Cessione dei prodotti agricoli e alimentari, quando c’è bisogno dell’accordo scritto?

Quando è necessario l’accordo scritto per la cessione di prodotti agricoli e alimentari? Le disposizioni inerenti la materia sono contenute nel decreto legislativo numero 198 del 15 dicembre 2021 che ha recepito la direttiva Ue numero 633 del 2019. Il provvedimento di governo tutela le filiere agricole per quanto attiene alle pratiche commerciali sleali. In altre parole, il decreto legislativo fissa le condizioni affinché nella cessione dei prodotti agricoli e alimentari venga tutelata la parte più debole, ovvero gli agricoltori e i produttori. In tale ambito sono il provvedimento fissa determinati divieti all’interno dei rapporti commerciali tra fornitori e acquirenti.

Cessione di prodotti agricoli e alimentari, quali sono le novità del decreto legislativo numero 198 del 2021?

Uno dei divieti riguarda gli acquisti di prodotti agricoli e alimentari ricorrendo ad aste elettroniche o a gare che prevedano il doppio ribasso. Oppure l’imposizione di condizioni di contratto giudicate particolarmente a svantaggio dei produttori. Con l’entrata in vigore del decreto legislativo numero 198, è stato abrogato l’articolo 62 del decreto legge numero 1 del 2012. Con la nuova disciplina, il produttore agricolo viene tutelato dalla necessità, per alcune formule di cessione, di predisporre contratti di cessione nella forma scritta.

Quali sono i principi e gli elementi essenziali dei contratti di cessione?

In base al provvedimento del governo di fine 2021, il decreto legislativo fissa alcuni principi sui contratti di cessione. L’articolo 1, infatti, recita che “i contratti di cessione devono essere informati a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti, cui attenersi prima, durante e dopo l’instaurazione della relazione commerciale”. Inoltre, “I contratti di cessione sono conclusi obbligatoriamente mediante atto scritto stipulato prima della consegna dei prodotti ceduti ed indicano la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, che può essere fisso o determinabile sulla base di criteri stabiliti nel contratto, le modalità di consegna e di pagamento”.

Quando è prevista la forma scritta per la cessione di prodotti agricoli e alimentari?

Sulla cessione dei prodotti agricoli e alimentari, è necessaria la forma contrattuale scritta quando la vendita avviene “a corpo” e non “a misura”. Si tratta anche della vendita conosciuta come “in blocco” o “sulla pianta” con la quale l’acquirente paga un prezzo per la raccolta dei prodotti senza la garanzia della quantità. In altre parole, nei casi in cui un soggetto terzo si metta d’accordo con il produttore per effettuare la raccolta del prodotto pagandone un corrispettivo, è necessaria la forma scritta.

Forma scritta nel caso di vendita a corpo e non a misura, ovvero in blocco o ‘sulla pianta’

Il principio di questa pratica commerciale trae origine da quanto prevede il Codice civile all’articolo 821. Infatti, secondo l’articolo il trasferimento della proprietà dei frutti avviene mediante la separazione della pianta, ovvero con la raccolta. È il caso in cui, nel momento in cui si chiude il contratto, i frutti della pianta non sono ancora conosciuti perché ancora non esistenti. Si configura, pertanto, la fattispecie della vendita della cosa futura, prevista dall’articolo 1472 del Codice civile.

Cessione dei prodotti agricoli e alimentari, quando non è necessaria la forma scritta?

In riferimento alla cessione dei prodotti agricoli e alimentari effettuate dai produttori nazionali, è necessario distinguere i casi in cui non sia bisogno di predisporre appositi contratti di cessione in forma scritta. Ad esempio, non è necessaria la forma scritta nei casi in cui le cessioni di prodotti agricoli e alimentari avvengano direttamente al consumatore. Oppure nei casi di contestuale consegna e di pagamento del prezzo pattuito. Non sono soggetti alla forma scritta nemmeno i conferimenti di prodotti di produttori agricoli e ittici a favore delle cooperative o delle organizzazioni delle quali i produttori risultino soci. La ragione dell’esclusione della forma scritta risiede nelle normali operazioni di trasferimento: la cessione non deve pertanto intendersi nel senso ampio del termine, includendo in questo modo anche le generali operazioni di vendita dei prodotti.

Contratti di cessione dei prodotti agricoli, quali sono gli elementi da indicare nella forma scritta?

In linea generale, dunque, la cessione dei prodotti agricoli e alimentari non necessità di contratti in forma scritta nel momento in cui la consegna e il pagamento rientrano nei rapporti commerciali che non si protraggano nel tempo. Nel caso in cui la cessione dei prodotti agricoli e alimentari implichi la forma scritta, nel contratto devono essere indicati le quantità, la durata e le caratteristiche dei prodotti oggetto di vendita. Sono da indicare, altresì, il prezzo di vendita, che potrebbe essere fisso o determinabile sulla base degli elementi riportati nel contratto stesso. Sono da indicare le modalità con le quali si effettuano sia la consegna che il pagamento. La durata, in ogni modo, non può essere inferiore a dodici mesi.

Black list, quali sono le pratiche commerciali sleali vietate nella cessione di prodotti agricoli e alimentari?

Il decreto 198 del 2021 ha fissato anche le pratiche commerciali che sono vietate nella cessione di prodotti agricoli e alimentari. In particolare, sono il decreto ha previsto il divieto dell’applicazione dei termini di pagamento che superino i 30 giorni nei casi di prodotti deperibili o che siano superiori ai 60 giorni nei casi di cessione degli altri prodotti agricoli e alimentari. L’acquirente, inoltre, non può annullare l’ordine di prodotti deperibili con un preavviso inferiore ai 30 giorni, salvo delle eccezioni. Non sono, tra l’altro, ammesse le modifiche unilaterali relative alle condizioni di cessione, al luogo, al metodo, al tempo o volume di fornitura o alla consegna dei prodotti. Tale divieto vige anche in merito alle modalità di pagamento o alle prestazioni di servizi accessori e alle norme sulla qualità.

Cosa è vietato fare nel caso di cessione di prodotti agricoli e alimentari?

Inoltre, nella cessione dei prodotti agricoli e alimentari, la vendita non può avvenire a condizioni contrattuali eccessivamente gravose per il produttore. In altre parole la vendita non può avvenire a prezzi manifestamente inferiori a quelli di produzione. O mediante condizioni contrattuali non giustificatamente gravose per il produttore. O attraverso condizioni oggettivamente differenti per prestazioni ritenute equivalenti. In ogni caso, sono vietate tutte le condotte commerciali che risultino sleali anche considerando le relazioni commerciali relative alle condizioni di approvvigionamento. Inoltre, vige il divieto di escludere l’emissione della fattura da parte del venditore prima di un determinato periodo di tempo dopo che la consegna dei prodotti sia già avvenuta.

 

Vendite al dettaglio in calo

Il primo trimestre 2013 è stato caratterizzato da un calo delle vendite al dettaglio, con una contrazione dello 0,3% nel solo mese di marzo.

Rispetto al trimestre precedente, il calo è dello 0,8%, ma, in confronto a febbraio, nel terzo mese del primo trimestre 2013 sono aumentate le vendite di prodotti alimentari (+0,4%), mentre sono diminuite quelle di prodotti non alimentari (-0,8%).
Rispetto a marzo 2012, l’indice grezzo del totale delle vendite segna una flessione del 3,0%, sintesi di un aumento del 2% delle vendite di prodotti alimentari e di un calo del 6,1% di quelle di prodotti non alimentari.

Le vendite hanno registrato, sempre confrontate con marzo 2012, un aumento per la grande distribuzione (+1,3%) e un calo rilevante per le imprese operanti su piccole superfici (-6,6%). Nei primi tre mesi del 2013 l’indice grezzo diminuisce del 3,4% rispetto allo stesso periodo del 2012.

L’Istat rivela che nel confronto con il mese di marzo 2012, si registra un aumento dell’1,3% per le vendite delle imprese della grande distribuzione e un calo del 6,6% per quelle delle imprese operanti su piccole superfici.
Per quanto riguarda la grande distribuzione, le vendite sono aumentate del 3,8% per i prodotti alimentati, ma diminuite del 2,5% per quelli non alimentari.
Le imprese operanti su piccole superfici, invece, sono calate sia le vendite di prodotti alimentari (-2,4%) sia per quelli non alimentari (-7,7%).

Sempre a marzo, tra le imprese della grande distribuzione si rileva un aumento tendenziale per gli esercizi non specializzati (+1,9%), e una diminuzione per quelli specializzati (-2,2%). Tra i primi, in aumento del 2,4% le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare mentre diminuiscono del 2,9% quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare.

Guardando nel dettaglio agli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, sono in aumento le vendite per i discount (+4,8%), per i supermercati (+2,1%) e per gli ipermercati (+1,5%).
Con riferimento alla dimensione delle imprese, a marzo il valore delle vendite diminuisce, in termini tendenziali, del 6,4% nelle imprese fino a 5 addetti, del 5,1% nelle imprese da 6 a 49 addetti e aumenta dello 0,4% in quelle con almeno 50 addetti.

Per quanto riguarda il valore delle vendite di prodotti non alimentari, a marzo si sono registrati dati negativi per tutti i gruppi di prodotti, a cominciare da Abbigliamento e pellicceria (-9,0%) e Calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-8,8%); quelle più contenute riguardano i gruppi Prodotti di profumeria, cura della persona (-1,4%) e Dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni, telefonia (-2,1%).

Vera MORETTI

Vendite al dettaglio in calo a settembre

A settembre 2011 l’indice destagionalizzato delle vendite al dettaglio (valore corrente che incorpora la dinamica sia delle quantità sia dei prezzi) ha segnato un calo dello 0,4% rispetto ad agosto 2011. Nella media del trimestre luglio-settembre 2011 l’indice è diminuito dello 0,6% rispetto ai tre mesi precedenti. Nel confronto con agosto 2011, le vendite di prodotti alimentari diminuiscono dello 0,2% e quelle di prodotti non alimentari dello 0,4%. Rispetto a settembre 2010, l’indice grezzo del totale delle vendite segna un calo dell’1,6%. Le vendite di prodotti alimentari aumentano dello 0,7%, mentre quelle di prodotti non alimentari scendono del 2,5%. Le dinamiche delle vendite per forma distributiva registrano, nel confronto con il mese di settembre 2010, un lieve aumento (+0,2%) per la grande distribuzione e una significativa diminuzione (-2,8%) per le imprese operanti su piccole superfici. Nei primi nove mesi del 2011, rispetto allo stesso periodo del 2010, l’indice grezzo diminuisce dello 0,7%. Le vendite di prodotti alimentari segnano un incremento dello 0,1% e quelle di prodotti non alimentari una diminuzione dell’1,2%.

Forma distributiva e tipologia di esercizio 
Nel confronto con il mese di settembre 2010 si registra un aumento dello 0,2% per le vendite della grande distribuzione e una flessione del 2,8% per quelle delle imprese operanti su piccole superfici. Nella grande distribuzione le vendite crescono del 2,1% per i prodotti alimentari e diminuiscono dell’1,4% per quelli non alimentari. Nelle imprese operanti su piccole superfici, le vendite segnano un calo in entrambi i settori merceologici: -1,9% per i prodotti alimentari e -3,1% per quelli non alimentari. Nel mese di settembre 2011, tra le tipologie di imprese della grande distribuzione, si rileva un aumento tendenziale dello 0,4% per gli esercizi non specializzati e una flessione dello 0,8% per quelli specializzati. All’interno dei primi, le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare aumentano dell’1,2%, mentre in quelli a prevalenza non alimentare diminuiscono del 2,9%. Tra gli esercizi a prevalenza alimentare, l’aumento più sostenuto si registra per i discount (+2,9%), quello più contenuto per gli ipermercati (+0,2%). Nella media del periodo gennaio-settembre 2011, le vendite degli esercizi non specializzati diminuiscono, in termini tendenziali, dello 0,6%, quelle degli esercizi specializzati aumentano dell’1,5%.

Andamento delle vendite per dimensione di impresa 
Con riferimento alla dimensione delle imprese, nel mese di settembre 2011 il valore delle vendite diminuisce, in termini tendenziali, del 2,7% nelle imprese fino a 5 addetti, del 2,3% nelle imprese da 6 a 49 addetti e dello 0,1 % in quelle con almeno 50 addetti. Nel confronto tendenziale relativo ai primi nove mesi dell’anno, il valore delle vendite diminuisce dell’1,3% nelle imprese fino a 5 addetti, dell’1,1% in quelle da 6 a 49 addetti e dello 0,2% nelle imprese con almeno 50 addetti.

Prodotti non alimentari 
Per quanto riguarda il valore delle vendite di prodotti non alimentari, a settembre 2011 le variazioni tendenziali negative di maggiore entità riguardano i gruppi Calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-6,7%), Elettrodomestici, radio, tv e registratori (-4,6%) ed Abbigliamento e pellicceria ( 4,2%). I gruppi che registrano le flessioni più contenute sono Prodotti di profumeria, cura della persona (-0,4%) e Altri prodotti (gioiellerie, orologerie) (-0,8%).
Lo rende noto l’Istat.

Fonte: Agenparl.it

Compri due, paghi uno

Compri due, paghi uno, tutto a un euro, sottocosto e prezzi imbattibili. Fare la spesa sta diventando un compito da cervelloni. Occorre sapersi districare tra corsie delle superofferte, programmare un calendario dei giorni della settimana più inclini ai ribassi e stilare la propria personale classifica del supermarket del risparmio.

La spesa pesa, ora più di prima. Secondo un sondaggio Coldiretti/Swg, la crisi allunga il tempo trascorso a fare la spesa degli italiani. Ergo: dedicare più tempo alla spesa consente di risparmiare parecchio. Dopo anni si inverte la tendenza: il 72 % degli italiani ‘massai‘, ovvero che fanno regolarmente la spesa, dichiara di prestare una maggiore attenzione rispetto al passato nell’acquisto dei prodotti. Una confezione di spaghetti, un litro di latte, una lattina di birra, il paniere stilato da Coldiretti non lascia dubbi: i prezzi dei generi alimentari e non solo possono aumentare fino a triplicarsi passando da un punto vendita all’altro.

Qualche esempio? Yogurt e birra raddoppiano, la stessa confezione di latte cresce del 50%, mentre una confezione di pasta può arrivare a costare tre volte tanto. L’indagine condotta su 14 prodotti alimentari di marca in commercio in differenti punti vendita evidenzia una forte variabilità, con il prezzo massimo che è pari a circa il doppio di quello minimo per ben sette delle referenze analizzate e arriva a triplicare nel caso degli spaghetti.

Come è cambiato allora il modo di fare la spesa degli italiani? Il 61% dichiara di confrontare con maggiore attenzione i prezzi, mentre il 59% si dice affezionato delle offerte 3×2. C’è anche un 43% che rivela di accertarsi sempre dell’effettiva qualità dei prodotti, e un altro 43% che si interessa sulla reale provenienza delle merci acquistate. una percentuale analoga verifica la provenienza. Il minimo comune denominatore resta comunque la necessità evidente di risparmiare (il 16% dichiara di aver rinunciato o rimandato anche gli acquisti), anche se non stupisce l’interesse crescente verso la qualità dei cibi, la loro provenienza, se di origine controllata o meno, e la loro composizione, sintomo di un’attenzione e una consapevolezza maggiori verso l’alimentazione.

E gli altri settori di consumo? Secondo Coldiretti gli italiani avrebbero ridotto del 51% la spesa legata all’abbigliamento, del 50% quella per le vacanze e del 34% quella per i beni tecnologici. Insomma, il ristorante scordiamocelo per un bel po’.

Alessia Casiraghi