Nuove regole per il regime dei minimi nel 2012

Dal 2012 cambiano le regole relative al regime dei minimi, in virtù della Finanziaria da poco approvata. Intanto, per i professionisti e gli imprenditori soggetti alla ritenuta d’acconto che continueranno a essere contribuenti minimi anche nel 2012, l’imposta sostitutiva scende dal 20% al 5%, portando chi rientrerà nel nuovo regime dei minimi ad accumulare credito nei confronti del Fisco: avrà infatti ritenute d’acconto di importo superiore rispetto a quanto dovuto a saldo dell’imposta sostitutiva sul loro reddito, ridotta al 5%. Inoltre, l’aliquota ordinaria della ritenuta d’acconto corrisponde al 20% dell’imponibile, ma sono previste deroghe per alcune operazioni e per determinate categorie professionali.
 
Il credito accumulato nel quadro CM potrà essere utilizzato con il modello F24 dai contribuenti che aderiscono al regime dei minimi in compensazione di eventuali altre imposte o contributi dovuti all’Erario in caso di possesso di altri redditi o beni (IRPEF, addizionali, ICI, etc.), oppure i contributi previdenziali da versare alla Cassa di appartenenza.

Se il contribuente che aderisce al nuovo regime dei minimi non ha la possibilità di utilizzare in questo modo il credito, questo è destinato ad accumularsi per essere eventualmente richiesto a rimborso. Una situazione che vedrà coinvolti tutti i contribuenti che esercitano un’attività in  , nella quali i compensi sono assoggettati alla ritenuta, come avvocati, commercialisti, agenti di commercio, mediatori.

Ex PMI ai regimi minimi: niente studi di settore

Esclusione dagli studi di settore le PMI che prima della manovra finanziaria rientravano nei regimi minimi. E’ la richiesta fatta al governo dal deputato leghista Gianluca Forcolin. Lo scopo è di evitare di penalizzare i piccoli imprenditori, artigiani e commercianti già gravati dalla crisi e che fino al luglio scorso potevano beneficiare dei regimi minimi.

Con l’approvazione della nuova Finanziaria il regime dei minimi è scomparso, per essere sostituito da un “Regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità“. Ma se prima della finanziaria il regime dei minimi riguardava il 96% dei contribuenti di tale fascia, oggi il nuovo regime fiscale di vantaggio riguarda meno del 5% dei precedenti beneficiari. Il regime dei minimi era infatti esteso alle imprese che rientravano nella fascia contributiva limite di 30.000 euro all’anno di fatturato.

Il nuovo “Regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità” favorirà infatti i giovani imprenditori, fino ai 35 anni d’età, e le imprese di nuova costituzione, quelle cioè create prima del 2008, per un periodo massimo di 5 anni. L’obiettivo è quello di favorire l’imprenditoria giovanile e le start up italiane. Ma l’esclusione dal regime di vantaggio degli ex contribuenti appartenenti al regime dei minimi obbligherà tali aziende a sottostare agli Studi di Settore, comportando un aumento significativo delle tasse a loro carico che potrebbe portare in alcuni casi alla chiusura dell’azienda.

Per evitare aumenti drastici a carico di lavoratori autonomi, professionisti e piccoli esercenti, il Fisco ha però concesso alle imprese con un basso ricavo, ovvero sotto i 30.000 euro all’anno (gli ex regimi minimi per intenderci) o con investimenti sotto i 15.000 euro al triennio un prelievo fiscale agevolato. Le imprese a basso livello di ricavo dovranno infatti versare al Fisco il 20% dei redditi prodotti, ma saranno esentati dal versamento dell’Irap e esonerati dagli obblighi Iva.

Alessia Casiraghi

Fastweb, promozioni per le partite Iva

Focus pubblicitario

Fastweb si conferma un player innovativo per la gestione delle tlc per il Business e lancia la nuova offerta di rete fissa per il negozio e per chi gestisce un’attività con partita Iva. Si chiama Parla & Naviga, e chi si abbona al servizio a settembre può godere di una promozione che, a 25 euro al mese per un anno (Iva esclusa), offre internet a banda larga senza limiti fino a 20 MB/s, chiamate nazionali verso rete fissa illimitate e include, inoltre, sempre per 12 mesi, 60 minuti di chiamate verso tutti i numeri nazionali. Al termine della promozione, l’abbonamento Parla & Naviga per le Partite Iva, che comprende anche una seconda linea gratis per sempre, prevede un importo di 50 euro al mese (Iva esclusa). 
 
Fastweb aggiunge anche ulteriore valore alla sua offerta per negozi, professionisti e artigiani, specialmente per chi lo sceglie come unico operatore per la casa, l’ufficio e il mobile. Chi acquista contestualmente due abbonamenti gode infatti di uno sconto di 10 euro al mese, che si somma alle promozioni in corso. Inoltre, chi acquista un abbonamento mobile (Mobile Start, Mobile Top o Mobile Go) con chiamate, messaggi e internet incluso, gode di uno sconto di 5 euro sull’abbonamento, per sempre.

Infine, così come Fastweb “coccola” i propri clienti, anche questi ultimi possono “coccolare” i loro con una gamma di servizi innovativi messi a disposizione dall’operatore. Negozi, bar, librerie, centri estetici possono offrire un servizio wi-fi per collegarsi a internet gratis: con 10 euro al mese le partite Iva possono acquistare un hot spot wi-fi Fastweb per offrire il collegamento in rete fino a 5 clienti contemporaneamente mentre, con  20 euro al mese, non c’è nessun limite di utenti contemporanei. E l’access point autoinstallante è incluso nell’opzione.

Fastweb punta come sempre sulla qualità della propria banda larga fondamentale  per supportare nuovi servizi e nuovi apparati – afferma Danilo Vivarelli, Direttore della Business Unit Consumer & Microbusiness Fastweb -. Non ci si connette più a internet solo con il Pc: gli smartphone o i tablet in casa e in ufficio utilizzano il collegamento wi-fi alla rete fissa e i nuovi televisori, le connected tv, permettono di guardare video da Internet”. “Diventa quindi sempre più importante scegliere una banda larga di qualità e Fastweb, oltre alla velocità, garantisce qualità del servizio e sicurezza“, conclude Vivarelli.

L’hairstyle in Lombardia parla mandarino

La crisi sembra solo sfiorare l’hairstyle etnico in Italia, sempre più targato Made in China. Questo è il dato che emerge  da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati del registro imprese al secondo trimestre 2011.

Molti i negozi etnici aperti a Milano, anche se con un leggero calo per l’hairstyle rispetto al 2010, anno del boom in Lombardia. Ad oggi sono 308 i parrucchieri ed estetisti stranieri in città, quasi il 15% tra le imprese individuali attive nel settore, un fenomeno in crescita e in controtendenza rispetto alla leggera contrazione dei professionisti italiani.

I barbieri meneghini ormai parlano mandarino, con quasi la metà delle imprese provenienti dal Sol Levante seguiti a lunga distanza da marocchini, dominicani e francesi, con percentuali oscillanti tra l’ 8% e il 3% .  Un fenomeno recente, considerando solo le imprese individuali cinesi attive nel settore una su tre è nata nel 2010, e 24 sono aperte dall’inizio di quest’anno.

Quali le zone di maggior presenza orientale? I parrucchieri cinesi  si dipanano principalmente intorno a Via Sarpi, anche se cresce la presenza nel resto della città: una attività cinese su cinque si trova in zona Lambrate e Città Studi, mentre è in crescita il popolamento della zona di Vittoria-Forlanini, in poco più di un anno passata dall’avere un parrucchiere cinese su dieci attivo a Milano, a uno su sette.

L’identikit del coiffeur cinese è quello di una donna giovane, con due titolari su tre appartenenti al sesso debole, mentre la metà ha tra i 30 e i 40 anni e uno su tre è under 30.

E i parrucchieri stranieri in Lombardia? Sono quasi mille i titolari di impresa individuale attivi in Lombardia ma di origine estera, con la predominanza che ovviamente va al capoluogo Milano, per quanto riguarda l’hairstyle, con 184 attività, seguito da Monza Brianza e Brescia. Milano è inoltre prima con quasi un parrucchiere straniero su due tra gli attivi in regione (45,3%), seguita da Brescia (13,5%), Bergamo (10,4%) .

Marco Poggi

Cnf: norma su indennità allontana gli avvocati dal Parlamento

Secondo Guido Alpa, presidente del Cnf, “la norma sulla rinuncia a metà dell’indennità per il parlamentare che abbia altri redditi comporta il rischio di allontanare dalle aule parlamentari i professionisti“. La manovra del Governo “interrompe una tradizione di impegno politico dei ceti professionali, e in particolare degli avvocati, che ha radici antiche e ha offerto all’Italia, fin dai tempi della Costituente, il contributo di personalità come Piero Calamandrei, Giovanni Leone, Enrico De Nicola”.

Alpa suggerisce “sarebbe più ragionevole espungere tale previsione vagamente retorica, o almeno ridurre la misura della decurtazione. Deprimere ulteriormente le capacità rappresentative degli organi parlamentari non gioverebbe a nessuno”. Alpa sostiene che anche i professionisti avvocati possono svolgere egregiamente il loro servizio al Parlamento e quindi la manovra sarebbe ingiusta.

Pensioni più ricche per i professionisti

Gli enti di previdenza  potranno innalzare fino al 5% il contributo integrativo, destinando una parte delle risorse alla pensione grazie all’approvazione alla Camera del disegno di legge Lo Presti, sostenuta dall’Associazione degli enti di previdenza.

La modifica all’articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 permette agli enti di previdenza privati, che applicano il sistema di calcolo retributivo, di elevare il contributo integrativo dal 2 al 5 per cento. Ad essere interessate sono le casse nate con il Dlgs 103/96 tra cui psicologi, biologi, agrotecnici e periti, e le due Casse Privatizzate con il Dlgs 509/94 che hanno adottato il contributivo (dottori commercialisti e ragionieri).

Per permettere una pensione più ricca saranno però penalizzati i clienti che dovranno sopportare una parcella maggiorata non solo nella parte relativa all’integrativo, ma anche nell’Iva, poiché l’integrativo è imponibile ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e il privato non può recuperarla.

M.Z.

 

Professionisti, una spallata alla crisi

Secondo un’indagine della Camera di commercio di Milano, condotta dal Consorzio Aaster su oltre mille professionisti milanesi nel 2011, il 43% dei professionisti ha reagito alla crisi non chiudendosi ma cercando nuovi clienti e mercati. Ma per un professionista su tre peggiora il tenore di vita suo e della famiglia. Che significa declassamento economico, in quanto il 70,6% è insoddisfatto della propria retribuzione in rapporto alla qualità del lavoro svolto, mentre il 75% crede che nella società di oggi la professione non abbia più il prestigio di cui godeva una volta.

Per muoversi dopo la crisi, le possibili soluzioni vengono offerte dal nuovo protagonismo dei social network usati per lo scambio professionale e dall’internazionalizzazione: un professionista su quattro si è internazionalizzato (24%) mentre il 37% serve la città e meno del 20% si spinge in Lombardia.

Il nuovo e complesso mondo delle professioni – ha dichiarato Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio di Milano –  chiede di essere messo nelle condizioni migliori per poter esprimere tutte le sue potenzialità e guardare al domani con fiducia. Si tratta di un mondo parcellizzato, talvolta senza volto e sottovalutato sul quale è necessario invece aprire gli occhi perché la ripresa della nostra economia passa anche attraverso questo passaggio nodale. Milano può raccogliere la sfida per rilanciare se stessa anche come capitale delle professioni pensando al futuro ma agendo da subito“.

Da oggi si comunica con l’Agenzia delle Entrate anche con l’email certificata (PEC)

L’Agenzia delle Entrate ha lanciato un nuovo canale di comunicazione con cui dialogare con i contribuenti, si tratta della Posta Elettronica Certificata (PEC). In particolare il nuovo canale è dedicato ai chiarimenti e informazioni relativi al tema delle compensazioni Iva (chiarimenti sullo scarto di pagamenti telematici eseguiti con compensazione di crediti Iva e segnalare l’avvenuta regolarizzazione, tramite ravvedimento, di indebiti utilizzati in compensazione). L’indirizzo a cui rivolgersi è dc.sac.compensazioni.ivaf24@pce.agenziaentrate.it

La dichiarazione Iva integrativa si attua qualora dall’attività di liquidazione emergesse un credito maggiore rispetto a quello dichiarato e la dichiarazione relativa all’anno successivo fosse già stata presentata. In questo caso è necessario “rigenerare” il maggior credito prima di poterlo utilizzare in compensazione. In sostanza il contribuente potrà decidere di presentare una dichiarazione Iva integrativa nell’anno di riferimento oppure esporre il maggior credito nella dichiarazione Iva relativa all’anno successivo. Le regole sulla compensazione sono stabilite dal Decreto Legge numero 78 del 2009.

Mirko Zago

Studi di settore: l’Agenzia delle Entrate conferma i correttivi anti-crisi

Nei giorni scorsi è stato confermato per il secondo anno consecutivo l’applicazone dei correttivi agli studi di settore. Si tratta di un accordo stipulato dal Sose (Società per gli Studi di Settore) e l’Agenzia delle Entrate al fine di considerare le difficoltà economiche nello stilare la panoramica delle imprese italiane e “verificarne” i conti.

Se l’export sta prosperando in alcune regioni, è evidente che la situazione non appare ancora omogenena, per questo i correttivi si sono resi necessari per non andare a gravare in modo eccessivo sulle imprese già impegnate in un duro sforzo verso la ripresa. Sono previsti due correttivi di carattere generale (considerando le peculiarità di ciascuna categoria considerando in particolare le giacenze di magazzino e l’abbattimento dei valori statistici) e uno di tipo individuale (da applicare qualora i due di carattere generale fallissero nel tentativo di inquadrare correttamente la situazione dell’impresa).

Nel particolare “non scatterà una semaforo rosso in caso di scorte troppo alte, a causa delle difficoltà di vendere i prodotti per la crisi. Il secondo obiettivo è quello di abbattere i valori statistici che, attraverso alcuni costi fissi, come i beni strumentali, impattano sui calcoli degli ”studi” con un peso troppo alto“. Sono indetti degli incontri per stabilire l’operatività e fugare eventuali dubbi applicativi.

Leasing e rendita catastale per gli immobili strumentali dei professionisti.

Con riguardo ai canoni di leasing pagati da un professionista per un immobile strumentale in relazione ad un contratto di locazione finanziaria, occorre fare riferimento alla norma di cui al comma 2 dell’art. 54 del TUIR, modificata anch’essa dalla Finanziaria 2007.
Tale disposizione prevede che i canoni di leasing di un bene strumentale pagati da un professionista siano deducibili dal reddito di lavoro autonomo, a condizione però che la durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento stabilito per il bene specifico, con un minimo di 8 anni ed un massimo di 15 anni.
La deduzione dei canoni di leasing si applica ai contratti di locazione finanziaria stipulati nel periodo 1° gennaio 2007 – 31 dicembre 2009 e la deduzione è ammessa nella misura di 1/3 per i periodi d’imposta 2007-2008-2009.  Anche le quote di ammortamento sono deducibili, ma solo se relative ad immobili strumentali acquistati nel periodo 1° gennaio 2007 – 31 dicembre 2009.
Riepilogando:
• se il contratto di leasing dell’immobile strumentale è stato stipulato nel periodo 1° gennaio 2007 – 31 dicembre 2009: i canoni di leasing sono deducibili, sempre che siano rispettate le condizioni di durata del contratto;
• se il contratto di leasing dell’immobile strumentale è stato stipulato a partire dal 1° gennaio 2010: i canoni di leasing non sono deducibili.

Per quanto riguarda invece il trattamento fiscale della rendita catastale degli immobili strumentali in leasing:

• per i contratti di leasing stipulati fino al 31.12.2006: la rendita catastale è deducibile;
• per i contratti di leasing stipulati dal 1° gennaio 2010: la rendita catastale non è deducibile, in quanto la deducibilità non è stata più riproposta nella versione vigente dell’art. 54 del TUIR.