Imprenditoria femminile e gender gap digitale nell’industria 4.0

Il gender gap, o differenza di genere, si manifesta anche nel mondo dell’imprenditoria, con poche donne che partecipano alla vita imprenditoriale del Paese. Le evidenze sono tali che non mancano iniziative volte a supportare l’imprenditoria al femminile, ma il problema sembra strutturale, e si parla di gender gap digitale, e soprattutto il problema è aumentato con la pandemia. Ecco dati e mezzi di contrasto con piani pubblici.

Il gender gap digitale nell’era della quarta rivoluzione industriale

Le difficoltà di accesso alla rete sono tali che ad oggi 4,3 milioni di italiani sono ancora senza connessione, mentre 24 milioni di italiani affermano di non sentirsi a proprio agio con l’uso delle nuove tecnologie. A ciò si aggiunge che questa “povertà cognitiva” in realtà colpisce maggiormente le donne andando a determinare un avanzamento del gender gap.

I dati sono allarmanti non solo in Italia, ma soprattutto nel resto del mondo, si calcola che una donna su 5 non ha accesso alla rete e questo si traduce anche in una perdita di competitività per i Paesi. Si tratta del 21% delle donne, ma la percentuale sale in modo esponenziale nei Paesi a basso reddito dove arriva al 52%.

Il motivo del divario è in primo luogo economico, le donne guadagnano meno degli uomini a parità di lavoro, in media per ogni dollaro guadagnato da un uomo una donna guadagna 0,77 cents, questo vuol dire minori possibilità economiche e quindi minore accesso alla rete e ai dispositivi di nuova generazione.

Il secondo ostacolo è dato dal divario educativo e quindi alle disuguaglianze nell’accesso alla formazione e in particolare alle competenze digitali.

Come si ripercuote il gender gap digitale nell’economia dell’Italia e nelle imprese?

I dati relativi alle donne imprenditrici e le nuove tecnologie in Italia sono sconcertanti, nel senso che in un Paese industrializzato e in cui si ritiene che ci sia un buon tenore di vita e un sistema di formazione adeguato, emergono dati che ci pongono a livello di realtà molto diverse dalla nostra. In particolare il primo dato da sottolineare è che nel 2020 le realtà imprenditoriali a guida femminile in Italia sono diminuite del 42,3%. Ora è ovvio rispondere che in realtà il 2020 è stato un anno anomalo con una normale contrazione nell’apertura di nuove attività, è vero, ma il calo delle nuove realtà imprenditoriali maschili è stato molto minore, solo ( si fa per dire) il 35,2%.

Analizzando le caratteristiche delle aziende guidate dalle donne si nota una minore propensione all’applicazione delle nuove tecnologie, in particolare per quanto riguarda le tecnologie dell’industria 4.0 è stato rilevato che solo il 19% delle aziende femminili ha mostrato interesse per la digitalizzazione dei servizi e dei sistemi di produzione, contro il 25% delle imprese a conduzione maschile. A ciò si aggiunge una minore propensione all’internazionalizzazione (9% delle aziende femminili contro il 13% di quelle a conduzione maschile) e infine una maggiore difficoltà nell’accesso al credito, infatti il 46% delle imprese femminile under 35 si limita a investire il proprio denaro o quello della famiglia, ma non accede al credito. A ciò si aggiunge una minore propensione al rischio delle donne.

La formazione delle donne e il gender gap digitale

In realtà il gender gap economico e la scarsa propensione delle donne a innovare all’interno delle imprese ha un’origine remota, nella cultura patriarcale che si fa fatica a scardinare e che porta solo una piccola parte delle donne a intraprendere percorsi di studio che possano portare ad affermarsi nel mondo dell’imprenditoria. Il numero delle donne laureate in Italia è maggiore rispetto a quello degli uomini (34% delle donne contro il 21,7% degli uomini) cambiano però i settori, infatti la maggior parte delle donne sceglie percorsi di cura, solo una piccola parte segue percorsi STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) si tratta cioè di percorsi che possono aiutare nella scelta di dedicarsi all’imprenditoria.

L’Italia ha più volte provato a incentivare percorsi per l’imprenditoria femminile, da ultimo con le risorse del Fondo Impresa Donna, ciò che forse manca sono le basi per poter iniziare un percorso nell’imprenditoria.

L’impatto delle difficoltà potrebbe vedersi proprio nei prossimi mesi in quanto il piano Industria 4.0 basato proprio sulle nuove tecnologie potrebbe danneggiare molto l’imprenditoria femminile se non supportata verso la trasformazione. Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e  prevede in realtà misure volte a favorire l’inserimento lavorativo delle donne, ma ad oggi paiono insufficienze senza una vera attività di supporto all’autoimprenditorialità femminile.

Per saperne di più sulle risorse del PNRR dedicate al mondo femminile, leggi l’articolo: Il PNRR per l’occupazione femminile: misure indirette e dirette

Come saranno le aziende del futuro? Analisi e aiuti sull’industria 4.0

Più volte abbiamo trattato degli aiuti che l’Italia riserva a Piccole e Medie Imprese e sottolineato che questi sono funzionali, cioè sono diretti a determinati obiettivi e quindi non casuali. Si è visto che molti aiuti sono volti ad adeguare le imprese e i sistemi produttivi alle nuove tecnologie. In realtà non tutte le imprese italiane sono propense a sfruttare questa tipologia di aiuto. Ora cercheremo di capire perché è importante che le aziende sfruttino il più possibile gli incentivi per l’industria 4.0 perché in realtà ne guadagnano in competitività. Al termine dell’articolo inseriremo i link ai vari aiuti finora varati.

Come sarà l’industria 4.0

L’industria 4.0 applica nuove tecnologie informatiche e in particolare ICT (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) stampa 3D, robotica, Internet of Things (IoT), big data, realtà virtuale, ed è al centro di quella che viene chiamata la quarta rivoluzione industriale.

L’impatto della quarta rivoluzione industriale è stato analizzato in forma predittiva sotto molteplici aspetti. Secondo molti esperti questa porterà un’inversione di tendenza, cioè nei decenni passati abbiamo visto delocalizzare le produzioni verso Paesi dove la manodopera aveva un basso costo con un impoverimento generale per i lavoratori interessati da riduzioni di personale. Ora si attende una tendenza opposta, cioè un ritorno e questo per motivi pratici: le nuove tecnologie non richiedono più operai a basso costo, ma operai a elevata specializzazione e questi si è disposti a pagarli e in secondo luogo la manodopera a basso costo ha, come nella maggior parte dei processi di riallocazione della ricchezza, breve durata.

L’esempio pratico è semplice: in zone povere il costo della vita è basso, lo stesso però aumenta nel momento in cui arriva il lavoro e un salario dignitoso per il posto, di conseguenza inizia l’ascesa dei salari e per le imprese non è più conveniente delocalizzare. La ricollocazione secondo gli esperti sarà dovuta anche alla ricerca di sistemi produttivi a basso impatto ambientale e quindi con una produzione vicino al consumatore evitando di far girare le merci per tutto il globo.

Impatto delle nuove tecnologie sulla produttività

Dai dati analizzati in una ricerca dell’Università di Padova è emerso che l’impatto delle nuove tecnologie varia in base al settore in cui la PMI opera, ad esempio l’impatto nel settore della moda è diverso rispetto a quello dell’automotive. In realtà proprio l’automotive sta attraversando un periodo difficile a causa della crisi dei microchip la cui penuria sta mettendo in forte crisi il settore. 

Il primo dato analizzato dall’Università di Padova è la produttività: le aziende che adottano le tecnologie 4.0 hanno avuto un incremento del 7% rispetto alle aziende dello stesso settore che non le hanno adottate. E’ stato rilevato che l’aumento di produttività non riguarda solo l’anno di introduzione di nuove tecnologie ma si dilata nel tempo, questo vuol dire che l’investimento iniziale è remunerato nel tempo. Sembra però che già dopo due anni ci sia un rallentamento della crescita. In realtà l’obsolescenza tecnica nel settore delle nuove tecnologie ha un forte impatto, ma si stanno studiando anche mezzi per ridurne l’impatto.

Un altro dato interessante sottolineato dalla ricerca condotta dall’Università di Padova riguarda la quantità di nuove tecnologie adottate. Sembra infatti che le imprese che decidono di introdurre più di due nuove tecnologie contemporaneamente non abbiano particolare giovamento da questa scelta. Il dato potrebbe essere dovuto al fatto che introdurre simultaneamente troppe novità potrebbe richiedere personale ad elevata specializzazione di cui le imprese non sono dotate al momento.
Ecco perché potrebbe essere importante agire in modo mirato e soprattutto curare la formazione costante dei dipendenti.

Per quanto invece riguarda i settori, l’introduzione di nuove tecnologie sembra favorire soprattutto le realtà aziendali a bassa tecnologia, mentre quelle che già adottano tecnologie evolute, dall’introduzione di nuove hanno vantaggi ridotti, molto probabilmente perché già lavorano con procedure all’avanguardia e quindi l’impatto è minimo.

Industria 4.0: analisi PwC

A risposte simili arriva un’indagine condotta da PwC, agenzia di consulenza operante in 158 Paesi nel mondo. PwC ha analizzato i dati della Germania e ha previsto un aumento della produttività dell’8% e lo stesso è legato alle nuove tecnologie. Secondo PwC per le imprese del settore automobilistico l’incremento sarà tra il 10% e il 20%.

PwC analizza anche l’impatto che l’introduzione massiva di nuove tecnologie avrà sull’occupazione, molti sono spaventati dal fatto che la robotica potrà ridurre il numero di lavoratori necessari in azienda. In realtà cambia la tipologia di lavoratori, infatti saranno richiesti sempre più lavoratori in possesso di numerose skills, ma questi allo stesso tempo saranno retribuiti in modo migliore perché dovranno gestire big data, dovranno utilizzare tecnologie evolute e analizzare dati complessi.

Conclusioni

Da questi dati emergono i primi consigli per le aziende:

  • cercare di innovare introducendo le nuove tecnologie in modo graduale e quindi cercando di capire quale tra quelle disponibili è più adatta al proprio settore;
  • approfittare degli aiuti e incentivi messi a disposizione;
  • curare la formazione costante dei propri dipendenti.

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