Partite Iva a regime forfettario: ecco quanto si paga di tasse mediamente con la flat tax

Dall’elaborazione dei dati sulle statistiche fiscali del ministero dell’Economia e delle Finanze sulle dichiarazioni dei redditi del 2021 emergono i guadagni delle partite Iva a regime forfettario. Tra aderenti alla flat tax e vecchi minimi, sono 1,7 milioni le partite Iva iscritte al regime fiscale di vantaggio. Tuttavia, considerando le nuove aperture di partita Iva, potrebbe essere stato già superato il tetto dei due milioni di contribuenti che scelgono il regime agevolato. In tutto, dalla flat tax arriva un gettito di imposte pari a 2,3 miliardi di euro per un prelievo fiscale di oltre 1.550 euro per partita Iva.

Partite Iva a regime forfettario, quante sono nel 2022?

Dall’elaborazione dei dati del ministero dell’Economia e delle Finanze emerge che il numero di partite Iva a regime agevolato (forfettari e vecchi minimi) ha superato quota 1,7 milioni. Se si aggiungono le nuove aperture (nel 2021 sono state più di 239 mila le nuove partite Iva forfettarie) e quelle del 1° trimestre del 2022 (all’incirca 100 mila nuove aperture), nell’anno in corso si supereranno abbondantemente i due milioni di partite Iva a regime di flat tax.

Partite Iva flat tax, quanto guadagnano mediamente?

I dati, inoltre, evidenziano che le partite Iva a regime di flat tax (con imposta del 15% o del 5% nei primi cinque anni di attività), pagano un volume di imposte pari a 2,3 miliardi di euro. Le informazioni sono tratte dalle dichiarazioni dei redditi del 2021 per l’anno di imposta 2020. Il valore medio di imposta pagato mediamente, dunque, è di 1.556 euro all’anno per ciascuna partita Iva. Il reddito imponibile, sul quale calcolare il carico fiscale, è di 18,9 miliardi di euro che, suddiviso per tutte le partite Iva a regime agevolato, produce un reddito medio di 12.961 euro. Il valore è in diminuzione rispetto all’anno di imposta 2019 (prima del Covid). Infatti, tre anni fa il guadagno medio era di 13.895 euro.

Quante sono complessivamente le partite Iva in Italia?

In totale, considerando tutti i regimi fiscali, il numero delle partite Iva in Italia è pari a 3,7 milioni di contribuenti. Meno della metà aderisce alla partita Iva forfettaria o al regime dei minimi. Sette partite Iva forfettarie su dieci concentrano la propria attività in quattro macro settori:

  • attività professionale, tecnica e scientifica pari al 35%;
  • commercio al dettaglio e all’ingrosso, pari al 14,6%;
  • sanità e assistenza sociale per l’11,9%;
  • altre attività di servizi per l’8%.

Qual è l’imposta media che pagano le partite Iva forfettarie a seconda dei settori di attività?

I dati forniscono anche le differenze di imposta media pagata dalle partite Iva a regime forfettario a seconda del settore di attività. In particolare, dai dati del ministero dell’Economia e delle Finanze emerge che:

  • attività immobiliari con partita Iva a regime forfettario pagano mediamente 2.230 euro all’anno;
  • le attività finanziarie e assicurative, 2.040 euro all’anno;
  • attività professionali, tecniche e scientifiche 1.910 euro all’anno;
  • attività di estrazione di minerali da cave e miniere, 1.890 euro;
  • le attività di costruzioni, 1.870 euro;
  • attività di fornitura di acqua; di reti fognarie; di attività di gestione dei rifiuti e di risanamento 1.820 euro;
  • attività sanitarie e di assistenza sociale, 1.570 euro;
  • le attività di fornitura di energia elettrica; gas; di vapore; di aria condizionata 1.520 euro;
  • i servizi di informazione e di comunicazione, 1.500 euro;
  • le attività manifatturiere, 1.330 euro.

 

 

 

Dichiarazione dei redditi partite Iva: tutte le date

Ecco quali sono le date da rispettare per le partite Iva nella dichiarazione dei redditi 2022. In questa guida illustreremo quando e come si pagano le tasse e le varie scadenze fiscale dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti. In particolare è necessario prestare attenzione:

  • al versamento del saldo 2021 e del primo acconto;
  • alle modalità da seguire per il calcolo;
  • al secondo acconto;
  • alla dichiarazione dei redditi.

Partite Iva e lavoratori autonomi: a giugno il pagamento del saldo e del primo acconto

A giugno, le partite Iva e i lavoratori autonomi dovranno versare il saldo e il primo acconto. Per le partite Iva aperte nel corso del 2021 si tratterà del debutto nel versamento delle imposte. Infatti, la legislazione nazionale prevede che la tassazione sul reddito imponibile venga calcolata e poi versata a partire dal mese di giugno dell’anno susseguente, in concomitanza con la dichiarazione dei redditi. La scadenza è dunque fissata al 30 giugno 2022.

Partite Iva e liberi professionisti: entro il 30 giugno 2022 versamento del saldo e della prima rata

Le partite Iva e i liberi professionisti attivi già da anni, a giugno devono fare il calcolo di quanto versare sulla base di quanto già pagato nell’anno precedente. Infatti, nel 2021 sono state già versate o le ritenute a titolo di acconto o di acconti di imposta. E, pertanto, entro il 30 giugno 2022 dovrà essere pagato il saldo e la prima rata dell’acconto dell’Irpef, dell’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) o dell’imposta sostitutiva per le partite Iva a regime forfettario.

Versamento imposte partite Iva al 30 giugno 2022, si può pagare dopo?

Il primo pagamento di giugno relativo al saldo e alla prima rata delle partite Iva e dei lavoratori autonomi può essere differito di 30 giorni. Non è necessario che ci sia una motivazione da dimostrare, ma la scadenza può essere posticipata al 30 luglio prossimo. Considerando che nel 2022 il 30 luglio capita di sabato, si può procedere con il versamento entro il 2 agosto. Infine, data la pausa estiva, l’ultima data utile disponibile per il pagamento del saldo e della prima rata è quella del 22 agosto 2022. Tuttavia, pagare in ritardo rispetto al 30 giugno il saldo e la prima rata comporta l’addebito degli interessi al tasso dello 0,4%.

Imposte delle partite Iva, come si può rateizzare quanto dovuto?

Le partite Iva possono anche rateizzare gli importi dovuti al 30 giugno a titolo di imposte. Sia che scelgano la scadenza del 30 giugno prossimo che quella del 22 agosto, l’importo da versare può essere rateizzato con scadenza dell’ultima rata al 30 novembre 2022. A questa data corrisponde anche il versamento del secondo acconto. Il pagamento di quanto dovuto può essere effettuato solo on line, utilizzando il modello F24.

Partite Iva, come si calcola il saldo e il primo acconto?

Per il calcolo del saldo di imposta, le partite Iva dovranno considerare:

  • il reddito imponibile e la dichiarazione dei redditi;
  • le detrazioni e le deduzioni;
  • quanto già versato nel corso del 2021 come acconto.

Nel momento in cui si determina il saldo dell’imposta del precedente anno, si definisce anche quale acconto dovrà essere pagato. Tale acconto andrà a saldo nel 2023.

A quanto ammonta l’acconto delle partite Iva?

L’imposto dell’acconto delle partite Iva corrisponde al totale dell’imposta dichiarata nell’anno 2022. Il contribuente, tuttavia, nel caso in cui preveda delle riduzioni della propria attività autonoma, può versare a titolo di acconto un importo inferiore. Nel momento in cui viene definito il totale dell’acconto, dovrà essere pagato subito, entro il 30 giugno 2022, il 40% dell’acconto stesso. Le partite Iva forfettarie rientranti negli Indici sintetici di affidabilità (Isa), versano a titolo di acconto il 50%.

Partite Iva e liberi professionisti: entro quando va pagato il secondo acconto?

Il versamento del secondo acconto delle partite Iva e dei liberi professionisti ha scadenza al 30 novembre 2022. Entro questa scadenza, i lavoratori autonomi dovranno pagare la restante parte, ovvero il 60% (o il 50% dei soggetti Isa). Si tratta dell’acconto per il prossimo anno, da versare in via obbligatoria. Nel caso in cui l’acconto dovesse non eccedere l’importo di 257,52 euro, è possibile versarlo in un’unica soluzione con scadenza al 30 novembre 2022. In questo caso, non dovrà essere pagato nulla a giugno.

Dichiarazioni dei redditi delle partite Iva e professionisti: quali sono le date da ricordare?

La dichiarazione della dichiarazione dei redditi delle partite Iva tramite il modello Persone fisiche (Pf) deve essere presentata da tutti i lavoratori autonomi, indipendentemente dall’aver conseguito dei redditi nel periodo di imposta 2021. È quanto prevede l’Agenzia delle entrate con il provvedimento dello scorso 31 gennaio. Pertanto, anche le partite Iva che nello scorso anno non abbiano conseguito guadagni sono tenute a presentare il modello Persone fisiche.

Entro quando deve essere inviato il modello Persone fisiche dai titolari di partita Iva?

Il modello Pf deve essere inviato entro la scadenza del 30 giugno prossimo se si provvede mediante la compilazione del modello cartaceo. In tal caso, il modello va inviato da un ufficio postale. Nel caso in cui si scelga di inviare il modello Pf on line, la scadenza è al 30 novembre prossimo. Lo può inviare direttamente il contribuente o il proprio commercialista.

Regime forfettario e pos in negozio, tutte le novità dell’estate

Regime forfettario e pos in negozio sono sostanzialmente due le novità a partire da quest’estate per i professionisti e le piccole imprese, quali?

Regime forfettario e pos in negozio, gli obblighi di fatturazione

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.L. 30 aprile 2022, n. 36 (cd. decreto PNRR-2) sono entrati in vigore nuovi obblighi in materia di fatturazione elettronica.  Tuttavia gli obblighi sono a carico dei forfetari e dei cd. “soggetti minori”. Soprattutto in materia di accettazione dei pagamenti con carte di debito e credito.

In particolare l’art. 18 del decreto dispone in particolare che:

  • sono estesi, a decorrere dal 1° luglio 2022, gli obblighi di fatturazione elettronica ai soggetti attualmente esonerati, ai sensi dell’art. 1, comma 3, del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 127, ovvero:
  1. i soggetti rientranti nel “regime di vantaggio” di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 luglio 2011, n. 111;
  2. i soggetti che applicano il regime forfetario di cui all’art. 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
  3. le associazioni sportive dilettantistiche che hanno esercitato l’opzione di cui agli artt. 1 e 2, della Legge 16 dicembre 1991, n. 398. Ma che nel periodo d’imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a 65.000 euro.

Regime forfettario e pos, i soggetti che rimangono esclusi

Ci sono dei soggetti, che pur aderenti al regime forfettario, rimangono esclusi dall’obbligo di fatturazione elettronica. Infatti, restano esclusi dall’obbligo fino al 2024, i soggetti passivi che percepiscono ricavi e compensi non superiori a 25.000 euro.

Al riguardo si prevede inoltre che per il terzo trimestre del periodo d’imposta 2022, le sanzioni di cui all’art. 6, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, non si applichino ai soggetti ai quali l’obbligo di fatturazione elettronica è esteso a decorrere dal 1° luglio 2022, se la fattura elettronica è emessa entro il mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione. 

Le operazione e i pagamenti con il POS

Altra novità importante per le imprese è quello di dotarsi di POS. Cioè è un dispositivo che permette di accettare pagamenti con carta di credito, debito e prepagata attraverso la lettura di un chip. Le novità riguardano le sanzioni. Infatti si applicheranno dal 30 giugno 2022 – anziché dal 1° gennaio 2023 – le sanzioni nei confronti dei soggetti che effettuano attività di vendita di prodotti o prestazioni di servizi, anche professionali, che rifiutino di accettare un pagamento effettuato con carte di debito/credito tramite POS.

La sanzione fissa è pari a 30 euro, cui si aggiunge il 4% del valore della transazione per la quale è stato rifiutato il pagamento elettronico. Si ricorda che per pagamento elettronico si intende il sistema che prevede l’utilizzo di specifici strumenti e procedure che permettono il trasferimento virtuale del denaro, senza il suo passaggio fisico. Tuttavia il mezzo di pagamento elettronico maggiormente utilizzato è la carta di pagamento, che si dividono in carta di credito, di debito e prepagata.

Gli elementi che rimangono invariato nel regime forfettario

Rimangono invariate le semplificazioni previste ai fini Iva e per le imposte dirette a carico dei proprietari di partiva Iva. Per quanto riguarda le semplificazioni ai fini Iva, da un coloro che applicano il regime forfettario non addebitano l’Iva in fattura. Dall’altro non è possibile detrarre l’IVA sugli acquisti. Su questo aspetto infatti non è modificato nulla. Inoltre:

  • non liquidano l’imposta;
  • nessun obbligo di presentazione della dichiarazione annuale Iva;
  • non devono comunicare all’Agenzia delle entrate le operazione rilevanti ai fini Iva;
  • nessun obbligo di registrare le fatture emesse, ricevute e i corrispettivi.

Tuttavia i contribuenti, che applicano il regime forfettario, hanno l’obbligo di:

  • numerare e conservazione delle fatture di acquisto e le bollette doganali;
  • certificare i corrispettivi;
  • integrare le fatture per le operazioni di cui risultano debitori di imposta con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta, da versare entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni, senza diritto alla detrazione dell’imposta relativa.

Inoltre i soggetti professionisti o piccole imprese, che aderiscono al regime forfettario, non sono sottoposti agli studi di settore e nemmeno alla tenuta delle scritture contabili.

 

 

 

Partite Iva forfettarie, regime flat tax verso gli 85mila euro

Il meccanismo di flat tax delle partite Iva a regime forfettario potrebbe vedersi elevare il proprio limite di ricavi e di compensi annui da 65 mila euro a 85 mila euro. L’innalzamento della soglia, tuttavia, non è l’unica novità attesa nel disegno di legge delega fiscale. Infatti, nelle intenzioni del governo c’è la riforma della ritenuta d’acconto, da eliminare progressivamente insieme alla mensilizzazione degli acconti. Inoltre, si stanno facendo passi avanti nella direzione del cashback fiscale, la misura che consente di monetizzare subito la percentuale detraibile di determinate spese.

Aumento del regime di flat tax delle partite Iva forfettarie a 85 mila euro: si tratta di uno scivolo

L’aumento della soglia di ricavi e di compensi delle partite Iva a regime forfettario a 85 mila euro non è una estensione definitiva da subito. Si tratterebbe di uno scivolo di 20 mila euro, rispetto ai 65 mila euro attuali, che consente a chi sfori il tetto massimo di ricavi annuali, di non dover passare al regime ordinario di partita Iva. In altre parole, lo scivolo servirebbe a preparare il terreno verso un progressivo innalzamento della soglia di ricavi e compensi annuali di chi è in regime di flat tax. La soglia di 85 mila euro è l’obiettivo finale della riforma delle partite Iva a regime forfetario.

Novità dalla legge fiscale, interventi sull’eliminazione della ritenuta d’acconto

Ulteriori novità sono attese dalla legge fiscale per quanto concerne la ritenuta d’acconto e la mensilizzazione degli acconti. In entrambi i casi, si tratterebbe di un progressivo avvicinamento all’eliminazione dei due strumenti. Inoltre, molte delle attese sono anche per il cashback fiscale. La proposta del Movimento 5 stelle è una delle novità emerse in Commissione Anagrafe Tributaria a chiusura dell’indagine conoscitiva sulla digitalizzazione e interoperabilità delle banche dati fiscali.

Cashback fiscale in arrivo nella legge fiscale, che cos’è?

Il disegno di legge delega di riforma fiscale, dunque, contiene la nuova misura di cashback fiscale che consente ai contribuenti di vedersi accreditare e monetizzare nell’immediato il beneficio fiscale ottenuto da varie spese detraibili. Tali spese sono disciplinate dall’articolo 15 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). Per esempio, se si acquistano farmaci, con il nuovo meccanismo fiscale non si dovrà più attendere la dichiarazione dei redditi per la detrazione del 19% delle spese sostenute. Il beneficio fiscale potrà essere incassato nell’immediato, mediante l’accredito diretto sul conto corrente bancario fornito dal contribuente.

Cashback fiscale, quando è previsto il debutto?

Il disegno di legge delega della riforma fiscale dovrebbe trovare approvazione definitiva al Senato entro la fine di giugno di quest’anno. Nel caso in cui i relativi decreti attuativi venissero adottati in tempi rapidi, il cashback fiscale potrebbe debuttare già a partire dal 2023. Si tratterebbe di immettere nel sistema, e quindi nelle tasche dei contribuenti, liquidità, della quale ce n’è bisogno. Anche se si tratta di somme relativamente basse.

Cashback fiscale, come si utilizza?

Avvalersi del nuovo meccanismo di cashback fiscale non comporta particolari adempimenti da parte del contribuente. Infatti, quest’ultimo dovrà semplicemente comunicare al venditore di un prodotto o al prestatore di un servizio di volersi avvalere del cashback fiscale (al posto della detrazione fiscale nella dichiarazione dei redditi) nel momento in cui sostiene la spesa. Il venditore o chi presta il servizio dovrà comunicare all’anagrafe tributaria che il contribuente vuole usufruire del cashback fiscale per la spesa sostenuta.

Cashback fiscale, come avviene il rimborso?

Si tratta di un sistema che già ha avuto una sperimentazione molto simile nel momento in cui è rimasto in vigore il Cashback di Stato che permetteva il rimborso del 10% sulle spese effettuate con relativo pagamento con sistemi tracciabili. Le detrazioni sulle spese sostenute e ammesse arriveranno direttamente sul conto corrente del contribuente e notificate mediante l’applicazione Io. In questo modo, il contribuente non dovrà più attendere e certificare le spese sostenute nell’anno di imposta nella dichiarazione dei redditi.

Partite Iva forfettarie e a regime ordinario: come si calcola l’imposta su acquisti e vendite?

Come si calcola l’imposta dovuta dalle partite Iva a seconda che aderiscano al regime forfettario o a quello ordinario? Il regime forfettario è, ad oggi, quello più gettonato per decidere di aprire un’attività autonoma o da libero professionista. Sono infatti notevoli i vantaggi, in termini di imposte e di semplificazioni fiscali, a favore del sistema di favore delle partite Iva. Secondo le ultime rilevazioni effettuate dall’Osservatorio sulle partite Iva, nello scorso anno sono state 239 mila le posizioni aperte aderenti al regime forfettario. L’aumento è stato dell’11% rispetto al 2020. Il che significa che circa il 43% delle nuove aperture di partite Iva è stata effettuata verso il regime di flat tax che assicura un’aliquota d’imposta del 15% (del 5% per i primi cinque anni di nuova attività).

Vantaggi nella scelta della partita Iva a regime di flat tax: semplicità di contabilità

Tra i vantaggi riscontrabili nell’apertura della partita Iva a regime forfettario (o di flat tax) rispetto a quella a regime ordinario c’è la semplicità della contabilità.  Le partite Iva a regime forfettario, infatti, hanno una gestione dell’Iva di molto differente rispetto ai lavoratori autonomi con partita Iva ordinaria. Gli autonomi in regime di flat tax non addebitano l’Iva nella fattura alla propria clientela nel momento in cui vendono una prestazione o un bene.

Partita Iva flat tax, non c’è bisogno di liquidazioni periodiche o dichiarazioni dell’Iva

Inoltre, nel caso di acquisto di un bene o di una prestazione, i forfettari non devono detrarre l’Iva pagata in fattura, come avviene nel regime ordinario. Ciò, dunque, dal punto di vista operativo e contabile rappresenta un vantaggio non di poco conto nella gestione della partita Iva. Infatti, non è necessario effettuare le liquidazioni periodiche dell’Iva. Inoltre, il professionista o l’autonomo forfettario non devono presentare la dichiarazione Iva per i contribuenti.

Tassazione a confronto partite Iva flat tax e ordinarie: il vantaggio del forfettari

Un vantaggio consistente della partita Iva a regime forfettario risiede nel confronto di tassazione a proprio favore rispetto al regime ordinario. In primis la tassazione è più bassa per alcune tipologie di contribuenti forfettari come gli artigiani e i commercianti. Le due categorie possono godere di uno sconto opzionale del 35% sui contributi versati all’Inps annualmente. Le altre categorie rientranti nella flat tax non hanno lo stesso sconto contributivo ma una percentuale che per il 2022 è pari al 25,72% calcolata sull’imponibile ottenuto forfettariamente, e dunque non su tutti i ricavi percepiti. Inoltre, la tassazione è esclusa dalle aliquote Irpef e si applica al 15% o al 5% nei primi cinque anni di attività.

Gestione dell’Iva nel regime ordinario e semplificato: quali vantaggi?

Rispetto alla partita Iva a regime forfettario, gli autonomi del regime ordinario e semplificato devono applicare l’Iva sulla cessione dei beni o sulla prestazione dei servizi. Dunque, autonomi e professionisti devono addebitare l’Iva verso il cliente che sta acquistando il bene o il servizio e poi versarla allo Stato ogni tre mesi od ogni mese. Allo stesso tempo, sugli acquisti di beni e di servizi le partite Iva ordinarie devono detrarre l’Iva pagata dal totale dell’Iva dovuto sulle vendite. Il che significa che ogni bene venduto o servizio reso genera un’Iva a debito il cui importo viene detratto dall’Iva pagata sugli acquisti dai fornitori. E pertanto, almeno parte dell’Iva pagata ai fornitori può essere recuperata.

Partite Iva a regime ordinario, il meccanismo dell’Iva a debito e a credito

Quest’ultimo passaggio dell’Iva a debito e a credito rappresenta una valutazione di non poco conto nella scelta tra partita Iva a regime forfettario o a regime ordinario. Infatti, la partita Iva forfettaria può convenire ai lavoratori autonomi che non hanno tanta Iva da detrarre. A maggior ragione che, in questa situazione, hanno una più ampia semplificazione nella gestione dell’Iva, non dovendo procedere con il versamento mensile (o trimestrale) e con la dichiarazione Iva. Tale regime, tuttavia, può non produrre gli stessi vantaggi nel caso in cui il lavoratore autonomo procede con investimenti e acquisti che generano un notevole quantitativo di Iva a credito. Con il regime di flat tax questo credito verrebbe perduto. Al meccanismo dell’Iva a credito e a debito, si aggiunge la tassazione del regime ordinario che deve essere calcolata secondo le normali aliquote Irpef.

Partite Iva a regime forfettario e ordinario: quale scegliere?

Al contrario, la partita Iva a regime forfettario è certamente non vantaggiosa se gli investimenti e gli acquisti per svolgere l’attività sono notevoli. In questi casi, sarebbe meglio scegliere un altro regime di partita Iva. Ma nella scelta deve certamente essere fatta una valutazione dell’imposta, di sicuro più alta nel regime ordinario. E dunque chiedersi se il recupero dell’Iva compensa la maggiore imposizione fiscale del regime ordinario.

Fattura elettronica, quali nuove partite Iva sono obbligate?

Quali sono le nuove partite Iva a regime forfettario obbligate ad adottare la fattura elettronica dal 1° luglio 2022? Il limite minimo di compensi e di ricavi di 25 mila euro, tiene fuori dall’obbligo ancora tanti professionisti, circa la metà degli avvocati e dei consulenti del lavoro in base ai compensi dichiarati nell’anno di imposta 2020. Ecco cosa avverrà a partire tra meno di due mesi.

Partite Iva a regime forfettario: nuovo obbligo di adottare la fattura elettronica, per chi?

Il decreto legge numero 36 del 2022 ha introdotto l’obbligo di adottare la fattura elettronica anche ai soggetti finora esonerati. In primis le partite Iva forfettarie. L’obbligo scatta a partire dal 1° luglio 2022 per tutti i lavoratori autonomi che, nel precedente anno, abbiano conseguito volumi di compensi e di ricavi eccedenti i 25 mila euro.

Fattura elettronica ai forfettari, fino al 30 settembre 2022 regime transitorio

I nuovi contribuenti obbligati alla fatturazione elettronica potranno beneficiare del regime transitorio dal 1° luglio al 30 settembre 2022. In questo periodo non verranno applicate le sanzioni per chi non emetta la fattura elettronica nei termini dovuti. I nuovi soggetti, infatti, avranno come scadenza il mese successivo a quello dell’operazione per emettere fattura nel formato elettronico.

Fattura elettronica, quali sono le sanzioni previste per chi non emette il documento nelle modalità previste?

Per le partite Iva che non emettano fattura nei modi e nei termini previsti, si applica la sanzione che va dal 5% al 10% del corrispettivo non documentato. Se la violazione non è rilevante ai fini della determinazione del reddito la sanzione va da 250 a 2 mila euro. L’adozione della fattura elettronica a partire dal 1° luglio per i nuovi soggetti obbligati potrebbe determinare alcune difficoltà di gestione dei documenti che fino al 30 giugno potranno continuare a essere emessi nella modalità cartacea.

Fattura elettronica ai forfettari, vantaggi e difficoltà di adozione del formato elettronico

Alcune partite Iva che rientreranno tra i nuovi soggetti obbligati potrebbero pensare di rimandare, quanto più possibile, l’adozione della fattura elettronica dopo il 30 giugno prossimo. In ogni modo, tra le obiezioni che si stanno facendo c’è quella dell’aumento dei costi per l’utilizzo di software adeguati. L’Agenzia delle entrate mette a disposizione una propria piattaforma di gestione delle fatture e di invio ai clienti tramite il Servizio di interscambio (Sdi). Il servizio è gratuito. Sulle difficoltà di utilizzo del nuovo sistema, in molti confermano che dopo poche emissioni, si prende dimestichezza e si possono valutare i vantaggi nell’aver adottato un sistema che permette l’invio e la conservazione dei documenti in maniera facilitata dall’elettronica.

Chi sono i nuovi soggetti obbligati alla fattura elettronica?

Tra i nuovi obbligati ad adottare la fattura elettronica, sono circa la metà gli avvocati che sono sotto la soglia dei 25 mila euro di compensi e di ricavi annui e che, dunque, potranno continuare ad utilizzare il formato cartaceo. Infatti, nel 2020 su 241.830 avvocati, circa la metà, pari a 118.695 avvocati, hanno dichiarato redditi alla Cassa forense non eccedenti i 25 mila euro. Proiettando il dato dei compensi e dei ricavi all’anno 2021, circa la metà dei professionisti dovrebbe rimanere fuori dall’obbligo di fattura elettronica. La stesso prospettiva riguarda i consulenti del lavoro. L’Enpacl calcola che 12.731 professionisti hanno superato la soglia dei 25 mila euro di ricavi e compensi nel 2020. Quasi altrettanti ne sono al di sotto (11.541 professionisti).

Chi dovrà aderire alla fattura elettronica tra i professionisti?

Tra i professionisti che dovranno aderire in massa al nuovo regime di fattura elettronica rientrano i commercialisti e gli esperti contabili. Considerando che avranno l’obbligo i forfettari con volumi di ricavi e di compensi da 25 mila e 65 mila euro (limite della flat tax), solo poco più di 14 mila professionisti appartenenti alla categoria sono al di sotto dei 25 mila euro. La stragrande maggioranza (oltre 67 mila professionisti) ha avuto volumi di ricavi e di compensi sopra i 25 mila euro nel 2020.

Utilizzare la fattura elettronica, tutto ciò che c’è da sapere

Dal 1° luglio 2022 scatterà l’obbligo di utilizzare la fattura elettronica anche per le partite Iva a regime forfettario, finora esonerate. Persiste un tetto di ricavi e di compensi al di sotto del quale l’utilizzo del formato elettronico sarà ancora una scelta. Si tratta delle piccole partite Iva che non superano i 25 mila euro di ricavi e di compensi. Per tutte le partite Iva sopra questa soglia cambia tutto. Ecco quali sono i consigli e le indicazioni da seguire per non commettere errori a chi si affaccia per la prima volta alla fattura elettronica.

Obbligo di fattura elettronica per le partite Iva forfettarie: da quando?

A distanza di un paio di mesi dell’entrata in vigore dell’obbligo di adozione della fattura elettronica alle partite Iva forfettarie risulta necessario adeguarsi ai nuovi strumenti. Il relativo provvedimento, il decreto legge “Pnrr 2”, che verrà pubblicato nei prossimi giorni nella Gazzetta Ufficiale, stabilisce che l’obbligo di fattura elettronica per i soggetti finora esonerati scatterà il 1° luglio 2022 e rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2024. L’esonero per le partite Iva a regime forfettario che hanno compensi e ricavi non eccedenti i 25 mila euro rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2023. Anche le nuove partite Iva che verranno aperte nel 2022 potranno scegliere se aderire alla fattura elettronica oppure no. In ogni modo, il passo è stato già segnato e, obblighi normativi a parte, l’adozione della fattura elettronica potrebbe rappresentare una svolta nell’organizzazione del proprio lavoro e della propria attività.

Quali differenze ci sono tra la fattura elettronica e quella cartacea?

Le differenze sostanziali tra la fattura elettronica e quella cartacea risiedono nella modalità di compilazione, di invio e di conservazione dei documenti. La fattura elettronica, rispetto a quella cartacea, deve essere compilata telematicamente mediante l’utilizzo di un personal computer, di uno smartphone o di un tablet. Dunque dal 1° luglio prossimo, i soggetti rientranti nell’obbligo di adozione del formato elettronico dovranno abbandonare il vecchio “blocco fatture” di carta. L’invio della fattura, poi, dovrà essere effettuato mediante il servizio messo a disposizione dall’Agenzia delle entrate del Sistema di interscambio (Sdi). La piattaforma verifica che i dati della fattura siano completi e corretti e consegna il documento elettronico al destinatario. Il sistema, dunque, permette di abbandonare le vecchie modalità di recapito.

Partite Iva a regime forfettario, come compilare la fattura elettronica?

Le modalità di compilazione della fattura elettronica consistono nell’utilizzare software specifici che elaborano il documento nel formato Xml. Il software si può utilizzare gratuitamente dal portale dell’Agenzia delle entrate “Fatture e corrispettivi”, oppure avvalersi dei tanti servizi offerti da aziende specializzate. Tuttavia, l’utilizzo del formato elettronico consente, tra i vari vantaggi, di non dover compilare tutti i campi per le fatture da inviare allo stesso destinatario. I dati, infatti, possono essere memorizzati per poi procedere alla compilazione veloce del documento. I campi da “popolare” nella fattura elettronica sono gli stessi presenti nella fattura cartacea: non vi sono, dunque, più dati da inserire.

Quali sono i campi più importanti per l’invio della fattura elettronica?

Rispetto alla fattura cartacea, per l’invio di quella elettronica è necessario disporre di un indirizzo telematico al quale il cliente desidera ricevere il documento. Si possono utilizzare, per l’invio, sia il codice destinatario che l’indirizzo di posta elettronica certificata (Pec). Se il cliente non comunica al mittente della fattura nessuno dei due dati, si può inviare la fattura elettronica al Sistema di interscambio che, in ogni modo, non potrà consegnarla al cliente ma la renderà reperibile nell’area personale del cliente stesso sul portale dell’Agenzia delle entrate. In questi casi, sarebbe meglio fornire anche una copia cartacea della fattura al cliente, ricordandogli che si tratta di una copia del documento di cortesia.

Partite Iva a regime forfettario: quali codici utilizzare nella fattura elettronica?

Le partite Iva a regime forfettarie, nell’utilizzo dei software per l’emissione della fattura elettronica, devono utilizzare il codice RF 19 – Regime forfettario. Oltre al codice, la fattura necessita della marca da bollo di due euro per gli importi eccedenti i 77,47 euro. In tal caso, la piattaforma dell’Agenzia delle entrate permette l’inserimento del bollo in modalità elettronica pagando le marche da bollo dovute anche a cadenza trimestrale. Inoltre, per le partite Iva a regime forfettario è fondamentale utilizzare la dicitura: “Operazione senza applicazione dell’Iva, effettuata ai sensi dell’articolo 1, commi da 54 a 89, legge numero 190 del 2014 così come modificato dalla legge numero 208 del 2015 e dalla legge numero 145 del 2018”.

Invio della fattura elettronica: come essere sicuri che è andato a buon fine?

Infine, tra le diciture da utilizzare nella fatture elettroniche emesse da una partita Iva a regime forfettario è occorrente indicare sempre il codice “Ivan 2.2 – Non soggette altri casi”. Si tratta, infatti, di prodotti e di servizi in regime forfettario e, pertanto, non soggetti ad applicazione dell’Iva. Una volta terminata la compilazione, la partita Iva invia la fattura elettronica tramite il Sistema di interscambio al destinatario. Al mittente arriva una ricevuta telematica di corretto invio del documento. Può arrivare anche una ricevuta di “corretta consegna” se il documento, oltre a essere stato compilato correttamente, è stato anche ricevuto dal destinatario.

Cosa succede se il destinatario non riceve la fattura elettronica emessa?

Nel caso in cui la fattura elettronica non arrivi a destinazione, il mittente riceve una ricevuta di “mancato recapito“. In tal caso, è necessario verificare il perché e se i dati sono stati correttamente inseriti, compresi il codice destinatario o l’indirizzo Pec. Le fatture elettronica vanno numerate progressivamente per anno. Il numero deve essere unico e riferito alla progressività della data di emissione. Dunque, anche la fattura elettronica deve avere una data di emissione e un numero progressivo unici.

Conservazione delle fatture elettroniche: come si fa?

L’emissione della fattura elettronica comporta anche l’obbligo di conservarle. La conservazione non si fa scaricando la fattura sul computer o su memorie esterne, ma tramite i sistemi di conservazione messi a disposizione (anche dall’Agenzia delle entrate) dai fornitori dei software. La corretta conservazione dei documenti elettronici evita l’applicazione di sanzioni. Ulteriori sanzioni possono essere applicate nel caso di invio errato della fattura elettronica. Infatti, alla ricezione del messaggio di errore nell’invio, è necessario procedere con un altro invio nel termine di cinque giorni. In questo caso, la data e il numero della fattura devono essere uguali al documento risultato errato.

Cosa fare se si sbaglia a inserire informazioni su una fattura elettronica?

In tutti gli altri casi, se l’errore è presente nei dati interni alla fatturazione (e il Sistema di interscambio non ha rilevato errori) è necessario:

  • emettere una nota di variazione;
  • inserire una nota di credito;
  • emettere una nuova fattura.

A tale verifica deve provvedere chi emette la fattura elettronica. Infatti, il Sistema di interscambio non segnala l’errore ed esita la fattura come “emessa”.

Fattura elettronica, per le partite Iva forfettarie sanzioni per irregolarità di 500 euro

Il decreto legge “Pnrr 2” riorganizza le sanzioni per le irregolarità relative alla fattura elettronica per le partite Iva a regime forfettario. L’utilizzo del documento elettronico è previsto per gli operatori in regime forfettario per volumi annui di compensi e di ricavi superiori a 25 mila euro a partire dal 1° luglio 2022 secondo quanto prevede l’articolo 18 decreto legge “Pnrr 2”. Ma anche per le violazioni dovute per la mancata accettazione dei pagamenti elettronici effettuati tramite Pos, bancomat e carte di credito sono previste sanzioni che entreranno a regime dal 30 giugno 2022.

Quale sanzione spetta alle partite Iva forfettarie per il mancato utilizzo della fattura elettronica?

Per le partite Iva forfettarie, il mancato utilizzo della fattura elettronica comporterà una sanzione amministrativa tra il 5% e il 10% di quanto non documentato con un minimo di imposto pari a 500 euro. Inoltre, quando la violazione non rileva ai fini della determinazione del reddito la sanzione amministrativa parte da un minimo di 250 euro fino a un massimo di 2 mila euro. Le sanzioni amministrative entreranno a regime a decorrere dal quarto trimestre del 2022.

Regime transitorio, per i forfettari da luglio a settembre un mese di tempo per emettere la fattura elettronica

Fino a tutto il terzo trimestre (dal 1° luglio al 30 settembre 2022) le partite Iva forfettarie beneficeranno del regime transitorio. Ovvero, la mancata emissione della fattura elettronica non comporterà l’applicazione della sanzione a patto che le partite Iva forfettarie emettano il documento elettronico entro il mese successivo a quello nel quale sia stata fatta la relativa operazione. L’obbligo di utilizzo della fattura elettronica vigerà fino al 31 dicembre 2024.

Sanzioni per mancato utilizzo di Pos per accettare i pagamenti elettronici con carte di credito e bancomat

Il decreto “Pnrr 2” anticipa anche le sanzioni a carico di commercianti ed esercenti per il mancato utilizzo del Pos per l’accettazione dei pagamenti elettronici con carte di credito e bancomat. A partire dal 30 giugno 2022, anziché dal 1° gennaio 2023, i commercianti che non accetteranno i pagamenti con Pos e carte di credito saranno soggetti a una sanzione amministrativa del valore di 30 euro fissi, più il 4% del valore della transazione.

Fattura elettronica, obbligo a partite Iva forfettarie: quali nuovi costi e adempimenti?

L’estensione dell’obbligo della fattura elettronica anche al regime forfettario aumenta costi e adempimento alle partite Iva. Si tratta della conseguenza delle novità che il governo si appresta a varare per l’attuazione delle misura di attuazione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) nell’ambito della legge fiscale. Nell’articolo 15 della bozza del provvedimento è prevista l’estensione della fatturazione elettronica ai soggetti finora esonerati fino al 31 dicembre 2024. L’obbligo dovrebbe scattare a partire dal 1° luglio 2022. Tuttavia, rimarranno esonerate le piccole partite Iva con limite di ricavi e di compensi entro i 25 mila euro.

Fattura elettronica, quali sono i nuovi soggetti e partite Iva soggetti all’obbligo?

L’estensione dell’obbligo di fattura elettronica alle partite Iva a regime forfettario era tra gli interventi più attesi in materia fiscale. Infatti, l’Italia già il 13 dicembre 2021 aveva recepito la decisione di esecuzione dell’Unione europea numero 2251 che prevedeva l’estensione dell’obbligo ai soggetti finora esonerati. La modifica che il governo si appresta ad apportare è quella al comma 3 dell’articolo 1, del decreto legislativo numero 127 del 2015. Il provvedimento ha previsto l’introduzione della fatturazione elettronica esonerando dall’obbligo determinati soggetti, ovvero:

  • i soggetti in regime di vantaggio;
  • quelli forfettari;
  • le associazioni che esercitano l’opzione prevista dagli articoli 1 e 2 della legge numero 398 del 1991 per compensi commerciali che non eccedano i 65 mila euro nel precedente anno.

Obbligo di fattura elettronica alle partite Iva forfettarie: cosa cambia dal 1° luglio 2022?

L’obbligo di utilizzo della fattura elettronica scatterà, per i nuovi soggetti prima esonerati, a decorrere dal 1° luglio 2022. Tra gli adempimenti fiscali richiesti, vi rientrano:

  • l’utilizzo della fattura elettronica verso i soggetti residenti. Per il terzo trimestre di quest’anno la fatturazione elettronica vige senza le sanzioni se i documenti risultano emessi entro il mese successivo a quello nel quale viene effettuata l’operazione;
  • la fatturazione elettronica verso i non residenti, attualmente con scelta tra la modalità cartacea o elettronica. Dal 1° luglio 2022 comporterà invece l’adempimento dell’esterometro disciplinato dal comma 3 bis. In particolare, per le relative operazioni, a partire dal prossimo luglio scatterà l’obbligo di trasmettere le informazioni inerenti le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in entrata o in uscita da e verso soggetti non residenti nel territorio italiano. La trasmissione dovrà avvenire in via telematica. L’adempimento, dunque, comporta la scelta dell’alternativa della fattura elettronica più l’esterometro, oppure della sola fattura elettronica.

Fattura elettronica, nuovi adempimenti per le partite Iva che fanno acquisti su internet da soggetti non residenti

La fattura elettronica per le operazioni da e verso i soggetti non residenti comporterà, dunque, maggiori adempimenti soprattutto per le partite Iva che effettuano acquisti via internet da soggetti non residenti nel territorio nazionale. Il passaggio comporterà dei costi perché i nuovi soggetti tenuti ad adempiere alle norme difficilmente potranno gestire questo tipo di operazioni, almeno inizialmente, senza il sostegno di un commercialista o di un professionista. Peraltro, a differenza della fattura elettronica, la gestione dell’esterometro dovrà avvenire entro il 15esimo giorno successivo a quello dell’operazione.

Altri adempimenti legati all’estensione dell’obbligo di fattura elettronica

Per quanto concerne gli altri adempimenti legati all’estensione dell’obbligo di fattura elettronica, gli acquisti in reverse charge dai fornitori residenti, attualmente comporta per i forfettari la reverse charge con il versamento dell’Iva attraverso il modello F24. A partire dal prossimo luglio, tale regime rimarrà invariato. Varierà invece, con obbligo di esterometro a decorrere da luglio prossimo, l’acquisto intracomunitario di beni sotto la soglia annua di 10 mila euro dai fornitori comunitari senza l’iscrizione al Vies.

Fattura elettronica ed esterometro, gli adempimenti che comportano l’iscrizione al Vies

La procedura serve per le autorizzazioni a compiere operazioni intracomunitarie, ovvero di vendita o di acquisto di beni o di servizi da e verso altri Paesi dell’Unione europea.  Fino al prossimo luglio, ai forfettari è imposto la sola conservazione, con l’Iva pagata al fornitore dell’Unione europea. Da luglio sarà necessario l’esterometro con la particolarità di ottemperare all’adempimento al più tardi entro il 15 del mese susseguente all’operazione.

Fattura elettronica, quali altre operazioni necessiteranno dell’esterometro?

Per gli altri acquisti territoriali da non residenti, che non siano importazioni, attualmente le partite Iva forfettarie utilizzano la reverse charge con versamento dell’Iva attraverso il modello F24. Da luglio prossimo, il versamento dell’Iva con il modello F24 sarà accompagnato dall’esterometro. Obbligo, dell’esterometro, che vigerà anche per tutti gli altri acquisti non territoriali che, ad oggi, non prevedono alcun adempimento. Da luglio sarà obbligatorio l’esterometro con termine al massimo entro il 15 del mese susseguente a quello dell’operazione.

 

Fattura elettronica ai forfettari dal 1° luglio 2022, chiesto il rinvio

L’obbligo di fattura elettronica alle partite Iva a regime forfettario scatterà a decorrere dal 1° luglio 2022. Il provvedimento non è stato ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ma varie categorie chiedono il rinvio al prossimo anno. L’obbligo di abbandonare il vecchio sistema delle fatture cartacee e di adottare il formato elettronico, tuttavia, non colpirà la generalità delle partite Iva a regime forfettario. Infatti, nel decreto si prevede l’esclusione dei lavoratori autonomi in regime di vantaggio con compensi e ricavi fino a 25 mila euro. Il decreto, inoltre, prevede l’obbligo di fatturazione elettronica fino al 31 dicembre 2024.

Fattura elettronica, si chiede che l’obbligo alle partite Iva forfettarie scatti il 1° gennaio 2023

Tuttavia, sull’estensione della fattura elettronica alle categorie finora esonerate emergono richieste di rinvio della data di decorrenza da varie parti. Ovvero di modificare la bozza del decreto entrata nel Consiglio dei ministri (e già corretta con il tetto minimo dei 25 mila euro voluto dal ministro per lo Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti) facendo decorrere l’obbligo dal 1° gennaio 2023. Il problema principale è di carattere pratico nella gestione, durante l’anno e a partire dal 1° luglio prossimo, di due tipologie di fatture, quelle cartacee e quelle elettroniche.

Fattura elettronica alle partite Iva forfettaria, cosa cambia dal 1° luglio 2022?

La bozza del decreto prevede anche un periodo di transizione per l’adeguamento al nuovo regime per le partite Iva forfettarie. Infatti, l’emissione del formato elettronico del documento può avvenire entro un mese dal giorno della corrispondente operazione. Tale periodo vige per le operazioni effettuate ad agosto e a settembre prossimi. Ciò che i rappresentanti dei professionisti e delle piccole e medie imprese lamentano è il poco tempo a disposizione per prendere confidenza con il nuovo sistema di emissione e di conservazione delle fatture elettroniche. La cui gestione può essere effettuata, gratuitamente, attraverso la piattaforma messa a disposizione dall’Agenzia delle entrate, il Sistema di interscambio (Sdi). In più il sistema prevede il pagamento del bollo sulla fattura da effettuare in via telematica.

Fattura elettronica alle partite Iva forfettarie, il limite dei 25 mila euro

Anche il limite dei 25 mila euro per l’adozione della fattura elettronica dei forfettari rischia di creare confusione. Si è espressa in questi termini l’Unione nazionale dei giovani dottori commercialisti ed esperti contabili (Ungdcec), reclamando che il cambio nel corso dell’anno rischia di creare confusione e destabilizzare la platea dei contribuenti interessati. In particolare, il tetto minimo dei 25 mila euro dei compensi e dei ricavi non sarebbe ben definito, soprattutto nelle modalità di calcolo.

Obbligo di fattura elettronica per combattere frodi ed evasione fiscale

Tuttavia, pur nelle difficoltà pratiche già incontrate dalle prime categorie di lavoratori autonomi che hanno sperimentato la fattura elettronica nel 2018, non si possono mettere da parte i vantaggi che l’adozione del formato elettronico può comportare, soprattutto nella lotta all’evasione fiscale. L’allargamento della platea delle partite Iva obbligate alla fatturazione elettronica permette al Fisco di poter avere notevoli dati da incrociare. E di bloccare sul nascere potenziali operazioni a rischio di frode. Secondo le stime, rimarrebbero fuori dall’obbligo di fatturazione elettronica circa 800 mila partite Iva a regime forfettario. I cui ricavi e compensi non arrivano a 25 mila euro.