Partite Iva a regime forfettario: da quando scatta l’obbligo della fattura elettronica?

L’obbligo della fattura elettronica per le partite Iva a regime forfettario è a un passo dall’adozione definitiva, ma non è ancora scattato. Il Consiglio Ue ha approvato la proposta dell’Italia di estendere l’adozione della fattura elettronica anche ai contribuenti del forfettario e, con tutta probabilità, nel corso del 2022 l’obbligo diventerà operativo. Ma ancora non lo è. È necessario che lo Stato emani innanzitutto una norma che introduca l’obbligo della fatturazione elettronica alle partite Iva forfettarie e ai minimi.

Cosa significa che il Consiglio Ue ha accolta la proposta di adozione della fattura elettronica anche ai forfettari?

La richiesta al Consiglio Ue dell’Italia di estendere l’adozione della fattura elettronica alle partite Iva del regime forfettario è stata approvata dall’organo istituzionale europeo. La relativa decisione è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Europea (Guce) numero 454 del 17 dicembre 2021. Tale richiesta è stata accolta precedentemente dalla Commissione europea che ha accettato il documento di proposta Com/681 del 2021. Nel documento di proposta sono elencati i vantaggi conseguiti dall’Italia nell’adozione della fattura elettronica per tutti gli altri soggetti obbligati: tale obbligo rimarrà in vigore fino a tutto il 2024.

Quali vantaggi si sono avuti finora dall’adozione della fatturazione elettronica alle partite Iva?

Per l’Italia, l’adozione dell’obbligo della fattura elettronica a tutte le partite Iva, a esclusione dei forfettari, finora ha comportato:

  • il potenziamento della lotta all’evasione fiscale e alle frodi inerenti l’Iva con contestuale riduzione dei tempi per l’individuazione dei comportamenti scorretti;
  • la possibilità, per le partite Iva, di poter utilizzare dei servizi supplementari, come i registri di acquisto e di vendita precompilati, le dichiarazioni annuali Iva precompilate, il prospetto della liquidazione periodica Iva e i moduli di pagamento;
  • la semplificazione degli obblighi delle partite Iva mediante la soppressione della comunicazione dei dati di fatturazione sulle operazioni nazionali e le dichiarazioni Intrastat sugli acquisti.

Partita Iva regime forfettario, ci sono dei costi da sostenere per la fatturazione elettronica?

L’obbligo di emettere fattura elettronica non dovrebbe comportare costi e oneri amministrativi alle partite Iva a regime forfettario. In primo luogo perché oltre il 10% dei forfettari, pur non avendone l’obbligo, utilizza già la fatturazione elettronica. In secondo luogo, l’Agenzia delle entrate ha già messo a punto una piattaforma (on line e tramite applicazione mobile) che consente ai soggetti obbligati alla fatturazione elettronica di poterle trasferire, conservare e consultare.

Fatturazione elettronica alle partite Iva a regime forfettario: cosa avviene ora?

Con il via libera della Commissione europea e del Consiglio Ue, adesso spetta all’Italia decidere se annullare l’esonero per le partite Iva a regime forfettario e dei minimi introducendo, dunque, l’obbligo di adozione della fattura elettronica. Per arrivare a tale obbligo è necessaria l’adozione di una norma nazionale da inserire nell’ordinamento italiano. In attesa dell’estensione dell’obbligo, ad oggi le partite Iva forfettarie sono tenute a emettere le fatture elettroniche nei rapporti con la Pubblica amministrazione. Non sono obbligate, invece, nei rapporti con le imprese e con i consumatori privati.

Le partite Iva a regime forfettarie sono obbligate a ricevere la fattura in formato elettronico?

Secondo la normativa attuale, le partite Iva a regime forfettarie non sono obbligate a ricevere le fatture elettroniche. Possono ricevere dal fornitore la copia analogica della fattura nel formato cartaceo o in pdf, via email o a mano. A scelta, e in alternativa, i forfettari possono comunicare ai fornitori un indirizzo di posta elettronica certificato (Pec) o il codice destinatario per ricevere le fatture in formato elettronico. La ricezione avviene alla propria casella Pec o attraverso il canale telematico accreditato. Ad oggi, in ogni modo, la partita Iva a regime forfettario non è obbligata a conservare le fatture in formato elettronico usando la conservazione sostitutiva. Tuttavia persiste l’obbligo di conservare le fatture di acquisto nel formato cartaceo anche se il soggetto ha ricevuto la fattura tramite la posta elettronica certificata (Pec) oppure attraverso il codice destinatario.

Aiuti Covid: come si dichiarano per partite Iva forfettarie, semplificate e dei minimi

Gli aiuti a fondo perduto ricevuti dallo Stato per far fronte all’emergenza sanitaria ed economica dovranno essere dichiarati anche dalle partite Iva in regime forfettario, semplificato e dei minimi. Tuttavia, se è certo che bisogna indicare i contributi a fondo perduto, più dubbia è la segnalazione dei bonus, ad esempio quello di 600 euro.

Dove si indicano gli aiuti Covid nella dichiarazione dei redditi?

I lavoratori autonomi e i professionisti che hanno ricevuto i sostegni a fondo perduto per il Covid nel 2020 dovranno darne indicazione nel modello di dichiarazione dei redditi nel quadro RE. Per le partite Iva a regime forfettario o dei minimi, in sede di dichiarazione, il quadro di riferimento è quello LM.

Dichiarazione redditi 2021: quali sono gli aiuti che vanno indicati

Se gli aiuti a fondo perduto vanno indicati nella dichiarazione dei redditi, diverso è il caso delle indennità a importo fisso. Le istruzioni riguardanti l’indicazione degli aiuti Covid ai professionisti fanno riferimento, in particolare, al decreto legge numero 18 del 2020 e al successivo Dl numero 34 del 2020. Il primo provvedimento aveva previsto, per i contribuenti, l’indennità di 600 euro riferita al mese di marzo 2020 e destinata, tra le altre categorie, ai liberi professionisti che avevano la partita Iva attiva alla data del 23 febbraio 2020 e iscritti alla gestione separata dell’Inps.

L’indennità 600 euro del 2020

Il decreto 34 del 2020 aveva previsto, a favore degli stessi provvedimenti, un’altra indennità di 600 euro relativa al mese di aprile e una ulteriore, di mille euro, riferita a maggio. Tuttavia, per quest’ultima indennità, i professionisti, oltre all’iscrizione alla gestione separata Inps, dovevano dimostrare di aver subito una diminuzione del reddito di almeno il 33% del secondo bimestre 2020 rispetto al reddito dello stesso periodo del 2019.

Professionisti iscritti alle Casse

Anche ai professionisti iscritti alle Casse previdenziali hanno percepito un aiuto Covid. I provvedimenti di riferimento sono l’articolo 44 del decreto legge numero 18 del 2020 e il decreto ministeriale del 28 marzo 2020. L’indennità, tuttavia, è stata riconosciuta nel rispetto di precisi tetti di reddito e di condizioni di regolarità contributiva.

Dichiarazione redditi: il quadro RE degli aiuti ai professionisti

Dalle istruzioni ministeriali non sembrerebbe sussitere l’obbligo di dichiarazione delle indennità per i professionisti nella compilazione del quadro RE. Gli aiuti, tra l’altro, non potrebbero essere inseriti nella colonna 1 del rigo RE 3, quello destinato alle somme a fondo perduto. E nemmeno nella colonna 2 destinata ad altri proventi che non concorrono alla determinazione del reddito e, pertanto, non tassabili.

Il quadro LM della dichiarazione dei redditi: forfettari e minimi

Varia, invece, il il tipo di dichiarazione per gli autonomi che devono compilare il quadro LM. Questo quadro è riservato:

  • ai conribuenti cosiddetti minimi del regime di vantaggio ex articolo 27 del decreto legge 98 del 2011;
  • le persone fisiche rientranti nel forfettario della legge 190 del 2014.

I primi dovranno compilare la sezione I del quadro LM, nello specifico la colonna 2 del rigo LM 2. I forfettari, invece, dovranno comilare la sezione II del modello LM, precisamente la colonna 2 del rigo LM 33. Questo rigo indica le indennità e i conributi percepiti di qualsiasi natura in conseguenza dell’emergenza sanitaria. Nello stesso rigo non possono essere indicati i sostegni esistenti già prima della fase di emergenza da chiunque erogati e indipendentemente dalle modalità di contabilizzazione e di fruizione.

Indennità 600 e 1000 euro del 2020

Peraltro, le indennità di 600 e 1000 euro dovrebbero rientrare in quest’ultimo rigo. Tuttavia, si attendono maggiori chiarimenti ministeriali in merito all’inesistenza, nel quadro RE, di un rigo riservato a queste indennità. In entrambi i quadri, inoltre, non devono esssere indicati i crediti d’imposta accordati per le sanificazioni e l’adeguamento degli ambienti. Sul punto, gli autonomi non devono indicare neanche il bonus affitti. Tutti questi benefici vanno indicati nel quadro RU. Tuttavia il bonus sugli affitti e il credito per l’adeguamento degli ambienti vanno inseriti anche nle quadro RS.

Le nuove partite Iva nel 2015

Non sono del tutto inattesi i dati dell’Osservatorio Iva del Mef, resi noti nei giorni scorsi riguardo all’apertura delle partite Iva nel 2015. Secondo i numeri, circa il 29% delle partite Iva aperte lo scorso anno è stato attivato in regime agevolato, sia come regime dei minimi sia come regime forfettario.

Le due tipologie di regime agevolato che si sono divise il mercato nel 2015 hanno fatto registrare una netta prevalenza del regime dei minimi (70%), rispetto al regime forfettario, che si è attestato sul rimanente 30%. Nemmeno inatteso il picco di adesioni al regime agevolato da parte delle nuove partite Iva nel mese di dicembre, l’ultimo mese utile per aderirvi.

Rispetto al 2014, però, le nuove partite Iva aperte sono calate sensibilmente: -10,7%. L’Osservatorio del Mef ha registrato che la maggior parte delle nuove aperture ha riguardato le persone fisiche, 71,5% contro il 22% delle società di capitali, tra le quali la più scelta è stata la società a responsabilità limitata semplificata (Srls).

Interessante lo spaccato delle nuove partite Iva tra le persone fisiche: il 19,4% è stato aperto da persone non nate in Italia, mentre quasi la metà (46%) è stata aperta da soggetti under 35. Una spia della voglia di imprenditorialità o della difficoltà a entrare nel mercato del lavoro dipendente?

Partite Iva e regime forfettario: che cosa cambia nel 2016 – Parte II

Dopo aver parlato ieri di condizioni di accesso, requisiti ed esclusioni per le partite Iva dal nuovo regime forfettario previsto per il 2016, oggi dedichiamo un breve approfondimento su coefficienti di reddito, tassazione e previdenza.

Nuovo regime forfettario: coefficienti di reddito e limiti di fatturato o ricavi annuali

I limiti di fatturato o di ricavi per le partite Iva e il loro relativo coefficiente di redditività sono legati alla natura dell’attività svolta, che dipende dai diversi codici ATECO. Per semplificare il quadro, qui sotto un riepilogo di limiti di fatturato, ricavi e redditi, oltre al coefficiente di redditività e le radici dei relativi codici ATECO, in ordine crescente.

  • Industrie alimentari e delle bevande (10-11): coefficiente redditività al 40%, limite fatturato/ricavi 45mila euro;
  • Commercio all’ingrosso e al dettaglio [45 – (da 46.2 a 46.9) – (da 47.1 a 47.7) – 47.9]: coefficiente di redditività al 40%; limite ricavi/fatturato 50mila euro;
  • Commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande (47.81): coefficiente di redditività al 40%; limite fatturato/ricavi 40mila euro;
  • Commercio ambulante di altri prodotti (47.82 47.8): coefficiente di redditività al 54%; limite fatturato/ricavi 30mila euro;
  • Costruzioni e attività immobiliari (41-42-43)-(68): coefficiente di redditività all’86%; limite fatturato/ricavi 25mila euro;
  • Intermediari del commercio (46.1): coefficiente di redditività al 62%; limite fatturato/ricavi 25mila euro;
  • Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (55-56): coefficiente di redditività al 40%; limite fatturato/ricavi 50mila euro;
  • Attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari ed assicurativi (64-65-66) -(69-70-71-72-73-74-75)-(85)-(86-87-88): coefficiente di redditività al 78%; limite fatturato/ricavi 30mila euro;
  • Altre attività economiche (da 01 a 03 a 05 a 09), (da 12 a 33, da 35 a 39), (49-50-51-52-53)-(58-59-60-61-62-63)-(77-78-79-80-81-82)-(84)-(90-91-92-93)-(94-95-96)-(97-98)-(99): coefficiente di redditività al 67%; limite fatturato/ricavi 30mila euro.

Nuovo regime forfettario: tassazione

Viene introdotta l’imposta sostitutiva come unica forma di imposizione fiscale per le partite Iva che godono del regime forfettario, in sostituzione di Irpef e Irap e senza versamento di Iva.

  • aliquota dell’imposta sostitutiva al 5% per i primi 5 anni;
  • aliquota dell’imposta sostitutiva al 15%.dal sesto anno.

Nuovo regime forfettario e regime previdenziale

Con il nuovo regime forfettario per le partite Iva, i contributi Inps saranno calcolati sul reddito determinato a forfait sulla base dei criteri fiscali. In questo modo gli iscritti alla gestione Inps artigiani e commercianti non si vedranno applicato il minimale contributivo, con un vantaggio finanziario immediato ma, sul lungo termine, con un montante contributivo accumulato più basso.

Confermata per il 2016 al 27,72% l’aliquota contributiva per le partite Iva non iscritte agli albi professionali e le partite Iva iscritte alla Gestione Separata Inps. Dall’1 gennaio 2016 sale al 24% dall’attuale 23,5% l’aliquota contributiva dovuta dalle partite Iva o che siano assicurati con altre forme di previdenza obbligatoria.

Partite Iva e regime forfettario: che cosa cambia nel 2016 – Parte I

Se le partite Iva sono a rischio povertà, anzi, sono proprio con l’acqua alla gola, il modo per mettere da parte qualche soldino lo possono trovare se guardano nel dettaglio alle novità che, tra poco meno di un mese (dall’1 gennaio 2016), entreranno in vigore proprio per le partite Iva in scia alla Legge di Stabilità 2016.

La novità più importante riguarda il fatto che le uniche partite Iva a regime agevolato saranno quelle con il regime forfettario, mentre il regime dei minimi potrà essere mantenuto fino alla sua scadenza di 5 anni o fino al compimento del 35esimo anno di età da parte del partitivista.

Chi volesse aderire ancora all’attuale regime dei minimi ha la possibilità di farlo aprendo le partite Iva entro il 31 dicembre 2015, a queste condizioni:

  • tetto di ricavi a 30mila euro/anno;
  • tassazione al 5%;
  • durata del regime dei minimi al massimo per 5 anni; di più solo se il contribuente, al 5° anno, non ha ancora compiuto 35 anni.

Altrimenti, le principali novità per le partite Iva a decorrere dall’1 gennaio 2016 sono le seguenti.

Nuovo regime forfettario: condizioni di accesso e requisiti per accedervi

  • non aver sostenuto spese per collaboratori superiori a 5mila euro lordi;
  • non aver conseguito compensi o ricavi superiori ai limiti indicati nell’allegato della Legge di Stabilità 2016; tali compensi o ricavi variano a seconda del codice Ateco delle diverse partite Iva;
  • non aver superato i 20mila euro lordi di costi per l’ammortamento di beni strumentali.

Nuovo regime forfettario: esclusioni

  • contribuenti non residenti, salvo che non producano almeno il 75% del proprio reddito in Italia, garantendo un cospicuo scambio di informazioni;
  • regimi speciali Iva o regime forfettari per la determinazione del reddito;
  • partite Iva che svolgano come attività principale cessioni di mezzi di trasporto nuovi, fabbricati o terreni edificabili.

Domani ci occuperemo di coefficienti di reddito, tassazione e previdenza.

Il gran ballo delle partite Iva

Ancora una volta il governo mischia le carte sulle partite Iva. Questa volta, però, sembra farlo con l’intento non di passare a condizioni peggiorative ma, per quanto possibile, migliorative. Del resto, dell’importanza dei professionisti e delle partite Iva per la crescita economica e sociale del Paese, esponenti governativi e non si riempiono la bocca da tempo, ma è un dato di fatto che le misure fiscali più agevolate vanno spesso a favore della media e grande industria.

Sia come sia, con la legge di Stabilità 2016 arriveranno alcune importanti novità per le partite Iva, specialmente per quello che riguarda il regime dei minimi. Reintroduzione dell’aliquota al 5% per i primi 5 anni di attività, appunto per il regime dei minimi, con la reintroduzione della soglia di ricavi a 30mila euro per i professionisti.

Il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti ha posto come obiettivo di questa ennesima riforma un beneficio per le start up e i piccoli professionisti, la maggior parte dei quali sono partite Iva.

Questa misura è una boccata di ossigeno per centinaia di migliaia di professionisti e di partite Iva. Infatti, con la revisione del regime dei minimi operata nel 2015 il limite di ricavi era stato dimezzato e portato da 30mila a 15mila euro, con un’imposta forfettaria triplicata, dal 5 al 15%.

Una misura che aveva suscitato proteste e malcontento, soprattutto perché andava nella direzione esattamente opposta rispetto a quelli che, da sempre, sono stati gli intendimenti di questo governo nei confronti del popolo delle partite Iva. Una levata di scudi che aveva indotto l’Esecutivo a far coesistere fino al 31 dicembre 2015 il nuovo e vecchio regime.

Per evitare però che il 2016 diventi un bagno di sangue per una categoria già duramente provata dalle ricadute della crisi, ecco nel 2016 il nuovo regime dei minimi col tetto dei ricavi a 30mila euro per i liberi professionisti e all’aliquota al 5% per i primi 5 anni di attività. Di fatto, in ritorno al passato, con le medesime condizioni di convenienza che partite Iva avevano con il vecchio regime dei minimi.

Abbiamo detto che l’introduzione di queste soglie è una boccata di ossigeno per numerose partite Iva: secondo le stime del ministero dell’Economia, questa modifica del regime dei minimi riguarda 1 milione e 800mila partite Iva che nel 2014 hanno dichiarato redditi a di sotto dei 30mila euro.

Nuove partite Iva sempre più over

Quando il ministero delle Finanze diffonde i dati sulle aperture di nuove partite Iva, da alcuni mesi a questa parte non ci sono sorprese eclatanti. In realtà, però, i dati sulle partite Iva aperte a settembre offrono qualche spunto di riflessione in più, a partire dal ritorno del segno positivo: +0,2% rispetto allo stesso mese del 2014, per un totale di 41.763 nuove posizioni.

L’Osservatorio sulle partite Iva del ministero rileva anche che il 74,7% delle partite Iva è stato aperto da persone fisiche, il 20% da società di capitali, il 4,5% da società di persone.

I dati più interessanti arrivano però analizzando la segmentazione per fasce di età delle nuove partite Iva. Risulta infatti che quasi la metà delle nuove posizioni è stata aperta da persone al di sotto dei 35 anni (47,7%) mentre, dato significativo, le partite Iva aperte da over 50 crescono del 9% anno su anno. Un dato figlio della difficoltà di queste persone a reinserirsi nel mondo del lavoro dipendente una volta che ne sono state estromesse.

Se si guarda poi alla distribuzione geografica delle nuove partite Iva, il 42,4% di loro è localizzato al Nord, il 23% al Centro e il 34,4% al Sud e nelle isole. Gli aumenti più significativi anno su anno si registrano in provincia di Trento (+14,4%), in Sardegna (+8,6%) e in Toscana (+7,1%), mentre i cali più marcati arrivano da Molise (-9,7%), Marche (-7,9%) e Campania (-5,7%).

I settori nei quali si registrano gli aumenti maggiori di nuove partite Iva sono l’istruzione (+35,1%), l’agricoltura (+10,2%), la sanità e l’assistenza sociale (+9%). Giù i trasporti (-12,6%), le attività immobiliari (-5,6%) e ancora una volta l’edilizia (-5,1%).

Le nuove partite Iva sono ancora per la maggior parte al maschile (62,4%), mentre si registra ancora una netta prevalenza della scelta del regime dei minimi, al quale hanno aderito 10407 soggetti contro i 3.399 soggetti che hanno scelto il nuovo regime forfetario.

Legge di Stabilità e partite Iva

La Legge di Stabilità 2016 impatterà su alcuni aspetti della fiscalità delle famiglie e sulle agevolazioni fiscali per le aziende, ma anche su quello che è il target primario del nostro giornale, il popolo delle partite Iva.

La Legge di Stabilità interviene infatti sul regime dei minimi introducendo una specie di ibrido tra il vecchio regime dei minimi e il regime forfettario approvato con la Legge di Stabilità del 2015. L’ipotesi per il nuovo regime dei minimi considera infatti un’aliquota del 5% su guadagni fino a 30mila euro e per i primi cinque anni di attività, passati i quali la tassazione salirà al 15%. Cala anche l’aliquota per le start-up, che si dimezza al 5% dal precedente 10%.

Novità importante anche per le partite Iva senza cassa previdenziale, per le quali la Legge di stabilità considera l’aliquota contributiva Inps bloccata al 27,72%, anziché sottoposta all’innalzamento graduale che era stato previsto fino a raggiungere il 33,72%.

Tornando all’aliquota forfettaria, il dettato della Legge di Stabilità prevede che si possa applicare solo fino a quando persistono i requisiti di reddito. Per il calcolo dell’imponibile, la legge prevede l’applicazione ai ricavi di coefficienti diversi a seconda delle diverse categorie professionali:

  • 30mila euro per i professionisti, dai precedenti 15mila;
  • 30mila euro per artigiani e imprese, dai precedenti 20mila;
  • 50mila euro per i commercianti, dai precedenti 40mila;
  • 50 mila euro per alberghi e ristoranti;
  • 40mila euro per gli ambulanti di bevande e alimentari e bevande;
  • 30mila euro per gli ambulanti di altri prodotti.

Novità importante prevista dalla Legge di Stabilità è l’accesso al nuovo regime dei minimi anche per i dipendenti e i pensionati con un’attività in proprio, purché lo stipendio o la pensione siano inferiori a 30mila euro l’anno.

Ricordiamo che, oltre alla importante revisione del regime dei minimi, la Legge di Stabilità 2016 interviene anche su alcune agevolazioni fiscali per i professionisti e per le società di persone. Per queste ultime ci un’agevolazione fiscale che prevede l’innalzamento della franchigia di deduzione Irap a 13mila euro dai precedenti 10.500. I professionisti potranno invece avvalersi di un’agevolazione fiscale sulle spese di formazione, che saranno interamente deducibili dal reddito fino a 10mila euro all’anno.

Partite Iva, redditi e coefficienti di calcolo

Sono molte le novità che aspettano le partite Iva nel 2016, specialmente sotto il profilo della fiscalità. Sotto questo punto di vista è importante segnalare il regime unico forfettario che sostituisce il regime dei minimi, affiancato da un innalzamento del livello di tutela per le partite Iva a regime ordinario.

Il nuovo regime dei minimi pone un limite alle imposte che i professionisti devono versare, fissandole al 5% degli utili dichiarati per i primi 5 anni di attività, dopo i quali aumenta al 15%. In questo caso vi è una differenza sostanziale con la situazione attuale, nella quale il regime dei minimi può essere mantenuto anche oltre cinque anni e anche se i titolari di partite Iva hanno già compiuto 35 anni.

Rimane assodato che il requisito principale e più forte per poter aderire al regime dei minimi o rimanervi con il passare degli anni è il tetto massimo dei ricavi, che deve essere di 30mila euro a seconda dell’attività esercitata dalle diverse partite Iva. Da ricordare che le modifiche sono ancora in discussione a Senato e Camera e che, tra queste modifiche, non c’è il pagamento di Irap e Iva da parte dei contribuenti.

Infine, ricordiamo per comodità i ricavi e i relativi coefficienti delle attività delle partite Iva per calcolare l’imponibile da versare.

  • 40% con reddito max di 45mila euro: industrie alimentari e delle bevande;
  • 40% con reddito max a 50mila euro: commercio all’ingrosso e al dettaglio
  • 40% con reddito max a 40mila euro: commercio ambulante di alimentari e bevande;
  • 40% con reddito max a 50mila euro: servizi di alloggio e ristorazione;
  • 54% con reddito max a 30mila euro: commercio ambulante di altri prodotti;
  • 62% con reddito max 25mila euro: intermediari del commercio;
  • 67% con reddito max a 30mila euro: altre attività;
  • 78% con reddito max a 30mila euro: attività professionali, tecniche, scientifiche, sanitarie e di istruzione;
  • 86% con reddito max a 25mila euro: attività immobiliari e costruzioni.

Revisione del de minimis, il ruolo del CoLAP

Il CoLAP rivendica il proprio ruolo determinante nella riformulazione del de minimis di cui si sta discutendo in questi giorni nell’ambito delle misure di semplificazione fiscale allo studio del Governo e lo fa partendo dalle recenti dichiarazioni del viceministro dell’Economia e delle Finanze Casero: “Nella Legge di Stabilità si reintrodurrebbe l’aliquota al 5% per i primi 5 anni di attività poi al 15%, ristabilendo per la categoria dei professionisti la soglia di 30.000 euro, senza stavolta alcun limite di età”.

La proposta di riformulazione del de minimis – ricorda la Presidente del CoLAP Nazionale Alessandrucciè una delle nostre proposte contenute nella Road Map del CoLAP. Speriamo che sia davvero questa la formulazione che troveremo nella stabilità, non vorremmo scherzetti dell’ultimo minuto come l’anno scorso dove si prese una bella cantonata con il regime proposto. Il Governo apra le interlocuzioni con gli interessati, possiamo insieme costruire una proposta sostenibile e davvero incentivante per i professionisti. Vogliamo contribuire alla ripresa del Paese anche pagando le tasse, ma è necessario renderle giuste, eque e sostenibili”.

La stabilità ha dei compiti importanti per incoraggiare la ripresa del nostro Paese – continua la Alessandruccie per questo non si possono lasciare fuori i professionisti; necessaria la revisione del de minimis, ma il settore professionale italiano necessita di altri provvedimenti, non solo fiscali: dobbiamo agire sulla semplificazione, sulla competitività, sulla maggiore apertura del mercato professionale. Le nostre proposte racchiuse nella Road Map CoLAP sono uno spunto importante da cui partire, vorremmo trovare essere ascoltati, non per rivendicare, ma per costruire insieme”.

Fungeremo da esempio – conclude la Presidente -: questo è il nostro modo costruttivo di contribuire alla ripresa del nostro Paese”.