I punti deboli della ristorazione italiana

Il nostro focus sulla ristorazione italiana ci ha portati dal quadro generale del settore alle tendenze di consumo degli italiani, fino ai numeri su imprese nate, morte e produttività. Oggi invece ci focalizziamo su occupati, produttività e andamento dei prezzi nel settore della ristorazione.

L’input di lavoro del settore dei pubblici esercizi – misurato in unità di lavoro standard – conta a oggi oltre un milione  di unità. Rispetto a sei anni fa il settore della ristorazione ha assorbito circa il 5% in meno del fabbisogno delle ore complessivamente lavorate. Un fenomeno che ha interessato sia la componente del lavoro indipendente sia, soprattutto, quella del lavoro dipendente, nella quale il numero delle ore lavorate è sceso di circa il 6% tra il 2008 ed il 2014.

I pubblici esercizi impiegano, in media d’anno, 680.693 lavoratori dipendenti, pari al 71% del totale nazionale del comparto del turismo. Al tema del lavoro è direttamente collegato quello della produttività in considerazione del fatto che siamo in presenza di un settore cosiddetto labour intensive.

La produttività del settore ristorazione non soltanto è bassa ma anziché crescere si riduce. Attualmente è del 2% in meno rispetto al livello raggiunto nel 2009, pur in presenza del recupero registrato nel corso del 2014. La dinamica della quantità di lavoro utilizzato dal settore negli anni della crisi non ha favorito il miglioramento della produttività con la conseguenza che la remunerazione del lavoro e del capitale si fa sempre più problematica. Sotto questo profilo, sostiene la Fipe, la ristorazione dovrà imboccare con decisione la strada di un forte recupero di produttività.

Per quanto riguarda invece l’andamento dei prezzi, a settembre 2015 i prezzi dei servizi di ristorazione commerciale (bar, ristoranti, pizzerie, ecc.) hanno fatto registrare una variazione dello 0,1% rispetto al mese precedente e dell’1,1% rispetto allo stesso mese di un anno fa. L’inflazione acquisita per l’anno in corso si attesta all’1,1%.

Si contano aumenti inferiori all’1% in ristoranti e pizzerie, mentre una stagione estiva particolarmente brillante ha fatto salire i prezzi dei gelati industriali e artigianali. Nel corso di questi ultimi anni la dinamica dei prezzi dei servizi di ristorazione è stata caratterizzata – in coerenza con il quadro generale – da una significativa moderazione, dimezzandosi, di fatto, dal 2% del 2012 all’1% di oggi.

Imprese e valore aggiunto del settore della ristorazione

Dopo aver visto nei giorni scorsi i segnali incoraggianti per il settore della ristorazione italiana e le tendenze di consumo degli italiani che quotidianamente frequentano bar e ristoranti, oggi torniamo ad analizzare il Rapporto Fipe 2015 sulla ristorazione dal punto di vista dei numeri.

La ristorazione italiana conta 320.391 imprese, suddivise in 149.085 bar e 168.289 ristoranti di varia tipologia. Che quello italiano sia un mercato a forte densità imprenditoriale è noto. I numeri dicono che, a fronte di una densità che in Francia è di 329 imprese per 100mila residenti, in Germania di 198 e nel Regno Unito addirittura di 181, l’Italia presenta un indice di 440 imprese della ristorazione per 100mila residenti.

Il tasso di competizione del mercato della ristorazione è elevato e gli effetti sul turnover imprenditoriale sono evidenti, tendenza che conferma la sostanziale fragilità del tessuto produttivo del settore, ulteriormente accentuata dalla crisi.

Infatti, nei primi nove mesi del 2015 hanno avviato l’attività 12.726 imprese mentre 20.018 l’hanno cessata, determinando un saldo negativo di 7.292. Anche nel 2014 il saldo è stato negativo per circa 10mila unità. Tuttavia il clima di fiducia delle imprese della ristorazione migliora: nel terzo trimestre del 2015 è infatti tornato ai livelli del 2007.

Il valore aggiunto del settore italiano della ristorazione sfiora i 40 miliardi di euro ed è del 19% superiore a quello dell’agricoltura e del 52% superiore al valore aggiunto dell’industria alimentare. L’impatto della crisi sulle performance del settore è avvenuto con un certo ritardo, ma ha dispiegato i propri effetti negativi nel biennio 2012-2013, quando ha segnato una contrazione di oltre il 4%.

Vedremo domani qual è, in termini numeri, la dimensione del settore della ristorazione sul totale degli occupati nel comparto del turismo e quali sono le tendenze occupazionali degli ultimi anni, con un occhio anche agli indici di produttività e all’andamento dei prezzi del settore.

Ristorazione e consumi, le dinamiche del settore

Abbiamo visto ieri come l’annuale Rapporto Ristorazione a cura della Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi abbia scattato una fotografia tutto sommato positiva dell’andamento del settore della ristorazione in Italia nei primi mesi del 2015, con buone prospettive sulla chiusura dell’anno.

Oggi vediamo come la sintesi del Rapporto presenti una dettagliata mappa dei consumi degli italiani fuoricasa, dalla colazione al dopocena, con le tipologie di locale maggiormente coinvolte e i prodotti di maggiore preferenza.

Uno studio accurato che, per gli operatori del settore della ristorazione, può essere un punto di partenza per calibrare la propria offerta in base alle preferenze del consumatore, sia sotto il profilo della varietà alimentare che delle fasce orarie di consumo preferite. Vediamo.

Ristorazione: i consumi infrasettimanali

  • 5 milioni di persone ogni giorno (il 61,5% della popolazione) fa colazione fuori casa con predilezione per caffè, cappuccino e brioche e una spesa media di 2,50 euro;
  • 12 milioni di italiani (il 66% della popolazione) pranzano fuori casa, prevalentemente al bar, per 3-4 volte durante la settimana: panino, pizza e primi piatti le proposte di maggiore preferenza;
  • 3 milioni di italiani (59,4% della popolazione) cenano al ristorante almeno tre volte alla settimana, scegliendo soprattutto pizzerie, con una spesa media di 22,40 euro;
  • Oltre 9 milioni (il 47,7% della popolazione) si recano al bar per una pausa almeno 3-4 volte alla settimana, scegliendo soprattutto snack e gelati per una spesa complessiva di 3,20 euro.

Ristorazione: i consumi nel fine settimana

  • 6,6 milioni di italiani (il 63,6% della popolazione) pranzano fuori casa nel week end almeno 3 volte al mese, scegliendo soprattutto la pizza e spendendo indicativamente 18,60 euro;
  • 7,3 milioni (il 66,8%) cenano fuori casa nel week end almeno 3 volte al mese prediligendo ristoranti e trattorie, con una media di due portate a pasto e una spesa media di 19,10 euro.

Tutte queste cifre fanno sì il mercato della ristorazione in Italia sia al terzo posto in Europa. Nel continente il settore della ristorazione vale 504 miliardi di euro ed è concentrato principalmente in tre Paesi: Regno Unito, Spagna e Italia. In rapporto alla popolazione e a parità di potere d’acquisto, la spesa pro-capite per la ristorazione è in Italia del 22% superiore a quella media europea e del 33% alla spesa della Francia.

La ristorazione italiana torna a sorridere

Il settore della ristorazione è uno di quelli che trainano l’economia italiana e, in questo 2015, sta facendo registrare segnali incoraggianti. Di fatto, gli italiani tornano al ristorante, dicono basta alla crisi e fanno tendere al bello il barometro della ristorazione fuoricasa.

Una tendenza certificata con numeri chiari e con un trend positivo dall’ultimo Rapporto Ristorazione a cura della Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi, presentato nei giorni scorsi all’Unione del Commercio di Milano. Consumi in crescita dello 0,8% nel 2015 e prospettive in miglioramento sul fronte dell’occupazione: l’universo della ristorazione italiana, fatto di bar, ristoranti, gelaterie e pasticcerie torna a sorridere.

Una tendenza che, per il settore della ristorazione, si traduce nell’interruzione della dinamica di contrazione iniziata nel 2008. Per il 2015, infatti, la previsione del Centro Studi Fipe è di un incremento dello 0,8% che porterà la spesa nominale a 76 miliardi di euro. Nel complesso, nel 2014 la spesa delle famiglie italiane per la ristorazione si è attestata su 74.664 milioni di euro in valore e 69.473 milioni in volume, con un incremento reale sul 2013 dello 0,7%.

Del resto, ricorda la Fipe, otto italiani su dieci frequentano più o meno abitualmente bar e ristoranti a pranzo, a cena o semplicemente per una pausa. Anche tra le imprese della ristorazione si coglie maggiore fiducia verso il futuro: nel terzo trimestre di quest’anno il sentiment è tornato ai livelli del 2007. Tuttavia, il saldo tra imprese che hanno avviato l’attività e imprese che l’hanno cessata rimane negativo, a conferma del fatto che la ripresa non riguarda l’intero settore.

Il Rapporto del Centro Studi Fipe non trascura di entrare nel merito dei comportamenti di consumo degli italiani nei confronti del settore della ristorazione. Il 77% dei maggiorenni consuma più o meno abitualmente cibo al di fuori delle mura domestiche, sia che si tratti di colazioni, pranzi, cene o più semplicemente di spuntini e aperitivi. In termini numerici si tratta di 39 milioni di persone, così segmentati:

  • heavy consumer: 13 milioni che consumano almeno 4-5 pasti fuori casa in una settimana;
  • average consumer: 9 milioni che consumano almeno 2-3 pasti fuori casa in una settimana;
  • low consumer: 17 milioni che consumano almeno 2-3 pasti in un mese.

Gli heavy consumer sono in prevalenza uomini (51,3%) di età compresa tra i 35 e i 44 anni (24,8%) e residenti al Nord Ovest (29,8%), in centri abitati tra i 5mila e i 40mila abitanti (30,5%). Appartengono a un nucleo familiare composto da 3 persone (32,3%). Gli average sono in prevalenza uomini (51,9%), residenti al Centro Italia (28,9%) in centri abitati tra i 5mila e i 40mila abitanti (35,9%). In prevalenza appartengono a un nucleo familiare composto da 4 persone (26,1%). I low consumer sono in prevalenza donne (51,6%), di età superiore ai 64 anni, residenti nelle regioni del Nord Italia, in centri abitati tra i 5mila e i 40mila abitanti (34,9%). In prevalenza appartengono ad un nucleo familiare composto da due persone (35,2%).

“Già nel corso dell’anno – commenta Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe – erano stati evidenziati segnali incoraggiantiDai dati positivi sul pranzo di Pasqua e Pasquetta fino alle ultime elaborazioni sui risultati della stagione estiva, tutti i numeri portavano a previsioni ottimistiche: l’ennesima conferma del valore di un settore, quello del fuoricasa, scelto da 39 milioni di italiani e che punta sempre di più all’innovazione, alla competenza, alla qualità delle proposte”.

Domani vedremo quali sono le dinamiche dei consumi fuoricasa da parte degli italiani e quanto incidono sul mercato della ristorazione italiana.

Il turismo non è solo Expo

Il 2015 dell’Italia del turismo non sarà solo Expo 2015, o almeno questo sperano gli operatori del settore. E in effetti qualche segnale positivo in questo senso pare esserci, almeno secondo quanto traspare dalle rilevazioni dell’Osservatorio Confesercenti.

I dati in possesso dell’organizzazione dei commercianti segnalano che il turismo e i pubblici esercizi in Italia danno dei cenni di risveglio. Tra marzo 2015 e lo stesso mese del 2014 il numero di imprese registrate nei settori dell’alloggio e del turismo, nella ristorazione e nel servizio bar è cresciuto del 2%, per un totale di 8.122 attività in più.

Cresce principalmente la ristorazione (+5.493 imprese, +3%), con un dato significativo per la provincia di Milano, dove l’attesa dell’Expo ha dato la scossa al comparto food e al turismo: 558 imprese di ristorazione in più rispetto a marzo 2014 (+6,6%), mentre le attività turistiche e di ricezione sono aumentate di ben il 10,6% (+119). “L’attesa per Expo e per i 20 milioni di visitatori stimati – ha commentato Andrea Painini, presidente di Confesercenti Milano – ha portato a un aumento dell’offerta ricettiva territoriale, alberghi ma anche bed and breakfast, nella città e nelle zone limitrofe. Il tema dell’alimentazione, poi, ha dato ancora maggior impulso all’interesse per il food e ha portato alla nascita di nuove attività, in particolare nelle vie dello shopping più rinomate di Milano e nelle zone subito adiacenti“.

Ma la crescita del numero di ristoranti è un fenomeno che interessa quasi tutte le regioni del Paese. La Lombardia ha registrato la crescita maggiore anno su anno (+998 imprese), seguita dal Lazio (+817) e dal Veneto (+492). Meno brillanti le performance di crescita fatte registrare dei bar, con un numero di imprese stabile: +1.467 attività, per una variazione positiva ma al di sotto dell’1% (+0,9%). In alcune regioni ad alta vocazione di turismo come Piemonte, Marche, Trentino Alto Adige e Friuli è persino negativo.

Il comparto dell’alloggio e del turismo, al contrario, mostra un certo dinamismo: nel periodo considerato è stata registrata a livello nazionale una crescita del 2,4%, pari a 1.467 attività in più tra alberghi, hotel e bed & breakfast in più. A livello regionale il primato non è più della Lombardia ma del Lazio, che fa registrare l’aumento maggiore del numero di imprese (+242), seguito da Puglia (+199) e dalla regione dell’Expo (+157).

Esmeralda Giampaoli, presidente di Fiepet, l’associazione di categoria che riunisce i pubblici esercizi di Confesercenti, commenta questi dati relativi alle imprese del turismo e del food: “Dopo le contrazioni registrate negli anni scorsi, la ristorazione prova a ripartire. Il fenomeno food è ormai dilagante e l’Expo ha impresso un’ulteriore accelerazione. Ma le difficoltà rimangono tante e rimanere sul mercato non è semplice: quasi 6 imprese su 10 chiudono entro tre anni. E’ l’effetto di quasi un decennio di deregolamentazione, che ha aumentato il tasso di competitività ma ha anche aperto la porta a un’imprenditoria improvvisata e poco professionale che ha considerato il settore un settore rifugio. Oltre a questo, ristoranti e pubblici esercizi scontano anche l’aumento della pressione fiscale, che tra tasse locali, imposte sugli immobili e tariffe e’ stata particolarmente pesante per la categoria. Senza una riduzione dell’incidenza del fisco, sara’ difficile trasformare questi primi segnali in una ripresa stabile“.

Un discorso, quello della oppressione fiscale, che riguarda tutti i comparti relativi al turismo e della ristorazione e che, di fatto, è una palla al piede che limita la competitività italiana in un settore che dovrebbe essere la punta di diamante dell’economia del nostro Paese.

Riso Gallo, il franchising della ristorazione

Un franchising nella ristorazione originale e particolare, quello proposto da Riso Gallo.
Nei locali Chicchiricchi, infatti, vengono offerti menù a base di riso abbinato in modo molto fantasioso, tanto da attirare una clientela sempre maggiore.

Per questo, investire per aprire un locale appartenente a questa catena potrebbe rivelarsi proficuo e vantaggioso.

Ai potenziali franchisee, Riso Gallo offre:

  • Analisi della location in termini di potenzialità per visibilità/traffico/fatturato
  • Progettazione del layout di punto vendita
  • Studio delle potenzialità economica del punto vendita
  • Supporto nelle fasi di startup del punto vendita
  • Consegna manuale operativo per la gestione del punto vendita
  • Aggiornamento menu periodico/stagionale
  • Assistenza continuativa durante tutta la durata del contratto

Per ricevere ulteriori informazioni, è possibile collegarsi al sito Riso Gallo.

U’panzerott, il franchising dello street food

Lo street food è sempre più apprezzato, non solo perché permette di consumare un pasto senza attese, e senza spese eccessive, ma anche perché sta diventando sempre più variegato e particolare.
Per questi motivi, esistono diversi franchising del settore, e tra questi anche alcuni che propongono cucina etnica o regionale.

Tra questi, ecco U’panzerott, che propone menù con, come assoluto protagonista, il panzerotto, tipico della tradizione pugliese.

Entrare a far parte di questo marchio non richiede un impegno particolarmente impegnativo, in termini di spazi e di investimento.

Il marchio, infatti, chiede ai suoi franchisee un locale che abbia superficie anche di soli 30mq, e punta a città con bacino d’utenza di almeno 10.000 abitanti, purchè si trovi in zone ad alto flusso pedonale.

Gli affiliati vengono formati prima di avviare la propria attività, con corsi professionali presso U’panzerott Academy.

Per ricevere ulteriori informazioni, è possibile collegarsi al sito U’panzerott.

Panino Reale, il franchising delle paninoteche

Una paninoteca artigianale e legata alla tradizione gastronomica italiana: è quella proposta dal franchising di Panino Reale, appena fondato e dunque alla ricerca di nuovi affiliati.

I franchisee, entrando a far parte del team, ricevono:

  • Assistenza e consulenza per realizzazione locale a norma di legge.
  • Consigli su ricerca location, dimensioni e disposizione fondo commerciale adeguato.
  • Consulenza in Start Up su Know how + corso di formazione di 7 giorni (al solo titolare) sulle procedure lavorative e servizio al pubblico.
  • Consulenza per adeguamento corsi obbligatori inizio attività

Inoltre, è previsto un pacchetto pubblicitario che comprende:

  • Stampa e distribuzione di 5000 volantini nelle zone adiacenti l’attività.
  • Pubblicità dell’apertura del nuovo punto vendita sulla pagina facebook

Il locale deve avere una superficie minima di 30-40 mq e sorgere in zone di passaggio, ovvero nelle vicinanze di negozi, uffici, scuole o all’interno di centri commerciali.

Per ricevere ulteriori informazioni, è possibile collegarsi al sito Panino Reale.

Langhiparma, il franchising della ristorazione regionale

Il settore della ristorazione si esprime in diverse sfaccettature non solo a seconda di ciò che viene proposto, ma anche per l’ambientazione e anche i franchising, a questo proposito, sono molto variegati.

Tra quelli maggiormente attaccati alle tradizioni regionali, c’è anche Langhiparma, che offre i prodotti tipici regionali emiliani, particolarmente legati alla gastronomia parmense.

Per i nuovi franchisee, sono previste una serie di agevolazioni:

  • Progettazione del lay-out del locale e assistenza nella preventivazione
  • Supporto nella gestione dell’intero processo di realizzazione di una nuova apertura “chiavi in mano” (forniture, allestimenti, selezione e formazione delle risorse)
  • Redazione del Business Plan e determinazione del corretto Marketing Mix
  • Acquisti centralizzati dei Prodotti Langhiparma e pianificazione degli approvvigionamenti con consegne periodiche
  • Fornitura ed utilizzo degli applicativi gestionali ed operativi
  • Sviluppo ideativo, creativo e grafico dei supporti di Comunicazione e Marketing necessari, quali materiali promo- pubblicitari, ideazione di pagine pubblicitarie, newsletter e pubblicazioni, sezione dedicata nel sito internet
  • Formazione Operativa di gruppo suddivisa tra: Formazione di Base – Salumeria – Cucina – Tecniche di vendita e simulazione di servizio – Contabilità base ed applicativi gestionali e di cassa

Per ricevere ulteriori informazioni, è possibile collegarsi al sito Langhiparma.

Burgheria, il franchising delle paninoteche

Nell’ambito della ristorazione, c’è un franchising dal sapore retrò ma attualissimo che si chiama Burgheria.
Come dice il nome, si tratta di un network che si occupa di paninoteche ma arredate in maniera vintage e di atmosfera, molto diverso dalle catene più conosciute che si frequentano abitualmente.

L’azienda è attiva in Italia dal 2009 e presente su territorio nazionale con 3 punti vendita diretti, ma ora ha intenzione di intraprendere anche la strada del franchising.

Per gli interessati, occorre sapere che è necessario disporre di un locale con superficie di 100/150 mq, ubicato in zone di forte passaggio.

L’investimento iniziale oltrepassa i 100.000 euro e, oltre a questo, vengono richiesto fee d’ingresso di 50.000 euro e royalties mensili.

Non è invece richiesta esperienza precedente, poiché è prevista una formazione iniziale, nonché assistenza amministrativa costante.

Per ricevere ulteriori informazioni, è possibile collegarsi al sito Burgheria.