diventa a tutti gli effetti un lavoro autonomo titolare di partita IVA, quindi, inquadrato come commerciante. In quanto tale, sarà tenuto al versamento delle tasse e a quello dei contributi previdenziali, inoltre, al rispetto delle regole imposte dal regime fiscale scelto. Ma prima di entrare nel vivo degli aspetti fiscali quanto contributivi, occorre fare una distinzione tra tre figure professionali che, per certi versi, potrebbero essere visti come similari.

Differenza tra procacciatore d’affari, mediatore e agente di commercio

Partiamo dalla figura professionale più nota, l’agente di commercio. Egli opera spesso nel mercato per conto di una o più aziende, quindi in modo diretto. Ma spesso, può operare anche indirettamente, ossia su mandato di un’agenzia. Solitamente, l’agente si occupa di proporre e vendere prodotti a rivenditori al dettaglio ma anche ad altri esercizi aperti al pubblico.

L’agente di commercio svolge la propria attività in modo continuativo, seguendo uno stesso contratto anche per molto tempo, quasi sempre con il vincolo di esclusività nei confronti del datore di lavoro. Pur rimanendo un lavoratore autonomo possessore di partita IVA, capita di sovente che l’agente possa lavorare per la stessa azienda per un periodo prolungato nel tempo.

Il procacciatore d’affari, invece, è più concentrato su singole trattative, in quanto è spesso richiesta la sua presenza in situazioni particolari o che riguardano beni di grande valore, come automobili di lusso. Il suo rapporto con l’azienda non è lungo, dura il tempo che serve e il contratto con cui opera ha spesso minori tutele, ad esempio: non è previsto a fine contratto il TFR.

Il vantaggio che il procacciatore d’affari ha sull’agente di commercio, sta nella facoltà di non seguire necessariamente le direttive di un datore di lavoro, di non essere, più anche altro, soggetti a rispettare degli orari o turni di lavoro, a vincoli di zona territoriali e soprattutto non subiscono il vincolo dell’esclusività. D’altronde, il compito del procacciatore d’affari è mettere in contatto le due parti, senza occuparsi della finalizzazione della vendita né della sottoscrizione di alcun contratto.

Il mediatore opera nel settore del commercio, ma si concentra sulle trattative, in quanto il suo compito è trovare una soluzione economica o contrattuale che possa soddisfare entrambi le parti.

Le differenza tra le tre suddette figure, sono evidenti non solo dal tipo diverso di attività svolta, almeno per quanto concerne la sua conduzione e finalizzazione, ma soprattutto dall’inquadramento fiscale e contributivo, nel quale gli obblighi da rispettare sono diversi. Ad esempio, l’agente di commercio è tenuto ad iscriversi all’ENASARCO, mentre il procacciatori d’affari solo alla Gestione Commercianti dell’INPS.

Procacciatore d’affari e apertura partita IVA

Come già ampiamente parlato nell’articolo inizialmente citato, il procacciatore d’affari in presenza di determinati requisiti (continuità e di reddito) è costretto ad aprire una partita IVA. Per farlo, egli deve effettuare la procedura tramite ComUnica, che avverte tutti gli enti, come l’INPS o la Camera di Commercio. Se ci sono le giuste conoscenze e competenze, si può procedere autonomamente alla scelta del Codice ATECO che identifica il tipo di attività e il settore di riferimento in cui vuole operare il procacciatore d’affari, così come vale per qualunque lavoratore che decide di avviare una propria attività commerciale.

Senza perderci in chiacchiere e in elenchi infiniti, possiamo anticipare che il codice ATECO per Procacciatori d’affari di vari prodotti senza prevalenza di alcuno è il 46.19.02. Dal codice ATECO, dipende il coefficiente di redditività o le regole da seguire per i contributi previdenziali dell’attività.

Il regime fiscale del procacciatore d’affari

Dovendo svolgere la propria attività come titolare di partita IVA, il procacciatore d’affari dovrà scegliere sin da subito quale regime fiscale adottare: forfettario, ordinario in contabilità semplificata od ordinaria. La differenza operata nella scelta dipenderà dal reddito conseguito. Nel regime forfettario si basa sul coefficiente di redditività, nel regime ordinario è determinato dai ricavi meno i costi sostenuti.

Come funziona il regime forfettario

Quando il procacciatore d’affari è in possesso di tutti i requisiti richiesti, tra cui un reddito percepito fino a 65.000 euro, il regime forfettario è certamente la scelta migliore da effettuare. Le tasse pagate dal lavoratore in questione corrispondono, come per tutte le altre categorie di ditte individuali che adottano tale regime, il 15% delle tasse, che scende al 5% per i primi cinque di attività in caso di start-up, sempre che la stessa attività non sia stata svolta nei tre anni precedenti l’apertura della partita IVA.

Come già accennato, il procacciatore d’affari dovrà conoscere il proprio coefficiente di redditività derivante dal codice ATECO di appartenenza. La percentuale rimanente costituirà un importo forfettario delle spese sostenute per l’attività. A questo punto, il lavoratore in questione dovrà moltiplicare i compensi lordi ricevuti per tale coefficiente e applicare l’imposta dovuta del 15% o del 5% per conoscere l’entità delle tasse da pagare.

Nel regime forfettario la fatturazione elettronica non è obbligatoria, pertanto, può essere emessa una ricevuta cartacea con una marca da bollo pari a 2 euro per compensi superiori a 77,47 euro.

Il regime ordinario in contabilità semplificata

Il procacciatore d’affari che non è in possesso dei requisiti richiesti per accedere al regime fiscale forfettario, dovrà optare per quello ordinario in contabilità semplificata. In tal caso, il reddito sarà conteggiato sulla differenza tra ricavi meno spese. Sul risultato verrà applicata la percentuale IRPEF a seconda dello scaglione di appartenenza. Inoltre, il lavoratore sarà soggetto ad IVA.

Come funziona il regime ordinario

Il regime ordinario in contabilità ordinaria, riguarda solo il procacciatore d’affari, così come per tutte le altre imprese, che avrà superato il limite dei 400.000 euro annui per le attività di prestazione di servizi, che salgono a 700.000 per le altre attività. In tal caso, la scelta è obbligata.

Iscrizione alla Gestione Commercianti INPS

Come già detto in precedenza, il procacciatori d’affari non è tenuto all’iscrizione all’ENASARCO, ma solo alla Gestione Commercianti INPS. I contributi da versare saranno misti, fissi entro un certo reddito (3.900 euro circa su 15.548); variabili a seconda del fatturato con aliquota variabile in base all’età sulla quota di reddito eccedente.

I costi della partita IVA per procacciatori d’affari

  • Le imposte pari al 15% o al 5% (se ci sono le condizioni), del reddito lordo a cui sottrarre il 38% delle spese;
  • I contributi fissi più quelli variabili.

Il procacciatore d’affari deve aprire partita iva?

Chi è il procacciatori d’affari

Nel mondo del lavoro, si sente molto spesso parlare del profilo del procacciatore d’affari, ossia, di una figura volta a promuovere la conclusione di un affare verso un’azienda preponente che è libera o meno di accettare. Il procacciatore d’affari è alla ricerca più o meno continua di trovare un’opportunità commerciale e dei potenziali clienti interessati ai prodotti o i servizi di un’azienda che li offre.

In linea di massima, per il procacciatore non è prevista l’esclusiva su un determinato potenziale d’affare, né un compenso prestabilito, né la comunicazione dell’accettazione o del rifiuto dell’affare. L’attività svolta dal procacciatore è prevalentemente autonoma, in quanto non prevede alcun vincolo di subordinazione, non è sottoposto a turni orari da seguire, né è tenuto a seguire le direttive di un datore di lavoro. La sua attività è in via prevalente sporadica, solitamente il suo rapporto con uno stesso cliente non è continuativo.

Per questo motivo, spesso il procacciatore d’affari esercita la propria attività in modo occasionale, ma è bene utilizzare il condizionale, in quanto può capitare che il procacciatore scelga, invece, di svolgere le proprie attività in modo continuativo. Proprio per tali motivi, il predetto lavoratore può essere definito un procacciatore d’affari occasionale, ma in alcuni casi, anche un procacciatore d’affari continuativo.

Il procacciatore d’affari occasionale

Nel caso del procacciatore d’affari occasionale, viene a mancare anche il requisito della professionalità oltre a quello di un’attività continuativa. La sua figura è tra le più diffuse ed è molto ricercata per la capacità che il lavoratore ha di portare a buon fine un contratto tra due parti.

Il procacciatore d’affari occasionale rientrare della fattispecie dei contratti atipici, la cui attività non è regolamentata da una precisa normativa. Solitamente, riceve una lettera d’incarico con la quale promuove la conclusione di contratti a favore di un’azienda procurandole dei potenziali acquirenti.

Ma cosa succede se il contratto viene chiuso tra le due parti che il procacciatore d’affari ha messo in contatto? Esso riceve un compenso, per meglio dire una provvigione prevista nella lettera d’incarico da lui stesso sottoscritta. Di solito, l’erogazione del pagamento avviene quando l’azienda preponente ha ricevuto l’importo spettante per l’offerta del proprio prodotto o servizio.

Le provvigioni del procacciatore d’affari sono soggette a ritenuta d’acconto, pertanto, devono essere introdotto nella dichiarazione dei redditi al netto delle spese sostenute. In assenza di una norma di legge ben precisa, qualunque lavoratore autonomo può divenire un procacciatore d’affari senza che ne siano richiesti dei requisiti specifici, come un titolo di studio, un’abilitazione professionale, tanto meno è chiamato a sostenere degli esami di stato.

E’ da sottolineare, che si può diventare procacciatore d’affari, nel caso in cui l’attività venga svolta in modo non sporadico, oppure se tratta, anche in modo occasionale, immobili di aziende, ma in questo caso deve essere iscritto all’elenco dei mediatori. Se il suo lavoro viene svolto occasionalmente e la sua attività riguarda solo beni mobili, non è tenuto ad effettuare alcuna iscrizione.

Il procacciatore d’affari immobiliare non esiste

Con riferimento alla legge italiana, un procacciatore d’affari non può svolgere un’attività immobiliare riconosciuta. Infatti, tale attività viene svolta dall’agente immobiliare o mediatore immobiliare abilitato, avente i requisti richiesti dalla legge, ad esempio: superare un corso d’esame obbligatorio per cui gli viene rilasciato il patentino di agente immobiliare.

Sulla base di queste differenze, al procacciatore d’affari immobiliare non può essere riconosciuto alcun compenso in quanto incaricato della vendita di un immobile in veste di mediatore, prerogativa spettante agli iscritti al ruolo Agenti di Affari in Mediazione, futuro R.I. – R.E.A.

Una differenza sostanziale da sottolineare tra il procacciatore d’affari e il mediatore, è che quest’ultimo cerca principalmente di trovare un accordo tra le parti con l’obiettivo di concludere il relativo contratto, mentre l’interesse del procacciatore è più di parte, in quanto spinge a favore del preponente che lo ha incaricato.

Il procacciatore d’affari occasionale deve aprire una partita IVA?

Per fare chiarezza sulla questione, quando il procacciatori d’affari occasionale, ossia svolge la propria attività sporadicamente, non è tenuto ad aprire una partita IVA, né iscriversi alla Camera di Commercio o ad appositi Albi, se non per compensi superiori a 5.000 euro annui. Quando il reddito netto supera tale soglia e il lavoro non viene svolto più in maniera occasionale, ecco che scatta l’obbligo di apertura di una partita IVA.

In tal caso, i compensi vanno dichiarati del modello Unico quadro RL che indicherà anche la ritenuta d’acconto. A tale scopo, sarà necessario richiedere all’azienda mandante la certificazione di versamento della ritenuta. Quando i compensi sono inferiori a 5.000 euro, quasi certamente il procacciatore d’affari andrà a rimborso o utilizzerà la compensazione per il versamento di altri tributi.

Essendo sprovvisto di partita IVA, il procacciatore d’affari occasionale non può emettere fattura, ma solo ricevuta di pagamento per i compensi ricevuti, Sulla ricevuta andrà calcolata la ritenuta d’acconto del 23% sul 50% del compenso, andrà inoltre applicata una marca da bollo da 2 euro se l’ammontare supera € 77,47 euro.

Agente? Entra nella vendita delle sigarette elettroniche!

Un business che sta prendendo piede negli ultimi tempi è quello delle sigarette elettroniche.
Per questo, anche nelle ricerche di lavoro cominciano a fare capolino richieste relative a questo settore.

In questo caso, ad esempio, una società distribuisce liquidi Made in EU per sigarette elettroniche è alla ricerca di procacciatori d’affari e di agenti, che si occupino della vendita di tali liquidi e ricambi per sigarette.
Ciò che viene garantito ai candidati è, oltre ad un rimorso spese, anche provvigioni sul venduto e sul portafoglio clienti.

Per saperne di più, Lavoro.org.

Procacciatori d’affari in ambito immobiliare, cercano voi!

Una società attiva nel settore dello sviluppo immobiliare per l’impresa è alla ricerca di due figure professionali disposte a collaborare in qualità di procacciatori, ai quali verrà affidato un importante portafoglio clienti.

Per questo motivo, e considerando anche la crisi che sta investendo questo settore, è richiesta esperienza maturata sul campo , oltre a dimestichezza con l’uso del pc e in particolare del pacchetto office.

I due candidati verranno impiegati nelle due diverse sedi di Milano e Roma: per questo, viene richiesta la residenza in questi due comuni, anche se l’attività proposta prevede molti spostamenti.

Per saperne di più, Lavoro.org.