INT: Convegno Nazionale sul sistema Italia

Si danno appuntamento a Roma i tributaristi dell’INT – Istituto Nazionale Tributaristi in occasione del XV Convegno Nazionale sul tema: ‘Sistema Italia, cambiamento necessario‘. Il convegno si svolgerà martedì 11 ottobre salle ore 10.00 alle 15.30 presso la Sala Capranichetta di Piazza Montecitorio.

Fra i relatori il Consigliere INT Giuseppe Zambon e alcuni esponenti parlamentari come l’Onorevole Giuliano Cazzola ed il Senatore Enrico Morando. Saranno presenti anche il Presidente dell’INT Riccardo Alemanno e il giornalista Franco Stefanoni del settimanale ‘Il Mondo’, oltre ad altri rappresentanti del mondo istituzionale e professionale. Dopo il convegno è prevista l’Assemblea dei Delegati provinciali INT del centro-sud.

Sempre a Roma, lunedì 10 ottobre si svolgerà il Consiglio nazionale dell’Istituto Nazionale Tributaristi, presso l’ufficio di rappresentanza di Via Sistina, per discutere le tematiche professionali e analizzare i nuovi scenari aperti dalla riforma delle professioni.

Un momento per fare il punto su una situazione sempre più precaria per il nostro Paese” ci tiene a sottolineare il Presidente Alemanno “daremo indicazioni ai rappresentanti del Parlamento circa le priorità che riteniamo inderogabili e non più rinviabili per l’Italia: fisco, pensioni, burocrazia, spesa pubblica, professioni e giovani. Indicazioni che abbiamo già fornito nell’ambito dei Tavoli di confronto sulla riforma fiscale e che ribadiamo in ogni occasione pubblica di dibattito.”

E a proposito degli obiettivi futuri da perseguire, Alemanno precisa: “Serve determinazione, serietà e buon senso e soprattutto bisogna evitare che le richieste egoistiche e corporative dei conservatori, refrattari al cambiamento ed alla modernizzazione, abbiamo il sopravvento sulle riforme che invece servono urgentemente al Paese“.

Alessia Casiraghi

Intermediari fiscali: serve confronto unitario con l’Agenzia delle Entrate

Lo aveva annunciato ai primi di agosto, dopo una lettera inviata al Direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera; ora lo ha concretizzato. Riccardo Alemanno, Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT), ha inoltrato via e-mail una lettera ai Presidenti di ordini e associazioni che rappresentato professionisti che svolgono la funzione di intermediari fiscali. Tutto inizia ai primi di agosto, quando l’Agenzia, negli ultimi giorni della predisposizione del modello Unico, pubblica in area entratel (riservata agli intermediari fiscali) un comunicato sui controlli ai predetti professionisti in tema di privacy.

Ovviamente, anche per il periodo e il tono, molto professionisti si sono preoccupati e Alemanno aveva ricevuto parecchie comunicazioni da parte degli iscritti INT. Da qui la lettera a Befera per chiedere un incontro chiarificatore e poi l’idea di proporre ai rappresentanti di ordini e associazioni di richiedere all’Agenzia delle Entrate la costituzione di una consulta permanente degli intermediari fiscali, al fine di potere dialogare e confrontarsi unitariamente con l’Amministrazione finanziaria. I destinatari della proposta di Alemanno sono i Presidenti degli Ordini di dottori commercialisti, consulenti del lavoro e delle associazioni di tributaristi e revisori legali.

Si legge nella lettera: “E’ necessario pertanto che le rappresentanze degli intermediari fiscali e l’Amministrazione finanziaria abbiano un confronto da cui possa scaturire l’istituzione di una sorta di consulta permanente o tavolo di consultazione attraverso cui si possano conoscere preventivamente gli atti dell’Agenzia delle Entrate nei confronti degli intermediari e discuterne contenuti e motivazioni.Spero che questa proposta possa trovare la Vostra condivisione per potere chiedere congiuntamente all’Agenzia delle Entrate quanto suddetto. Sarebbe un bel segnale un’ azione congiunta, soprattutto a vantaggio dei nostri rappresentati“.

Alemanno spera nella condivisione da parte degli altri Presidenti. “Nell’ambito della Commissione centrale sugli studi di settore abbiamo dimostrato che possiamo affrontare problematiche comuni tralasciando le contrapposizioni, spero che questo possa avvenire anche per questa importante funzione svolta dal mondo professionale del settore fiscale. Oltre all’aspetto positivo per gli iscritti di ogni singola organizzazione credo che sarebbe un bel segnale in un Paese oggi diviso ed in contrapposizione su tutto“.

“Riforma degli ordini? C’è una scarsa volontà politica”

di Davide PASSONI

Riccardo Alemanno è presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi dal 1997. Cinquantatrè anni, di origine genovese, vive e lavora ad Acqui Terme ed è nel settore delle associazioni fin dal 1985, in quanto ex segretario nazionale dell’associazione unica dei tributaristi. Una persona con le idee chiare, senza peli sulla lingua, che mette la difesa della propria associazione come priorità, con una grande coerenza e lucidità di pensiero. Infoiva lo ha incontrato, per fare il punto con lui sulla riforma degli ordini professionali, sulla Finanziaria e sui tanti nodi che intrappolano oggi il sistema delle professioni in Italia.

Qual è il suo punto di vista sulla questione della riforma degli ordini professionali?
Tanta confusione e scarsa volontà politica. Sin dalla prima indicazione, in uno dei tanti testi della manovra in cui si parlava di abolire l’esame di stato per alcune professioni ma non per altre, la cosa era talmente eclatante rispetto alla tradizione ordinistica italiana che nessuno vedeva l’applicabilità di una norma scritta in tal modo, anche in cuor mio speravo in un cambio di visione del sistema professionale italiano. Poi si è scritto di una supercommissione, poi naufragata, la quale elaborasse un testo che desse alcune indicazioni e valutazioni su ciascun ordine, dando contemporaneamente indicazioni di trasparenza agli utenti. Poi il nuovo (ultimo?) testo con tanti contenuti ma poca concretezza  se non l’obbligo della polizza di r.c. professionale da parte dei professionisti a tutela dei loro assistiti. E nel settore tributario, dove si lavora sempre sotto pressione per via delle scadenze ravvicinate, l’errore è sempre dietro l’angolo per ciò le associazioni come l’INT da sempre obbligano i propri iscritti alla sottoscrizione di un polizza assicurativa. Comunque nel settore delle professioni, mio avviso, si è persa un’occasione soprattutto a vantaggio dei giovani che nel settore professionale entrano troppo tardi nel mondo operativo.
 
Per non parlare dell’aspetto delle tariffe…
Appunto. C’è stato ancora una volta il balletto sulle tariffe, con Catricalà che ha mandato osservazioni al parlamento e al governo, in cui diceva di abrogare i minimi tariffari, gli ordini che difendono la validità: è il ripetersi di uno scenario già visto alcuni anni fa, con spunti che sono tornati di una attualità agghiacciante.
 
E quindi, dov’è il vero nodo?
Il punto vero è che anche gli ordini professionali hanno un problema, collegato in gran parte alle casse previdenziali: liberalizzare certe attività creerebbe una minore iscrizione alle casse, salvo far rientrare nella loro gestione alcuni di coloro che attualmente afferiscono alla gestione separata. Peraltro è curioso che in tutto questo sistema di cose dette e scritte ma non applicate, l’Ue nelle raccomandazioni fatte a giugno per i Paesi dell’area euro indicasse tra gli interventi da fare anche quello della liberalizzazione nel settore delle professioni. Ho quindi pensato che certe cose scritte in manovra fossero state inserite dietro questo input, ma evidentemente, visti gli ultimi sviluppi, non è stato così. Abbiamo perso solo tempo ed energia da mesi a questa parte: si redige un testo, qualcuno protesta e il testo si cambia; protesta qualcun altro e si cambia ancora: non so se questo sistema paga in credibilità, penso di no.
 
Che cosa chiedete dunque alle istituzioni?
Da tempo si chiede un riconoscimento da parte del governo nazionale delle associazioni quali soggetti che rilascino un attestato di competenza riconosciuto a livello europeo, secondo direttive europee di storica memoria (dir. Ue 92/51) o quanto meno l’applicazione  della cosiddetta “direttiva qualifiche”, recepita con decreto ma mai resa operativa, anzi, per le associazioni sembrano una chimera i tavoli di confronto europei: paradossale. Abbiamo alcune associazioni già inserite nell’elenco della direttiva qualifiche con le stesse caratteristiche della nostra, mentre la posizione della nostra è ancora in stand by. Chiederemo al nuovo ministro della Giustizia come mai il decreto che ci riguarda non venga emanato, nonostante abbia avuto tutti gli ok del caso.
 
Qual è oggi il limite del sistema ordinistico italiano?
Negli ultimi 25-30 anni il fatto che esistano delle associazioni che raggruppano, coordinano, aggiornano e danno regole ha creato una sorta di “categoria nella categoria” e questo può dare più fastidio perché non si compete solo singolarmente ma anche come organizzazioni di rappresentanza. Vedo una incapacità di fare sistema. Al di là del fatto che le associazioni sono diventate interlocutori delle istituzioni e le battaglie intraprese non sono per la difesa di interessi di parte a danno di altri ma per difendere il lavoro dei propri iscritti. Chiediamo solo di poter lavorare in modo sereno, con i riconoscimenti avuti, i contratti che abbiamo firmato e negli ambiti che quotidianamente presidiamo. I professionisti delle associazioni, tra cui i tributaristi, sono quelli nelle cui strutture c’è il contradditorio più aperto. Difendiamo i singoli interessi se questo significa difendere il nostro lavoro, ma siamo sempre disponibili a dare una mano al miglioramento del Paese in quanto coinvolti in diversi tavoli istituzionali.
 
E la politica che cosa risponde?
Vedo situazioni lobbistiche molto forti. Sono rimasto amareggiato da alcuni parlamentari che vengono da attività professionali, i quali hanno minacciato di non votare la manovra senza lo stralcio della norma sulle professioni: arrivare a dire “non voto la manovra” perché un’ala minoritaria del Paese non ne condivide una parte non mi sembra un buon segnale. 
 
Capitolo Finanziaria…
Guardi, stiamo organizzando per ottobre il consiglio nazionale a Roma e ai vari consiglieri dico: cominciamo a leggere quanto riportato nella manovra solo quando sarà definitivamente approvata, perché sennò perdiamo solo tempo. Abbiamo assistito a un teatrino che non fa bene a nessuno: quando si chiedono dei sacrifici, non saranno mai bene accetti del tutto, ma lo saranno di più se ho fiducia in chi me li impone; mi pare che il sistema globale della politica faccia di tutto per perdere la fiducia dei cittadini. Ho visto tante finanziarie, ma una come quest’anno non mi era mai capitata. 
 
Non è l’unico a dirlo…
Tempo fa chiedemmo al legislatore, con una iniziativa: no alla retroattività delle norme tributarie, sì alla semplificazione. Oggi lo slogan deve essere: serietà e buon senso. Si devono lasciare da parte gli indugi e intervenire in modo serio e preciso sulla spesa pubblica, non solo sui costi della politica. Pensi che almeno il 50% delle società partecipate dal pubblico è in perdita o producono utili risibili e non si fa nulla: vorrei sapere quanto sono costate ad oggi, per esempio, tutte le società collegate al progetto del ponte sullo Stretto. Si parla, giustamente, di lotta all’evasione e si torna a fare grosso modo quello che fece il ministro Visco, i cui provvedimenti erano stati abrogati dall’attuale maggioranza.  Vogliamo parlare poi della tracciabilità dei pagamenti? Bene, si dovrebbe contestualmente incentivare l’utilizzo della moneta elettronica per favorirla: allora facciamo in modo che il suo costo di gestione sia meno pesante di quanto sia oggi, altrimenti pochi la useranno soprattutto nelle spese della quotidianità. Si tratta solo di un esempio per dire che non fare retromarcia aiuta a migliorare in credibilità; del tira e molla siamo tutti scontenti.
 
Se dovessimo parlare di tutti gli aspetti della manovra, non ne usciremmo più. Limitiamoci alle pensioni…
Non capisco, ferma restando una differente modalità pensionistica per i lavori usuranti, perché tanta polemica sull’innalzamento a 65/67 anni dell’età pensionabile: si stanno pagando pensioni per un numero superiore rispetto a quello derivante dai calcoli degli Anni ’60 e ’70, non supportate da contributi adeguati perché non si era tenuto conto in modo corretto di parametri come l’innalzamento dell’aspettativa di vita. Il messaggio è: pensiamo in modo meno egoistico e prepariamo per le nuove generazioni un sistema più solidale, perché questo non può reggere. Ci troveremo un giorno a dover alzare in un colpo solo a 70 anni l’età della pensione: sul non toccare i diritti acquisiti sono d’accordo, ma il futuro va programmato in modo diverso. Fortunatamente nell’ultimo testo della manovra si è messa mano all’età pensionabile anche se solo per il mondo femminile, ma si deve fare di più, non solo per l’Europa ma per i nostri giovani.

Tributaristi: non serve un nuovo ordine

Infoiva pubblica in esclusiva un articolo tratto dal numero di giugno del “Giornale delle partite Iva”, il mensile diretto da Francesco Bogliari, pubblicato da Cigra, distribuito da Mondadori e rivolto al vasto pubblico dei professionisti autonomi.

Bisogna perseguire il riconoscimento delle associazioni professionali. E affrontare il problema chiave delle pensioni. Parla Riccardo Alemanno, presidente di Int

di ROSAMARIA SARNO

“Il tributarista è un professionista la cui attività di lavoro autonomo non prevede l’obbligo di iscrizione a Ordini professionali. Opera con codice di attività Iva 692013, è intermediario fiscale autorizzato ai sensi del D.P.R. n. 322 del 22/07/98 e successivi decreti ministeriali, può svolgere quelle attività del settore contabile-tributario non soggette a riserva a favore di altre categorie professionali; come gli altri professionisti del settore economico è soggetto agli obblighi relativi all’antiriciclaggio D. Lgs. n. 56/2004; essendo professionista privo di Cassa di previdenza privata è obbligato al versamento dei contributi previdenziali nel Fondo di Gestione separata dell’Inps ai sensi della legge 335/95.

Inoltre i tributaristi, se iscritti nei Ruoli dei periti e degli esperti in tributi, possono svolgere attività loro demandate per legge contestualmente ad altre categorie, quali l’assistenza e rappresentanza avanti le Commissioni tributarie e l’apposizione del visto di conformità”. Così Riccardo Alemanno, presidente dell’Int, l’Istituto nazionale tributaristi, una delle principali associazioni professionali di settore, illustra il ruolo e le competenze di questo professionista. Per esercitare la professione sono richieste formazione e competenze adeguate. “Bisogna distinguere se il tributarista è iscritto o meno a un’associazione di rappresentanza professionale come ad esempio l’Int”, spiega Alemanno. “Infatti, per chiarezza e correttezza, va evidenziato che per svolgere tale attività non è necessario essere iscritti a  un’associazione. Ovviamente i tributaristi iscritti a un’associazione devono sottostare a regole e obblighi che danno una maggiore garanzia all’utenza”.

I tributaristi iscritti all’Int tra i vari obblighi e regole devono:

• avere svolto un periodo di pratica e/o attività nel settore tra i tre e cinque anni, a seconda del titolo di studio;

• essere abilitati alla funzione di intermediari fiscali autorizzati;

• avere partita Iva con codice 692013;

• sottoscrivere adeguata polizza assicurativa di r.c. professionale verso terzi;

• rispettare il codice deontologico;

• svolgere aggiornamento professionale con verifica su  base biennale.

La professionalità deve partire dall’università

Quanto alle attitudini personali e alle abilità necessarie per poter operare, il presidente Int avverte che sono sicuramente fondamentali una preparazione legata al percorso di studi ed esperienza nel settore, abbinate a un costante aggiornamento professionale: “Oggi più che mai è necessario studiare con grande attenzione le incessanti modifiche e novità normative del comparto tributario che il legislatore non fa di certo mancare.

I tributaristi devono svolgere il proprio mandato con correttezza, serietà e competenza, in una sola parola con professionalità”. Ma qual è la posizione dell’Int rispetto al sistema ordinistico: per l’esercizio della professione chiede l’istituzione di un nuovo Ordine professionale o il riconoscimento delle associazioni professionali? “Noi chiediamo il riconoscimento delle associazioni ai sensi delle direttive comunitarie, ovvero la possibilità di rilasciare un attestato di competenza (che già rilasciamo ai nostri iscritti) che, se inserito in normativa diriconoscimento, permetterebbe ai tributaristi di operare anche negli altri Paesi dell’UE. Abbiamo grande rispetto”, chiarisce Alemanno, “per chi ha intrapreso il percorso dell’Ordine professionale e della successiva iscrizione all’Albo, avendo peraltro un ventaglio di opportunità professionali più vasto del tributarista non iscritto ad Albi o Ruoli, ma il nostro obiettivo non è la  costituzione dell’ennesimo Albo professionale.

Rispettiamo gli Ordini e i loro iscritti, ma esigiamo altrettanto rispetto. Non entriamo nel merito delle loro attività sino a quando le loro iniziative o richieste non rischiano di compromettere la nostra attività. Come già detto, l’iscrizione a un Albo professionale consente di avere prerogative di attività ben più ampie di quelle del tributarista e ovviamente non abbiamo mai contestato tale situazione, ma quando si vogliono creare nuove riserve allora non possiamo stare zitti e fermi. Più in generale, noi abbiamo una visione differente sulla gestione delle professioni, crediamo che sia il sistema delle università che debba dare professionalità. Vuoi fare il libero professionista? Dopo il percorso di laurea, due anni di specializzazione con un sistema coordinato tra università e mondo del lavoro, poi potrai spenderti sul mercato e, se sei bravo, troverai i tuoi spazi. Non siamo d’accordo con l’attuale sistema, troppo autoreferenziale: vorremmo che non ci fossero più diseguaglianze a seconda della latitudine o longitudine della residenza di questo o quell’aspirante professionista.

Come ha affermato una giornalista durante un’intervista, i tributaristi sono dei liberalizzatori ante litteram e, aggiungo io, non sempre compresi e spesso fraintesi; detto questo, devo sottolineare che i rapporti tra i singoli professionisti, siano essi iscritti o meno in Albi, sono spesso volti a una collaborazione professionale, un insegnamento ai dirigenti di Ordini e associazioni professionali, sottoscritto compreso”.

Due le princpali problematiche

Attualmente i tributaristi con partita Iva sono circa 30.000, suddivisi tra coloro che operano con studio o   associazione professionale e coloro che lavorano attraverso società di servizi. “Per quanto riguarda i tributaristi Int”, informa Alemanno, “sono oltre 2.000 gli attuali iscritti di cui 1.850 esercenti attività di lavoro autonomo con partita Iva e i restanti iscritti nella maggior parte dei casi lavoratori dipendenti che desiderano utilizzare i nostri strumenti di aggiornamento professionale per restare sempre al passo con le nuove disposizioni normative e gli obblighi tributari”. Quanto alle problematiche dei tributaristi, il presidente Int sottolinea che sono principalmente due:

“La prima, di tipo tecnico-professionale, si affronta giorno per giorno soprattutto attraverso un continuo aggiornamento e ciò è condiviso con tutti gli altri professionisti del settore; la seconda è causata dalla voglia di  esclusive di talune categorie, voglia che a volte viene soddisfatta dal legislatore o dalle interpretazioni di enti. In tutti e due i casi è fondamentale il lavoro svolto dalle associazioni, per la prima problematica fornendo strumenti di  aggiornamento, per la seconda intervenendo a difesa della categoria nelle sedi competenti e cercando di evidenziare  come il mercato dei servizi professionali sia profondamente mutato rispetto agli anni di creazione degli Albi  professionali. Spesso con risultati positivi, a volte no, ma senza mai abbandonare la strada di una riforma e della  liberalizzazione del settore”. Per quanto riguarda invece i problemi comuni a tutti i liberi professionisti del settore tributario, Alemanno pone l’accento sull’esclusione dai benefici riservati alle imprese di servizi e sul non pieno risconoscimento della loro importanza nello svolgimento della funzione di intermediari fiscali, nonché sulla necessità di dover operare in condizioni di continua emergenza tra norme complesse e scadenze che si susseguono senza soluzione di continuità. “Solo la loro professionalità, e mi riferisco a tutti i professionisti del settore, permette di superare questi ostacoli e di fornire servizi di qualità alla propria utenza. Infine”, aggiunge, “un problema gravissimo per i tributa risti, ma che sta diventando tale anche per chi ha un Cassa di previdenza autonoma, è quello dei contributi previdenziali e di una futura pensione. Noi siamo obbligati, in quanto professionisti privi di Cassa autonoma, al versamento nel fondo di Gestione separata dell’Inps con aliquote oltre al 27%. Un prelievo pesantissimo che impedisce di avere liquidità da investire nella previdenza integrativa. Da anni chiediamo una modifica normativa, ma le esigenze di cassa hanno avuto sempre la meglio sull’equità; anche progetti di legge giacenti in Parlamento prevedono modifiche ma sono rimasti lettera morta. Sono lontani i tempi dei professionisti privilegiati rispetto ad altre categorie”.

I costi per iniziare l’attività e per l’aggiornamento

“È difficile dire con precisione quali sono i costi medi per iniziare un’attività standard come libero professionista perché variano a seconda della sede. Un consiglio è quello di fare investimenti di pari passo con la propria crescita professionale”, suggerisce Riccardo Alemanno. “Comunque oggi il professionista che inizia un’attività deve sopportare costi che un tempo non erano sostenuti nell’ambito di attività professionali: penso alla necessità dei sistemi telematici e dei loro aggiornamenti, di avere un numero adeguato di collaboratori per poter gestire tutti gli obblighi tributari dei propri clienti, delle spese di aggiornamento professionale, di uno studio adatto alle sempre più pressanti esigenze di archiviazione della documentazione. In ogni caso, i costi iniziali minimi di investimento si possono aggirare sui 20.000-30.000 euro escludendo la locazione dello studio o il suo acquisto”. Quanto alle spese generali costanti ordinarie, l’aggiornamento software e hardware richiede circa 10.000 euro annui, altri 20.000-25.000 sono necessari per un collaboratore, 10.000-15.000 per le altre spese di studio, 5.000- 6.000 per l’aggiornamento (libri, riviste, corsi ecc.). “Per questi ultimi, c’è la possibilità di detrarne solo il 50%. Ecco perché cerchiamo di fornire strumenti di aggiornamento di qualità a costi contenuti o come nel caso dell’Int gratuiti per gli iscritti”.