Bonus 10% per chi rimanda la pensione: a quanto ammonta davvero al netto delle tasse?

Ripescato il Bonus Maroni: per chi decide di rimandare il pensionamento vi è la possibilità di ricevere in busta paga la quota dei contributi previdenziali e assistenziali che sono a carico del lavoratore, si tratta di un bonus 10%. Cosa cambia e a chi conviene?

Rimandi la pensione? Aumenta la stipendio con il bonus 10%

L’articolo 54 della bozza delle legge di bilancio 2023 prevede la possibilità per i lavoratori che maturano i requisiti per andare in pensione con Quota 103 di rinunciare a tale opzione e ricevere quindi un piccolo aumento dello stipendio. Occorre però fare ben attenzione. Andando con ordine, a chi matura i requisiti per la quota 103 restano tre opzioni:

  • andare in pensione;
  • restare a lavoro continuando quindi a maturare i requisiti pensionistici al fine di avere un assegno mensile più elevato;
  • infine, esercitare l’opzione prevista nell’articolo 54 della bozza della legge di bilancio 2023 e avere un aumento in busta paga, tassato con rischio di aumento dello scaglione Irpef e di avere il drenaggio fiscale, pari a circa il 10%.

Esercitare l’opzione prevista dagli incentivi per restare a lavoro consente di attivare la decontribuzione del carico relativo all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti. La decontribuzione vale solo per la parte dei contributi a carico del lavoratore e non per la parte a carico del datore di lavoro. Questa piccola quota va ad aumentare l’assegno mensile percepito durante il periodo di lavoro.

Cosa succede all’importo pensionistico?

L’effetto del bonus Maroni, o bonus 10%, non si esaurisce però in un semplice aumento in busta paga perché si tratta di congelare la propria pensione, questo vuol dire che questi ulteriori anni di lavoro non andranno ad aumentare l’importo pensionistico che si percepirà nel momento dell’uscita dal mondo del lavoro. Secondo le previsioni presenti nella relazione illustrativa, dovrebbero aderire circa 6500 persone.

Leggi anche: Quota 103 è il nuovo scivolo pensionistico. Tutte le novità sulle pensioni

Come andare in pensione nel 2023? Ecco le opzioni

Sono molti i lavoratori in procinto di maturare i requisiti per la pensione che stanno cercando una via d’uscita dal mondo del lavoro il più possibile vicina, vediamo ora tutte le possibilità per andare in pensione nel 2023.

In pensione nel 2023 con la legge Fornero

Dal punto di vista economico la soluzione migliore è la Legge Fornero. Si tratta della legge base o ordinaria per andare in pensione. In questo caso l’uscita è prevista a 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi. In alternativa è possibile andare in pensione a qualsiasi età con 42 anni e 10 mesi di contributi (conta tutta la contribuzione) per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Il calcolo della pensione viene fatto applicando sia il sistema contributivo sia il sistema retributivo e dal punto di vista economico è la soluzione migliore.

Chi invece vuole uscire prima dal mondo del lavoro può approfittare degli scivoli pensionistici messi a disposizione.

Pensione anticipata flessibile

Il primo è generalmente denominato Quota 103, ma il disegno di legge di bilancio 2023 lo rubrica “pensione anticipata flessibile” prevede la possibilità di uscita dal mondo del lavoro con un’età anagrafica di almeno 62 anni e un requisito contributivo minimo di 41 anni. In questo caso l’importo lordo mensile massimo non può essere superiore a 5 volte il trattamento pensionistico minimo per tutto il periodo mancante alla maturazione dei requisiti per andare in pensione con la legge Fornero. Chi è iscritto a due o più gestioni previdenziali e non percepisce l’assegno pensionistico da nessuna di esse, ha la facoltà di cumulare i periodi assicurativi al fine di raggiungere il requisito contributivo.

Per chi opta per la pensione anticipata flessibile la decorrenza matura trascorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti. I dipendenti pubblici che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2022 potranno andare in pensione dal 1° agosto 2023, quelli che invece maturano i requisiti dal 1° gennaio 2023, a partire da sei mesi dalla maturazione e non prima del 1° agosto 2023.

Ape Sociale per andare in pensione nel 2023

L’ulteriore possibilità è l’Ape Sociale che non cambia requisiti rispetto al passato e spetta a:

  • disoccupati;
  • care givers;
  • soggetti che hanno svolto lavori gravosi;
  • disabili.

Le condizioni di accesso all’Ape Sociale per queste tipologie di lavoratori sono diverse e invitiamo alla lettura dell’articolo: APE Sociale 2022: tutte le novità introdotte con la legge di bilancio

Opzione donna

Opzione donna è lo scivolo pensionistico pensato per le donne lavoratrici. Dal 1° gennaio 2023 cambiano però i requisiti anagrafici per le donne. Potranno accedervi le donne a 60 anni se non hanno figli, 59 anni se hanno un figlio, 58 anni se hanno due o più figli. Per poter andare in pensione con Opzione donna servono 35 anni di contributi.

Per conoscere i dettagli, si invita alla lettura dell’articolo: Opzione donna: cosa cambia dal 2023 per chi vuole andare in pensione.

Per chi ha perso il lavoro c’è la possibilità di accedere all’anticipo pensionistico RITA. In questo caso è possibile leggere la guida: RITA: hai perso il lavoro? Scopri se puoi avere la pensione anticipata

 

Opzione donna: cosa cambia dal 2023 per chi vuole andare in pensione

Il Governo Meloni ha confermato Opzione donna anche per il 2023, ma con modifiche rispetto al passato.

Gli scivoli pensionistici per il 2023

Opzione donna è l’anticipo pensionistico specifico per le donne che vogliono uscire prima dal mondo del lavoro. Insieme ad Ape Sociale e a Quota 103 rappresenta gli scivoli pensionistici utilizzabili per uscire prima dal mondo del lavoro rispetto alla Legge Fornero. Si tratta però di misure che vengono prorogate di anno in anno e che in tali proroghe possono subire delle modifiche. Come le altre due opzioni prevede dei requisiti, ma anche degli svantaggi, o meglio prevede una perdita netta sull’assegno pensionistico.

Nuovi requisiti anagrafici per Opzione donna

Mentre Ape Sociale ha ottenuto la proroga senza sostanziali modifiche, quindi potrà essere usata anche dai care giver che assistono disabili, non è così per Opzione Donna. Vediamo cosa cambia per chi vuole andare in pensione nel 2023 utilizzando Opzione donna. Attualmente prevede per le donne la possibilità di uscita dal lavoro avendo maturato 35 anni di contributi e con il requisito anagrafico di 58 anni per le lavoratrici dipendenti e 59 anni per le lavoratrici autonome. In base alle prime indiscrezioni trapelate su Opzione donna 2023 cambia invece il requisito anagrafico e viene correlato al numero di figli della donna. In particolare potranno andare in pensione le donne a:

  • 58 anni se hanno due o più figli;
  • 59 anni se hanno 1 solo figlio;
  • 60 anni se non hanno figli.

Opzione donna 2023 è discriminatoria?

Naturalmente non sono mancate critiche a questo ritocco, sono in molti infatti a pensare che il criterio sia discriminatorio nei confronti delle donne che non hanno figli o che comunque hanno un solo figlio. La ratio di tale scelta dovrebbe essere nel fatto che spesso, a causa di un welfare insufficiente, le donne che hanno dei figli devono lasciare il lavoro. In seguito, quando ormai i piccoli sono pronti per la scuola materna (spesso per il nido trovare un posto non è semplice), le donne fanno fatica a rientrare nel mondo del lavoro. Questo porta uno scompenso alle donne che decidono di mettere su famiglia rispetto a chi invece non ne ha o ne ha uno solo.

In realtà se la ratio della norma fosse questa, la differenza di trattamento più che essere fatta sull’età pensionabile dovrebbe essere fatta sul requisito contributivo, infatti la donna con più figli fa fatica ad accumulare i contributi necessari per andare in pensione con Opzione Donna e non certo a compiere gli anni necessari.

Quota 103 è il nuovo scivolo pensionistico. Tutte le novità sulle pensioni

Il ritorno delle legge Fornero aveva messo in allarme molti lavoratori, ma finalmente sembra essere arrivato lo scivolo pensionistico per il 2023. La norma è meno vantaggiosa rispetto al precedente scivolo pensionistico.

Quota 103: come funziona il nuovo scivolo pensionistico?

Sia chiaro, la Legge Fornero è sempre in vigore e prevede il pensionamento al raggiungimento dei 67 anni di età, con un eventuale pensionamento anticipato (e assegno ridotto) a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne, ma a determinate condizioni e quindi al maturare di un particolare requisito contributivo è possibile andare in pensione prima.

Negli anni passati si sono avvicendate diverse disposizioni normative, tra cui prima Quota 100, poi Quota 102 ( in vigore fino al 31 dicembre 2022) e ora Quota 103. Questo implica che si va man mano verso un’applicazione piena della Legge Fornero. Erano in molti a sperare in una vera riforma della legge pensionistica, ma per ora non c’è tempo e spazio anche dal punto di vista economico. Proprio per questo nella manovra di bilancio ci si limita a introdurre un ennesimo scivolo pensionistico. Quota 103 prevede che i lavoratori che hanno maturato 41 anni di contributi possono andare in pensione se contemporaneamente hanno maturato anche 62 anni di età.

Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, ha definito Quota 103 una “quota ponte” e resterà in vigore per tutto il 2023. La quota 103 potrebbe mandare in pensione nel 2023 48.000 lavoratori per una spesa di 750 milioni di euro.

Ape Sociale, Opzione Donna e aumento pensioni minime

Nel frattempo è bene ricordare che sono state confermate l’Ape Sociale che consente di andare in pensione a 63 anni con almeno 30 anni di contributi, ma solo ad alcune categorie di persone e in particolare care giver, disoccupati, coloro che hanno effettuato lavori gravosi.

Cambia invece Opzione Donna, questa misura infatti consente alle donne di andare in pensione in anticipo con 35 anni di contributi. Con la manovra cambia però il requisito anagrafico che sarà legato al numero dei figli, in particolare sarà possibile andare in pensione a 58 anni se si hanno due o più figli, 59 anni con un figlio e 60 anni senza figli.

La norma sembra discriminatoria, ma in realtà mira a compensare i mesi di lavoro persi per le gravidanze visto che le donne dopo la maternità hanno difficoltà nel rientro al lavoro. Ricordiamo che Opzione Donna prevede che il calcolo dell’assegno pensionistico sia effettuato solo con il metodo contributivo e quindi con una perdita di circa il 30% dell’assegno pensionistico.
Nel frattempo è arrivato anche l’aumento delle pensioni minime che con indicizzazione al 120% passano da 523 euro a circa 600 euro. Ciò vuol dire che l’aumento del 7,3% si calcola sul 120% dell’assegno e non sul 100%.