Coworking: una ricetta per coltivare talenti

 

Loro preferiscono definirlo ‘passion working space‘, perchè chi l’ha detto che il posto di lavoro deve essere per forza noioso? Sono Victor Vassallo, Fabrizio Ventre, Gianni Potti e Pieluigi Ancilotto, 4 imprenditori padovani che della loro ‘passione’ ne hanno fatto un mestiere, e, anche e soprattutto, un nuovo modo di concepire lo spazio dove nasce la creatività.

Talent Garden Padova è uno dei primi esempi ‘virtuosi’ di coworking in Italia. La ricetta è semplice:  condividere uno spazio di lavoro non significa soltanto dividersi sedie, scrivanie e bollette, ma vuole dire dare vita a un network di professionisti in grado di far circolare idee e creatività. Talent Garden nasce esattamente da questo desiderio: far convergere, nel medesimo spazio, che non è solo fisico ma anche relazionale, professionisti e freelance del mondo della comunicazione, web e digitale.

Noi di Infoiva abbiamo intervistato Victor Vassallo e Gianni Potti, i fondatori di Talent Garden Padova, che ci ha raccontato come è nata l’idea di dare vita ad un vero e proprio ‘giardino del talento‘.

Quando e come è nata l’idea di dare vita al Giardino dei Talenti?
Nella primavera del 2012 i 4 co-founder padovani hanno incrociato gli amici bresciani Davide Dattoli e Gianfausto Ferrari, che avevano dato vita, a fine 2011, al primo Tag italiano a Brescia; è stato amore a prima vista perché il progetto di coworking, o meglio di creare un vero e proprio Passion Working Space, ci è piaciuto da subito e da li a poco abbiamo iniziato a sviluppare la nostra realtà, facendo di fatto entrare Tag Padova nella prima Rete d’Innovazione d’Italia.

Quanti membri conta oggi il vostro progetto?
Gli abitanti sono 17, equamente divisi tra developer, web designer, esperti di web marketing e di comunicazione multimediale; poi ci sono una dozzina di soci perché nel nostro modello padovano abbiamo voluto condividere la partecipazione di imprenditori di settori e province diverse.

Quali figure professionali possono entrare a far parte del Giardino dei Talenti? Come vi si accede?
Tag Padova è rivolto a talenti che vogliono lavorare e fare network nei campi della comunicazione, del web e del digitale; professionisti e freelance che si occupano di comunicazione, marketing, programmazione, grafica, con un focus particolare per progetti legati a web e digitale (esperti SEO, SEM, web marketing, social media, comunicazione multimediale e strategie digitali; programmatori e sviluppatori si software e app per web e mobile; web e graphic designer).

Coworking: che cosa significa per voi? Condividere spazi o condividere idee?
La nostra è una filosofia ben lontana da quella del business center ma si basa sulla condivisione di idee, scambio, contaminazione tra individui che hanno talenti, professionalità, passioni e interessi affini e complementari.

Sono soprattutto le start up a scegliere la formula del coworking o anche imprese già avviate?
C’è un po’ di tutto, perché per noi non esiste una ricetta uguale per tutti, proprio perché il nostro modello non è tanto legato ai progetti, ma alle persone: vogliamo farle interagire tra di loro per creare quell’humus utile a far germogliare meglio possibili nuove imprese.

La Regione Veneto ha destinato incentivi o contributi a chi dà vita a un coworking?
Attualmente non ci risulta. E’ una cultura ancora tutta da trasferire qua a Padova.

In Italia, a vostro avviso, esiste una cultura di coworking o molto si deve ancora fare?
Molto si deve ancora fare, e ancor più La cultura della condivisione e del fare rete deve imporsi sul nostro mondo veneto per essere competitivi sui mercati.

E se ancora non siete convinti, il prossimo appuntamento da segnarsi con Talent Garden Padova è con Facebook Mastery, venerdì 22 Febbraio. Dove? Naturalmente a Padova.

Alessia CASIRAGHI

 

Coi social network, Monti si beve gli avversari

di Davide PASSONI

Continua l’analisi dell’osservatorio politico settimanale di Infoiva, guardato con l’occhio della rete. Abbiamo visto ieri come le persone che usano il web per informarsi, trovare notizie e approfondimenti tramite il più celebre motore di ricerca abbiano premiato con il loro interesse Oscar Giannino e il suo movimento.

Oggi vediamo insieme quali sono i trend di ricerca relativi al presidente del Consiglio uscente, Mario Monti. Il Professore si è tolto il loden, ha indossato i guantoni e ha cominciato a menare cazzotti ai suoi avversari come un politico navigato. Soprattutto, però, è sbarcato in pompa magna sui social media, specialmente su Twitter, e questo ha attizzato non poco la curiosità degli internauti. Le query più rilevanti vanno infatti in questa direzione, anche se non manca chi si interessa al programma politico di Monti, alla sua “agenda”, e chi vuole saperne di più su una sua vera o presunta affiliazione alla massoneria. Curioso notare come agli internauti del Nordovest interessi praticamente nulla del Professore e del suo programma. Ecco i dati rilevati nella settimana 7-14 gennaio:

Ricerche più frequenti
mario monti twitter
monti twitter
mario monti facebook
agenda monti
mario monti agenda
silvio berlusconi
monti mario massoneria
programma mario monti
mario monti massone

Parole più ricercate nel periodo
agenda monti
mario monti agenda
mario monti twitter
monti twitter
programma mario monti
mario monti facebook
silvio berlusconi
monti mario massoneria
governo

Città da cui proviene il maggior numero di ricerche
Cagliari
Verona
Milano
Bologna
Genova
Roma
Padova
Brescia
Torino
Firenze

Ricerche per aree Nielsen
Nielsen 1 (Piemonte, Val d’Aosta, Liguria, Lombardia): 0%
Nielsen 2 (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna): 60%
Nielsen 3 (Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Sardegna): 20%
Nielsen 4 (Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia): 20%

Sarà crollato nei consensi, il Professore, ma il suo approdo sui social media si è rivelato, almeno dal punto di vista degli internauti, un buon appiglio per poter tornare a parlare al Paese ed essere ascoltato.

La crisi non spegne la voglia di cercare lavoro

Nonostante la difficile congiuntura economica, la voglia di trovare il lavoro ideale rimane sempre alta. La necessità di trovare un “senso” alla propria vita lavorativa rappresenta dunque uno dei principali stimoli e la spinta che muove la maggior parte delle persone a ricercare un posto di lavoro che corrisponda alle proprie aspettative. E’ questa una delle tendenze emerse nell’ultimo Kelly Global Workforce Index, l’indagine condotta da ottobre 2011 a gennaio 2012, su un campione di 170.000 persone in 30 paesi, di cui circa 6.000 in Italia. LO studio mette in evidenza i differenti fattori che impattano sui lavoratori di oggi. L’ansia per la crisi, le aspirazioni di crescita professionale, la realizzazione personale, la ricerca dell’equilibrio tra lavoro e vita privata e il cambiamento di mentalità più di tre quarti degli intervistati sono assolutamente intenzionati a cercare un nuovo lavoro entro il prossimo anno.

Quali sono i fattori ritenuti importanti da tutti i lavoratori? In testa c’è la voglia di avere un lavoro più interessante (28% nel 2012), segue una retribuzione più alta e maggiori benefit (24% nel 2012). Il mondo dei social media e quello occupazionale sono in sintonia. Il 41% dei lavoratori si affida ai social network per prendere decisioni riguardanti la carriera. Sempre più persone appartenenti alla generazione dei Baby Boomers (49-66) e alla Gen X (31-48) usufruiscono del web a scopi professionali e più di un quarto degli intervistati (30%) è propenso a cercare lavoro tramite i social media piuttosto che attraverso i metodi tradizionali.

Fonte: Ansa.it

Social media e socialità. Un incontro a Milano

Mission Continuity organizza l’incontro CORPORATE SOCIAL IDENTITY il 22 maggio 2012 alle 14.30 nella Sala Convegni Intesa Sanpaolo in P.za Belgioioso 1 Milano.

Dall’iniziativa di Mission Continuity “Continuity Tank – incontri tra imprese e organizzazioni del terzo settore” – e dalla collaborazione con la Cattedra Humanistic Management – Università di Pavia, sono emerse indicazioni sulla centralità strategica delle community (digitali e non) per la trasformazione innovativa dell’organizzazione e del management delle imprese.

Obiettivo dell’incontro è presentare alcune riflessioni emerse dall’indagine e accogliere le testimonianze di coloro che hanno già sperimentato la trasformazione “social e sociale” delle organizzazioni.

Hanno confermato la partecipazione alla tavola rotonda: Luigi Ferrari, People the Research Partner – Marco Minghetti, Università di Pavia – Marco Morganti, Banca Prossima – Paola Palmerini, Mission Continuity – Gianfranco Rebora, Assochange – Sebastiano Renna, Sea.

La partecipazione all’evento è libera previa iscrizione all’indirizzo: info@missioncontinuity.it – Per ulteriori informazioni 02.84940362

Cucine made in Italy, sul web vince Lube

di Davide PASSONI

Ed eccoci qui. Vi avevamo raccontato del Brand Matching nel settore “arredamento cucine”? Vi avevamo parlato di 3 marchi messi a nudo e a confronto davanti ai dati oggettivi che Google e i social media offrono? Ebbene, i marchi in questione sono Lube Cucine, Dada Cucine ed Ernestomeda. E vi diciamo subito il podio secondo gli utenti italiani del web: 1. Lube Cucine 2. Ernestomeda 3. Dada Cucine. E dopo essere partiti dalle conclusioni, ecco come ci siamo arrivati.

Il posizionamento della ricerca è stato effettuato con dati relativi al periodo marzo 2011 – marzo 2012 su prodotti di fascia medio-alta, in modo da dare allo studio un taglio focalizzato sulla qualità.

Dada Cucine è infatti uno dei brand che, grazie anche a partnership di prestigio con marchi quali Armani, si posiziona per qualità e finiture su un alto di gamma che è un vanto del made in Italy.

Ernestomeda fa della qualità e della proiezione internazionale due punti di forza che lo collocano ai vertici della produzione di cucine in Italia, tanto come brand awareness quanto come customer satisfasction.

Lube Cucine conta su una esperienza produttiva e un know how tecnologico che la pongono tra i marchi più apprezzati dal mercato. A questo si aggiunge una policy orientata al green che la rende una realtà industriale moderna e al passo con le nuove tendenze di lifestyle.

Dall’analisi delle combinazioni di parole utilizzate su Google dagli utenti che cercano informazioni relative ai brand presi in esame, risulta che le più ricorrenti sono, per tutti e 3, “prezzo” e “catalogo”. Per Dada si aggiunge, significativa, la keyword “outlet“: trattandosi di un marchio di lusso, ça va sans dire… Allo stesso modo, le ricerche per Dada sono più concentrate al Nord Italia, quelle per Lube ed Ernestomeda più al Centrosud. Curioso il fatto che a Milano, Torino, Napoli e Roma si cerchino molto Ernestomeda e Dada mentre nessuna di queste quattro città stia al top delle ricerche per Lube. In generale poi, Lube presenta dei trend di ricerca più costanti sia nel tempo, sia due principali aree geografiche – Roma e Milano – rispetto agli altri due marchi: segno di un maggior radicamento come brand nelle abitudini degli internauti, forse anche in virtù del suo posizionamento meno alto rispetto agli altri due.

Se poi, in quanto a presenza di notizie pubblicate online negli ultimi 12 mesi l’unico brand citato è Ernestomeda, spicca l’assenza di una fanpage ufficiale di Dada Cucine su Facebook. Forse un mezzo troppo “popolare” per un tale brand? Sta di fatto che Lube Cucine, al 31 marzo 2012 contava su oltre 6mila fan, Ernestomeda su poco più di un terzo (2300 circa). Numeri piccoli, ma qualcosa si muove, specialmente per Lube che cavalca anche alcuni dei trend del momento come il food blogging e il green.

Siti corporate sostanzialmente simili – e comunque di medio livello – per Lube e Dada in quanto a navigabilità, grafica, chiarezza delle informazioni, mentre in quanto a backlink e pagine indicizzate lo scarto è sensibile (2538 e 1920 per Lube, 1351 e 836 per Dada). Ernestomeda spicca invece per un sito poco navigabile, pochissimo indicizzato e con 0 backlink. Bene lavorare sui social, ma il sito è la carta d’identità di un brand: va curato di più e meglio.

Ecco, dunque, il perché del podio.

Lube Cucine ha una buona presenza online anche se il sito può migliorare. Tra i 3 brand, è leader in quanto a numero di ricerche, probabilmente per il fatto che è quello che si pone nella fascia prezzo meno elevata. La presenza online è corroborata da un discreto lavoro sui social e sui temi caldi del momento che piacciono al web (green e food).

Ernestomeda lavora meglio rispetto agli altri come digital pr e anche la curva di crescita delle ricerche dimostra che il brand sta avendo un approccio positivo con la rete. Approccio confermato dalla sua presenza, seppur ancora poco incisiva, sui social network. Peccato, come si diceva, per il sito.

Dada Cucine ha, di fatto, un sito-vetrina, una buona indicizzazione ma ricerche quasi intangibili. Una situazione forse dovuta al target alto cui si rivolge. Chi cerca informazioni su Google in ambito cucine la fa per avere consigli d’acquisto, cosa di cui il target di Dada non ha bisogno. Il fatto che tra le top keyword associate ci sia “outlet”, come si diceva, rafforza questa ipotesi. Tra l’altro, il brand funziona tanto accanto al nome di Armani.

Infine, una considerazione comune a tutti i brand. Su tutti i siti il catalogo è solo su richiesta o per utenti registrati: data la presenza della parola “catalogo” tra le top keyword di tutti, forse questa policy andrebbe rivista.

Brand Matching: Torinesi e Genovesi a caccia di cucine online

di Davide PASSONI

Tempo di Salone del Mobile, tempo di arredamento, tempo anche di confronti. Ejournal, sulla scia dell’interesse e delle iniziative che in questi giorni porta con sé il Salone milanese, ha deciso di analizzare la presenza online del settore “arredamento cucine” utilizzando lo strumento del Brand Matching: un modello di analisi studiato e attuato per permettere un confronto tra marchi, prodotti, aziende, personaggi, che operano in uno stesso settore. La scelta è caduta sulle cucine perché si tratta di uno dei settori nei quali il made in Italy ha, da sempre, una posizione di leadership a livello mondiale.

Dal momento che Ejournal ha, tra i suoi obiettivi, la diffusione e il racconto delle realtà vincenti del made in Italy, analizzare la presenza online di un prodotto tipicamente italiano quale la cucina d’arredo è dunque un’iniziativa assolutamente connaturata al DNA della testata.

In rete, poi, il design e l’arredamento sono alcuni degli argomenti più cercati, non solo in concomitanza di eventi quali, appunto, il Salone del Mobile, ma in generale in buona parte dell’anno – salvo alcuni down “fisiologici” – grazie al gran numero di siti e appassionati che popolano il web.

L’analisi è iniziata prendendo in considerazione la combinazione di parole “mobili cucina“. Secondo i trend di ricerca su Google infatti, la combinazione di parole scelta risulta più inerente rispetto alla combinazione “arredamento cucina“, con una quantità di ricerche più che doppia. Le combinazioni di parole maggiormente utilizzate sono invece “cucina mobili” (quasi 50mila ricerche mensili), “mobili da cucina” (seconda, staccatissima, con poco più di 8mila ricerche), “mobili per cucina”. Significativo il quinto posto di “outlet mobili cucina”, mentre tra le prime dieci combinazioni di parole utilizzate troviamo anche una contestualizzazione territoriale: “mobili cucina roma”.

Proprio parlando di territorio, da Google scopriamo che nel 2011 i Genovesi sono stati i più attivi online nel ricercare informazioni relative ai mobili da cucina. Focalizzando l’analisi sugli ultimi 12 mesi (marzo 2011 – marzo 2012), i più interessati sono stati invece i Torinesi. In ogni caso, sia che si analizzi il 2011, sia gli ultimi 12 mesi, le prime 8 città sono sempre le stesse, che si scambiano le posizioni: in ordine alfabetico, Bergamo, Catania, Genova, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Verona. Distribuzione omogenea tra aree del Nord e del Centrosud.

Osservando invece i trend di ricerca per l’intero anno 2011 e per gli ultimi 12 mesi (marzo 2011 – marzo 2012), osserviamo che la curva cresce nei mesi di settembre e gennaio mentre decresce a partire dalla fine febbraio.

Nel periodo marzo 2011 – marzo 2012, infine, le ricerche più frequenti sul tema sono state: “cucine”, “mobili per cucine”, “mobili da cucina”, “mobili ikea”. Da notare che entra per la prima volta il nome di un marchio (Ikea), cosa che invece è più frequente nelle ricerche che che hanno registrato un notevole incremento: “lube”, “cucine lube”, “mobili cucina ikea”. Da notare, tra l’altro, il forte incremento di ricerche su “mobili cucina usati”. Segno dei tempi difficili, ma, soprattutto, segno di quanto un’analisi di questo tipo rispecchi fedelmente quelli che, nella realtà, sono i trend di consumo quotidiani.

Ecco perché le aziende dovrebbero tenere sempre più in considerazione le informazioni che derivano da analisi come queste. Analisi che noi, naturalmente, abbiamo applicato a 3 top brand di cucine made in Italy (a tra poco per scoprire chi sono…). Informazioni che, spesso, le aziende tendono a trascurare. Sbagliando, perché ormai i veri trend di consumo e i decisori d’acquisto si formano e vivono in rete e perché internet e i social media sono sempre più dei potentissimi strumenti di marketing, con due punti di forza fondamentali: sono a costo zero e democratici. Meditate aziende, meditate

IT Cloud verso la terza piattaforma

di Vera MORETTI

Il mercato IT italiano ha chiuso il 2011 registrando un calo che, a quanto pare, è destinato a proseguire anche nell’anno corrente. Nonostante ciò, sono in aumento i servizi IT cloud, che fanno presagire al delinearsi di una terza piattaforma, che vede questi servizi affiancarsi a device mobile e dati aziendali.

Ciò è stato confermato dall’IDC Cloud Symposium 2012 di Milano, che, dunque, fa capire come gli investimenti in progetti cloud sono in fermento e si stanno spostando verso as-a-service, ovvero questa terza piattaforma che, ormai, è già realtà ed è costituita da Cloud, Social Media, Mobile e Big Data.

Primo obiettivo del Cloud è modernizzare infrastrutture e processi, tanto da stare al passo con le esigenze del mondo del business e fornire servizi sempre più nuovi e all’avanguardia, con una riduzione dei costi notevole.
Una delle parole d’ordine, a questo proposito, è “elasticità”, senza la quale nessun servizio può essere considerato efficiente.

Parlando in concreto, alcuni esempi concreti sono ING, partito da un progetto cloud interno che ha permesso di consolidare 16 data center in 6, e RCS Mediagroup, che da un ambiente IT tradizionale sta facendo evolvere l’architettura interna verso un modello cloud predisponendola all’accesso di servizi privati e pubblici.

Comunicazione corporate e startup in Italia: facciamo chiarezza

di Emiliano RAGONI

Sulle pagine di Infoiva abbiamo parlato di venture capitalist, esplicitando alcuni dei problemi a cui vanno incontro i giovani che cercano finanziamenti per avviare i loro progetti. Ed è proprio in questo periodo di contingenza economica dove le invenzioni in ambito di social-media possono essere attuate con maggior successo dalle aziende.

Le aziende, in virtù dell’attuale ruolo dei social-media, dovrebbero però avere un approccio più aggressivo sul mercato utilizzando i social media stessi come strumento di promozione e condivisione. Cosa significa questo? Significa de-gerarchizzazione della struttura aziendale. Una rivoluzione dai connotati copernicani che lascerà il segno per diversi anni. La rottura con il passato porterà con se notevoli cambiamenti, come il lento ma graduale passaggio dai computer ai tablet equipaggiati con applicazioni per specifiche attività aziendali.

Questo futuro scenario potrebbe portare anche alla necessità di un miglioramento delle infrastrutture italiane della rete. Un allargamento della banda è però forse la paura più grande degli editori. Di fatto un allargamento della banda porterebbe video su device on demand, eliminando l’utilizzo di uno strumento come la TV che da tanto tempo è nelle case degli italiani. Gli interessi economici in gioco ci sono e sono anche di notevole spessore.

Nell’attuale scenario in continua evoluzione, dove però sono presenti delle zavorre, Nicola Mattina, fondatore di Elastic società di consulenza che si occupa di progetti che hanno a che fare con il digitale, afferma che tutti coloro che volessero aprire una startup non devono pensare ai finanziamenti. Al primo posto c’è quindi la bontà del progetto; bisogna non pensare che servano per forza dei soldi per iniziare. Internet è indubbiamente uno strumento dalle potenzialità grandissime, il quale però da solo non è sufficiente. Startup su internet possono partire molto velocemente e con investimenti modesti, ma non ci si deve far appannare la vista da facili guadagni. Spesso la prima idea, o le prime idee, sono quasi sempre sbagliate; progettare un’idea, trovare gli spunti di possibili miglioramenti, migliorarla e successivamente approvarla, è un iter utile da seguire.

Ma come è possibile sviluppare e far crescere la propria idea? Secondo Nicola Mattina il confronto è uno strumento propedeutico. E’ necessario parlare della propria idea, confrontarsi con esperti del settore, farla crescere, migliorarla, ma soprattutto non avere il timore che raccontare la propria idea significhi farsela rubare. Altro strumento molto utile è sicuramente la partecipazione alle competizioni; farsi conoscere dai business angel (investitori informali nel capitale di rischio di imprese) e dai venture capital per far partire il proprio progetto. Progettare e avviare una startup è un processo molto faticoso, ma questo non significa che ci si debba far scoraggiare dalla prima difficoltà che si incontra. E’ necessario non farsi distogliere nemmeno un momento dall’importanza dell’idea che è alla base del progetto.

Le imprese italiane non sfruttano a sufficienza i social network

I Social Network sono un potente mezzo di comunicazione sfruttabile anche dalle imprese per farsi conoscere nel mercato e sfruttare un’enorme potenzialità. Per Guido Di Fraia, docente Iulm in comunicazione sui social media, in Italia i social network sono ancora poco sfruttati dalle aziende. Se tra i privati si contano quasi 18 milioni di utenti registrati a Facebook, ben diverso è il panorama per le aziende. Su 720 aziende di 6 diversi settori solo il 32,5%  utilizza le reti sociali come sistemi per coinvolgere utenti e consumatori. Manca un’educazione digitale all’utilizzo di questi strumenti, la figura del social media manager infatti nel nostro Paese è pressochè sconosciuta.

Stando alle parole di Fraia responsabile del master in social media merketing allo Iulm: “Occorre fare una considerazione preliminare: del 32% di imprese che fanno attività di social media marketing  il 58% sono grandi aziende. Le medie sono il 32% e non si arriva al 10% per le piccole. Questi dati mostrano un’arretratezza culturale nel Paese nell’accettare questo tipo di leve nel marketing, e soprattutto nell’aver compreso il cambiamento di paradigma di comunicazione, tra aziende e consumatori che esse implicano. L’impiego dei social media richiede investimenti molto contenuti, se paragonato alle altre forme di promozione pubblicitaria: così, pararadossalmente, sarebbero proprio le pmi a poterne trarre maggiori vantaggi”. Con i mezzi sociali anche piccole imprese “tagliate fuori” dal grande business potrebbe avere opportunità di entrarci.

Spesso è difficile calcolare il ritorno e di conseguenza le imprese preferiscono investire in mezzi più tradizionali. In Italia l’investimento complessivo annuo in pubblicità ad esempio è intorno ai 9 miliardi di euro, poco più del 50%  va ancora sulla pubblicità televisiva. I media digitali hanno superato gli investimenti rispetto al cartaceo da quattro anni, ma ancora troppo poco si fa sui social network, mezzi quanto mai economici ma ancora semi sconosciuti. E’ necessario superare il gap e far conoscere questi mezzi alle aziende per permettere loro di godere di un canale prioritario per investimenti pubblicitari coscienti e con un ritorno ottimo (Roi).

Mirko Zago