Riforma delle professioni, il plauso dell’INT

Piena soddisfazione da parte dell’Istituto Nazionale Tributaristi per quanto appreso, circa la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta sabato 26 gennaio, della legge che disciplina le professioni non regolamentate.

La legge approvata il 19 dicembre 2012 entrerà in vigore l’11 febbraio. Da tale data il cliente che vorrà rivolgersi ad un professionista non iscritto ad un ordine potrà verificare direttamente sul sito internet del Ministero dello Sviluppo Economico, se lo stesso appartiene ad una Associazione Professionale su cui il Ministero vigila. Come ricorda Edoardo G. Boccalini, segretario nazionale dell’INT, è la conclusione di un iter che porta a obblighi con i quali i Tributaristi INT e l’Associazione stessa, si sono sempre confrontati e hanno sempre rispettato.

Quella legge s’ha da fare

di Davide PASSONI

L’Italia è il Paese del sole, dei campanili e delle… professioni. Non che non lo sapessimo, ma con il tour che Infoiva ha intrapreso durante la settimana attraverso il mondo delle professioni cosiddette “non regolamentate”, ne abbiamo avuto l’ulteriore conferma. Professionisti che guardano con diverso interesse e differenti punti di vista alla legge di riforma delle professioni che entro l’anno dovrebbe avere il via libera dal parlamento.

Un universo variegato, con le istanze più diverse, che si possono però riunire sotto l’auspicio che il presidente del CoLAP, Giuseppe Lupoi, ha espresso a Infoiva: “Dignità e status ai professionisti non regolamentati“. Ci sono associazioni come Adico i cui associati, dai direttori commerciali ai direttori marketing, sono manager d’azienda, operano in un contesto aziendale come dipendenti e non avvertono il problema della mancanza di un albo professionale che li rappresenti, e ci sono realtà come ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management, che ritengono fondamentale il riconoscimento della propria professionalità da parte di istituzioni e mercato.

E se il presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, Riccardo Alemanno è certo che “dalla riforma delle professioni deriverà un futuro importante sia per gli iscritti all’INT sia per la loro utenza“, per Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement, la chiave del domani sta nella segmentazione delle professionalità, nel pragmatismo e nella capacità di fare rete.

Insomma, come avrete capito, la frammentazione delle idee e degli auspici è varia e diversa almeno quanto le professioni stesse. E se su un punto più o meno concordano tutti, Infoiva compresa (la legge di riforma delle professioni serve), sul futuro le visioni sono le più disparate. L’Italia è bella perché è varia…

Leggi l’intervista al presidente del CoLAP, Giuseppe Lupoi

Leggi l’intervista a Eugenio Casucci, consigliere delegato di ADICO, Associazione italiana per il marketing, le vendite e la comunicazione

Leggi l’intervista a Paola Palmerini, presidente di ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management

Leggi l’intervista al presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, Riccardo Alemanno

Leggi l’intervista a Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement

Professionalità e pragmatismo: il futuro delle libere associazioni

 

Concludiamo la nostra settimana dedicata alle libere associazioni professionali con un focus dedicato ai manager professionisti e alla managerialità vista in chiave più trasversale: abbiamo intervistato Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement, l’associazione nata quasi 20 anni fa come ItalQuadri, allo scopo di raccogliere e valorizzare le figure di quadri e alte professionalità.

Libere associazioni professionali: quale sarà il vostro futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Se questa legge molto imperfetta passerà, le associazioni dovranno assumere un ruolo diverso: prima di tutto aiutare tutte le associazione che ne fanno parte a soddisfare gli standard della legge stessa, ma dall’altra parte le libere associazioni si dovrebbero trasformare in qualche modo. Se fino ad oggi sono state un luogo di pressione nei confronti della politica perché venissero discussi e affrontati certi argomenti, adesso occorre cambiare ‘attrezzatura’. La riforma nasconde però anche un grosso rischio: se la legge vale per tutti e ciascuno la può fare senza bisogno di nulla, il rischio di un impoverimento di coordinamenti e associazioni esiste, ed è reale. Le associazioni non potranno più essere basate unicamente sulla soddisfazione dei bisogni della certificazione, ma occorre fare il passo successivo. Con questo non intendo la nascita di nuovi ordini, ma occorre pensare piuttosto a come aumentare la qualità delle prestazioni all’interno delle varie associazioni, stando attenti a non cadere nella trappola dell’Uni. Sarà necessario poi lavorare sulla qualificazione dei vari livelli, e come terzo punto occorre capire come puntare sulla certificazione delle professione.

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
I nostri associati hanno una visione politica, la nostra età media è abbastanza bassa, ci sono pochissimi pensionati, a differenza delle altre associazioni. Per noi tutto ciò che migliora e punta a rompere certi schemi viene visto in maniera positiva, per noi è una soddisfazione per il cambiamento un passo per andare verso una maggiore tutela della professionalità. Tra i nostri associati ci sono anche molti iscritti agli albi professionisti, come architetti, ingegneri, e sono critici nei confronti degli albi professionali, ne vedono i limiti e questo cambiamento indica davvero una strada e una direzione verso la quale andare, ossia diventare davvero europei, come accade ad esempio nei Paesi Anglossasoni, dove gli ordini non esistono ma ci sono associazioni fortissime che costringono a tenersi costantemente aggiornati, a rispettare determinati standard, pena l’esclusione. In Italia non mi risulta che gli ordini siano così severi. Quindi il cambiamento dovrebbe portare a un miglioramento, come la concorrenza migliora il mercato.

Quadri e altre professionalità: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?

Noi siamo un’associazione orizzontale, non verticale come le altre e rappresentiamo una situazione un po’ anomala rispetto alle altre associazioni iscritte al Colap. Praticando trasversalmente tutte le attività, siamo nella condizione di vedere in maniera diversa dagli altri, più trasversale, quali siano i problemi che devono essere affrontati Questo perché non puntiamo alla qualificazione dei nostri iscritti, perché sono troppo variegati, quindi siamo portatori di una visione diversa. I parametri su cui noi lavoriamo come associazione sono la managerialità, intesa nel senso anglosassone di capacità di risoluzione dei problemi, presidio dei processi, gestione di budget e personale, managerialità che si esplica in tutti i campi, sia nel mondo dei dipendenti che dei consulenti. Questo mix permette di confrontare idee, di creare sinergie, di spingere al cambiamento.

Federmiddlemanagement fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
Stare nel CoLAP per noi come associazione ‘orizzontale’significa avere contatti con le associazioni più ‘verticali’, che permettono la tutela della professionalità specifica e tecnica del singolo associato. Il rapporto con altre associazioni ci permette di ‘passare’ i nostri iscritti per il miglioramento della professionalità specifica di ciascuno, ma anche di avere contatti con chi è bravo in quel campo, di poter usufruire di una formazione continua. Da qualche tempo abbiamo iniziato una mappatura delle professionalità raccolte entro la nostra associazione, e per le 2 o 3 più significative abbiamo cominciato a prendere contatti con le associazioni specifiche: per gli esperti di marketing ad esempio siamo riusciti a creare una sinergia con lADICO, associazione più specifica che fa sempre parte del CoLAP.

Se un professionista è già iscritto ad un albo professionale, qual è la ragione che lo spinge a iscriversi ad un’associazione come la vostra?
Faccio un esempio: se un ingegnere iscritto all’albo si ritrova a ricoprire la posizione di quadro, nel reparto gestione e controllo all’interno di una grande azienda, avrà bisogno non solo dei crediti formativi che gli fornirà il suo albo, ma anche di contatti di tipo culturale, di servizi. La frase dell’altro giorno del Presidente Monti che ricordava come la sanità pubblica debba essere ripensata, la si traduce con ‘ognuno di noi cominci a pensare a una polizza assicurativa personale o integrativa’. Quindi il senso è proprio questo: l’iscrizione ad un’associazione come la nostra deve essere vista come una possibilità o necessità complementare, a seconda dei bisogni. Occorre cominciare ad offrire un mix di professioni e servizi entro cui il professionista possa scegliere cosa che lo aiuta a lavorare, e a vivere meglio. Un mix virtuoso che permetta anche di superare il dualismo tra albi e associazioni.

Perché in Italia gli albi professionali e il corporativismo sono così forti, a suo avviso?
Propongo due riflessioni: il provvedimento sull’obbligatorietà della media conciliazione e il ruolo svolto dall’ordine degli avvocati, che ne hanno svuotato completamente i punti di forza perché hanno letto nel provvedimento una diminuzione delle loro capacità e possibilità e quindi del loro mercato. La foRza degli albi professionali in Italia è presto detta: quanti avvocati siedono nel Parlamento italiano? A mio avviso per la soluzione non è attaccare gli ordini come ‘cattivi’ ma riuscire a far capire la politica, che però è interpretata molto spesso dagli stessi iscritti agli ordini, che è un errore. Noi continuiamo a parlare di Europa però l’Italia è l’unico Paese che porta avanti ancora il discorso degli ordini, mentre il modello anglosassone è oggi quello che viaggia in tutto il mondo: il famoso ‘tesserino’ all’estero non viene riconosciuto per la maggior parte delle professioni, quello che conta è la laurea, i voti, le esperienze maturate. Un giorno o l’altro capiremo anche noi che è necessario fare un passo avanti, o forse saranno gli altri a costringerci a farlo.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Aumentare la capacità di far capire al sistema quanto sia importante la segmentazione delle professionalità, che potrebbe portare a costruire modelli diversi per ognuno, con una base unificata e unificante e con obiettivi che siano ‘alti’. Questo porterebbe le associazioni ad affrontare temi di etica e dare un significato più ampio alla parola ‘associazione’, sul modello anglosassone che significa pragmatismo, creazione della ‘rete’ che non è data solo dai numeri ma intesa come condivisione di azioni, in modo che altri come loro possano identificarsi nelle soluzioni. E’ una strada lunga, ma è l’unica da percorrere.

 

Alessia CASIRAGHI

“Il corporativismo? Non regge più”

 

di Davide PASSONI

Continua il viaggio di Infoiva tra alcune delle più rappresentative associazioni professionali italiane, per tastare il polso di un settore che, nell’attesa del rush finale per la riforma delle professioni, vive umori altalenanti tra il timore e l’aspettativa. Oggi tocca all’Istituto Nazionale Tributaristi e al suo carismatico presidente, il dott. Riccardo Alemanno.

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Un futuro importante sia per gli iscritti che per l’utenza. Con l’approvazione della Legge sulle Libere Associazioni si concretizzerà, anche a livello legislativo, quel sistema duale che da decenni è presente sul mercato dei servizi professionali e ciò rappresenterebbe la prima vera modernizzazione normativa del sistema delle professioni nel nostro Paese. Le  Libere Associazioni di rappresentanza professionale come l’INT avrebbero un ulteriore peso anche normativo circa la funzione di aggregazione e controllo con un  importante valore aggiunto per il singolo professionista, poiché la sua iscrizione rimane volontaria e non obbligatoria, quindi nessun albettino di serie B.

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
Siamo abituati a non dare false aspettative ai nostri iscritti e quindi a non creare false illusioni: i tributaristi dell’INT sanno che la Legge sulle Libere Associazioni professionali è sì importante, ma non andrà ad intaccare minimamente l’attività attualmente esercitata. Quello che sanno è che essere iscritti ad un’Associazione come l’INT costituisce già un valore aggiunto, con l’approvazione della Legge tale valore aggiunto avrà anche uno specifico riconoscimento normativo e questo nel nostro Paese, dove è quasi indispensabile una sorta di ratifica pubblica, spero possa far sì che il Legislatore, un domani, possa meglio ricordarsi che il settore professionale in Italia è costituito dal sistema ordinistico e da quello associativo.

Tributaristi italiani: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Una forte dedizione nello svolgimento dell’attività professionale e questo in prima persona: il tributarista per struttura e forma mentis ha un rapporto diretto con la propria utenza, certamente si avvale di dipendenti e collaboratori, ma è il vero punto di riferimento della clientela. Questa peculiarità, che normalmente si ha solo all’inizio dell’attività professionale, se mantenuta nel tempo e accompagnata da un continuo aggiornamento professionale può essere veramente la carta vincente della propria affermazione professionale, sicuramente ne caratterizza positivamente la professionalità.

INT fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
L’INT è stato tra i fondatori del CoLAP, proprio per avere un’unica voce su istanze di carattere generale come quella relativa all’attuale Legge e per fornire un forte contributo alla riforma del settore professionale, poiché le differenti caratteristiche delle oltre duecento Associazioni rappresentate dal Coordinamento costituiscono un grande valore aggiunto per meglio comprendere le esigenze del mercato sia dal punto di vista degli operatori sia dei cittadini. Diverse, invece, le singole istanze dello specifico segmento di riferimento: in questo caso è importante avere un’Associazione strutturata e in grado di dialogare e confrontarsi direttamente con le Istituzioni.

Non vi sentite, qualche volta, “figli di un dio minore”?
No, perché riteniamo, semmai, di avere un ruolo fondamentale e di forte innovazione. L’importante è avere sempre ben presente che i cambiamenti, in un settore così radicato nelle tradizioni come quello delle professioni, hanno bisogno di tempi lunghi: servono tenacia nel proporre le proprie ragioni e grande capacità di dialogo e mediazione per affrontare i tanti ostacoli che quotidianamente incontriamo nel nostro percorso di crescita.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Il corporativismo come difesa di categoria se può avere avuto ragione d’essere in epoche passate, radicandosi nel nostro Paese in tutti i settori e non solo in quello delle professioni, oggi, in un mercato libero e dinamico non può più reggere:  la propria attività non si difende alzando barriere e ricercando nuove riserve ma con la professionalità. Purtroppo oggi abbiamo atti di corporativismo  ancora molto forti ed anche  supportati da rappresentanti dalle Istituzioni. Il percorso sarà pertanto difficile, ma credo che ciò che si è iniziato, ovvero la modernizzazione del settore, sia ormai irreversibile nonostante le tante resistenze.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Contare di più come Associazione dipende dalla volontà dei nostri iscritti e dalla capacità di mettere in campo richieste e darsi obiettivi che non vadano solo a beneficio dei singoli tributaristi ma di tutto il Paese. Ricordo che i professionisti iscritti alle Associazioni, prima di essere tali sono cittadini-contribuenti, per cui, ma questo dovrebbe valere veramente per tutti, prima ancora dei propri singoli interessi devono e vogliono salvaguardare l’interesse generale: solo così il nostro Paese potrà avere un futuro migliore da offrire alle nuove generazioni.

Temporanei per scelta, professionisti per vocazione

di Davide PASSONI

Sarà che in Italia nulla è più duraturo del temporaneo, fatto sta che esiste una professione – guarda caso non regolamentata – che con il perdurare della crisi economica e l’evolversi delle esigenze “manageriali” delle aziende assume sempre maggiore valore, ma che pochi conoscono. Si tratta del temporary manager, professione le cui istanze sono sostenute e difese da ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management. Quattro chiacchiere con la presidente Paola Palmerini, aiutano a capire perché un manager temporaneo non è “figlio di un dio minore” rispetto ai colleghi “stanziali”.

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Il disegno di legge 3270 è frutto di un grande lavoro eseguito dal CoLAP, con il quale ATEMA ha sempre cooperato, in particolare con il comitato scientifico, presieduto da Angelo Deiana. Si comincia finalmente – mediante il riconoscimento delle professioni non organizzate in ordini e collegi – a riconoscere che esistono attività che sono vere professioni al di fuori di quelle regolate da ordini o albi. Il Temporary Manager è una di queste: una identità professionale che ATEMA ha contribuito a delineare nelle specificità e contestualità di applicazione nel nostro mercato, la cui qualificazione è promossa da ATEMA mediante un processo non autoreferenziale che funge da indirizzo per l’aggiornamento continuo del singolo professionista e da trasparenza e equità al mercato delle imprese che intendono usufruire del servizio di temporary management.

E per il temporary manager in particolare, quale futuro?
E’ un momento molto importante, un percorso iniziato già dalla legge 206/2007 della Comunità Europea alla quale come Associazione ci siamo adeguati, e per i TM: una figura professionale che diventa visibile anche in Italia, che è costituita da manager preparati a svolgere la professione del manager come liberi professionisti, generando valore economico nelle imprese indipendentemente dalla tipologia di contratto di lavoro con il quale il loro apporto è regolato. Siamo consapevoli, e ATEMA è in questo impegnata,  che ciò implica competenze, abilità, formazione continua, multidisciplinarità, merito e competitività professionale. Ma ciò rende anche trasparente e competitivo il mercato, ed anche in questo .

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
Dicono “finalmente!!!” se la legge sarà approvata, anche se l’umore oggi è più condizionato dalla situazione economica, dal lavoro sempre meno riconosciuto come valore economico in particolare nei servizi. Riconoscono l’impegno che ne consegue sia personale che della associazione, ma credo vedano cominciare ad aprirsi spiragli di maggior applicazione del temporary management. Il problema: le culture  – imprenditore e manager esterno – che devono imparare ad avvicinarsi, trovare sinergia nella distinzione di responsabilità e di abilità, nella esecuzione di un progetto comune per l’azienda.  ATEMA ha sviluppato su questo una specifica formazione sia per imprenditori che per manager. Attraverso un networking sempre più di contenuti, ATEMA ha poi generato possibili contatti con nuovi soci che vengono dai Paesi in cui il temporary management è normale professione manageriale, come Regno Unito e Usa, ha generato la possibilità di incontro tra soci che hanno creato nuove imprese, ACTISS Italia ne è un esempio (opera nel campo delle risorse umane e consulenza per temporary manager e imprese) e altre in campi di servizi o industriali.

Temporary manager: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Sono buoni, anzi devono essere ottimi manager – perché lavorano con tempi e condizioni di solito di emergenza, si pensi al turnaround, o di start up, le quali non devono durare come start up in eterno… altrimenti addio reddittività ordinaria. Sono Liberi Professionisti, e quindi marketing, commerciale si deve affiancare alle capacità gestionali e di problem solving, e perché no anche a quelle di natura imprenditoriale, quindi assunzione di rischi, sapendoli valutare. Tutte queste ed altre sono oggetto del ns processo di qualificazione della professione del temporary manager.

ATEMA fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
E’ stato fondamentale, sia per la forza di impatto quantitativo che da soli – in un mercato ancora così lontano dall’anglosassone nel tema del temporary management – non avremmo avuto la forza, sia per aver favorito, e oggi credo ancor più,  le alleanze tra associazioni: fattore determinante a mio parere per il prossimo futuro. E poi si è fatto squadra, e credo sia significativo oggi più che mai.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Rendita di posizione, forti personalismi ed interessi, anche non sempre palesi conflitti, difficoltà nel ricercare conciliazioni (win-win) rispetto ad una più facile e meno complessa gestione del mantenimento dello status quo, scarsa propensione a guardare oltre il proprio confine e interpretare bisogni delle comunità civili.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Non c’è dubbio: avere il riconoscimento da Istituzioni e mercato (quindi le norme e la comunicazione) della professione del temporary manager e della Associazione (siamo  l’unica aggregazione in forma Associativa regolamentata, che da tempo promuove il temporary management e da prima del 2007 rappresenta secondo le regole della legislazione in vigore la identità della professione del temporary manager). Abbiamo da poco incontrato UNI per avviare il nostro gruppo di lavoro per la norma tecnica della professione temporary manager. Ovviamente il numero degli iscritti, non solo per la rappresentanza, ma ancor più per la qualità del confronto e la cooperazione che deve essere il più ampio possibile per una professione così trasversale.

Poi?
Infine, ma non ultimo, la cooperazione con le Imprese e le aggregazioni, associative e non, di impresa: il valore del temporary management è una grande forma di flessibilità e progettualità, senza perdere in qualità professionale e del servizio, anzi!

Albi professionali: ma servono davvero?

Dopo il faccia a faccia con Giuseppe Lupoi, Presidente di CoLAP, oggi Infoiva cerca di sondare più da vicino quali sono gli umori e le dinamiche interne delle associazioni di professionisti che fanno parte del Coordinamento delle Libere Associazioni Professionali.

E lo fa con Adico, l’associazione che raggruppa i direttori di marketing, vendite e comunicazione, che non possono fregiarsi di un albo professionale vero e proprio. Ma quanto conta davvero? Lo abbiamo chiesto a Eugenio Casucci, consigliere delegato di Adico.

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
In senso generale la riforma delle professioni dovrebbe portare un maggior peso nell’azione di regolamentazione dei servizi resi all’utenza, quindi il vantaggio è chiaramente per chi fa uso dei servizi del professionista. E’ chiaro che questo vantaggio per l’utente finale dipende molto dal tipo di professione che viene rappresentata dalla singola associazione: questo tipo di garanzia e il fatto stesso che il professionista appartenga ad un’associazione riconosciuta, che gli ha dato delle regole, è tanto più importante quanto il rapporto è di tipo professionale. Il caso più classico riguarda i possessori di partite Iva nei confronti di azienda o privati ai quali forniscono servizi.

Qual è, oggi, l’ “umore” dei vostri associati?
Abbastanza tiepido. In buona parte i nostri associati, dai direttori commerciali ai direttori marketing, sono manager d’azienda quindi operano in un contesto aziendale come dipendenti e non avvertono il problema della mancanza di un albo professionale che li rappresenti. Dall’altra parte, in un contesto come quello che stiamo vivendo, interessato da un continuo mutamento delle dinamiche del mercato del lavoro, molti manager sono diventati consulenti, soprattutto nelle piccole e medie aziende. Per questa categoria, ovvero per chi opera come consulente con partita Iva, in linea teorica l’esigenza della creazione di un albo professionale dovrebbe essere maggiormente avvertita, e in effetti è quello che avviene, ma non la avvertono come prioritaria. Storicamente infatti la professione del direttore commerciale, marketing o vendite non si riconoscono nei confronti del loro rapporto di lavoro con la proprietà dell’azienda in termini di ‘tesserino’ o iscrizione ad un albo, ma in termini di professionalità: quello che conta è quello che sanno fare e la capacità di ottenere risultati per l’azienda indipendentemente dal fatto di essere riconosciuti da un albo professionale.

Direttori commerciali, vendite e marketing: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Capacità di affrontare e risolvere rapidamente i problemi di un mercato in rapidissima e continua evoluzione, sia a livello di scenario (aziende, prodotti, etc) nei confronti di una concorrenza sempre più globalizzata, sia a livello degli strumenti con cui operare, dal web ai social. Il mondo di internet oggi riveste un’importanza determinante, anche al di là delle singole categorie di prodotto: dai siti, ai blog, alla web reputation. Quello che oggi viene richiesto in termini di professionalità ai nostri associati è che sappiano capire in tempi rapidi che cosa occorre fare a livello di marketing e il saper vendere bene.

Adico fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
Adico fa parte del CoLAP e si attende che questa normazione produca degli strumenti validi per tutti, anche se ci rendiamo conto che non si tratta di un’impresa facile, considerate le peculiarità e le differenze delle singole professioni. Per rendersi conto di questa varietà e disomogeneità basta scorrere la lista delle associazioni iscritte al CoLAP. Questa varietà è evidente che porti con sé delle difficoltà intrinseche nello stilare una norma che sia quanto più stringente e facilmente attuabile: il rischio infatti e di fare una norma troppo generica, che alla fine non soddisfa nessuno. Credo che in questo senso il CoLAP abbia esaurito, in positivo, la sua necessità d’essere: nel momento in cui verrà approvata una norma, molte delle ragioni per cui il CoLAP esiste verrebbero a cadere, perché finalmente si arriverebbe a una norma condivisa.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Gli organi professionali regolamentati (giornalisti, medici, avvocati, architetti…) dovrebbero servire a garantire il livello base di servizio all’utenza, dalla conoscenza accurata della propria professione al rispetto della deontologia. A questo vanno aggiunti altri due aspetti importanti: in Italia gli albi professionali fissano anche le tariffe minime per l’erogazione dei servizi, e gestiscono i fondi pensionistici e sanitari. Inoltre costituiscono una barriera di ingresso, e per i professionisti, essere iscritti ad un albo significa in larga parte ‘vantaggi’. Quindi è fuori di dubbio che farne parte è interesse di ogni professionista. Volendo però mettere in luce quelli che sono i limiti, in Italia, dell’istituzione degli albi professionali è che nessuno garantisce direttamente alcuna forma di aggiornamento professionale obbligatorio nel tempo. Occorrerebbe maggiore controllo, ma il corporativismo resta forte perché chiaramente ogni albo professionale offre dei vantaggi.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
La principale motivazione per appartenere ad un’associazione che ponga paletti o regole nell’iscrizione e nel mantenimento della qualifica dovrebbe stare in una richiesta formale da parte della clientela: nel caso di Adico non si tratta dei privati ma delle aziende, medie, grandi e piccoli, che scelgono i propri manager indipendentemente dall’esistenza di un albo. Se non c’è la richiesta non nasce nemmeno la necessità.

 

Alessia CASIRAGHI

Lupoi: “Dignità e status ai professionisti non regolamentati”

di Davide PASSONI

Poteva Infoiva cominciare la settimana dedicata alle professioni non regolamentate in Italia, senza ascoltare il presidente di CoLAP, l’ing. Giuseppe Lupoi, che da anni si batte per dare futuro e dignità a un esercito di professionisti in bilico tra un riconoscimento che non arriva e una professionalità sempre più elevata? Certo che no, ecco l’intervista…

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
La legge di regolamentazione delle associazioni professionali rappresenta in assoluto una grande opportunità di crescita e di ammodernamento del sistema delle professioni in Italia, in quanto pone al centro l’utenza e la qualità dei servizi professionali. Con questa legge, infatti, le associazioni assumono un ruolo fondamentale come strumento di garanzia nei confronti dell’utenza e come soggetto in grado di valorizzare le competenze dei professionisti associativi;  soltanto quelle in possesso di ben definiti requisiti (democraticità interna, deontologia, rappresentatività, formazione permanente, polizza assicurativa) potranno essere inserite nell’elenco web tenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico.

Quale sarà, in questo senso, il compito del CoLAP?
Sarà proprio quello di vigilare affinché soltanto le associazioni davvero in grado di rispondere ai requisiti richiesti dalla legge possano essere inserite in questo elenco e che tutto sia fatto con correttezza, trasparenza e veridicità. L’elenco e la legge nel suo complesso dovranno rappresentare uno strumento di  eccellenza e servire da stimolo alla crescita, all’implementazione e al miglioramento di tutte le associazioni e dei loro professionisti.

E il CoLAP, che cosa si aspetta dalla riforma delle professioni?
Il CoLAP si aspetta che la riforma dia dignità e status agli oltre 3 milioni di professionisti non regolamentati che quotidianamente prestano i loro servizi professionali e sono utili alla collettività. Si tratta di un universo professionale che è stato fino ad oggi oggetto di immotivate accuse di abusivismo da parte degli ordini professionali. Finalmente con questa legge si da piena legittimazione al secondo pilastro sul quale si regge un sistema professionale moderno: accanto agli ordini, enti pubblici dove si iscrivono obbligatoriamente i titolari di una patente statale per l’esercizio di determinati atti di professione indicati dalla legge, ci sono le associazioni professionali, soggetti privati con il compito di promuovere e valorizzare le competenze dei professionisti che volontariamente decidono di aderire.

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
Certamente variabile, ma allo stesso tempo in fibrillazione. Sono anni che attendono la regolamentazione e sanno di non essere mai stati così vicina ad ottenerla: mai di un testo di legge di regolamentazione delle associazioni professionali si era discusso in una Aula parlamentare e tanto meno era stato votato con maggioranza quasi bulgara da ben due rami del Parlamento. Il nostro lavoro è stato di far comprendere ai parlamentari le potenzialità di questo mondo ed i benefici economici e sociali di una sua regolamentazione. Diciamo che siamo fiduciosi. Quel che è certo è che dall’esito di questa legge dipenderà il nostro umore futuro, quando saremo chiamati a votare in primavera. Per quel tempo sapremo sicuramente chi è davvero un nostro sostenitore e chi si è soltanto professato tale.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
La principale causa dell’immobilismo e della perdita di competitività del nostro Paese sono proprio la forza delle corporazioni. Quelle degli ordini sono tra le più forti. Basta fare un giro sui siti di Camera e senato per vedere che la stragrande maggioranza dei componenti è iscritto ad un ordine professionale (avvocati, commercialisti, giornalisti).

Che cosa significa per voi questo stato di cose?
Significa che non abbiamo una rappresentazione reale della società ma una espressione delle lobby di potere e delle corporazioni. Ed il concetto di lobby non sarebbe nemmeno sbagliato; lo è però  quando muove la politica soltanto per fare i propri interessi personali a scapito della collettività ; lo è quando mira soltanto a difendere il proprio orticello e le proprie posizioni di potere a danno del sistema economico e sociale. Per farle un esempio: lo scandalo della controriforma forense che ancora tiene banco in Parlamento e che sembra venga approvata entro Natale, che aumenta le riserve di legge alla consulenza legale, cosa inaudita in ogni parte del mondo!

I limiti e i vantaggi del sistema ordinistico italiano, secondo il CoLAP.
Gli ordini professionali sono ormai anacronistici. Il loro principale limite è quello di legittimarsi solo per il fatto che i loro iscritti hanno superato un esame di stato una volta nella vita e solo  questo fatto di considerarsi composti da “bravi professionisti”. Questo è sbagliato e fuori tempo. Oggi, in una società come la nostra che vive di “sapere” ed è in continua evoluzione, dove nascono sempre nuove esigenze che richiedono un continuo aggiornamento delle competenze professionali per stare sul mercato, questo sistema è superato e limitativo. Faccio spesso un esempio: un laureato in medicina un giorno supera l’esame di stato e diventa medico. Ad un certo punto della sua vita decide di trasferirsi in India e fare il santone. Al suo ritorno in Italia , diciamo dopo venti anni, lui è e continua ad essere un medico. Surreale non crede? Lei si sentirebbe sicuro di lasciare nelle mani di questo professionista la sua vita?

Me lo dica lei…
Oggi, con la riforma degli ordinamenti professionali del Governo Monti, in apparenza le cose stanno cambiando. Gli ordini hanno accettato una sorta di verifica nel tempo della formazione del professionista, però, avendo voluto tenere in loro mano tutto il percorso formativo, lo hanno condannato al fallimento: l’esperienza degli ECM insegna al riguardo. Forse da questa riforma potremo ricavare dei vantaggi…al momento vantaggi del sistema ordinistico italiano non mi sovvengono (e lo dico da iscritto ad un ordine).

CoLAP è un coordinamento che “dà fastidio” a tanti: perché?
Dà fastidio perché introduce logiche meritocratiche e competitive, perché massifica l’innovazione e anticipa il cambiamento, in un sistema statico che tende a equiparare tutte le competenze.

Che cosa chiedete a al prossimo governo per “contare di più”?
Semplicemente che si dia avvio ad un processo di riforma capace davvero di rendere merito al nostro Paese e ai nostri professionisti e che ci permetta di competere alla pari con gli altri stati europei dove il sistema associativo esiste ed è un sistema vincente.

Non regolamentati a chi? L’esercito dei professionisti senza ordini si fa sentire

di Davide PASSONI

Ormai al capolinea l’esperienza del governo Monti, resta ora da vedere quali “lavori” rimarranno in sospeso, quali saranno portati a termine, quali passeranno nelle mani del nuovo esecutivo.

Tra i “cantieri aperti” lasciati dal governo Monti, uno dei meno propagandati ma che riguarda in realtà decine di migliaia di persone è la cosiddetta “riforma delle professioni” o degli ordinamenti professionali. Un testo sul quale è stato fatto un lungo tira e molla, soprattutto da parte degli ordini professionali più potenti; un testo nato con l’idea di rendere meno cogente l’accesso alle professioni in Italia, cercando di trasformare gli ordini che – spesso con eccessiva demagogia – sono visti come dei fortini inespugnabili, in qualcosa di più aperto.

In realtà, però, non tutti sanno che nel nostro Paese esiste un esercito di professionisti che appartengono a professioni “non regolamentate”, ossia professioni per le quali non esistono degli ordini che ne tutelino interessi, posizioni, istanze in sede istituzionale e civile. Si tratta di professioni tra le più disparate: si va dai naturopati ai musicoterapeuti, dai temporary manager ai sociologi, dai direttori commerciali e marketing manager agli armonizzatori familiari. Una schiera di professionisti che, se anche non hanno il blasone di avvocati, notai, giornalisti, hanno comunque un percorso di studi e formazione e un valore sociale della loro professione assolutamente comparabili ai loro.

Ecco perché questa settimana Infoiva dà voce a loro: perché la professione, qualunque essa sia, è prima di tutto un valore e una scelta di vita e di impresa che portano ricchezza a chi li sceglie; perché Infoiva è il quotidiano delle partite Iva e ciascuno del professionisti “non regolamentati” merita di trovarvi spazio; perché la professione e la professionalità, se correttamente vissute e praticate, hanno una forza e una dignità che prescinde dall’esistenza o meno di un ordine.

Professioni non regolamentate, il plauso di Accredia

Accredia plaude alla proposta di legge in materia di professioni non regolamentate: “La proposta di legge in materia di professioni non regolamentate approvata dalla Camera in prima lettura il 17 aprile scorso risponde in maniera efficace alle crescenti e differenziate esigenze del mercato e riguarda oltre 3 milioni di lavoratori che esercitano la propria attività al di fuori di albi e collegi“, dice l’Ente unico nazionale di accreditamento in una nota.

Secondo Accredia, “la normativa prevede in particolare l’autoregolamentazione volontaria per la qualifica di tali professionisti, che si potrà conseguire sia attraverso l’attestazione delle associazioni professionali di riferimento, sia attraverso la certificazione rilasciata da Organismi, accreditati da Accredia, che valuteranno le competenze del professionista in conformità alle norme Uni definite per le singole professioni“.

Il modello alla base della nuova disciplina – continua Accrediainnesca dunque un meccanismo flessibile e virtuoso, assolutamente volontario, utile per i professionisti e i loro business partner e clienti, perché permette di riconoscerne e garantirne la competenza, la professionalità e il rispetto della deontologia in maniera oggettiva e continuativa nel tempo. Solo il sistema della valutazione della conformità fondato su accreditamento e certificazione, può soddisfare tre requisiti fondamentali per l’affidabilità del mercato delle professioni e per la salvaguardia del mercato dei consumatori: l’imparzialità di chi effettua la valutazione delle competenze, l’aggiornamento professionale continuo e l’accertamento della competenza stessa“.

Ministero per lo Sviluppo Economico e le professioni non regolamentate

Il primo giro del tavolo sulle professioni non regolamentate, convocato lo scorso 30 maggio dal Ministero per lo Sviluppo economico (Mse), ha fissato i paletti per lo sviluppo dei servizi professionali in Italia, raccogliendo le richieste e i suggerimenti delle sigle associative, degli enti di normazione e certificazione, utenti e consumatori. Coordinati da Giuseppe Tripoli, capo dipartimento Impresa e internazionalizzazione del ministero dello Sviluppo economico, si sono confrontati, tra gli altri, il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella; il consigliere del Cnel, Roberto Orlandi; i rappresentati di Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confindustria Servizi innovativi e tecnologici; il presidente di Assoprofessioni, Giorgio Berloffa; il numero uno del Colap, Giuseppe Lupoi. Obiettivo primario è quello di definire i confini tra le professioni regolamentate e non regolamentate in un quadro di orientamento europeo, volto all’internazionalizzazione del settore.

L’obiettivo del tavolo, ha chiarito Tripoli, non è quello di sostituirsi al Parlamento o al Cnel, ma mettere a loro disposizione elementi utili di conoscenza e di riflessione per accompagnare lo sviluppo del settore. Sarà infatti il Parlamento a decidere se e cosa regolamentare, mentre al ministero dello Sviluppo economico spetta mettere sotto osservazione un settore “di profondo interesse per l’economia del Paese” per aiutarlo a evolversi. Diversi i temi sul tappeto che richiedono urgenti interventi da parte del legislatore, a cominciare da una riforma organica del settore “che abbracci tutte le professioni, regolamentate e non”, come ha detto Stella, sottolineando la “necessità di istituire un confronto con altri soggetti istituzionali, a partire dal ministero della Giustizia”. Secondo il presidente di Confprofessioni occorre, infatti, partire da una rigorosa definizione di professioni intellettuali, per arrivare a tracciare una linea di demarcazione tra professioni, così da garantire, anche a tutela dell’utenza, sovrapposizioni tra attività regolamentate e non regolamentate.