Prestazioni assistenziali e a sostegno del reddito: cosa sono e in quali occasioni sono erogate

Non solo pensioni e previdenza: l’Inps e le Casse di previdenza erogano anche una serie di prestazioni assistenziali che vanno a sostenere il reddito dei cittadini e dei contribuenti. Queste prestazioni si concretizzano in una serie di indennità economiche e sociali fornite in situazioni di disagio. Come le pensioni, queste prestazioni vengono pagate solo in presenza di determinati requisiti e condizioni. Ad esempio, il non raggiungimento di un certo livello di reddito o la presenza in famiglia di persone in condizioni di disabilità.

Erogazioni Inps per il sostegno al reddito: quali sono?

I maggiori interventi forniti dall’Inps in tema di sostegno al reddito sono:

  • l’assegno sociale;
  • gli assegni per il nucleo familiare;
  • la Cassa integrazione guadagni ordinaria industria ed edilizia;
  • la Cassa integrazione guadagni straordinaria;
  • l’indennità di accompagnamento;
  • l’indennità di disoccupazione o Naspi;
  • il reddito e la pensione di cittadinanza;
  • la quattordicesima mensilità di pensione.

Assegno sociale: nel 2021 servono 67 anni di età

L’assegno sociale rappresenta una prestazione sostitutiva della pensione sociale. Viene erogata dall’Inps ai cittadini che abbiano almeno 67 anni di età e che si trovino in una particolare condizione di disagio economico. Non è necessario dimostrare un certo montante dei contributi per ottenere l’indennità. Tuttavia, oltre all’età, è indispensabile la residenza effettiva e continuativa per non meno di dieci anni sul territorio nazionale.

Qual è l’importo dell’assegno sociale?

Nell’anno in corso l’importo dell’assegno corrisponde a 460,28 euro e viene pagato per 13 mensilità all’anno. L’importo viene erogato per intero solo se i beneficiari non hanno alcun reddito oppure, se coniugati, hanno un reddito familiare inferiore al totale annuo dell’assegno. L’indennità è ridotta per i cittadini non coniugati che hanno un reddito familiare più basso del totale annuo dell’assegno (pari a 5.983,64 euro). Inoltre l’erogazione va a favore anche dei soggetti coniugati il cui reddito familiare sia compreso tra l’ammontare annuo dell’assegno e il doppio della stessa cifra. Quindi la misura ha un importo pari alla sottrazione tra l’importo intero annuale dell’assegno sociale e l’ammontare del reddito annuale.

Gli assegni Inps per il nucleo familiare

Anche nel caso di pagamento degli assegni Inps per il nucleo famigliare si rientra nei sostegni economici versati alle famiglie di lavoratori. In particolare, ai lavoratori dipendenti, ai dipendenti agricoli, ai titolari di pensione, agli iscritti alla Gestione separata Inps, ai titolari di prestazioni previdenziali.

Assegno familiare: importo e chi può richiederlo

L’importo dell’assegno dipende da vari fattori: tra questi, sicuramente incidono la numerosità del nucleo e il livello del reddito familiare. In assegna di questi requisiti l’assegno familiare può essere anche chiesto per particolari situazioni come, ad esempio, la presenza di familiari inabili. L’indennità viene pagata dal datore di lavoro insieme alla retribuzione. In questo caso il datore paga per conto dell’Inps.

La Cassa integrazione guadagni ordinaria industria ed edilizia

Si tratta di un’indennità economica pagata dall’Inps per integrare o sostituire la retribuzione dei lavoratori impiegati nell’industria e nell’edilizia. La condizione essenziale è che i lavoratori debbano trovarsi in precarie condizioni economiche. Ciò deve avvenire come conseguenza della sospensione oppure della riduzione dell’attività lavorativa.

Cassa integrazione guadagni straordinaria

La Cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) viene erogata dall’Inps per integrare o per sostituire la retribuzione dei lavoratori di imprese che siano in una situazione di crisi. L’erogazione avviene anche se per l’impresa sia in corso un processo di ristrutturazione, o di riorganizzazione o di riconversione.

L’indennità di accompagnamento agli inabili

A favore degli inabili, l’Inps eroga l’indennità di accompagnamento. Non si fa riferimento alla situazione reddituale del richiedente, ma al suo disagio per l’impossibilità di poter deambulare senza che l’aiuti un accompagnatore. Si tratta, inoltre, di soggetti che non possono compiere atti di vita quotidiana, ma hanno bisogno di una continua assistenza.

Per i disoccupati c’è la Naspi

L’Inps eroga l’indennità di disoccupazione, che dal 2015 ha preso il nome di Naspi. Per ottenere la prestazione è necessario presentare domanda. Il requisito essenziale per l’erogazione è quello di aver perduto il posto di lavoro per cause che non siano dipese dalla propria volontà. L’importo della Naspi si determina in base alla retribuzione percepita prima di perdere il lavoro. In particolare si considera l’imponibile ai fini previdenziali ricevuto negli ultimi 4 anni diviso per il numero delle settimane di contribuzione. Il risultato va moltiplicato per 4,33. A partire dal quarto mese, l’importo della Naspi diminuisce del 3% al mese.

Il Reddito e la pensione di cittadinanza: chi può beneficiarne?

Le due misure sono state introdotte con la legge di Bilancio 2019 per sostenere le famiglie in condizioni di difficolta. Il Reddito di cittadinanza, in particolare, sostiene le famiglie ed è finalizzato al reinserimento lavorativo e all’inclusione sociale. Il calcolo del Reddito di cittadinanza dipende dalla numerosità e dalla composizione della famiglia, nonché dalla relativa scala di equivalenza. Il beneficiario riceve l’importo su di specifica carta prepagata ogni mese. La pensione di cittadinanza, invece, è una prestazione economica che spetta a chi ha già compiuto i 67 anni di età e rientri entro certi limiti Isee. L’obiettivo è lo stesso del Reddito di cittadinanza, ovvero quello di sostenere le fasce della popolazione più svantaggiate.

Per i pensionati dai 64 anni l’Inps eroga la quattordicesima

La quattordicesima rappresenta la mensilità aggiuntiva corrisposta insieme al mensile di pensione. Il pagamento dell’Inps della misura avviene una sola volta l’anno, generalmente a luglio o a dicembre. Spetta ai contribuenti pensionati a partire dai 64 anni di età e con un reddito complessivo che non superi determinati limiti. In particolare, il reddito complessivo non deve superare di 2 volte il trattamento minimo annuo previsto dall’inps per il Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti.

Chi prende il reddito di cittadinanza può prendere il reddito di emergenza?

Le persone che versano in gravi difficoltà economiche si chiedono spesso se, in quanto percettori del Reddito di Cittadinanza, possano fruire anche del reddito di emergenza, destinato anch’esso a nuclei familiari in difficoltà a seguito dell’emergenza dal coronavirus.

A tal proposito, è giusto sottolineare che le due misure di aiuto alle famiglie, Reddito di cittadinanza e reddito di emergenza sono incompatibili. E’ stato lo stesso ente erogatore (l’INPS) a fugare qualsiasi dubbio. Ci sono stati dei casi in cui è stato possibile accedere a entrambi i benefici, ma mai contemporaneamente.

In conclusione, il reddito di emergenza è stato fruibile con criteri di accesso meno stringenti e l’apertura ai residenti privi del vincolo dei 10 anni, il reddito di emergenza prorogato più volte e svincolato da Reddito di cittadinanza è stato richiesto, ma sempre confermando l’incompatibilità con quest’ultimo sussidio.

Anche l’ultimo messaggio INPS n. 2046 del 2021 ha dato indicazioni ben precise, ossia:

  • per l’intero periodo di fruizione del Reddito di Emergenza, il beneficiario non può percepire Il Reddito di Cittadinanza o la Pensione di Cittadinanza.

Il reddito di emergenza è stato concesso con il decreto Cura Italia di maggio 2020, ma solo per gli esclusi dal reddito di cittadinanza.

Il DL Rilancio ha affiancato il reddito di cittadinanza al REM, nel senso di dare la possibilità alle famiglie in difficoltà di ricevere una nuova misura di sostegno al reddito, che pur condividendo con il reddito di cittadinanza alcune condizioni, riuscì a raggiungere famiglie che erano state escluse totalmente dal Reddito di Cittadinanza.

Differenza tra Reddito di Cittadinanza e Reddito di Emergenza

Conoscere la differenza tra le suddette due misure riguardo ai requisiti richiesti, rende l’idea del perché siano incompatibili.

Partendo dal valore dell’ISEE, per ottenere il RdC il limite massimo è stabilito a 9.360 euro (6.000 euro in assenza di locazione abitativa). Per beneficiare del REM, questa soglia massima è aumentata a 15.000 euro.

Inoltre, il patrimonio mobiliare del Reddito di Cittadinanza non può superare i 6.000 euro, elevati a 10.000 euro a seconda della composizione del nucleo familiare. La soglia massima prevista per il REM è pari a 10.000 euro con possibilità di incrementi pari a 5.000 euro e fino ad un limite di 20.000 euro.

Gli altri requisiti discriminanti

Per accedere al Reddito di Cittadinanza si richiede la residenza in Italia da almeno dieci anni, di cui gli ultimi due consecutivi e, comunque solo al richiedente il beneficio. Il Reddito di emergenza non prende in considerazione il requisito della residenza.

Per richiedere il Reddito di Emergenza non viene preso in considerazione il requisito relativo alla presenza di veicoli intestati ai componenti della famiglia.

Per fruire del Reddito di Cittadinanza, nessun componente del nucleo familiare deve essere intestatario di veicoli immatricolati negli ultimi sei mesi, oppure negli ultimi due anni se hanno:

  • autovetture di cilindrata superiore a 1.600 cc;
  • motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc.

Il requisito del patrimonio immobiliare che non deve superare 30.000 euro nel Reddito di Cittadinanza, non appare nel Reddito di Emergenza.

Le quote mensili di REM tengono unicamente conto del numero dei componenti il nucleo familiare, il cui calcolo è riferito esclusivamente alla scala di equivalenza che la misura condivide con il RdC. La quota minima di 400 Euro viene incrementata di 160 Euro per ogni componente maggiorenne aggiuntivo, e 80 Euro per ogni minore, fino al massimo di 800 Euro (840 in presenza di disabili).

Il calcolo delle quote mensili del Reddito di Cittadinanza fa riferimento alla scala di equivalenza, tenendo conto di altri due fattori:

  • Il reddito familiare: la differenza fra questo e la quota teorica spettante definisce l’importo del contributo;
  • La presenza di un canone di locazione da pagare per le famiglie incrementa la mensilità fino a un massimo di 280 Euro.

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Reddito di cittadinanza: cosa succede se trovo lavoro?

Il Reddito di Cittadinanza è un sussidio economico erogato dal 1° gennaio 2019 come strumento di lotta contro la povertà. Ma il RdC ha anche l’intento di favorire il reinserimento nel mondo del lavoro, tanto da aver portato all’assunzione di figure professionali denominate “navigator” che avrebbero dovuto svolgere il lavoro degli uffici di collocamento, reperendo occasioni di lavoro ai percettori del Reddito di Cittadinanza. A prescindere dal suo funzionamento discutibile, perché se da una parte ha rappresentato la sopravvivenza di qualche milione di famiglie, d’altro canto, il RdC ha fallito (o quasi) nello scopo di reperire lavoro al percettore durante il periodo del beneficio. Vediamo brevemente a chi spetta il sussidio, quindi, se è compatibile con un lavoro, soprattutto a tempo parziale.

Reddito di Cittadinanza: i requisiti richiesti

  • cittadinanza italiana o di un Paese UE o ancora residente in Italia da minimo 10 anni (gli ultimi 2 continuativi);
  • ISEE aggiornato Inferiore a 9.360 euro;
  • patrimonio immobiliare fino a 30.ooo euro (prima casa esclusa);
  • patrimonio finanziario inferiore a 6.00 euro (salvo incrementi dovuti a componenti del nucleo familiare e dalla presenza di familiari disabili);
  • reddito nucleo familiare fino a 9.360 euro (se è in affitto).

Reddito di cittadinanza e nuovo lavoro

Se il percettore del RdC viene assunto durante il periodo del sussidio, deve inviare all’INPS il modello SR181-Esteso con cui segnala l’inizio della nuova attività tramite un patronato entro 30 giorni dall’assunzione. Tuttavia il reimpiego non determina automaticamente la revoca del sussidio che è compatibile con il reddito da lavoro, sempre che non si supera la soglia reddituale di accesso al Reddito di Cittadinanza.

Per sapere se il nuovo lavoro comporta la perdita del RdC, infatti, si deve verificare a quanto ammonta il reddito percepito con il nuovo lavoro. Si ricorda, che il sussidio spetta solamene a coloro il cui reddito familiare totale non sia superiore a 6.000 euro l’anno, moltiplicato per la scala di equivalenza e aumentato a 9.360 euro (in caso di domicilio in immobile in locazione da parte del nucleo familiare).

In parole più semplici, si perde totalmente il diritto al Reddito di Cittadinanza nel caso in cui, dopo tutti i calcoli effettuati, la soglia massima rimane inferiore al reddito conseguito, quindi, non si ha diritto ad alcuna integrazione. In base alle nuove disposizioni del decreto Sostegni, poi, non ci sono conseguenze negative se il nuovo lavoro non comporta un aumento del reddito familiare oltre 10mila euro, per un massimo di sei mesi.

Si può lavorare part time con il reddito di cittadinanza?

Sono in molti a chiedersi se lavorando a tempo parziale, possono beneficiare del reddito di cittadinanza. Per prima cosa, chi lavora a tempo parziale deve comunicare il tutto attraverso un modulo che tenga presente di ogni variazione della propria situazione patrimoniale e reddituale. Quindi, per comunicare all’INPS che si stanno percependo reddito da lavoro dipendente part time, ci si deve recare nella sezione del Reddito di Cittadinanza e comunicarlo con l’apposito modulo. Le variazioni vanno aggiornate ogni tre mesi per sapere se si ha ancora diritto a percepire il sussidio. Spetterà all’ente previdenziale rimodulare gli importi.

La quota base del RdC per chi lavora part time

E’ fondamentale per capirci qualcosa, tenere ben presente che la quota base del Reddito di Cittadinanza si calcola moltiplicando il corrispondente criterio della scala di equivalenza che si basa sulla composizione della famiglia, per 6.00o euro. Dal prodotto va sottratto il reddito familiare ISEE di riferimento e il valore dei trattamenti di assistenza in corso della fruizione del beneficio.

Se il percettore del sussidio inizia un’attività a tempo parziale di 600 euro al mese, con tre maggiorenni e un minorenne nel nucleo familiare, la scala di equivalenza è pari a 2. Poiché non supera i 2,1 punti previsti (2,2 punti con un familiare disabile), ecco che il sussidio non viene perso ma funge da integrazione (520 euro al mese).

Diversamente, nel caso in cui il percettore del Reddito di Cittadinanza prende 700 euro al mese e tra l’altro, in famiglia c’è solo un adulto e un minorenne, il sussidio integrante sarà solamente di 40 euro al mese.

A questo punto, è lapalissiano che tutto dipende dalla scala di equivalenza che si basa soprattutto sulla composizione della famiglia. Basti pensare, che il beneficiario del sussidio vale 1 punto, 0,4 lo vale un adulto, 0,2 lo vale un minorenne.

In parole povere, se viene superata la soglia massima reddituale di 13.200 euro, due membri che lavorano part time oppure uno che lavora full time, sarà sufficiente a perdere il sussidio.

La massima soglia ISEE, invece, è pari a 9.360 euro che tra affitto o mutuo più il calcolo della scala di equivalenza può raggiungere non più di 20.592 euro, anche in caso di familiari disabili all’interno del nucleo familiare. Se i redditi complessivi familiari, anche dati da più lavori part time superano tale soglia, si perde il diritto al sussidio.

Cosa succederà in un prossimo futuro, quando il governo Draghi cambierà le carte in tavole, Parlamento permettendo, vedremo se e come cambierà la situazione rispetto al diritto a percepire il Reddito di Cittadinanza.

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Sanzioni lavoro nero per datori di lavoro e lavoratori: guida

Sanzioni per il lavoro nero hanno l’obiettivo di essere un deterrente contro questa pratica molto comune che lede i diritti dei lavoratori non riconoscendo loro diritti basilari, come quello ad una retribuzione equa e le prestazioni del welfare.

Il lavoro nero in Italia

Il fenomeno del lavoro nero in Italia è molto sviluppato, da un’indagine condotta dall’ISTAT emerge che nel solo 2020 vale 79 miliardi di euro, pari a 4,3% del PIL. Si tratta di una vera e propria piaga sociale che ha molti risvolti, infatti vi sono oltre 3 milioni di lavoratori che non hanno alcuna tutela e assistenza. Per il loro lavoro non vengono versati contributi all’INPS e di conseguenza non maturano il diritto a prestazioni assistenziali e pensionistiche, inoltre non vengono versati i contributi INAIL e in caso di infortuni sul lavoro non sono tutelati.

Infine, non deve essere dimenticato che i loro redditi non sono tassati, quindi vi è una perdita per l’Agenzia delle Entrate, inoltre spesso non avendo redditi dichiarati usufruiscono anche di prestazioni a cui non avrebbero diritto, come il Reddito di Cittadinanza. Proprio queste connotazioni hanno portato ad un inasprimento delle sanzioni per il lavoro nero che sono a carico del datore di lavoro, ma spesso anche a carico del lavoratore. Vedremo nel prosieguo entrambe queste prospettive.

Cos’è il lavoro nero

La prima cosa da fare è delimitare il campo di applicazione: si definisce lavoro nero o sommerso/ irregolare quello in cui non vi è un regolare contratto di lavoro e il datore di lavoro non comunica  l’assunzione del lavoratore al Centro per l’Impiego territorialmente competente. La normativa stabilisce che entro le 24 ore precedenti rispetto al momento in cui il lavoratore deve iniziare a svolgere le sue mansioni, il datore di lavoro è tenuto a comunicare telematicamente attraverso il modello UNILAV l’assunzione del lavoratore al Centro per l’Impiego, tale pratica è propedeutica rispetto alle comunicazioni fatte all’INPS e all’INAIL dai centri stessi. Solo in caso di emergenza e forza maggiore è possibile far iniziare il rapporto di lavoro, ma anche in questo caso la comunicazione deve essere eseguita nel più breve termine possibile.

Sanzioni lavoro nero per il datore di lavoro

Cosa succede se il lavoratore non viene regolarmente assunto? In questi casi il datore di lavoro può essere sottoposto a pesanti sanzioni e in alcuni casi anche il lavoratore è sanzionato.

Le sanzioni per il datore di lavoro sono :

  • se il lavoratore ha maturato fino a 30 giorni di lavoro in nero si applica una sanzione pecuniaria minima di 1.800 euro e massima di 10.800 euro;
  • se il lavoratore ha maturato da 31 giorni di lavoro in nero a 60 giorni la sanzione minima è di 3600 euro e la massima di 21.600 euro;
  • nel caso in cui il lavoratore abbia maturato più di 60 giorni effettivi di lavoro nero, la sanzione minima è di 7.200 euro e la massima 43.200 euro.

Questi sono gli importi attuali, prima del 2019 erano più bassi, ma in seguito all’entrata in vigore della legge di Bilancio 2019 (legge 145 del 2018, comma 445, lettera d), tali importi sono stati sottoposti ad aumento. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha anche precisato che tali sanzioni si applicano per le condotte che si realizzano dal 2019, ciò in virtù del principio tempus  regit actum, nel caso di condotte a carattere permanente si applica la disciplina del momento in cui cessa la condotta (circolare 2 del 14 gennaio 2019).

Sanzioni lavoro nero: recidiva

Gli importi visti in precedenza sono raddoppiati in caso di recidiva. Ciò è stato oggetto di precisazione con la nota di approfondimento dell’INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro) 1148 del 5 febbraio 2019, dove precisa che “le maggiorazioni sono raddoppiate ove, nei tre anni precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti

La nota sottolinea che la recidiva si verifica quando il datore di lavoro aveva già commesso nei tre anni precedenti un illecito della medesima tipologia e questo sia stato oggetto di un provvedimento sanzionatorio diventato definitivo. La definitività di un atto si ha quando sono trascorsi i termini per l’impugnazione; nel caso in cui il datore di lavoro abbia pagato la sanzione ingiunta, oppure nel caso in cui abbia proposto impugnazione e sia stata emessa una sentenza passata in giudicato. La nota sottolinea anche che l’aumento non si applica nel caso in cui il datore di lavoro abbia sanato la sua posizione, ovvero abbia regolarizzato il lavoratore nei termini previsti dalla legge (120 giorni dalla contestazione dell’illecito), abbia proceduto al pagamento in versione ridotta ex art. 16 della L. n. 689/1981.

Quando il lavoro nero è reato?

Si è parlato fino ad ora di sanzioni di tipo amministrativo, ciò perché generalmente assumere un lavoratore in nero non è reato, vi è però un’eccezione, cioè il caso in cui sia adibito a mansioni di lavoro un clandestino irregolare.

Sanzioni per il lavoratore

Si è detto in precedenza che oltre a poter essere sanzionato il datore di lavoro, in alcuni casi è sanzionato anche il lavoratore. Occorre però fare delle precisazioni, nella materia giuslavoristica si ritiene che il lavoratore sia in una posizione deteriore, cioè in una posizione di subordinazione rispetto al datore di lavoro e di minore potere contrattuale, proprio per questo si tende a proteggere il lavoratore che magari ha accettato per un bisogno economico di lavorare in nero e senza tutele. Il discorso però cambia quando vi è una sorta di concorso tra le parti e quindi nel caso in cui lo stesso lavoratore abbia avuto dei benefici dal lavorare in nero.

Il lavoratore in nero subisce sanzioni nel caso in cui mentre lavora in nero percepisce  sussidi statali pensati per i disoccupati, oppure ottiene i vantaggi legati ad un ISEE basso, ad esempio bonus energia, pagamenti ridotti per tasse universitarie e simili. Infine, sono previste sanzioni per coloro che lavorano in nero e contemporaneamente usufruiscono del reddito di cittadinanza. Le conseguenze per il lavoratore in nero in questi casi sono davvero pesanti, infatti si devono:

  • restituire le somme indebitamente percepite;
  • vi è naturalmente l’interruzione dell’erogazioni delle prestazioni;
  • infine vi è un’incriminazione penale per falso in atto pubblico, truffa ai danni dello stato e indebita percezione di benefici.

Queste sanzioni hanno una mitigazione nel caso in cui il lavoratore percepisca la NASPI (Nuova Assicurazione Sociale per l’impiego) , in questo caso se lo stipendio erogato nell’arco di un anno è inferiore a 8.000 euro, non si applicano le sanzioni.

A breve seguiranno aggiornamenti su come denunciare il lavoro nero e diritti per i lavoratori

Assunzione percettore reddito di cittadinanza: ci sono agevolazioni per il datore di lavoro?

Il datore di lavoro che procede all’assunzione di un beneficiario del Reddito di Cittadinanza fruisce di uno sgravio contributivo e assistenziale. Tuttavia, per goderne è necessario assumere il percettore del RdC con un contratto a tempo pieno e indeterminato. D’altronde, lo scopo principale del governo è di aumentare il tasso di occupazione stabile.

I beneficiari dell’agevolazione e la natura dei contratti

Beneficiari dell’agevolazione, sono tutti i datori di lavoro privati (imprenditori e non imprenditori), compresi quelli del settore agricolo. Possono ottenere l’incentivo anche gli enti di formazione accreditati, nei casi in cui l’assunzione a tempo indeterminato e pieno (parziale su richiesta del dipendente per particolari esigenze) del percettore di Reddito di Cittadinanza si realizzi presso un altro datore di lavoro a seguito del percorso formativo svolto presso l’ente stesso.

L’assunzione deve avvenire tramite contratto di lavoro a tempo indeterminato e pieno (anche a scopo di somministrazione e in attuazione del vincolo associativo con cooperativa di lavoro ai sensi della L. 142/2001); apprendistato.

Restano esclusi i contratti a lavoro intermittente a tempo indeterminato; il lavoro a tempo indeterminato di personale con qualifica dirigenziale; lavoro occasionale; lavoro domestico.

Tipologia ed entità dell’incentivo per l’assunzione di chi beneficia del Reddito di Cittadinanza

Lo Stato ha voluto incoraggiare le assunzioni di chi fruisce del Reddito di Cittadinanza con un incentivo a favore del datore di lavoro. Nello specifico, si tratta dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali (sono esclusi dallo sgravio i premi e contributi dovuti all’INAIL) a carico del datore di lavoro e del lavoratore, nel limite dell’importo mensile del Rdc spettante al lavoratore all’atto dell’assunzione, con un tetto mensile di 780 euro, per un contratto a tempo pieno.

Se l’assunzione del fruitore del Rdc riguarda un lavoro correlato con il percorso formativo (in base al Patto stipulato tra gli Enti di formazione e i Centri per l’Impiego o le agenzie per il lavoro) l’incentivo è concesso per il 50% dell’importo (massimo 390 euro) all’Ente che ha garantito al lavoratore assunto tale percorso di formazione o di riqualificazione professionale.

La restante parte spetta al datore di lavoro che assume il beneficiario del Rdc. La durata dell’incentivo non cambia, eccetto il periodo minimo di fruizione, stabilito per questo tipo di assunzioni in sei mensilità, sia per il datore di lavoro che per l’Ente di formazione.

La durata del beneficio è pari alla differenza tra 18 mensilità e quelle mensilità di cui ha usufruito già il beneficiario del RdC fino alla data di assunzione (minimo 5 mensilità).

Nel caso in cui il Reddito di Cittadinanza conseguito dal lavoratore assunto derivasse da un rinnovo, la durata fissa dello sgravio è di 5 mensilità.

Domanda e condizioni di accoglimento di erogazione dell’incentivo

I datori di lavoro devono inviare online la domanda di ammissione all’INPS tramite modulo apposito presente sul sito dell’Istituto (sezione “Portale agevolazioni”).

L’INPS effettuerà la verifica fornendo un riscontro di accoglimento della domanda ed elaborando il piano di fruizione a determinate condizioni:

  • il datore di lavoro deve comunicare la disponibilità dei posti vacanti alla piattaforma digitale dedicata al Rdc presso l’ANPAL;
  • l’azienda che assume deve realizzare un incremento occupazionale netto del numero di dipendenti impiegati a tempo indeterminato;
  • il datore di lavoro deve essere in regola con gli obblighi contributivi e di assunzione;
  • vanno rispettati i principi generali per la fruizione degli incentivi;
  • l’assunzione non deve essere effettuata in attuazione di un obbligo preesistente, né violare il diritto di precedenza alla riassunzione di lavoratori licenziati;
  • nessuna sospensione lavorativa connessa a crisi o riorganizzazione aziendale deve essere in atto presso il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione, salvo le assunzione di lavoratori inquadrati ad un differente livello da quello posseduto dai lavoratori sospesi o da impiegare in unità produttive diverse da quelle interessate dalla sospensione;
  • nessuna assunzione di dipendenti licenziati nei 6 mesi precedenti da un datore di lavoro in correlazione con quello che assume;
  • deve esserci sufficiente capienza di aiuti de minimis in capo al datore di lavoro.

Cumulabilità e sanzioni

L’incentivo è cumulabile con le agevolazioni previste per le assunzioni effettuate nelle regioni del Sud Italia, di soggetti che non abbiano compiuto 35 anni di età ovvero di soggetti con almeno 35 anni di età che risultino privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.

L’agevolazione è cumulabile con l’incentivo Io Lavoro, ma non è cumulabile con altri regimi agevolati né con altri incentivi all’occupazione di natura economica ovvero contributiva.

E’ tenuto alla restituzione dell’incentivo (più sanzioni civili) il datore di lavoro che licenzia il lavoratore percettore di RdC entro 36 mesi dall’assunzione, a meno che non avvenga per giusta causa o per giustificato motivo.

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Chi ha partita Iva può chiedere il reddito di cittadinanza?

Il reddito di cittadinanza è per molti un quesito per il richiedente e gli aventi diritto. Oggi andremo a vedere se sia possibile o meno richiedere il reddito di cittadinanza per chi è possessore di Partita IVA.

Reddito di cittadinanza e partita IVA: possono coesistere?

Come detto, in questa breve ma esaustiva guida andremo a vedere una questione piuttosto frequente. C’è chi si domanda, frequentemente, se sia possibile richiedere il reddito di cittadinanza con la Partita IVA o se esso sia invece compatibile con altri strumenti di welfare, come ad esempio la Naspi. Innanzitutto, è bene fare chiarezza sulle basi della questione, partendo dal precisare cosa sia il reddito di cittadinanza.

Il reddito di cittadinanza non è altro che una forma di sostegno, per costituire un minimo reddito. Ovvero, un sussidio statale rivolto a quelle fasce economicamente deboli della popolazione. L’erogazione dello stesso avviene attraverso una card, mentre la somma assegnata a ciascun richiedente varia in base a diversi fattori, quali il numero di componenti del nucleo familiare, la presenza di figli minorenni, il possesso di beni immobiliari ed il calcolo di eventuali entrate extra, come lavori occasionali.

Reddito di cittadinanza, associato alla Naspi

Per coloro che percepiscono altre forme di sostegno, come la Naspi, è possibile accedere al reddito di cittadinanza.  La normativa tiene a specificare di fatto, la possibile compatibilità tra i due strumenti, tenendo naturalmente sempre in conto il reddito dato dall’Indennità di Disoccupazione. Quindi, anche in suddetto caso, l’erogazione del reddito di cittadinanza potrà essere in forma ridotta, in base anche all’ISEE ed alle dimensioni del proprio nucleo familiare.

Dunque, come funziona invece per chi volesse associare partita IVA e reddito di cittadinanza?

Sembrerebbe non esserci alcun divieto per i lavoratori autonomi, che possa impedir loro l’accesso al reddito di cittadinanza. Quindi, l’essere possessori di Partita IVA non costituisce, di per sé, un problema per ottenere il reddito.

La procedura per la richiedere il reddito è la seguente:

  • Qualora l’attività l’aveste iniziata a partire dal 2017, sarà necessario compilare il modello Rdc/Pdc – Com Ridotto e consegnare direttamente ad un CAF convenzionato il protocollo rilasciato dall’INPS, entro un massimo di 30 giorni, specificando annesso il Codice Fiscale del richiedente. Se la persona percepisce redditi di lavoro autonomo (sia con Partita IVA, ma anche in via occasionale), l’erogazione potrebbe avvenire, tuttavia, in misura ridotta.
  • Qualora, invece, l’apertura della Partita IVA avvenisse dopo la richiesta del reddito di cittadinanza, sarà necessario comunicare tempestivamente l’avvenuta variazione, in modo che l’INPS possa provvedere a verificare la validità effettiva dei requisiti.

E se invece volessimo aprire una partita IVA, successivamente alla percezione del reddito di cittadinanza?

Se si percepisce già il reddito di cittadinanza e si vuole approfittare di questo sostegno statale per potersi mettere in proprio, costituendo quindi lavoro autonomo, lo si può fare tranquillamente. Come detto poco sopra, di fatto, il sussidio ed eventuali redditi da lavoro autonomo sono compatibili, pur controllando i limiti delle soglie indicate. Sarà, quindi obbligatorio comunicarlo all’INPS, compreso il reddito che si percepisce, al fine di verificare se permangono le necessarie condizioni per ottenere il sussidio.

Reddito di cittadinanza e lavoro autonomo: cosa cambia?

E’ bene appurare un ultimo dato inerente alla questione. Per quanto riguarda il livello documentale e di tassazione non cambia nulla per IVA e IRPEF se il lavoratore autonomo percepisce anche il Reddito. Inoltre, a differenza dei compensi percepiti, il sussidio è al 100% esente da contributi e tasse.

All’interno della specifica categoria “lavoro autonomo” la normativa sul Reddito non vede distinzioni in caso in cui l’attività in corso o appena intrapresa sia semplicemente lavoro autonomo o una libera professione.

Dunque, questo è quanto di necessario ci fosse da sapere per quanto riguarda l’accostamento tra reddito di cittadinanza e apertura o possesso di Partita IVA.

Reddito di cittadinanza, requisiti, patrimonio e importi spettanti

In questi tempi in cui si apre e si chiude, si attendono segnali per poter uscire o rientrare, da case e regioni, andiamo a scoprire cosa spetta a chi cerca di risollevarsi col reddito di cittadinanza. Tutto, ma proprio tutto quello che avreste voluto sapere sul reddito, ma non avete mai osato chiedere, per citare Woody Allen.

Reddito di cittadinanza, i requisiti per chiederlo e ottenerlo

Dunque, andiamo a scoprire quali sono i requisiti necessari per poter chiedere il tanto ambito reddito di cittadinanza, in un Italia sempre più sul baratro della disoccupazione e del collasso economico sociale.

  • Occorre essere cittadino italiano o europeo, oppure congiunto ad un italiano o ad un europeo con permesso di soggiorno in Italia. Oppure titolare di protezione internazionale (che, detto così, sembra un membro dei servizi segreti).
  • Bisogna risiedere nel nostro paese da almeno 10 anni, di cui in modo continuativo, gli ultimi due anni.
  • Ovviamente, occorre essere disoccupato o inoccupato ed aver compiuto la maggiore età, di 18 anni, il sussidio è riconosciuto anche al nucleo familiare in cui si lavora, anche a tempo indeterminato, ma con redditi al di sotto di quelli stabiliti per il diritto: si parla, quindi, di eventuali rapporti di lavoro part time.
  • Occorre avere un ISEE inferiore ai 9360 euro annui.
  • Un reddito familiare inferiore ad una soglia di 6.000 euro ed un patrimonio finanziario (mobiliare) non superiore ai 6.000 euro.
  • Non devi essere intestatario, nemmeno uno dei tuoi familiari (cioè del nucleo familiare, s’intende) e non disponete pienamente di autoveicoli immatricolati la prima volta nei 6 mesi precedenti la richiesta del Reddito. Stesso discorso per navi e imbarcazioni da porto.
  • Non bisogna essere sottoposti a misura cautelare e nemmeno portare sul groppone condanne definitive.

Reddito di cittadinanza, importo spettante

Il Reddito vi sarà concesso, qualora vi fosse concesso, per un tempo di 18 mesi, il suo importo sarà mensilmente pari a quello di un decimo del valore annuale. Per calcolare il suo valore, sostanzialmente compreso tra i 480 e 9,360 euro l’anno, sarà utile indispensabile applicare la seguente formula

[(soglia massima di reddito familiare x parametro scala equivalenza – reddito familiare) + contributo locazione o mutuo] / 12 mensilità.

E, se non siete bravi in matematica (o, semplicemente, non è chiara la formula) ve lo riassumiamo così: moltiplicando la soglia massima (6.000 Euro per il RdC) per la scala di equivalenza, sottraendo il proprio reddito familiare otterrete un’importo come integrazione al reddito familiare. L’importo totale sarà diviso in 12 mensilità.

Reddito di cittadinanza, ecco alcuni esempi

Facciamo, in ultimo, alcuni esempi di RdC che potrete percepire, in base al vostro nucleo familiare ed alla vostra (presumibilmente disastrata) situazione economica. Se, ad esempio appartieni ad una famiglia composta da 2 adulti e 2 figli minorenni, il tuo nucleo familiare potrà percepire fino a 1.180 euro al mese di Reddito, di cui fino a 900 euro mensili come integrazione al reddito e 280 euro di contributo per l’affitto, oppure 150 euro di contributo per il mutuo, nel caso abbiate un mutuo in corso.

Se vivi da solo, invece, avrai diritto ad un reddito massimo di 780 euro mensili, dei quali 500 euro come integrazione al reddito e 280 euro di contributo per l’affitto, oppure 150 euro di contributo per il mutuo, sempre se hai un mutuo in corso. Se, invece sei un facente parte di una famiglia composta da 2 adulti, 1 figlio maggiorenne e 2 figli minorenni, il tuo nucleo familiare avrà diritto ad un RdC fino a 1.330 euro al mese, con una integrazione al reddito fino a 1.050 euro e un contributo per l’affitto o per il mutuo pari a, rispettivamente, 280 euro o 150 euro;

Come fare domanda per il Reddito di Cittadinanza

Dunque, se fate parte di tutte quelle categorie indicate nel primo paragrafo ed il vostro quadro economico non è, quindi, dei migliori vi occorre sapere la modalità per esporre la fatidica domanda per il Reddito di Cittadinanza. Potrete fare domanda nei seguenti modi:

  • Attraverso un CAF o un patronato di competenza
  • Facendo richiesta attraverso uno sportello postale
  • Attraverso il portale web www.redditodicittadinanza.gov.it, previa autenticazione per mezzo SPID;
  • Oppure, attraverso il portale online della sempreverde INPS, previa identificazione con PIN Inps o una carta d’identità elettronica 3.0 o con una carta Nazionale dei servizi (CNS).

Si chiarifica, in ultimo, ma non ultimo, che ci sono, poi, delle regole a cui sottostare, per il mantenimento e percepimento del RdC. Di fatto, per poter accedere al beneficio, dovrai, innanzitutto, rendere la Dichiarazione di Immediata Disponibilità al lavoro (DID) entro 30 giorni dall’accoglimento. E quindi attivarti a sostituire, quanto prima, il ricevimento del Reddito, con una adeguata opportunità di lavoro e/o di formazione al lavoro.

Dunque, dopo aver letto tutti i passaggi di questa rapida ma esaustiva guida al Reddito di Cittadinanza, non vi resta che farvi due conti nelle vostre tasche, sperando che ancora non abbiano i buchi e catapultarvi, se ne siete beneficiari a fare domanda per ottenere il tanto ambito Reddito.