Giugno, mese di scadenze fiscali

Dopo il ponte del 2 giugno, si ritorna prepotentemente alla realtà e, oltre a rituffarsi nel lavoro, occorre prestare particolare attenzione alle scadenze fiscali previste in questo mese.
Gli adempimenti fiscali di giugno, infatti, sono tanti e importanti, perciò è necessario non abbassare la guardia e, anzi, accantonare per ora il pensiero delle vacanze, per non rischiare distrazioni.

Si comincia con il 15 giugno, con il conteggio degli importi delle rate da versare all’erario per le aziende che hanno deciso di aderire alla rottamazione agevolata delle cartelle di Equitalia. La definizione agevolata dei carichi affidati a Equitalia è valida per le cartelle dal 2000 al 2016.

Si continua il 16 giugno, quando le piccole e medie imprese dovranno pagare l’Imu e la Tasi. L’Imposta municipale unica dovrà essere versata per i capannoni e i magazzini, ma anche dai liberi professionisti nel caso in cui prestano servizio in una seconda abitazione. Stesso discorso vale per la Tasi, la Tassa sui Servizi Indivisibili voluta dal Governo Monti. Sempre il 16 giugno si dovranno versare anche i contributi previdenziali dei propri collaboratori e l’Iva del mese di maggio.

A fine mese, e precisamente il 30 giugno, c’è un altro appuntamento importante, poiché le pmi e i liberi professionisti dovranno pagare gran parte dei tributi della prima parte dell’anno. Si partirà con il primo acconto Irpef 2017 e con il saldo del 2016. Sempre il 30 giugno sarà la volta anche dell’IRES, l’imposta sul reddito delle società, e dell’Irap, Imposta regionale sulle attività produttive. Inoltre, si dovrà versare i diritto annuale per la Camera di Commercio. Invece, i soggetti che non sono obbligati alla presentazione telematica dei tributi, potranno presentare alla banca o alla posta il Modello Unico.

Vera MORETTI

Professionisti in difficoltà a causa del calo del fatturato

La crisi economica si è abbattuta anche sui professionisti, che hanno visto il loro fatturato diminuire sensibilmente, soprattutto nelle fasce di lavoratori più giovani.
Ad esempio, i professionisti dell’area giuridica hanno perso in sei anni il 23% del loro fatturato, mentre nell’area tecnica la percentuale è del 15%.

La tendenza, inoltre, non sembra si sia fermata, quindi le categorie interessate hanno deciso di reagire, con un’adunata degli Ordini territoriali svoltasi lo scorso sabato, con un coro univoco di proteste che chiedevano, in primo luogo, l’equo compenso.

Secondo i professionisti l’ondata di liberalizzazioni e l’eliminazione dei minimi tariffari ha finito per favorire una corsa al ribasso che ha fatto male a tutti ma soprattutto alle fasce più deboli di ogni categoria.
Il problema quindi è quello dei compensi, ma anche lo split payment, il pagamento esente da Iva da parte delle pubbliche amministrazioni, delle loro controllate e delle società quotate, ha suscitato non poche polemiche, colpevole di danneggiare ulteriormente i professionisti, equiparati alle aziende ma vissuto come tassa in grado di mettere ancora di più in ginocchio i fatturati dei professionisti di tutte le categorie

Il Cup, Comitato unico delle professioni, ha riconsiderato la questione dell’equo compenso, confrontandolo quando avviene fuori dai confini italiani. In Spagna per esempio è previsto un tariffario orientativo, mentre in Germania le tariffe sono obbligatorie e il mancato rispetto da parte del professionisti è sanzionato a garanzia dei cittadini che hanno dei riferimenti certi. Ciò, dunque, dimostrerebbe che non è stata una direttiva comunitaria a stabilire l’abolizione delle tariffe, come è avvenuto per i professionisti italiani.

Sparite le tariffe, sono entrati in vigore i parametri giudiziali, che servono al giudice per stabilire il valore della prestazione professionale nel caso si instauri su di essa una controversia. Il punto è che si tratta di dati non utilizzabili nel corso dell’ordinaria attività. Gli ordini professionali sono in agitazione proprio per questa lunga serie di motivazioni e le iniziative si fanno sempre più decise per arrivare ad un risultato concreto.
Per questi motivi, il Cup ha richiesto, in occasione dell’audizione sul Jobs Act del lavoro autonomo alla Camera, di ripristinare le tariffe, anche per arginare la crisi.

Ad esprimersi è stata Marina Calderone, presidente del Cup e del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro: “Si torna a parlare di equo compenso per vari motivi. Innanzitutto perché a pagare gli effetti della crisi economica degli ultimi anni sono stati soprattutto i liberi professionisti italiani, che molto spesso costituiscono la parte più debole del rapporto contrattuale. Nella nostra Costituzione il lavoro è protetto in tutte le sue forme ed applicazioni. Lavoratore è il termine con cui ci si riferisce a tutti coloro che lavorano, senza alcuna distinzione di categoria. È evidente, quindi, che anche il professionista ha diritto a un compenso che sia correlato alla qualità e alla quantità del lavoro svolto, come sancito dall’art. 36 della Costituzione. A garanzia della dignità dei liberi professionisti e dei loro committenti”.

Vera MORETTI

Deiana: “Italia, Confassociazioni c’è!”

Confassociazioni ha presentato oggi a Roma le più importanti iniziative in cantiere per il 2017. “Sono grato agli oltre 466mila soci di Confassociazioni e ai loro delegati per la riconferma, per acclamazione, alla presidenza della nostra Confederazione – ha dichiarato il Presidente Angelo Deiana, a margine della conferenza stampa che si è svolta stamane -. È anche per questo che la programmazione delle iniziative di Confassociazioni per il 2017 e per i prossimi anni includerà una serie di progetti volti ad azioni concrete e condivise per un futuro di sviluppo e benessere del nostro Paese. Siamo in un momento cruciale in cui non possiamo sottrarci al nostro ruolo di azionisti del nostro Paese”.

I numeri della nostra crescita dimostrano che il nostro modello di rete si è dimostrato vincente – ha continuato Deiana -. In tre anni e mezzo siamo cresciuti oltre ogni nostra aspettativa. 273 organizzazioni professionali tra soggetti di primo e secondo livello che riuniscono più di 466mila professionisti, circa 122mila imprese (con dimensione media di 4,5 addetti) e rappresentano una parte fondamentale del sistema nervoso dell’economia italiana. Un sistema che genera il 9% del PIL del Paese (il 21% se si considerano le aziende collegate) di cui il 43% è fatto di professioniste donne e il 57% di professionisti maschi”.

Senza dimenticare – ha proseguito Deianache è di grande interesse anche la nostra distribuzione degli iscritti per fasce d’età. Una distribuzione che rende merito del nostro essere una parte importante della classe dirigente del nostro Paese”.

Questa, nello specifico, la distribuzione cui fa riferimento Deiana:

Fascia 1 – Tra 0 e 18 anni – 100 iscritti circa

Fascia 2 – Tra 18 e 24 anni – 7.000 iscritti circa

Fascia 3 – Tra 24 e 30 anni di età – 28.000 iscritti circa

Fascia 4 – Tra 30 e 36 anni di età – 27.000 iscritti circa

Fascia 5 – Tra 36 e 42 anni di età – 71.000 iscritti circa

Fascia 6 – Tra 42 e 48 anni di età – 101.000 iscritti circa

Fascia 7 – Tra 48 e 54 anni di età – 98.000 iscritti circa

Fascia 8 – Tra 54 e 60 anni di età – 72.000 iscritti circa

Fascia 9 – Tra 60 e 66 anni di età – 61.000 iscritti circa

Fascia 10 – Tra 66 e 100 anni di età – 5.000 iscritti circa

È per questo che Confassociazioni ha condiviso e deciso di mettere in campo iniziative così importanti per i prossimi anni con la piena consapevolezza che il peso della responsabilità aumenta notevolmente. Il progetto Fondazione, il progetto Previdenza, il progetto Accademia della Politica e della Rappresentanza 4.0, il nuovo profilo di Confassociazioni Giovani con lo sviluppo della visione relativa alle Start-Up presentati oggi sono il frutto di un lavoro intenso, meditato e condiviso tra i vertici della Confederazione. Insomma abbiamo voluto delineare una programmazione ad hoc considerando le esigenze specifiche dei nostri professionisti, concreta rappresentanza di una parte fondamentale del sistema nervoso dell’economia italiana“, ha detto ancora Deiana.

Viviamo in un paese che non ha più una scuola alta di politica e noi abbiamo dei doveri nei confronti della nostra Italia. Con il progetto Accademia della Politica e della Rappresentanza 4.0 vogliamo formare la nostra dirigenza e soprattutto i giovani con appuntamenti formativi costanti e un confronto aperto, competente e adeguato con gli attori della politica“.

Confassociazioni ha nel proprio DNA la ricerca dell’innovazione calata nel panorama professionale del nostro Paese – gli ha fatto eco il Vice Presidente vicario della Confederazione, Riccardo Alemanno -. Ciò significa non solo fare rappresentanza per le problematiche di categoria, che ovviamente restano prioritarie per la nostra mission, ma cercare di contribuire, a 360 gradi, alla crescita culturale, umana e politica di coloro che formano o formeranno la cosiddetta classe dirigente. Da qui, l’ambizioso ma entusiasmante progetto dell’Accademia della Politica e della Rappresentanza 4.0, intesa come governo della polis per il bene comune, e cioè la politica nella sua accezione positiva. Un progetto, questo nostro, che vuole contribuire a colmare un pericoloso vuoto etico-culturale guardando all’evoluzione 4.0 che i nostri tempi dettano“.

Tra i punti cardine del mandato fin dal primo giorno – ha dichiarato Deianail progetto Fondazione è oggi diventato realtà. La costruzione di rapporti con grandi partner assicura quei contributi essenziali per procedere su questa linea“.

La costituzione dell’ente con il patrimonio necessario per la realizzazione degli scopi finalizzati al sostegno, sviluppo e crescita delle professioni regolamentate e sue rappresentanze di primo e secondo livello – ha aggiunto Franco Pagani, Vice Presidente Confassociazioni con delega a Giustizia e Università – è il naturale obiettivo come ha già affermato il presidente Deiana, che ci eravamo prefissati per dare concreto compimento attuativo agli scopi della nostra Confederazione. Alla rappresentanza, condivisione e sinergia di rete si aggiunge, quindi, il sostegno della Fondazione di Confassociazioni al fine di dare contenuti diretti di sviluppo e rilanciare il capitale intellettuale professionale nel ruolo di volano per l’intera economia del Paese“.

Lo vogliamo ribadire ancora una volta: noi siamo azionisti (e non obbligazionisti) del nostro Paese. La nostra visione e il nostro modus operandi guarda alla costruzione di ciò che è necessario per il futuro prossimo venturo piuttosto che proporre soluzioni emergenziali – ha concluso Deiana -. L’essere diretti, corretti, reputazionalmente solidi, il correre con i primi senza dimenticare gli ultimi rappresenta il fil rouge del tessuto umano e professionale della Confederazione tutta e di ogni suo singolo professionista aderente. E’ per questo che siamo pronti ad essere un punto di riferimento per i professionisti di tutto il Paese. Che sia una richiesta di visione, che sia la necessità di avere un fondo di previdenza complementare o un fondo sanitario, che sia costruire un orizzonte futuro come la Fondazione, la lezione è una sola: Noi ci siamo. Confassociazioni c’è”.

Confassociazioni: basta al gioco delle 3 carte con i professionisti

Le recenti misure a favore delle partite Iva? Utili, ma non sufficienti. È questa la sintesi del pensiero di Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni, la più grande confederazione di associazioni professionali dei servizi all’impresa e delle professioni innovative.

La discesa al 25% dell’aliquota della Gestione Separata Inps non ci basta – ha dichiarato Deiana -. Metteremo la nostra crescita senza fine (261 associazioni, 460mila professionisti iscritti di cui 122mila imprese, ndr) a disposizione dell’equità tra categorie e dei nostri progetti per il futuro”.

Durava da almeno 3 anni la rivolta delle partite Iva sulla Gestione Separata Inps – ha proseguito Deiana -. Una battaglia finalmente vinta che nel 2017 vedrà la diminuzione dell’aliquota della Gestione Separata INPS dal 27 al 25%, così come approvato in via definitiva dalla Legge di Stabilità 2016. Sarebbe dovuta aumentare al 29% e addirittura al 33% nel 2018 sulla base di quanto previsto dalla Legge Fornero”.

È una vittoria epocale per tutti i professionisti a partita IVA perché finalmente Parlamento e Governo hanno deciso di modificare l’attuale, iniquo trattamento delle partite Iva rispetto agli altri lavoratori. Ma non è finita, perché esiste ancora una profonda disparità di trattamento con le altre categorie: c’è chi paga mediamente tra il 12% e il 14% (alcune casse professionali), chi come artigiani e commercianti il 23%, mentre i lavoratori dipendenti contribuiscono con il 9% e i datori di lavoro pagano tra il 18% al 24%. Non è finita perché stiamo ancora leggendo una vera e propria enciclopedia della diseguaglianza che non rispetta minimamente l’articolo 3 della Costituzione”.

È per questo che, pur avendo vinto la battaglia per la diminuzione dell’aliquota facendo rete con le altre organizzazioni del settore, non potremo accontentarci del risultato raggiunto finché non ci sarà equità a tutti i livelli – ha proseguito Deiana -. Ed è per questo che Confassociazioni continuerà a chiedere con forza un tavolo di analisi delle distorsioni e di ripensamento strategico della struttura della Gestione Separata per raggiungere orizzonti di piena equità sul piano previdenziale con le altre categorie”.

Anche perché, sottolineano da Confassociazioni, un’ingiustizia tira l’altra. Questo tavolo di equità non potrà non coinvolgere un altro importante provvedimento legislativo: il Jobs Act Lavoro Autonomo. Un provvedimento che, se approvato, darebbe luogo sia ad alcune misure importanti a favore delle nostre professioni, ma anche ad altre norme da “gioco delle 3 carte”, come quelle del testo approdato alla Camera che prevedono all’art. 5 la delega al Governo per la devoluzione di alcune funzioni della PA alle professioni ordinistiche e l’obbligo del fascicolo del fabbricato per gli immobili del nostro Paese.

Siamo alle solite – ha ribadito Deiana -, perché dietro un fine ipoteticamente positivo (il fascicolo del fabbricato), si maschera una tassa occulta per tutti i condomini del Paese che dovranno pagare una specie di ulteriore Imu a tutte le professioni tecniche (ingegneri, architetti, geometri, eccetera) per la tenuta di un documento senza fine e senza scopo se non quello di una ulteriore e spesso inutile ristrutturazione che provocherà altre spese per il povero proprietario/condomino che ha un solo personale cruccio: la proprietà di una casa”.

E che dire della prevista devoluzione di funzioni pubblicistiche dello Stato alle professioni ordinistiche prevista sempre dall’art. 5 del Jobs Act del Lavoro Autonomo – ha incalzato il presidente di Confassociazioni? Intanto, la prima domanda è: perché la devoluzione è dedicata solo alle professioni ordinistiche e non anche alle professioni associative di cui alla Legge 4/2013? Che differenza reale c’è? Siamo ancora una volta considerate professioni di serie B?”.

La verità è che molte delle attuali professioni ordinistiche dovrebbero essere ‘falcidiate’ nel 2018 dall’applicazione del cosiddetto ‘esercizio di trasparenza’ previsto dalla Direttiva Ue 55/213, un’attività svolta da Presidenza del Consiglio e Commissione Ue per valutare l’effettiva necessità di una regolamentazione restrittiva del settore rispetto a quella di mercato. Quali conseguenze concrete? La futura, possibile eliminazione della regolamentazione di una serie di professioni e dei relativi organismi di direzione, centrali e territoriali”.

Carta vince, carta perde. Ecco il vero trucco di questo gioco delle 3 carte e lo scopo reale della devoluzione di funzioni pubblicistiche prevista dal Jobs Act del Lavoro Autonomo: rimpinguare sul piano pubblicistico le funzioni di certe professioni per continuare a procrastinare un’esistenza che non avrebbe più ragione di essere in base alle norme previste dalla Direttiva Ue ricordata”.

Noi di Confassociazioni non ci stiamo – ha affermato con determinazione Deiana -. Non possiamo continuare a far pagare ancora una volta ai giovani del futuro i problemi corporativi generati da altri nel passato”.

Ecco perché – ha concluso il presidente di Confassociazionimetteremo i numeri concreti della nostra, straordinaria crescita a disposizione di queste ulteriori battaglie di equità a e dei nostri progetti per il futuro. Entro il mese di gennaio presenteremo ai nostri associati e ai media una serie di grandi iniziative che avranno l’obiettivo di rendere la nostra Confederazione una piattaforma collaborativa sempre più in grado di aggregare organizzazioni professionali dense di competenze e capacità da mettere a disposizione della ripresa del nostro Paese”.

L’agricoltura traina le nuove partite Iva

Le partite Iva? Non attirano più come un tempo, almeno così sembra. Secondo l’Osservatorio sulle partite Iva del ministero dell’Economia, a novembre 2016 sono state aperte 34.732 nuove partite Iva, -10,6% rispetto allo stesso mese del 2015.

Il 65,6% di nuove partite Iva è stato aperto da persone fisiche, il 27,8% da società di capitali, il 5,7% da società di persone. Calano sensibilmente rispetto al mese di novembre 2016 il numero di nuove aperture da parte di persone fisiche (-15,4%), meno quelle delle società di persone ( -3,5%). Crescono invece quelle delle società di capitali: +1,6%.

Ancora una volta la parte del leone la fa il Nord, con il 40,9% delle aperture, seguito dal Sud e Isole (36,3%) e dal Centro (22,6%). Performance di tutto rispetto per due regioni del Sud, con la Calabria a +15,7% anno su anno e la Sardegna a +11,9%. Un boom sul quale, probabilmente, ha influito l’impennata delle nuove partite Iva in agricoltura a seguito dell’emanazione dei bandi regionali per il nuovo Programma di sviluppo rurale (Psr) 2014-2020, promosso della Commissione Europea. Giù le nuove aperture in Emilia Romagna (- 19,0%) e Piemonte (-16,6%).

Poche sorprese sul fronte del settore produttivo: crescono di più le nuove aperture nel commercio (+26,2% del totale), nell’agricoltura (+11,1%) e nelle attività professionali (+ 10,3%). Analogamente, continua la predominanza degli uomini (loro il 62,3% delle nuove aperture) e degli under 35 (il 46,3% del totale). Le nuove partite iva di questi ultimi, però, anno su anno sono calate nettamente, di circa il 20%.

Infine, una notazione sui regimi fiscali scelti. Si nota infatti un netto calo di quanti hanno scelto il regime forfettario: sono il 27% delle nuove partite Iva, -24,4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Manager e Industria 4.0

Si fa presto a dire Industria 4.0… Peccato però che non ci siano le figure tecniche e manageriali in grado di implementare e guidare, almeno in Italia, l’ Industria 4.0. Una carenza sottolineata da Aldai-Federmanager, secondo la quale nel nostro Paese mancano ancora dei veri manager 4.0.

Una contraddizione, vista l’attenzione che il precedente premier aveva verso il tema dell’ Industria 4.0. Secondo Aldai-Federmanager, infatti, è importante assicurare ai manager gli strumenti utili a mantenere le loro competenze di base, come la concretezza esecutiva, il pensiero prospettico e la capacità di risolvere i problemi.

Lo conferma Bruno Villani, vicepresidente Aldai-Federmanager: “Per gestire la rivoluzione del digitale, c’è bisogno di una vera grande cabina di regia che sappia mettere insieme tutti gli attori e al cui tavolo siano presenti anche i manager”.

Peccato però che questo auspicio si scontri con una realtà che è del tutto diversa: “Nella cabina di regia del Piano nazionale Industria 4.0 – ricorda infatti Villanii manager che sono i veri portatori e attuatori del cambiamento non ci sono. L’obiettivo è mettere in sinergia le persone e le risorse disponibili, fare sistema, mettendo a disposizione del Paese tutte le diverse competenze disponibili partendo anche da ‘un’analisi’ 4.0 che individui, anche a livello internazionale, le best practice da diffondere”.

Si tratta di mosse da fare al più presto, poiché il manifatturiero italiano, in Europa, è secondo solo a quello della Germania, il Paese che ha “inventato” l’industria 4.0. Ricorda infatti Villani che “nell’Unione europea l’Italia continua a mantenere la seconda posizione per peso nel manifatturiero, con in testa la Germania: i dirigenti d’industria sono disponibili e si propongono per interagire con le istituzioni e con tutti gli attori interessati in ottica propositiva per promuovere e attuare processi di modernizzazione e di sviluppo del Paese”.

Un treno da non perdere, se è vero come è vero che l’ultimo World Economic Forum ha evidenziato come il cambiamento portato dall’ Industria 4.0 porterà il 65% dei bambini che oggi frequentano le scuole elementari a fare lavori che attualmente non esistono. E i manager hanno un ruolo fondamentale nella guida di questo treno.

Professionista a Natale? Son soldi…

Oggi è Natale e guai a voi se, per caso o sventura, oggi vi capita qualche disavventura in casa. Dovreste essere pronti a mettere pesantemente mano al portafogli.

Lo testimonia anche un’indagine di ProntoPro.it, dalla quale emerge come, a Natale, l’intervento di un professionista che non può essere assolutamente posticipato (perdita d’acqua, guasto alla caldaia, cancello automatico bloccato…) può costare carissimo.

L’indagine ha coinvolto circa un centinaio di idraulici ed elettricisti operanti in tre grandi città – Milano, Roma e Napoli -, chiedendo loro quali siano i casi più frequenti di richieste e quali le maggiorazioni applicate sulle tariffe in caso di guasti che necessitino un pronto intervento in giorni festivi come il Natale. Dall’indagine è emerso che in tutte le città coinvolte i costi possono lievitare fino al 50% in più.

Tutti i professionisti intervistati nelle tre città hanno spiegato che se l’intervento viene richiesto nei giorni super festivi (24, Natale e 26 dicembre, 1 e 6 gennaio) la cosiddetta “uscita” deve essere rimborsata con una tariffa maggiorata del 50%.

Allo stesso tempo però, a Roma e Napoli, 3 professionisti su 5 hanno dichiarato di premiare la fedeltà dei propri clienti: se la richiesta di pronto intervento proviene da qualcuno con cui si è già lavorato in precedenza, la maggiorazione non viene applicata anche se è Natale.

Milano è la città più cara: qui in media si spendono 45 euro. Roma e Napoli invece si rivelano a pari merito leggermente più economiche, con costi compresi tra i 30 e i 35 euro.

Per quanto riguarda i motivi che spingono più degli altri a richieste di pronto intervento proprio a Natale e nei giorni festivi, gli idraulici non hanno dubbi: al primo posto tra tutte le richieste ricevute c’è quella di riparazione dovuta ad improvvisa perdita di acqua; al secondo la riparazione della caldaia e al terzo la disostruzione di tubi.

La classifica degli elettricisti: il ripristino dell’energia elettrica in seguito ad un black out è il maggiore motivo di richiesta di intervento; al secondo posto si trovano gli interventi alle fotocellule di cancelli elettrici e al terzo gli improvvisi problemi con il salvavita.

Secondo Marco Ogliengo, amministratore delegato di ProntoPro.it, “la difficoltà di conoscere personalmente un artigiano unita al fatto che i professionisti non sono sempre disponibili sono due dei motivi del successo della ricerca di queste figure sul web”, anche e soprattutto a Natale.

Consulenti fiscali e Ue, l’impegno dell’Istituto Nazionale Tributaristi

L’Istituto Nazionale Tributaristi (INT) è stato iscritto nel registro Ue per la trasparenza al fine di evidenziare, anche a livello europeo, i soggetti e l’area di interesse rappresentati in ambito nazionale.

L’inserimento nel registro avrà ulteriore efficacia anche per la partecipazione alle consultazioni pubbliche promosse dagli organismi europei. Tale problematica è di estrema attualità poiché l’Istituto Nazionale Tributaristi è impegnato a predisporre le indicazioni da ribadire nell’ambito della consultazione pubblica relativa ai disincentivi per consulenti e intermediari di schemi di pianificazione fiscale potenzialmente aggressivi.

L’iniziativa di disincentivare consulenze che possano portare all’elusione e/o all’evasione di imposte e di tasse è sicuramente condivisibile, ma non è per nulla chiaro quali saranno gli obblighi dei consulenti fiscali che operano negli Stati membri.

A tal proposito il presidente dell’INT, Riccardo Alemanno, ha precisato a nome dei tributaristi dell’Istituto: “Siamo pienamente d’accordo sul contrastare l’evasione anche a livello europeo, ma non vorremmo che i consulenti fiscali europei, tra cui i tributaristi rappresentati dall’INT, dovessero sobbarcarsi ulteriori obblighi che burocratizzerebbero l’attività senza raggiungere in modo efficace l’obiettivo prefissato. Proprio per questo seguiremo con particolare attenzione l’evolversi di questa problematica a partire dalla consultazione pubblica che si concluderà nel febbraio del 2017. Ci auguriamo che anche le altre organizzazioni di rappresentanza professionale presenti nel nostro Paese si attivino su questa tematica, perché non vorremmo che le decisioni di Bruxelles ricadessero negativamente sull’attività dei consulenti italiani, più di quanto pesino già gli adempimenti previsti dall’ordinamento nazionale su cui tanta attività di ordini ed associazioni si è spesa”.

Un’ulteriore iniziativa, sempre per avere la massima capacità di dialogo e confronto con le Istituzione europee da parte dell’INT, sarà l’accreditamento presso il Parlamento europeo che consentirà di essere presente e seguire direttamente il dibattito parlamentare sulle decisioni dell’Ue.

Tributaristi INT KIWA Cermet Italia insieme per Certificazione UNI 11511

Il D.L. 193/2016, che con l’articolo 6 bis ha inserito tra i vari soggetti autorizzati all’autentica della firma sulla procura prevista dall’art .63 del DPR 600/73 i tributaristi qualificati e certificati ai sensi della L. 4/2013 e della Norma UNI 11511, ha dato un impulso alla certificazione professionale di parte terza.

L’Istituto Nazionale Tributaristi (INT) ha sottoscritto con la società KIWA Cermet Italia (accreditata dall’Ente italiano di accreditamento ACCREDIA) un protocollo volto a seguire i tributaristi INT durante il percorso di certificazione. Sul portale dell’Associazione, che è inserita nell’elenco del ministero dello Sviluppo Economico e quindi può rilasciare gli attestati di qualità ai propri iscritti, è stata pubblicata una corposa nota informativa sull’accordo e sulle procedure che, oltre ad una serie di titoli e di attestati richiesti ai tributaristi, prevedono due prove scritte e una prova orale.

Il Presidente dell’INT Riccardo Alemanno ha precisato: “Abbiamo voluto fornire ai nostri iscritti un percorso di certificazione all’insegna della serietà e del rigore in ossequio di quanto previsto da ACCREDIA attraverso la convenzione con la società di certificazione KIWA Cermet Italia che è anche partner tecnico di Confassociazioni. Voglio ricordare che la Certificazione in base alla Norma UNI 11511, relativa ai tributaristi, rimane facoltativa come previsto dalla L. 4/2013 ma necessaria se si vuole rientrare tra i tributaristi che possono autenticare la firma sulla procura ex art.63 DPR 600, fermo restando che chi ha altri titoli che gli permettono tale funzione potrà continuare ad utilizzare gli stessi senza dover intraprendere altri percorsi”.

Tutto ciò – ha proseguito Alemannolo abbiamo ulteriormente sviscerato in un approfondimento pubblicato sul portale dell’Istituto Nazionale Tributaristi. Il Legislatore con il D.L. 193/2016 ha voluto dare un valore aggiunto alla Certificazione e all’attestazione di Qualità, entrambi previste dalla L. 4/2013, ha pertanto individuato un percorso tecnico-professionale, con certificazione di parte terza, attraverso cui i tributaristi possono e potranno svolgere particolari funzioni collegate alla loro attività”.

Medici e web, come cambia in rapporto

I medici sono tra i professionisti più esposti verso le nuove tecnologie. Lo dimostra una recente indagine di Dottori.it, startup per la prenotazione online di specialisti, secondo la quale per i medici italiani l’uso del web come supporto per la salute non è un problema, ma una risorsa.

Secondo l’indagine, con la diffusione di internet il rapporto con i pazienti è migliorato per il 52% degli specialisti italiani.

Le risposte sono state ottenute da un panel di 2.000 professionisti e da esse è emerso che il rapporto medico-paziente, in un’epoca in cui eHealth e sanità digitale sono parole-chiave, si è fatto più interattivo per il 52% degli specialisti, mentre è più personalizzato per il 15% e più approfondito per l’8%.

Secondo il 45% dei medici, chi richiede la loro consulenza è più attivo nella ricerca di un dottore specializzato proprio nel trattamento della patologia di cui soffre il paziente.

Tante luci, ma anche qualche ombra: il 39% dei medici dichiara di ricevere pazienti più allarmati da ciò che hanno letto sul web circa i loro sintomi; il 38% nota come ci siano sempre più persone portate all’autodiagnosi e più suscettibili e influenzabili dalle storie lette in rete (accade per il 34% dei rispondenti).

Solo il 22% ha denunciato una maggiore inclinazione al fai da te in materia di salute. La fiducia nello specialista rimane però indiscussa e solo per il 13% questa è diminuita a causa dell’uso di internet.