India, il prossimo obiettivo dell’export Made in Italy

Tra i Paesi BRIC, a sorpresa quello dalle maggiori potenzialità, anche a livello di export, si sta rivelando l’India, che, quindi, potrebbe rappresentare una risorsa fondamentale per le piccole e medie imprese italiane.

Più della Cina, infatti, l’India sta diventando una potenza a livello globale nel settore manifatturiero, e questo potrebbe dare vita a sinergie con le imprese italiane del comparto con opportunità di business impensabili fino a poco tempo fa.

Per aiutare le PMI a non farsi trovare impreparate, da SACE, SIMEST e ICE arriva la nuova guida all’obiettivo India dedicata alle imprese.

Tra i settori del Made in Italy che potenzialmente possono sfruttare maggiormente le opportunità offerte dall’India, SACE cita: automotive, infrastrutture e costruzioni, energie rinnovabili, meccanica strumentale, ICT e Farmaceutica.

Ciò è possibile grazie ai notevoli passi avanti compiti dall’India, che ha fatto crescere il PIL del 4,5% all’anno, con un ritmo di sviluppo dell’economia del 7%, superiore a quello della Cina, una classe media di 200 milioni di persone, circa il 15% della popolazione pari a 1,3 miliardi di abitanti e un Governo che punta proprio a far emergere la cosiddetta neo middle class, che conta ulteriori 380 milioni di individui.

Il Paese offre inoltre un’ampia e giovane forza lavoro a basso costo, poiché non ancora adeguatamente specializzata, che lo pone in una posizione di vantaggio competitivo rispetto ad altre nazioni vicine, come Vietnam, Indonesia e Cina.

Ovviamente, trattandosi di un Paese ancora in via di sviluppo, l’India presenta delle criticità che vanno assolutamente studiate, per studiare strategie su misura, come la distribuzione del reddito per nulla uniforme a livello territoriale e di fasce economiche, le infrastrutture che presentano ancora diverse carenze che provocano inefficienze all’economia del Paese, un apparato pubblico e privato ancora caratterizzato da lentezze e inefficienze, una crescita economica resa difficile da un debito pubblico in aumento e dai crescenti livelli di crediti deteriorati presenti nei bilanci delle banche, oltre ovviamente alle misure protezionistiche introdotte con lo scopo di favorire le produzioni locali.

Per poter essere aggiornati su tutti questi aspetti, c’è a disposizione delle imprese la guida ICE,SACE e SIMEST, che può essere richiesta direttamente sul sito SACE.

Vera MORETTI

L’ agroalimentare italiano “punta” la Cina

Che cosa amano i cinesi del made in Italy? Di sicuro la moda, le auto e il lifestyle, ma non dimentichiamoci dell’ agroalimentare. Di sicuro non se ne dimentica Sace, gruppo assicurativo-finanziario attivo, tra l’altro, nell’export credit e nell’assicurazione del credito. Secondo Sace, infatti, l’export agroalimentare italiano in Cina potrebbe passare dai circa 320 milioni del 2014 a 410 milioni nel 2018.

Questa impennata dell’export agroalimentare è dovuta in gran parte, secondo Sace, al fatto che la Cina, dopo anni di crescita ininterrotta sta indirizzando la propria economia su binari più equilibrati. Una maggiore stabilità che porterà con sé maggiori stimoli ai consumi interni, produzione di beni di qualità più elevata, sviluppo dei servizi, maggior utilizzo delle rinnovabili per la produzione di energia (a oggi la Cina è uno dei maggiori utilizzatori di combustibili fossili e uno dei Paesi maggiormente inquinanti).

Secondo Sace “Il ribilanciamento cinese può rappresentare un vantaggio per i Paesi esportatori”, che hanno settori di pregio come, per esempio, quello agroalimentare. Lo studio di Sace evidenzia come la parte di popolazione più abbiente delle grandi città cinesi sia in proporzione molto numerosa, tanto che anche una piccola élite di persone ha un elevato potenziale di consumo.

Sace sottolinea anche il forte processo di occidentalizzazione dei consumi, anche nel settore agroalimentare, che si è innescato in Cina negli ultimi anni, grazie anche al fatto che i flussi turistici cinesi hanno sostenuto e sosterranno la domanda di prodotti esteri al loro rientro in patria.

A tutto questo, a vantaggio di settori come quello dell’ agroalimentare italiano, si aggiunge il fatto che il mercato continua a crescere e che la legislazione locale sarà via via semplificata, rendendo più facile l’ingresso sul mercato cinese di nuovi importatori e distributori. E l’Italia, si spera, sarà in prima fila.

Meccanica, made in Italy silenzioso e vincente

Di solito quando si pensa al made in Italy e, soprattutto, ai prodotti d’esportazione più celebri, si parla spesso delle famose “tre F”, food (cibo), fashion (moda) e furniture (arredamento). In realtà c’è un settore meno reclamizzato del made in Italy che però è trainante quasi quanto gli altri, dal momento che vale da solo il 7% delle esportazioni: la meccanica e i macchinari.

Lo sa bene Sace (società del Gruppo Cassa depositi e prestiti, specializzata in prodotti assicurativi e finanziari) che in un focus del proprio Ufficio Studi ha rilevato come l’export dei macchinari made in Italy valga 74 miliardi di euro, una cifra che fa dei cosiddetti “beni strumentali” un fiore all’occhiello delle nostre aziende all’estero, un settore strategico in molte filiere produttive dell’industria manifatturiera mondiale.

Secondo Sace, però, le potenzialità di questa industria per la promozione del made in Italy sono ancora tutte da esplorare. Se l’industria meccanica si promuovesse nello stesso modo in cui si promuovono i prodotti a valle della filiera, si potrebbero fatturare almeno 12 miliardi di euro di export in più in 4 anni, toccando quota 90 miliardi nel 2018.

Ma quali sono, secondo Sace, i mercati d’elezione per questo made in Italy non strillato ma estremamente efficace? Sono un puzzle molto variegato, che comprende tanto i principali importatori mondiali (Usa, Cina, Germania, Francia, UK), quanto i mercati che si stanno maggiormente espandendo in questi anni, in primis Messico e Turchia, ma anche Arabia Saudita, Thailandia e Polonia.

Il Made in Italy sbarca a L’Avana?

E’ avvenuta in questi giorni una missione imprenditoriale a L’Avana, promossa dai Ministeri dello Sviluppo Economico e degli Affari Esteri per capire cosa può offrire Cuba alle imprese italiane che puntano all’internazionalizzazione e quali vantaggi può trarre il Made in Italy dall’approdo sul mercato cubano.

Secondo le stime dell’Associazione Bancaria Italiana ammontano ad oltre 473 milioni di euro i fondi stanziati dal sistema del credito per gli imprenditori italiani che intendono avviare processi di internazionalizzazione a Cuba.

I dati sono stati diffusi da Guido Rosa, presidente del Comitato Tecnico per l’internazionalizzazione ABI, durante il Forum economico Italia-Cuba tenutosi a L’Avana organizzata da Ice, Confindustria, ABI, Unioncamere e Conferenza delle Regioni.

Per l’occasione, erano presenti aziende italiane produttrici nei comparti:

  • meccanica agricola e trasformazione alimentare,
  • ambiente ed energie rinnovabili,
  • infrastrutture e costruzioni,
  • biomedicale,
  • turismo.

Del plafond complessivo messo a disposizione dalle banche italiane, finora sono stati utilizzati 168 milioni di euro, lasciando ampi margini per sostenere le imprese che vorranno affacciarsi su questo nuovo mercato.

Anche SACE era presente al forum, con una delegazione guidata dal presidente Giovanni Castellaneta, il quale ha confermato i benefici di un investimento sul mercato cubano, che potrebbe crescere in maniera esponenziale nei prossimi anni.

L’ufficio studi di SACE stima che, nel caso in cui il programma di riforme messo in atto da L’Avana riuscisse a compiersi appieno, le imprese italiane potrebbero beneficiare di un guadagno di nuovo export pari a 220 milioni di euro entro il 2019.

Nel frattempo, si terrà dall’1 al 7 novembre la FIHAV 2015, la Fiera internazionale de L’Avana. La manifestazione, giunta alla 33° edizione, si concentra su settori strategici per lo sviluppo economico e industriale del Paese, quali:

  • edilizia,
  • arredamento,
  • meccanica,
  • energie alternative,
  • beni di consumo,
  • abbigliamento,
  • prodotti per la casa,
  • prodotti alimentari.

Vera MORETTI

Tag: Made in Italy, Sace, Cuba,

FoodExport, un progetto per le imprese agroalimentari

E’ stata presentata, da BNL Gruppo BNP Paribas e SACE, una nuova iniziativa, chiamata FoodExport,volta a favorire l’internazionalizzazione delle imprese come fattore di stimolo e crescita dell’economia reale.

Il progetto è rivolto alle imprese appartenenti al settore agroalimentare, per le quali saranno stanziati 150 milioni di euro.

Obiettivo principale è sostenere i progetti di export di medio e lungo periodo, ma anche di capitale circolante delle imprese appartenenti alla filiera agroalimentare. Come? Rispondendo ai fabbisogni economico-finanziari del settore e agevolando gli investimenti commerciali, produttivi e promozionali.

BNL e SACE garantiranno alle imprese agroalimentari soluzioni assicurativo-finanziarie appositamente studiate per sostenere e semplificare l’ingresso e l’operatività sui mercati globali.

  • smobilizzando i crediti internazionali;
  • finanziando delle sedi all’estero delle imprese italiane;
  • garantendo una tesoreria internazionale;
  • mitigando i rischi di cambio;
  • offrendo garanzie di fornitura;
  • finanziando gli acquirenti esteri.

Questo anche grazie alla messa a disposizione delle imprese del settore agroalimentare di servizi e soluzioni di “factoring internazionale”, di una piattaforma evoluta di cash management.

Vera MORETTI

Commercialisti e Sace per le imprese che esportano

Le imprese che esportano sono quelle che meglio rispondono alla crisi e, per sostenerle, il Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili e Sace hanno finalizzato un accordo di collaborazione ad hoc.

L’intesa punta proprio al sostegno alle imprese che esportano, impegnate in percorsi di internazionalizzazione, e ai commercialisti che le assistono, con un focus particolare sulle Pmi e in sinergia con le tematiche alla base di Expo 2015.

L’accordo è stato firmato nei giorni scorsi dal presidente del Cndcec Gerardo Longobardi e dal presidente di Sace Giovanni Castellaneta, i quali hanno gettato le basi di un percorso di accompagnamento alle imprese che esportano che mette a disposizione dei professionisti iscritti all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e dei loro clienti servizi assicurativo-finanziari e iniziative di formazione in materia di internazionalizzazione sviluppate dal gruppo Sace.

Tra le varie iniziative a sostegno delle imprese che esportano, l’accordo prevede l’organizzazione di incontri tecnici e seminari per aiutare le strategie di penetrazione di nuovi mercati a elevato potenziale e iniziative dedicate ai settori più rappresentativi del tessuto imprenditoriale nazionale.

Da UniCredit 2 milioni al gruppo IMR Automotive

Continua la politica di UniCredit a sostegno delle imprese italiane che innovano. L’istituto di credito fa sapere di aver finalizzato una nuova operazione di finanziamento da 2 milioni di euro, strutturata e coordinata dall’Area Monza e Brianza di UniCredit e destinata a rafforzare il percorso di espansione del gruppo IMR Automotive, specializzato nella produzione di componentistica per il settore.

Con questo finanziamento, la linea di credito erogata da UniCredit a IMR e garantita da SACE è arrivata a 5 milioni di euro; con questo supporto, il Gruppo ha realizzato nuovi progetti nel comparto automotive in Germania, grazie ad acquisizioni di realtà che lo posizioneranno in maniera strategica su uno dei mercati di riferimento del comparto.

Il gruppo IMR impiega oggi circa 1.450 dipendenti in quattro stabilimenti in Nord Italia, due in Germania e uno in Spagna, è fornitore esclusivo di componentistica per Ferrari e Maserati e ha tra i propri clienti alcune tra le case automobilistiche più prestigiose al mondo tra cui Volkswagen, in particolare con i marchi Audi e Porsche.

“Siamo davvero soddisfatti del rapporto nato tra IMR, UniCredit e SACE che in breve tempo ci ha supportato nel cogliere nuove opportunità e di affrontare rinnovate sfide sul mercato – ha dichiarato Matteo Galmarini, Chief Financial Officer di IMR. A dispetto del generale periodo di contrazione dobbiamo costatare che sia UniCredit che SACE si sono resi disponibili in tempi celeri e modalità concrete, ciò che serve oggi alle aziende Italiane. Operiamo il nostro business quotidianamente sperando sempre di incontrare la soddisfazione dei nostri partner, che per noi rappresenta un valore basilare per intrattenere rapporti solidi e continuativi nel tempo”.

Made in Italy alla conquista del Kazakistan

Le ex repubbliche sovietiche sono un territorio tutto da esplorare per l’esportazione delle eccellenze italiane. Ecco perché è il 10 novembre ha preso il via in Kazakistan, nella capitale Astana, una missione dell’Italia partecipata dal Governo, da Confindustria e patrocinata dall’Istituto per il Commercio Estero, l’ICE.

Nell’ambito della missione, il veicolo finanziario SACE ha allo studio 500 milioni di euro di nuovi progetti in Kazakistan, con l’obiettivo fare business nel Paese e di consolidare il posizionamento dell’Italia, tanto in campo energetico – l’ex repubblica sovietica nell’oil&gas offre già da tempo alle aziende del nostro Paese diverse opportunità -, quanto con il Made in Italy in generale, che comprende una gamma ampia di comparti industriali: dalle infrastrutture alle tecnologie meccaniche, dal tessile e abbigliamento all’agroalimentare.

Con un fatturato superiore ai 700 milioni, l’Italia è il secondo esportatore in Kazakistan, dopo la Germania, grazie a settori come la meccanica (oltre il 43% dell’export) e la moda (22%). A invogliare gli investitori stranieri in Kazakistan, un piano di investimenti pubblici del valore di 5 miliardi di dollari, che mira a potenziare il ruolo del Paese nel trasporto aereo, marittimo e ferroviario.

L’ambasciatore italiano in Kazakistan, Stefano Ravagnan, nell’ospitare la missione, ha parlato di un mercato più sofisticato e competitivo, ma ha anche messo in guardia: “Non possiamo vivere sugli allori”.

L’export Made in Italy parte anche dal Nord Est

Il Made in Italy è così apprezzato all’estero anche grazie alle imprese del Nord Est, capaci di cogliere tutte le occasioni buone per farsi conoscere dai mercati emergenti, quelli che in questi anni hanno contribuito a tenere alte le cifre dell’export dei prodotti italiani.

Per il solo 2013, è stato fatturata la cifra record di 70 miliardi di euro, dato confermato dal
report REthink presentato da Sace, un resoconto contenente le previsioni sui trend dell’export italiano per il 2014-2017.

Tra i settori trainanti che riguardano l’esportazione del Made in Italy dal Triveneto ci sono quelli delle tecnologie industriali e dei beni di consumo, seguiti dalla filiera agroalimentare, dal ramo dei gioielli e dei mobili, oltre, ovviamente, al settore moda.

Per quanto riguarda le stime per il futuro prossimo, Sace ha stilato una classifica dei comparti per i quali si prevede una crescita maggiore: al primo posto l’agroalimentare, seguito dalla meccanica strumentale, il tessile e l’abbigliamento.

A offrire le migliori opportunità sono non solo i Brics, ma anche alcune destinazioni come l’Arabia Saudita, Angola, Cile, Filippine e Thailandia.

Vera MORETTI

Rinnovato l’accordo tra Banca Sella e Sace

Per le piccole e medie imprese rimane difficile ottenere finanziamenti dalle banche, anche se desiderano investire in innovazione, basilare per migliorare la propria competitività e garantire una crescita in grado di affrontare la crisi.

A questo proposito, il gruppo Banca Sella e Sace hanno rinnovato l’accordo per il sostegno delle piccole e medie imprese italiane che vogliono incrementare la loro presenza sui mercati internazionali.
Questa intesa prevede la firma del finanziamento Sella Export, già sperimentato negli anni scorsi con successo e finalizzato a sostenere i progetti di internazionalizzazione delle imprese italiane e la tutela del Made in Italy nel mondo.

Oltre al rinnovo dell’accordo, inoltre, è stato aumentato il plafond messo a disposizione delle imprese, poiché il precedente era esaurito per completa erogazione.

Vera MORETTI