Immobile con usufrutto, chi dichiara la rendita catastale?

Chi dichiara la rendita catastale nel caso di immobile di proprietà su cui un terzo ha l’usufrutto? Questa la domanda che è stata posta all’Agenzia delle entrate.

Il caso: devo dichiarare la rendita dell’immobile in uso ai genitori?

L’usufrutto è un diritto reale di godimento su un bene la cui nuda proprietà spetta ad altro soggetto. L’usufruttuario può godere e disporre dell’altrui bene traendo da esso utilità. Tra i vincoli da rispettare vi è la destinazione d’uso che non può essere mutata dall’usufruttuario, quindi se un immobile è concesso in usufrutto come abitazione civile, non può essere trasformato dall’usufruttuario in locale commerciale.

Nel caso in esame l’istante ha ricevuto in donazione dai genitori un immobile, sullo stesso i genitori hanno però conservato l’usufrutto. Di conseguenza l’istante è nudo proprietario, ma l’uso dell’immobile resta ai genitori. Il nudo proprietario chiede quindi all’Agenzia delle entrate se nella dichiarazione dei redditi deve inserire la rendita catastale dell’immobile.

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Nel nostro ordinamento la rendita catastale è un reddito attribuito dall’Agenzia delle entrate agli immobili. Per la prima casa la rendita deve essere portata in deduzione dall’imponibile, questo vuol dire che non genera tasse da pagare.

Nel caso di usufrutto la rendita dovrebbe essere dichiarata dagli usufruttuari, ma trattandosi di immobile adibito ad abitazione principale, l’importo della rendita deve essere portato in deduzione dagli usufruttuari, in questo caso i genitori.

La rendita catastale a sua volta non deve essere dichiarata dal nudo proprietario che in effetti non ha in uso l’immobile e per lui non produce un effettivo reddito.

La risposta dell’Agenzia delle entrate

L’Agenzia delle entrate nella risposta fornita al contribuente sottolinea “Come riportano le stesse istruzioni per la compilazione del modello 730, in caso di usufrutto o altro diritto reale (per esempio, uso o abitazione) il titolare della sola nuda proprietà non deve dichiarare il fabbricato. L’immobile deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi dell’usufruttuario.

Abitazione principale o data in locazione: come si dichiara la rendita?

Come si dichiara la rendita per l’abitazione nel caso in cui sia principale oppure se l’immobile è dato in locazione? Ovvero come vanno dichiarati i redditi prodotti e quando va dichiarata la rendita catastale nel modello 730 di dichiarazione dei redditi? Ecco come procedere con l’indicazione del quadro, della colonna e dei codici da utilizzare nel modello 730 e quando l’Imu sostituisce l’Irpef per l’abitazione principale.

Abitazione principale del contribuente: è soggetta a tassazione Irpef?

L’abitazione costituente la casa principale del contribuente non è soggetta alla tassazione Irpef. Tuttavia, la rendita catastale deve essere inserita nel modello 730 di dichiarazione dei redditi. È necessario chiarire che sull’abitazione principale vige il principio di alternanza tra Imu e Irpef se non è locata. Diversamente, in caso di contratto di locazione, si procede con il reddito imponibile dell’immobile.

Immobile esente da Imu, si applica l’Irpef?

Nel caso in cui l’abitazione è esente dall’Imu e non è stata locata, si attua il principio di alternanza tra Imu e Irpef. Ovvero, l’abitazione diventa soggetta ai fini dell’Irpef. Pertanto, il reddito dell’abitazione va a concorrere a formare il reddito complessivo per il calcolo dell’Irpef. Tuttavia, tale reddito dell’abitazione non è tassato: infatti, è prevista la deduzione dell’Irpef fino a concorrere all’importo della rendita catastale dell’abitazione stessa e delle relative pertinenze.

Come si dichiara nel modello 730 la rendita catastale dell’abitazione principale?

La rendita catastale, dunque, va inserita nel modello 730 di dichiarazione dei redditi nel caso di esenzione dall’Irpef. L’importo, non rivalutato, si inserisce nella colonna numero 1 del rigo B 1. Successivamente è necessario popolare la colonna “2” inserendo il codice “1”. La deduzione della rendita catastale ai fini della determinazione del reddito imponibile verrà effettuata da chi presta l’assistenza fiscale.

Abitazione principale, come si dichiara la rendita se l’immobile è soggetto a Imu?

Se, invece, l’abitazione principale è soggetta a Imu e, dunque, non è dovuta l’Irpef, si ricade nell’ipotesi nella quale la rendita non concorre alla formazione del reddito imponibile. Non è necessaria altresì la deduzione della rendita catastale. Nel modello 730 di dichiarazione dei redditi si deve procedere con la compilazione delle colonne “1” e “2” del rigo B 1. Nei campi si deve inserire la rendita catastale (senza la rivalutazione) e il codice “1”; invece nella colonna 12, indicata come “casi particolari Imu”, deve essere immesso il codice “2”.

Come inserire i redditi da locazione dell’abitazione nel quadro B del modello 730?

Diverso è il caso in cui l’abitazione, non costituente la casa principale, è data in locazione. In primis, chi possiede immobili oppure o è titolare di altri diritti reali deve compilare il quadro B del modello 730 di dichiarazione dei redditi.

Come si calcola l’imponibile del reddito da immobile?

La determinazione dell’imponibile per il calcolo del reddito dell’immobile varia dal fatto che il fabbricato sia locato oppure no. Gli immobili non locati, infatti, concorrono a formare l’imponibile nella misura della rendita catastale. È necessaria la rivalutazione del 5%. Tuttavia, se l’immobile è stato già assoggettato nello stesso anno del periodo di imposta a Imu, non concorre a formare il reddito ai fini dell’Irpef. Come per le abitazioni principali, dunque, vige il principio di alternanza.

Come indicare nel modello 730 i fabbricati non locati?

Per gli immobili che non sono case principali e non sono locati, dunque, l’iscrizione nel modello 730 al quadro B deve comunque avvenire, anche se nulla cambia ai fini della determinazione del reddito complessivo annuale, come avviene per gli immobili locati. C’è un’eccezione per gli immobili a uso abitativo e non locati ma che si trovano nello stesso comune nel quale il soggetto contribuente ha già l’abitazione principale. In questa condizione, il reddito concorre alla formazione della base imponibile ai fini dell’Irpef per il 50%. Gli immobili non locati devono essere iscritti alla colonna 1 e al rigo B 1. I campi devono essere popolati con la rendita catastale. La rivalutazione del 5% non deve essere inserita: infatti, verrà iscritta successivamente da chi effettua l’assistenza fiscale. Se il fabbricato è esente da Imu, e dunque assoggettato all’Irpef, il contribuente deve selezionare la casella 12 riguardante i casi particolari Imu.

Immobili concessi in locazione, compilazione del modello 730

Per gli immobili dati in locazione il calcolo del reddito è pari alla misura del canone ricevuto alla quale si applica la riduzione forfettaria del 5%. Se l’abitazione locato si trova nei comuni di Venezia, Burano, Giudeccca e Murano la riduzione è pari al 25%; inoltre per gli immobili di interesse storico od artistico la riduzione è del 35%.

Se il totale del canone è inferiore alla rendita catastale, il contribuente deve prendere a riferimento quest’ultima ai fini del calcolo del reddito. Gli immobili locati devono essere iscritti alla colonna “5” con i seguenti codici inerenti la tassazione:

  • codice “1” se si è proceduto alla riduzione forfettaria del 5%;
  • i fabbricati storici ed artistici necessitano del codice “4”.

Nella colonna numero 6 il contribuente deve inserire il complessivo del canone di locazione ricevuto. Invece, la colonna numero “11”, si deve utilizzare solamente nel caso in cui si applichi la cedolare secca.

Casi di rinegoziazione del canone di locazione nel 2021: come si procede?

Se nel 2021 è stato rinegoziato il canone di locazione si procede con la compilazione del modello 730 nella seguente maniera:

  • il quadro da compilare è quello “B”;
  • la colonna “7” si utilizza per i casi particolari;
  • è necessario inserire uno dei tre codici previsti ovvero 6, 7 e 8. Il codice “6” va utilizzato se la rinegoziazione ha previsto la riduzione del canone di locazione; diversamente, il codice “7” si utilizza se il contribuente non ha fatto comunicazione all’Agenzia delle entrate della rinegoziazione del canone dell’immobile a uso abitativo. Lo stesso codice si utilizza anche per i casi nei quali, oltre alla mancata comunicazione all’Agenzia delle entrate, non sia stato pagato il canone concordato, anche parzialmente.

Quando gli immobili a utilizzo abitativo si possono non assoggettare a tassazione?

Dal 1° gennaio 2020, il contribuente può non assoggettare a imposta i canoni di locazione riguardanti i fabbricati a uso  abitativo nei casi in cui:

  • non abbia ottenuto i canoni di locazione prima della data ultima prevista per la presentazione della dichiarazione dei redditi;
  • oppure non sia stata presentata ingiunzione di pagamento o intimazione allo sfratto per la morosità di chi ha preso in locazione l’immobile.

Tuttavia, il contribuente deve inserire nel modello 730 la rendita catastale.

Compilazione del modello 730: quando si usa il codice ‘8’?

Nel modello 730 di dichiarazione dei redditi, in corrispondenza della colonna 7 del quadro B, il contribuente deve immettere il codice “8” nei seguenti casi:

  • per la rinegoziazione del canone di locazione con riduzione del canone stesso;
  • se il contribuente non ha presentato comunicazione all’Agenzia delle entrate;
  • nelle situazioni di comproprietà con il contribuente comproprietario dell’immobile;
  • se la locazione sia stata fatta da uno o più comproprietari per la propria quota.

Riforma del catasto: via libera alle nuove regole su adeguamento rendite.

Per un solo voto di scarto, la maggioranza in Commissione Finanze alla Camera approva la riforma del catasto, proprio questa maggioranza molto risicata fa capire come si tratti di un tema caldo che spacca la maggioranza, come in passato è già stato il per tetto all’uso del contante che ha addirittura visto il Governo andare sotto. Cerchiamo quindi di capire cosa cambia con le nuove regole.

Come funziona il Catasto

La riforma del Catasto è una delle più difficili da digerire, basti pensare che l’attuale sistema è in gran parte lo stesso delineato nel 1939 e che nel tempo è diventato obsoleto, o meglio, incapace di definire il vero valore del patrimonio immobiliare italiano

Il sistema del 1939 prevedeva due “elenchi”: il Catasto Terreni comprendente aree non edificate e il Catasto Edilizio Urbano comprendente invece i fabbricati industriali, civili e commerciali.  Il Catasto Edilizio Urbano poi nel 1993 è stato trasformato in Catasto dei Fabbricati. Il classamento di fatto si realizza tenendo in considerazione la tipologia di fabbricato  attraverso la qualificazione e classificazione del Comune in cui è ubicato e tenendo conto di vani, metri cubi e metri quadri e moltiplicando il valore per la tariffa di estimo.

La rendita attualmente si determina in base alla classificazione come fabbricato civile, signorile, popolare, ultrapopolare, economico, rurale, villini, ville, palazzi, uffici e abitazioni tipiche. L’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha però rilevato che l’eccessiva ampiezza delle zone censuarie, unita a criteri di classamento obsoleti e all’eterogeneità del patrimonio immobiliare, fanno in modo che i valori rilevati siano molto distanti da quelli reali.

Le varie maggioranze hanno più volte proposto la riforma, ma di fatto non si è arrivati mai alla conclusione. Questa volta sembra che proprio non ci sia intenzione di tornare indietro.

Riforma del Catasto: cosa è successo in commissione Finanze il 3 marzo?

Il 3 marzo 2022 in Commissione Finanze, per un solo voto è stato bocciato l’emendamento volto a cancellare l’articolo 6 della legge di delega che ha come obiettivo la Riforma del Catasto. L’emendamento proposto da Forza Italia andava a minare la parte essenziale della Legge di delega fiscale, infatti proponeva di eliminare dalla stessa la mappatura dei dati catastali e la revisione delle rendite con criteri aggiornati, lasciando solo la parte della legge dedicata all’emersione dei fabbricati fantasma, o meglio abusivi. Il Governo è stato però irremovibile e ha sottolineato più volte che qualunque variazione alla norma sulla Riforma del Catasto avrebbe fatto saltare tutto in quanto la stessa è fondamentale al fine di ottenere i fondi del PNRR.

Questo implica che al centro della riforma fiscale che si sta scrivendo resterà proprio tale parte definita epocale, infatti la Sottosegretaria al MEF Maria Cecilia Guerra ha affermato che si tratta di uno dei punti fondamentali della legge delega per la riforma fiscale.

Cosa prevede la riforma del Catasto?

Il primo obiettivo della riforma del catasto è realizzare un piano di revisione del sistema catastale che consenta di rilevare i dati catastali in modo immediato e quindi possa far emergere i fabbricati abusivi. Il secondo passo sarà invece compiuto il 1° gennaio 2026 e prevede l’adeguamento delle rendite catastali ai valori di mercato e patrimoniali. Uno degli obiettivi della riforma è facilitare l’accesso ai dati da parte dell’Agenzia delle Entrate e dei Comuni attraverso la condivisione degli stessi.

La Legge di delega fiscale prevede anche che l’attualizzazione delle rendite avrà una sorta di eccezione per i fabbricati di interesse storico e artistico per i quali saranno previste riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario. Ciò in considerazione del fatto che per questa tipologia di immobili ci sono maggiori oneri legati alla manutenzione ordinaria e straordinaria.

Tali valori, una volta determinati, in base al comma 2 dell’articolo 6, dovranno essere periodicamente aggiornati, ma dalle premesse fatte tali dati non saranno comunque utilizzabili al fine di determinare la base imponibile per la tassazione e quindi non avrà rilevanza a fini fiscali. C’è però da dire che se essi saranno i dati disponibili al catasto, appare evidente che dovranno essere dichiarati nei tradizionali appuntamenti fiscali degli italiani.

Proprio questo è il punto più discusso della riforma, infatti il sospetto di molti, e in particolare della Lega, è che siano utilizzati come strumento per un aumento delle tasse.

 

Rendita catastale, come diminuirla ai fini del pagamento delle imposte

La riforma del catasto di cui abbiamo già parlato a seguito della legge delega del 5 ottobre 2021, fa temere, Matteo Salvini in testa, che nasconda una patrimoniale. Ma a prescindere dal quadro che si presenterà nel 2026, quando, tra l’altro, probabilmente l’Italia avrà un altro governo e un altro Parlamento che potrebbe cambiare la revisione delle rendite prevista tra cinque anni dopo l’eventuale mappatura di quest’anno che dovrebbe avvenire per volere di Mario Draghi, andiamo a vedere cosa si può fare per ridurre la rendita catastale di un immobile, per avere una conseguente diminuzione delle relative imposte (TASI e IMU).

Riduzione rendita catastale di un immobile

In quale stato si trova il vostro immobile? Se si parla di un’unità catastale vecchia, decadente, con i servizi igienici mancanti, è possibile presentare a chi di dovere una richiesta di variazione di rendita, che, porterà ad un’esenzione delle imposte sull’immobile. Lo strumento per arrivare a ciò, è un tecnico specializzato che attesti lo stato attuale del fabbricato in oggetto.

Se, invece, l’immobile è di vecchia costruzione, ma è solamente in parte degradato, è possibile seguire l’iter del frazionamento, distaccando il fabbricato in due porzioni logorate da classificare in modo differente e in un’altra categoria, così da ottenere una diminuzione della rendita catastale complessiva che vuol dire riduzione delle imposte da pagare.

Oltre allo stato di un immobile, conta molto il suo utilizzo. Quando la rendita catastale è molto alta, può essere che le unità immobiliari inizialmente adibiti a negozi commerciali, se successivamente chiusi o destinati a depositi, magazzini o laboratori, perdono immediatamente valore di rendita catastale. Anche in questo caso è necessario presentare un’istanza che tramite la visione e la certificazione di un professionista, possa ridurre di categoria la rendita catastale, con il risultato di abbassare le tasse da pagare su tale immobile.

In alcuni casi, ci può essere un errore del censimento. Capita che alcuni immobili residenziali abbiano una rendita catastale troppo alta. Come nei casi precedenti, si deve inoltrare una domanda con cui si chiede la rettifica della rendita catastale, da presentare all’ufficio provinciale dell’agenzia del Territorio appartenente alla propria zona residenziale o al proprio territorio regionale. Una volta avvenuta la correzione, la rendita catastale e le relative imposte subiranno una notevole diminuzione.

Come conoscere la rendita catastale di un immobile

In ogni caso, se si vuole venire a conoscenza della rendita catastale del proprio immobile, basta recarsi sul portale dell’Agenzia delle Entrate che mediante apposito servizio, fornirà il valore della rendita catastale. Tuttavia, questo servizio non è utilizzabile per coloro che vogliono conoscere la rendita catastale di un immobile ubicato nelle province autonome di Trento e Bolzano. Per avere accesso alla rendita catastale di un immobile o fabbricato devono essere inseriti gli identificativi catastali, ossia: Comune, sezione, foglio, particella e naturalmente la provincia dove è situato l’immobile.

Calcolo del valore catastale di un immobile

Se qualcuno si sta chiedendo come calcolare la rendita catastale di un immobile, è sufficiente prendere il dato relativo alla rendita catastale rivalutata del 5% per il coefficiente assegnato dall’Agenzia delle Entrate a ognuna delle unità immobiliari, a seconda della destinazione d’uso. Ma andiamo a scoprire quali sono questi coefficienti:

  • prima casa (110);
  • immobili appartenente alle categorie catastali A e C, esclusi i fabbricati classificati A/10 e C/1 (120);
  • tutti gli immobili della categoria B (140);
  • i fabbricati della categoria D e quelli A/10 rappresentati da uffici e studi privati (60);
  • fabbricati appartenenti alla categoria E e C/1 (40,80);
  • terreni agricoli, quindi non edificabili (90).

Come si calcola la rendita catastale di un immobile?

E’ importante conoscere la rendita catastale di un immobile perché in base al suo valore, vengono calcolate alcune relative imposte da pagare, ad esempio la Tasi e l’Imu.

La rendita catastale fa parte di quelle informazioni concernenti proprio l’immobile in questione, a cui è interessato soprattutto chi deve acquistarlo o riceverlo in donazione o per successione. Per tali motivi, si capisce quanto possa essere fondamentale conoscere la rendita catastale.

Il valore della rendita catastale di un immobile si basa sulla consistenza immobiliare, ossia la sua metratura, volumetria e numero di vani. Ma anche sulla tariffa d’estimo unitaria, consistente un valore numerico relativo al Comune, al quartiere o alla zona dove è ubicato l’immobile.

Rendita catastale: a cosa serve

Come già anticipato poc’anzi, conoscere la rendita catastale di un immobile è necessario per la determinazione di alcune tasse da pagare.

Quindi, si può asserire che la rendita catastale è un valore fiscale che determina:

  • il valore catastale di un immobile che avviene moltiplicando la rendita catastale per il valore prestabilito che varia in base alla destinazione d’uso e alla categoria catastale di appartenenza;
  • il valore erariale di un bene per determinare i valori che incidono su tasse e imposte;
  • il valore di un immobile ai fini del pagamento dell’Imu e dell’imposizione indiretta.

Come si calcola la rendita catastale?

Per prima cosa, si deve disporre dei dati catastali che dipendono dal Comune in cui è ubicato l’immobile, la sezione, il foglio, la particella e i subalterni. Se non ti affidi a un professionista sarà sufficiente chiedere autonomamente una visura catastale all’Agenzia del Territorio. Come procedere? Per nominativo o per indirizzo.

L’agenzia delle Entrate suddivide il territorio in varie zone omogenee e divide gli immobili in ciascuna zona in categoria e classi catastali.

Solitamente, quando si deve acquistare un immobile, riceverlo in successione o per donazione, ma anche per conoscere l’entità delle relative imposte da pagare in qualità di proprietario, per evitare il rischio di incorrere in uno o più errori che comprometterebbero il valore reale della rendita catastale, ci si affida a un esperto del settore.

Tuttavia, conoscendo la procedura da seguire è possibile effettuare il calcolo della rendita catastale in modo relativamente semplice, tramite alcune operazioni che hanno come presupposto la conoscenza di determinati valori:

  • la dimensione dell’immobile: a seconda della categoria catastale di appartenenza può essere espressa in metri quadri, metri cubi o in vani catastali;
  • valore numerico definito: definito dall’Agenzia delle Entrate e riportato nelle tabelle di estimo. Tale numero o valore varia in base alla zona o al quartiere in cui è situato un bene immobile e alla destinazione d’uso.

Calcolo rendita catastale: esempio pratico

Si deve calcolare il prodotto dato dalla moltiplicazione tra la consistenza dell’immobile e la tariffa di estimo. Il valore catastale dove vengono applicate le aliquote di imposta è pari la valore dell’immobile determinato per via tabellare, partendo dalla rendita catastale dell’anno in corso.

Esempio di calcolo di rendita catastale: valore dell’abitazione moltiplicato per la rendita catastale moltiplicato per 1,05 (tasso del 5% rivalutazione) darà come risultato la rendita catastale rivalutata. Quest’ultimo valore deve essere moltiplicato per 160, ottenendo così il valore catastale dell’immobile.

Rendita catastale online: fai da te

E’ possibile fruire della rendita catastale dell’immobile di nostro interesse, procedendo via online tramite l’accesso al sito dell’Agenzia delle Entrate e poi selezionare il servizio “consultazione rendite catastali”.

Come già anticipato sopra, per effettuare questa operazione fai da te devi munirti di codice fiscale, dati identificativi catastali (Comune, sezione, foglio, particella, provincia in cui è ubicato l’immobile).

Gli step da seguire per il procedimento fai da te sono abbastanza semplici se si ha tutto a portata di mano, ecco cosa si deve fare:

  • Inserire il codice fiscale
  • Inserire il codice di sicurezza
  • Cliccare su “Accedi”
  • Scegliere la provincia dove si trova l’immobile e poi indicare il Comune
  • Inserire il numero del foglio, della particella e del subalterno ed effettuare la ricerca

Rendita catastale: quanto e quando incide su Tasi e Imu

La rendita catastale serve per calcolare le imposte da pagare sull’immobile (Imu e Tasi). A tal proposito, è importante compilare correttamente l’ISEE, per specificare sul modulo i dati identificativi il valore dell’immobile da rendita catastale.

L’aliquota base è pari all’8,6 per mille che, potrà essere rimodulata andando da un valore pari a zero ad un valore in aumento fino ad un massimo di 10,6 per mille. Fermo restando il tasso di rivalutazione della rendita catastale pari al 5%, il coefficiente applicato dipende dalle categorie catastali, ecco le principali:

  • immobili categoria A e C (160);
  • fabbricati categoria B e C (140);
  • uffici, banche e similari (80);
  • alberghi e strutture di produzione agricola (65);
  • negozi (55).

Si ricorda che nel caso l’immobile in questione risulta abitazione principale, si gode di una detrazione pari a 200 euro.

In Italia il valore della casa è di 3,4 volte la rendita catastale

La direttrice dell’Agenzia del Territorio, Gabriella Alemanno, intervenendo ad un dibattito della kermesse ‘Cortina Incontra’ sul tema “Casa, agrodolce casa” ha evidenziato come in Italia il valore di compravendita delle abitazioni sia mediamente 3,4 volte superiore a quello della rendita catastale.

Oggettivamente – ha aggiunto – in Italia c’é una discrasia tra il valore delle abitazioni in termini di compravendita e il valore inteso come rendita catastale“. Circa l’80% delle famiglie ha una casa di proprietà. L’Agenzia, su input del ministro Tremonti, ha intanto proseguito la mappatura del territorio iniziata nel 2008, migliorandola: attualmente circa il 66% (20 milioni di unità) è costituito da abitazioni principali, poi vi è una serie di case di proprietà tenute a disposizione, 15% (4,4 milioni), il 9% (2,6 milioni) sono invece appartamenti in affitto, infine vi è un 2% di case di proprietà in uso gratuito a familiari (731 mila). Circa 30 milioni di immobili sono di proprietà di persone fisiche, mentre 3 milioni a persone non fisiche.

Anche per il mattone si conferma la tendenza della concentrazione in poche mani: il 50% dei proprietari meno ricchi detiene il 29,6% di abitazioni e il 18,7% della ricchezza, mentre il 5% dei proprietari piu ricchi detiene il 16,5% di abitazioni e quasi il 25% della ricchezza.

Leasing e rendita catastale per gli immobili strumentali dei professionisti.

Con riguardo ai canoni di leasing pagati da un professionista per un immobile strumentale in relazione ad un contratto di locazione finanziaria, occorre fare riferimento alla norma di cui al comma 2 dell’art. 54 del TUIR, modificata anch’essa dalla Finanziaria 2007.
Tale disposizione prevede che i canoni di leasing di un bene strumentale pagati da un professionista siano deducibili dal reddito di lavoro autonomo, a condizione però che la durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento stabilito per il bene specifico, con un minimo di 8 anni ed un massimo di 15 anni.
La deduzione dei canoni di leasing si applica ai contratti di locazione finanziaria stipulati nel periodo 1° gennaio 2007 – 31 dicembre 2009 e la deduzione è ammessa nella misura di 1/3 per i periodi d’imposta 2007-2008-2009.  Anche le quote di ammortamento sono deducibili, ma solo se relative ad immobili strumentali acquistati nel periodo 1° gennaio 2007 – 31 dicembre 2009.
Riepilogando:
• se il contratto di leasing dell’immobile strumentale è stato stipulato nel periodo 1° gennaio 2007 – 31 dicembre 2009: i canoni di leasing sono deducibili, sempre che siano rispettate le condizioni di durata del contratto;
• se il contratto di leasing dell’immobile strumentale è stato stipulato a partire dal 1° gennaio 2010: i canoni di leasing non sono deducibili.

Per quanto riguarda invece il trattamento fiscale della rendita catastale degli immobili strumentali in leasing:

• per i contratti di leasing stipulati fino al 31.12.2006: la rendita catastale è deducibile;
• per i contratti di leasing stipulati dal 1° gennaio 2010: la rendita catastale non è deducibile, in quanto la deducibilità non è stata più riproposta nella versione vigente dell’art. 54 del TUIR.