Lavoro e imprese: l’Italia va verso la settimana corta?

Il caro energia sta cambiando il modo degli italiani di approcciarsi al lavoro, molto probabilmente la settimana corta sarà il nuovo trend.

Settimana corta per i dipendenti del Comune di Milano

Con la pandemia le imprese e i lavoratori hanno sperimentato lo smart working e ad alcuni lavoratori è piaciuto talmente tanto che hanno deciso di continuare a lavorare da casa. Naturalmente questo è possibile solo quando l’azienda decide di concedere tale possibilità. Con l’aumento del prezzo dell’energia molti lavoratori rimasti in smart vorrebbero invece tornare in ufficio e le aziende invece vorrebbero tenerli a casa. Insomma sembra che il panorama nel mondo del lavoro stia nuovamente cambiando.

Poi ci sono le imprese e le Pubbliche Amministrazioni che stanno sperimentando soluzioni alternative e che coordinano entrambe le possibilità, cioè il lavoro in sede e quello in smart. Ad aprire a questa possibilità è stato per primo il comune di Milano che prevede per i dipendenti il lavoro in sede fino al giovedì, mentre il venerdì si lavora in smart working.

Settimana corta e stesso stipendio per Intesa San Paolo

Più incisiva è invece Intesa San Paolo. Che ha proposto ai sindacati una nuova articolazione dell’orario di lavoro. I lavoratori interessati, secondo la proposta, dovrebbero lavorare solo 4 giorni a settimana, ma viene aumentato l’orario di lavoro giornaliero, questo viene portato a 9 ore. La settimana lavorativa dovrebbe quindi prevedere 36 ore, contro le 37,5 ore attuali. Intesa San Paolo a fronte di questa proposta, prevede che comunque non ci sia alcun taglio allo stipendio. In termini economici dovrebbe esserci un risparmio legato ai consumi energetici spalmati su 4 giorni lavorativi.

Più tempo libero o un carico di lavoro eccessivo?

Su questa proposta i sindacati hanno preso tempo e affermato che devono eseguire verifiche legali. Sarebbe però un’opportunità importante per tutti coloro che cercano di ritagliarsi del tempo libero in più. La proposta è diretta solo a coloro che lavorano negli uffici, in poche parole non dovrebbero essere coinvolti gli impiegati che sono a contatto con il pubblico e devono fornire servizi a questi ultimi. In teoria la scelta del giorno libero dovrebbe essere su base volontaria, molti probabilmente sceglieranno il venerdì, ma il responsabile della filiale può proporre soluzioni alternative.

Le sigle sindacali coinvolte hanno espresso perplessità proprio sul fatto che la settimana lavorativa di 4 giorni dovrebbe essere riservata solo a coloro che lavorano in ufficio e questa potrebbe essere una disparità di trattamento, in quanto una parte dei lavoratori vedrebbe l’orario di lavoro ridotto a 36 ore, mentre un’altra parte no. Di sicuro se si raggiungesse un accordo tra le parti, lo stesso potrebbe essere utilizzato come termine di paragone per le altre realtà aziendali che vogliono sperimentare

Studi professionali, c’è l’accordo sugli aumenti retributivi

Intesa raggiunta tra Confprofessioni e sindacati sugli aumenti retributivi per gli studi professionali. L’applicazione dell’ipotesi di accordo firmata lo scorso 27 settembre tra Confprofessioni e Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil, per il rinnovo del contratto nazionale degli studi professionali è stata infatti posticipata di un mese: il nuovo contratto sarà infatti applicabile con la retribuzione di novembre 2011. L’accordo raggiunto tra le parti, con decorrenza triennale dall’1 ottobre 2010, recepisce la nuova disciplina dell’apprendistato e stabilisce un aumento retributivo al terzo livello pari a 87,50 euro a regime e l’adeguamento del valore degli scatti di anzianità.

Questo passaggio tecnico è fondamentale in vista della firma ufficiale del contratto attesa entro la fine di novembre. L’intesa interessa oltre 1,5 milioni di dipendenti che lavorano negli studi professionali. In attesa della firma ufficiale, In attesa della firma, trova applicazione la precedente versione del contratto, siglata nel 2006 e integrata con l’accordo del 2008. L’adeguamento retributivo sarà applicabile con la retribuzione di novembre 2011, con l’erogazione degli arretrati fino al mese di ottobre 2011.

Il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella: “L’accordo raggiunto con i sindacati sugli aumenti retributivi rappresenta l’ultimo tassello che definisce la parte economica del contratto. Adesso possiamo guardare con maggior serenità al futuro, consapevoli di aver costruito un contratto che premia la produttività negli studi. Il prossimo passo sarà quello di portare il testo davanti alle 17 associazioni professionali aderenti al sistema Confprofessioni durante il Consiglio generale del prossimo 9 novembre. Quindi sottoscriveremo il nuovo contratto degli studi alla presenza del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi“.

d.S.

Raggiunto un accordo tra Telecom e i sindacati

E’ stato siglato un accordo tra Telecom Italia e le Organizzazioni Sindacali per aumentare la produttività interna attraverso una più efficace organizzazione del lavoro e l’internalizzazione di lavorazioni esterne.
Si tratta di un’intesa innovativa per quanto riguarda la riqualificazione del lavoro, che permette anche di rispettare le indicazioni del Piano triennale aziendale, che prevede una prosecuzione del processo di riduzione dei costi, compreso quello del lavoro.

Telecom Italia, unitamente con le Organizzazioni Sindacali, ha ritenuto opportuno pensare ad interventi strutturali che potessero compensare la riduzione dei volumi di lavoro e salvaguardare la lunga durata dei livelli occupazionali.
Gli esuberi lavorativi, inoltre, previsti per il biennio 2013-2014 saranno gestiti attraverso ammortizzatori sociali come i contratti di solidarietà, che permettono di evitare licenziamenti.

Gli esuberi, 3.000 in tutto, saranno gestiti in questo modo:

  • 2.500 saranno gestiti attraverso contratti di solidarietà distribuiti su circa 32.000 addetti,
  • 500 lavoratori lasceranno la società perché in possesso del diritto alla pensione o, su base volontaria, avendo maturato il requisito pensionistico durante il periodo di fruizione della mobilità.

Ulteriori 350 esuberi individuati in Telecom Italia Information Technology nel periodo 2013/2014 saranno gestiti attraverso gli stessi strumenti di ammortizzazione sociale.

Tra le richieste sindacali che Telecom ha accolto c’è anche quella relativa alla Divisione Caring Services: la societarizzazione di queste attività sarà avviata dall’1 aprile 2014 e, nel frattempo, si provvederà alla chiusura di 47 centri con meno di 46 addetti, i quali potranno chiedere di lavorare in telelavoro.

Telecom provvederà anche alla riorganizzazione del lavoro dei tecnici che eseguono interventi di manutenzione e riparazione guasti.
Ad ogni tecnico verrà assegnato un automezzo sociale, che egli custodirà nella propria abitazione. In questo modo, oltre ad un risparmio di tempo, grazie alla delocalizzazione degli automezzi si potranno ottimizzare le modalità operative e migliorare gli standard di sicurezza.

Il settore maggiormente in crisi è quello del Directory Assistance: sono stati individuati ammortizzatori socialmente sostenibili, che consentano anche di formare nuove competenze per i lavoratori del settore con l’obiettivo di reimpiegarli in altre attività produttive.

Per quanto riguarda, infine, il nuovo premio di risultato per il periodo 2013-2015, le erogazioni saranno legate al raggiungimento di obiettivi annuali legati ai risultati economici (Ebitda e Ricavi) e qualitativi (Customer Satisfaction) dell’azienda.

Marco Patuano, AD di Telecom, ha dichiarato: “L’intesa raggiunta dimostra la nostra disponibilità a un confronto positivo con le Organizzazioni Sindacali, volto a garantire il rispetto e la tutela dei lavoratori, che rappresentano un importante capitale per il Gruppo. In questo contesto, ritengo particolarmente importante sottolineare l’atteggiamento costruttivo e responsabile dei sindacati, che non si sono limitati a condividere una soluzione non traumatica per la gestione degli esuberi ma hanno contribuito, d’intesa con l’Azienda, a realizzare un progetto di ampio respiro per aumentare la produttività a tutela del mantenimento dei livelli occupazionali nei prossimi anni. L’accordo siglato oggi, permettendoci di rispettare gli obiettivi di efficienza previsti nel Piano triennale, ci consente di proseguire con maggiore serenità il percorso degli investimenti necessari per un’azione di rilancio di Telecom Italia”.

Vera MORETTI

Rientro amaro per gli operai di Alcoa

Hanno occupato la nave Sharden per alcune ore e poi, dopo le 9 di questa mattina, gli operai Alcoa sono scesi, con la stessa rabbia e delusione che avevano quando vi erano saliti.

Niente violenza, niente disordini: è stata una manifestazione del tutto pacifica, accolta dalla nave della Tirrenia con disponibilità e calore.
Ma, se la battaglia è conclusa, apparentemente senza danni, la guerra è ancora aperta, come hanno confermato i protagonisti dell’occupazione.

La prossima tappa è Portovesme, verso la quale gli operai si dirigono amareggiati e non ancora sicuri di cosa faranno. Una cosa è certa: qualunque sarà la decisione, si tratterà di una scelta di gruppo.
In tutto, gli operai che, da Roma, dove avevano manifestato ieri davanti al Ministero per lo Sviluppo economico, sono tornati ad Olbia sono 350 e tutti coesi.

Ciò che ha portato i lavoratori a manifestare e poi ad occupare pacificamente la Sharden, è il desiderio di lanciare un segnale chiaro e forte al Governo, segnale che continuerà con una manifestazione al giorno, fino alla chiusura della vertenza, quella che dovrebbe portare alla chiusura dell‘impianto.

Ma cosa è successo a bordo della nave? Tutti, manifestanti ed equipaggio, hanno rilasciato le stesse dichiarazioni: nessun disordine tra gli occupanti, solo un malumore diffuso dovuto alla preoccupazione per il proprio futuro, da parte degli operai che rischiano di ritrovarsi senza un lavoro.

La protesta, sulla Sharden, è stata cadenzata dal battere degli elmetti, che indicavano l’indignazione, la rabbia e la delusione dovuti al confronto avvenuto a Roma con il ministero dello Sviluppo economico, la Regione Sardegna e la Provincia Carbonia Iglesias.

E infatti, viste le conclusioni assolutamente inadeguate, i sindacati non hanno deciso di sottoscrivere i verbali.
La conclusione di questa amara vicenda è ancora lontana.

Vera MORETTI

Tagli alla spesa pubblica? E il dipendente pubblico sciopera

di Davide PASSONI

Ecco, ci mancava solo questo. Già la spending review per come sta prendendo forma con il lavoro del governo sembra essere sempre più una sòla, con i tagli annunciati che, se arriveranno, saranno solo una goccia nel mare della spesa inutile ed elefantiaca dello Stato. Ora, come se non bastasse, c’è chi protesta contro di essa.

Naturalmente non possono che essere i dipendenti pubblici, non foss’altro perché la revisione della spesa incide proprio nel perimetro della spesa dello Stato. Cgil, Cisl e Uil sono infatti sul piede di guerra e hanno indetto per domani due ore di stop nel pubblico impiego “affinché il governo apra il necessario confronto e interrompa il percorso preannunciato su spending review e lavoro pubblico, tenendo fede all’intesa del 3 maggio“.

La Triplice protesta “contro la politica degli annunci e delle indiscrezioni a mezzo stampa portata avanti da questo governo. Ma soprattutto contro l’approccio ideologico nei confronti del pubblico impiego. Approccio che rischia di tradursi in tagli lineari di organico mascherati da revisione della spesa, accorpamenti di enti contrabbandati per riorganizzazioni, attacchi alla dignità dei lavoratori pubblici spiegati con le urgenze di cassa. Sono misure inaccettabili, tanto più in un momento di difficoltà del Paese“.

Se qualche giorno fa avevamo definito “alieni” i parlamentari, assodata la loro incapacità di comprendere in quale Paese e in quale momento storico stanno vivendo, oggi a chi fa queste affermazioni non possiamo che dare del marziano. Al di là del fatto che uscite “a mezzo stampa” di questo governo sono tutte da trovare, visto quanto poco credito Monti & c. racimolino ormai dalla maggiore stampa del Paese, come diavolo si fa a parlare di “approccio ideologico” nei confronti del pubblico impiego quando proprio nel pubblico, oggi, c’è il cancro maggiore che rode l’Italia? E non parliamo, badate, dei lavoratori del pubblico: lì, come nel privato, non mancano le sacche di lassismo, ma il problema non è il dipendente pubblico, quanto chi lo tutela con leggi fuori dal tempo, chi mette nero su bianco che la mobilità nel pubblico è ammessa ma all’atto pratico non la utilizza, chi si batte per non applicare nel pubblico il famigerato articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, chi permette che, a fronte di un calo di 110mila unità, la spesa per gli stipendi dei dipendenti dello Stato cresca di 40 miliardi in 8 anni.

Ovvero, se il pesce puzza dalla testa, parliamo dei vertici della funzione pubblica italiana; se il pesce puzza anche nella pancia, parliamo dei sindacati del pubblico impiego. Imprese e lavoratori dipendenti privati si vedono ridurre ogni giorno margini e stipendi (quando non devono chiudere bottega o non finiscono in mezzo alla strada con famiglia a carico) e chi rappresenta i lavoratori pubblici, oltre tutelarne di fatto l’inamovibilità, protesta pure se solo sente lontanamente minacciati privilegi e diritti acquisiti “in un momento di difficoltà del Paese“, come dicono loro?

Non ci siamo proprio, anche perché i maggiori sprechi nel pubblico sono (ed è un dato di fatto) nelle spese per i beni e i servizi più che nell’erogazione delle pensioni e degli stipendi dei dipendenti. E allora, cari sindacati, noi vi mandiamo un abbraccio forte, riconosciamo senza alcuna remora il vostro alto ruolo sociale di tutela e garanzia ma vi invitiamo con forza a svegliarvi, a capire che siamo nel XXI secolo e non nel XIX o nel XX, a pensare al Paese oltre che ai vostri iscritti. Certo, ogni tessera in tasca a un lavoratore sono soldi per voi, ma di questo passo se l’Italia continua la sua corsa lungo la china, i lavoratori dovranno scegliere tra dare la quota a voi o destinarla alla spesa settimanale per la famiglia. Non siamo veggenti, ma ci viene facile capire che cosa sceglieranno…

Tasse locali? Un sacco e una sporta

Sembra che ultimamente uno degli esercizi più gettonati sia quello di calcolare quanto aumenta la pressione fiscale su imprese e famiglie ogni volta che il governo Monti mette mano alla finanza centrale o gli enti locali si inventano tasse per rimpolpare le loro casse esauste. Lo fanno associazioni di consumatori, lo fa spessissimo la benemerita Cgia di Mestre e lo fanno persono i sindacati.

Proprio da uno della Triplice arrivano infatti le ultime stime sulla intollerabile pressione fiscale a livello locale che sta investendo gli italiani. Secondo uno studio della Uil, tra tasse locali e imposte comunali nel 2012 per il contribuente italiano arriverà una mazzata media di oltre 1400 euro.

Una stangata dovuta in gran parte alla mistura mortale di Imu, addizionali Irpef, Tarsu e Imposta di soggiorno. Un mischione velenoso che costerà, mediamente, ai contribuenti 1.427 euro, di cui 177 euro a famiglia per l’Imu sulla prima casa, 865 euro per l’Imu sulla seconda, 143 euro di addizionale comunale Irpef per contribuente e 220 euro per la Tarsu.

E chi saranno i più “fortunati”? Sempre secondo lo studio della Uil, Roma è la città che denuncia il ‘salasso’ maggiore in quanto a imposizione fiscale locale: tra Imu, addizionale Irpef e Tarsu, il 2012 peserà mediamente sulle famiglie per 3.042 euro. A seguire, Bologna con un esborso medio di 2.580 euro, e Milano con 2.519 euro. Insomma, da dove viene viene, la realtà è sempre una e una sola: imprese e cittadini, cornuti e mazziati.

Terremoto in Emilia: nuove scosse nella notte, si contano i danni

 

A due giorni dal tragico terremoto in Emilia la terra non smette di tremare: sono state 29 le scosse che solo questa notte non hanno fatto riposare gli sfollati del modenese ed un’altra, meno forte ma ugualmente preoccupante, è stata avvertita alle 5:16 di questa mattina al largo delle coste campane e lucane, nel golfo di Policastro. Secondo i sismologi si tratta di un movimento situato a 8,7 km di profondità, il cui epicentro si trova in prossimità dei comuni salernitani di Ispani, San Giovanni a Piro e Sapri, e di quello potentino di Maratea.

Ma torniamo all’Emilia, perché è nei the days after che si comincia a fare la conta dei danni.

Grave il conto delle vittime, arrivate a 17 dopo il ritrovamento dell’ultimo disperso nella giornata di ieri con un debito da parte della classe operaia assolutamente ingente: delle persone che non ce l’hanno fatta, 14 sono operai e imprenditori.

Gravi i danni anche nel settore economico, soprattutto per quanto riguarda i comparti agricolo e biomedico.

E’ in Emilia, infatti, che si addensa la più alta concentrazione di fabbriche biomediche d’Italia, per giunta specializzate nel fornire supporto e farmaci ai malati in dialisi.

Ingenti sono anche i danni registrati nelle cantine emiliane: dati ufficiali dell’Enoteca Regionale Emilia Romagna parlano di 15 milioni di euro persi dopo il terremoto del 20 maggio e del 29 maggio. Le zone maggiormente colpite sono state le province di Modena, Ferrara e più marginalmente Bologna e Reggio Emilia.

Il Consiglio dei ministri ha deciso di varare una serie di misure d’emergenza, queste:

  • il rinvio a settembre dei versamenti fiscali ed il differimento fino al 31 dicembre dei termini processuali e delle rate dei mutui bancari. Lo ha annunciato il viceministro all’Economia, Vittorio Grilli, nel corso del  question time, ricordando che non si tratta di materia su cui sia possibile intervenire con decreto del Mef. I versamenti sospesi fino al 30 settembre, ha proseguito Grilli, riguardano “sostanzialmente tutti i contributi: Irpef, Ires, Iva, Irap, Addizionali Irpef regionali e comunali e Imu”;
  • l’aumento di 2 centesimi dell’accisa su tutti i carburanti, benzina e gasolio, così da far fronte all’emergenza terremoto che dovrebbe scattare immediatamente, dalla mezzanotte di oggi, raggiungendo un indotto stimato per circa 500 milioni. Serviranno alla ricostruzione post-sisma.
  • Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, poi, ha chiesto all’Unione Petrolifera di valutare l’opportunità di ridurre il prezzo industriale dei carburanti (al netto delle imposte) per contribuire a farsi carico dell’aumento dell’accisa deciso dal Governo per finanziare l’emergenza terremoto in Emilia-Romagna. L’aumento durerà “fino al 31 dicembre 2012”, secondo quanto ha annunciato il viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli, nel corso del question time;
  • la deroga al patto di stabilità per i Comuni;
  • uno stanziamento di 2 milioni di euro ”a favore delle Camere di commercio di Modena, Bologna, Ferrara e Mantova da destinare a iniziative di supporto alle imprese locali”. Lo si legge in una nota di Unioncamere in cui si spiega che l’intervento ”si articola in tre linee d’azione”.

Inoltre, al presidente Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, è stato dato ”il compito di approfondire con il ministero dello Sviluppo economico la possibilità di istituire una sezione speciale del sistema camerale all’interno del Fondo centrale di garanzia per le Pmi, dedicata alle calamità naturali”. Le risorse saranno destinate ”ad interventi di cogaranzia e di controgaranzia del Fondo, in collaborazione con il sistema dei Confidi, per facilitare l’accesso al credito delle Pmi colpite da calamità naturali”.

Speriamo che i provvedimenti e le riforme non siano un altro strattone ad un’Italia già sufficientemente scossa. In tutto questo, la parata del 2 Giugno si farà.

 

Paola PERFETTI

Terremoto Emilia: nuove scosse, anche alla benzina

 

Sembra una beffa, ma il sole splende sereno sopra le tendopoli dell’Emilia Romagna nella prima notte dopo il grande, doppio terremoto di ieri che ha fatto 16 vittime, ancora 1 disperso, 8mila sfollati, ben l’80% delle aziende del territorio distrutte. A farne le spese, infatti, sono stati soprattuto gli operai e gli imprenditori della zona, e le polemiche non sono mancate sulla pelle dei morti.

Ma com’è andata questa prima notte fuori casa per le 6mila persone coinvolte, che si sono andate ad aggiungere alle 4mila già segnate dal sisma del 20 maggio?

Neppure le tenebre  hanno lasciato un po’ di riposo e di sollievo alle genti del modenese. Solo dalla mezzanotte alle 6.30 di questa mattina le scosse registrate sono state 50, di cui la più forte, quindi avvertibile anche dalle popolazioni terremotate, è arrivata alle 3:54 di oggi: aveva magnitudo 3.4 ed il suo epicentro è stato in prossimità dei comuni modenesi di Camposanto, Cavezzo, Medolla, Mirandola e San Felice sul Panaro arrivando gino al mantovano, a San Giovanni del Dosso. Altre 10 si sono succedute fino alle 8 di oggi. In totale, 60 scosse. 

Migliaia gli sfollati, ancora una persona dispersa sotto i ruderi di quelli che erano i centri produttivi di un terra considerata da tutti pianeggiante e tranquilla. Si tratta di un operaio dell’azienda Haematronic di Medolla, il cui crollo di 24 ore fa aveva già registrato 3 vittime.

Una buona notizia, per fortuna, arriva dalle fonti del Vigili del Fuoco, che fanno sapere di aver estratto viva la donna di 65 anni rimasta sepolta dopo il crollo della palazzina di quattro piani nel centro storico di Cavezzo, uno dei borghi più colpiti. La signora era rientrata nella sua casa di via Primo Maggio per prendere con sé alcuni indumenti intorno alle 9 del mattino di ieri. Poi il boato e il crollo: il palazzo si è sbriciolato ma lei è riuscita a proteggersi con la spalliera del letto. In questo momento si trova ricoverata all’ospedale di Modena.

Un’altra persona, invece, è stata recuperata esanime ieri sera.

Oggi arriveranno anche i provvedimenti del Consiglio dei Ministri: si ipotizza un aumento delle accise sulla benzina per implementare gli aiuti alle popolazioni. Il governo, inoltre, vuole chiedere all’Europa di non conteggiare le spese per il sisma nel patto di stabilità.

Terremoto, polemiche sulla pelle di morti e imprese

di Davide PASSONI

Dopo un terremoto, arrivano gli sciacalli. Succede tra le macerie e, purtroppo, succede nella politica e nella vita pubblica, dove lo sciacallaggio verbale non è meno odioso di quello reale. Nelle zone devastate dell’Emilia si sta ancora scavando e la polvere delle macerie non si è nemmeno sedimentata che scoppiano le solite, inutili polemiche da parte di chi perde l’ennesima occasione per stare zitto.

A pochissime ore dal sisma, hanno infatti parlato due leader sindacali come Susanna Camusso e Raffaele Bonanni; secondo la prima “non si è provveduto alla messa in sicurezza degli stabilimenti prima di far tornare le persone al lavoro“; per Bonanni è invece “inconcepibile che a distanza di così pochi giorni dal precedente sisma, non si sia agito per accertare la reale stabilità e la sicurezza dei capannoni. Quei lavoratori, non sarebbero dovuti essere lì stamattina“. Per fortuna da entrambi è arrivata la solidarietà ai parenti delle vittime… Almeno di quella si sono ricordati.

Dal canto suo, il neo presidente di Confindustria Giorgio Squinzi non ha perso tempo per replicare: “Non è vero che sono crollati capannoni di carta velina, quelli nel settore della ceramica erano signori capannoni, costruiti con tutti i crismi. Quindi mi sembra che i crolli siano da attribuire alla fatalità“. Pare che parlino di due terremoti diversi…

Ma quello che più ci ha sconcertato è stato il ministro Fornero, che si di fatto allineato con le posizioni di Grillo, parlando di capannoni crollati in modo inconcepibile come castelli di carte. Pensassero ad aiutare imprese e cittadini invece di chiacchierare, visto che gli alluvionati di Genova – calamità per calamità – finora hanno ricevuto dallo Stato zero euro per i danni subiti.

Vero, tanti dei morti di ieri sono operai, ma chi ha detto che non è stata accertata la stabilità dei capannoni? Perché insinuare che gli imprenditori che hanno perso tutto – operai, fabbrica, macchinari – sono dei criminali che hanno lesinato sulla sicurezza pur di far ripartire la proria attività? Chiedetelo a Mauro Mantovani, imprenditore schiacciato dal suo capannone mentre, come un buon capitano, era l’ultimo a lasciare la barca, ossia l’azienda. E chi può garantire che quelle persone non stessero lavorando per libera scelta, perché magari, in un momento come questo, hanno pensato che valeva la pena rischiare pur di portare a casa lo stipendio a fine mese? Può essere scomodo dirlo, ma si tratta di morti sul lavoro da piangere come tutti gli altri: la tragedia che li ha sepolti insieme alle macerie dei loro capannoni ne amplifica il dolore, ma sempre di morti sul lavoro si tratta. Se ci siano state negligenze nella sicurezza, spetterà ai magistrati verificarlo: cari leader, lasciamo che ci pensino loro a chiarire di chi sono le colpe. In questa devastazione non ci sono buoni né cattivi, c’è solo una delle zone più industrializzate d’Italia colpita al cuore di quello che sa fare meglio: lavorare tanto, lavorare bene.

Non ci voleva. Piangiamo i morti ma, per carità, non facciamone degli eroi. Erano persone come tante che hanno dato un bacio ai loro piccoli prima di uscire di casa e hanno detto “ci vediamo questa sera“. Sono morte lavorando o di paura. Guardiamo avanti, cercando le colpe dove ci sono ma lasciando da parte il gioco dello scaricabarile. Facciamolo per loro, facciamolo per l’Italia che produce.

Roma, manifestazione per i diritti dei collaboratori

Sarà presentata domani a Roma la campagna nazionale per portare a conoscenza degli addetti del settore degli studi professionali le possibilità offerte dal rinnovo del contratto nazionale e stimolarne la partecipazione per la costruzione della contrattazione nazionale. Una campagna lanciata da Filcams Cgil, Nidil Cgil e “Giovani Non+ disposti a tutto Cgil”, insieme ad alcune associazioni di giovani professionisti, “Iva sei Partita” e “VI Piano”.

La campagna vedrà un’iniziativa itinerante che si concluderà con la conferenza stampa alla quale parteciperanno Franco Martini, segretario generale Filcams Cgil, Filomena Trizio, segretario generale del Nidil, e Ilaria Lani, responsabile politiche Giovanili della Cgil. Un bus girerà per la città per incontrare studenti, praticanti, collaboratori e partite Iva, con tre tappe: 9,30 in piazzale Aldo Moro – Università ‘La Sapienza’; 11 in a piazza Cola di Rienzo; a seguire in via Lepanto, di fronte al Tribunale. La conferenza stampa alle 12 all’interno del bus in piazza Mazzini.