Cnf e Anci contro la soppressione dei tribunali

Consiglio Nazionale Forense e Associazione dei Comuni italiani non mollano sulla soppressione dei tribunali. Riparte infatti il gruppo di lavoro CNF-ANCI sulla geografia giudiziaria che servirà, secondo le parole del Cnf, a “smascherare, sulla base di dati certi di finanza pubblica locale, l’inefficacia e la sostanziale inutilità del progetto di soppressione di tribunali e procure varato dal Governo per recuperare efficienza nel sistema giustizia“.

Il gruppo di lavoro predisporrà una Commissione tecnica che si avvarrà di professionalità anche esterne al settore della giustizia, provenienti dal mondo dell’organizzazione aziendale, del lavoro e della informatica, oltre ai rappresentanti della magistratura e del personale amministrativo impiegato nei tribunali, per predisporre un progetto alternativo che tenga conto dei criteri alla base della spending review nella pubblica amministrazione e, in particolare, della Legge di Stabilità.

In questo senso, il primo passo concreto che Cnf e Anci faranno sarà la definizione di un piano di risparmio, attraverso la razionalizzazione della spesa sostenuta dai Comuni per la giustizia, che produca una riduzione complessiva del 10% dei costi dell’intero comparto dei tribunali sub-provinciali e delle sezioni distaccate, superiore quindi alla riduzione di costi che il Governo punta a ottenere sopprimendo invece,con tagli lineari, molti uffici giudiziari. Tentativo che il Ministero della Giustizia , dice il Cnf, “si è ben guardato dal fare, procedendo invece con la secca riduzione del 30% degli stanziamenti pubblici per il funzionamento degli uffici giudiziari“.

Cnf e Anci hanno in progetto di annunciare questa “operazione risparmio” con un convegno nazionale in occasione del quale verranno presentate le conclusioni della Commissione tecnica.

Niente aumento dell’Iva all’orizzonte?

La spending review che il Governo sta svolgendo all’interno dell’amministrazione pubblica ha un’importanza basilare, come ha specificato lo stesso Mario Monti.
Obiettivo di questo intervento è, infatti, quello di poter evitare un ulteriore aumento dell’Iva nel prossimi trimestri e nel prossimo anno.

Ciò che, quindi, aveva segnato una delle prime decisioni del neonato Governo Monti, nel novembre 2011, ovvero un aumento dell’Iva accolto da polemiche e musi lunghi, era stato un male necessario “come parte del contenimento del bilancio per infondere fiducia nei mercati“, per usare le parole del Presidente del Consiglio.

E, se all’epoca non si erano profilate valide alternative per evitarlo, ora la spending review lo sta facendo e sembra che un ulteriore incremento dell’Iva sia scongiurato.
Una buona notizia, che porterebbe, se davvero accadesse, ad una diminuzione della pressione fiscale, che attualmente sta mettendo in ginocchio l’economia del Paese.

Che finalmente ci sia una luce, in fondo al tunnel?
E’ quanto tutti noi ci auguriamo.

Vera MORETTI

Giornata calda a Palazzo Chigi

Giornata importante oggi per Mario Monti: alle 12, infatti, il Presidente del Consiglio riceverà a Palazzo Chigi i presidenti di Confindustria, Rete Imprese Italia, Abi, Ania e Alleanza delle Cooperative.

L’ordine del giorno è “caldo”, poiché verranno illustrate le nuove misure per lo sviluppo, che saranno discusse poi in Consiglio dei Ministri.

La situazione non è delle più rosee, tanto che all’inizio di agosto banche e imprese avevano chiesto a gran voce di sostenere l’euro e di rilanciare la crescita.
E lo stesso Monti aveva esortato imprese e sindacati a collaborare per favorire una ripresa.
Ora si punta a rendere attuabili i provvedimenti approvati nei mesi scorsi, oltre a valutare un pacchetto di misure a cui ha lavorato il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, partendo dall’idea di un patto per la produttività. Le proposte riguardano in primo luogo uno scambio tra più salario e maggiore flessibilità.

Elsa Fornero, dal canto suo, non è stata a guardare e punta alla realizzazione della delega sulla cogestione secondo il modello tedesco e al taglio del cuneo fiscale per alleggerire la tassazione sulle buste paga.

Ma, se le intenzioni sembrano buone, è ancora presente la scarsa fiducia nelle risorse, considerando il fatto che il Governo non ha chiarito quale capitale verrà investito per finanziare il progetto crescita.
La soluzione, a questo proposito, è molto chiara per banche e imprese, che hanno intenzione di chiedere a Monti e ai suoi Ministri di reperire risorse concrete e sufficienti attraverso la spending review e il taglio degli sprechi nell’amministrazione pubblica.

Il fisco, però, rimane il nodo cruciale da sciogliere, perché, se da una parte le imprese sono d’accordo con il taglio al cuneo fiscale, dall’altra vogliono la detassazione dei premi di produttività.
Ad oggi, straordinari e premi sono tassati con una cedolare del 10% fino a un massimo di 2.500 euro l’anno con un tetto di reddito fino a 30mila. E la richiesta è di tornare a 6mila euro con un tetto di reddito fino a 40mila.

Mario Monti ha dichiarato: “E’ il momento di lavorare insieme per creare lavoro. La crescita richiede non solo condizioni ambientali propizie ma che ogni soggetto economico faccia i suoi sforzi per la crescita”.

Vera MORETTI

Cresce il debito pubblico e cala la nostra fiducia

di Davide PASSONI

Potere dei numeri. Che la matematica non sia un’opinione è un dato di fatto, ma che ciascuno pieghi i numeri per far dire loro ciò che gli torna più comodo lo è ancora di più. Prendiamo i recenti dati sul debito pubblico: a giugno ha toccato quota 1.972,9 miliardi dai 1966,3 di maggio. Demerito, secondo il premier Monti, degli aiuti pagati dall’Italia ai partner europei in difficoltà, dato che “il nostro debito pubblico quest’anno ha raggiunto il 123,4% del Pil. Senza i contributi (per i fondi salva-Stati e i prestiti concessi ai Paesi in crisi) saremmo al 120,3%“.

Sarà anche vero, ma allora quanto sono state utili la stangata dell’Imu e l’aumento delle accise sull’energia che hanno portato nelle casse dello Stato 3,7 miliardi di euro nei primi sei mesi del 2012? Com’è che questo maledetto debito pubblico (il vero, grande problema dei conti italiani) continua a crescere nonostante i proclami e alcune, pavide iniziative della banda Monti? Ripetiamo, sarà anche vero: ma questo dare sempre la colpa agli altri, Germania ed Europa in primis, comincia a stufare.

Vero, si parla di settembre come del mese in cui cominceranno a vedersi i primi segni del miracolo: un intervento sul mostruoso stock di debito pubblico da abbattere con un piano mirato di dismissioni immobiliari, per arrivare a toccare un rapporto con il Pil pari al fatidico 100%. Ma intanto si prende ancora tempo e si fa strada persino l’ipotesi di un super-commissario ad hoc, un po’ come accaduto per la spending review. Là fu chiamato Enrico Bondi per aiutare i professori a capire dove e come tagliare la spesa pubblica, qui qualche altro Solone calato dall’alto insegnerà al governo come dismettere immobili pubblici. Le partecipazioni no, quelle no, sia mai… Peccato che lì di ciccia da recuperare ce ne sarebbe ancora e tanta… Ma evidentemente i professori hanno bisogno di un’altra persona che li aiuti a fare i compiti.

Paradosso in una terra di paradossi. E vedremo nei prossimi mesi, quando pian piano si esaurirà l’onda lunga della prima Imu, come andranno le entrate fiscali. Se ci sarà una flessione come accaduto nei mesi scorsi, allora il segnale sarà preoccupante: se le gente non ne ha più nemmeno per pagare le tasse, figuriamoci per mangiare. Ma intanto aspettiamo a dismettere e il debito pubblico sale. Tanto paga Pantalone… ops! Paga il cittadino e paga l’impresa.

La spending review è legge

La spending review non è più un decreto ma una legge.

La Camera, con una votazione di 371 favorevoli, 86 contrari e 22 astenuti, ha dunque dato l’ok definitivo, dopo che il testo era passato al Senato.

Questo provvedimento porterà, come principale risultato, il congelamento dell’Iva, anche se, per ottenerlo, sono stati fatti tagli, considerati “generici” dal sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo, che però destano preoccupazioni e dubbi soprattutto da parte delle Regioni e degli amministratori locali.
Per loro, infatti, più che una revisione della spesa, questa nuova legge assomiglia molto ad un’altra manovra.

I tagli degli organici pubblici, a dire il vero, hanno sollevato le proteste dei sindacati, in particolare di Cgil e Uil, che hanno già indetto uno sciopero per fine settembre. Anche se si sono dati appuntamento fuori dall’Aula di Montecitorio con tanto di mannaie per simboleggiare quanto grave sarà la conseguenza di questo decreto sul lavoro pubblico.
Polillo, però, più che con le mannaie promette che, nei prossimi mesi si lavorerà con il bisturi, con Enrico Bondi in prima linea in qualità di supercommissario all’economia.

Dopo la pausa estiva, i primi obiettivi su cui lavorare saranno i dossier Amato (finanziamenti ai partiti e permessi sindacali) e Giavazzi (incentivi alle imprese), anche se non saranno tralasciati riordino delle agevolazioni fiscali e nuova revisione della spesa degli enti locali.

Vera MORETTI

Milano: farmacie chiuse il 26 luglio

Saracinesche abbassate domani per 630 farmacie private della provincia di Milano, a cui si aggiungono le 130 della provincia di Monza e le 57 della provincia di Lodi. Lo sciopero potrebbe estendersi anche a tutte le farmacie private italiane.

L’Associazione Chimica Farmaceutica Lombarda, aderente a Federfarma, organizza per il 26 luglio a partire dalle 11.30 in Piazza della Scala a Milano un incontro volto a illustrare le ragioni della protesta, volto a sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti dei nuovi tagli e riorganizzazioni previsti dalla Spending Review.

La rete delle farmacie italiane rappresenta un servizio di eccellenza per i cittadini – sottolinea l’Associazione Chimica Farmaceutica Lombarda in una nota stampa – con un presidio sanitario capillare sul territorio, con laureati al banco, turni di guardia di 24 ore e festivi, reperibilità immediata dei farmaci tramite una rete logistica sofisticata. Si tratta di uno dei pochi settori virtuosi della sanità pubblica, che rispetta ogni anno il tetto di spesa prefissato”.

Nonostante questo – prosegue il comunicato – il decreto governativo sulla Spending Review ha aumentato pesantemente il contributo che le farmacie versano allo Stato per la distribuzione dei farmaci previsti dal Servizio Sanitario Nazionale, quelli per cui va presentata la ricetta rossa. Si procede dunque nella politica degli ultimi anni fatta di tagli continui ed indiscriminati alle farmacie, che non accettano più di essere ancora chiamate a pagare per gli sprechi e le inefficienze di altri settori della sanità”.

Il turismo “energia verde” dell’Alto Adige

 

Non di soli formaggi, pascoli, e turismo vive l’Alto Adige. O meglio, dal turismo al “green” il passo per le piccole imprese della Provincia Autonoma di Bolzano è breve, anzi, è supportato felicemente da BLS.

I più assidui lettori di Infoiva ricorderanno della presentazione che facemmo qualche mese fa di questa interessante società provinciale nata nel 2009 con lo scopo di comunicare e valorizzare le tante opportunità dell’Alto Adige come meta imprenditoriale da parte di piccole/medie aziende e start-up ed offre un onorevole servizio di supporto alle imprese nella fase di ingresso nel sistema lavoro, ponendosi come intermediario veloce ed efficace tra imprese, uffici dell’amministrazione e istituzioni.

Oggi, e in attesa dell’evento del prossimo 24 luglio dal titolo “Alto Adige, Green Region d’Italia: un laboratorio per l’Europa”, siamo tornati da Ulrich StofnerDirettore BLS, Business Location Südtirol – Alto Adige, per appurare lo stato di salute di questo esempio di buona operosità italiana.

Il fantasma della spending review è una minaccia oppure no?

Direttore, da un anno a questa parte avete assistito alla nascita di nuove start-up? E se sì, in quale settore?
Aziende e persone che guardano all’Alto Adige come meta interessante per dare avvio ad un progetto d’impresa entrano costantemente in contatto con noi. Nel corso del 2011 la nostra struttura ha fornito assistenza a oltre 350 aziende. Con una buona parte di esse sono stati instaurati contatti stabili e regolari. In questi primi 6 mesi del 2012 abbiamo rafforzato alcuni canali ed iniziative di contatto ed approfondimento e contiamo di poter annunciare nuovi insediamenti entro l’anno. Ad oggi si sono localizzate in Alto Adige, attraverso il dialogo con noi e le altre organizzazioni locali pubbliche e private, 18 aziende. Per fare degli esempi si sono spostati qui lo specialista nella costruzione di cantine “Bürkle Kellerbau” e una filiale del portale di prenotazioni web “booking.com” e poi importanti insediamenti nel settore cinematografico.

L’imminente costruzione del Parco Tecnologico, operativo dall’autunno 2014, rappresenterà di sicuro un’ulteriore leva di attrazione. BLS è già attiva nel promuovere opportunità di business all’interno di questa struttura. E’ già possibile infatti prenotare uno spazio “su misura” poiché l’edificazione avverrà per moduli calibrati in base alle esigenze delle singole aziende. Oltre al dialogo multidisciplinare con altri soggetti di ricerca, sviluppo e commercio, all’interno dell’edificio saranno messe in atto soluzioni integrate per un eccellente ambiente lavorativo. Sono previsti servizi utili in grado di migliorare la qualità della vita durante l’orario d’ufficio come: asili, aree relax, superfici verdi e un’ampia offerta sportiva e culturale.

Chi parla di Alto Adige pensa subito alle imprese legate al settore del turismo. Ci sono, al contrario, dei nuovi business su cui puntare?
Assolutamente sì, parlo in particolare del settore delle energie rinnovabili, un comparto che vede l’Alto Adige ai primi posti per occupazione e vivacità imprenditoriale ma soprattutto per attenzione e sensibilità ambientale diffusa. Non a caso si può definire l’Alto Adige “Green Region d’Italia” poiché qui esiste una vera e propria sensibilità “verde” che va ad influire a livello locale in tutti i settori: dall’economia allo sviluppo alla mobilità, dal turismo, alla percettibilità privata dei singoli cittadini. Questo modello è sostenuto concretamente dalle numerose imprese green presenti in provincia di Bolzano e dall’amministrazione locale, che ha fatto della filosofia di attenzione all’ambiente l’asse portante della propria politica di gestione del territorio, rendendo disponibili sostegni, economici e non, a tutti gli attori che promuovono un’economia e uno stile di vita sostenibili, ecologici e a basso impatto.

In questo senso, il mercato delle energie rinnovabili è ancora un ambito da sfruttare in una regione come la vostra?
Ora più che mai. Il mondo delle rinnovabili è sul nostro territorio sempre attivo e in salute poiché non strettamente collegato ad incentivi a livello governativo ma radicato ad un territorio che per vocazione ha scelto la strada del rispetto dell’ambiente. Già oggi in Alto Adige sono quasi 500, poco meno di una ogni mille abitanti, le imprese attive nei settori dell’energia rinnovabile, del risparmio energetico e affini. Un dato importante che ci informa di come la tutela del territorio si stia anche trasformando in business; un vero e proprio settore economico che in parte affianca e in parte si sovrappone a turismo e artigianato, da sempre i due motori del PIL altoatesino.

Quali sono le sue considerazioni rispetto alla querelle sulla spending review?
L’Alto Adige è un buon esempio di come l’autonomia possa essere sinonimo di efficienza e buona gestione delle risorse anche in tempi non sospetti di “spending review”. Sarebbe bello che le competenze e le eccellenze di un territorio non venissero messe sotto pressione ma anzi liberate da lacci e vincoli burocratici. Molti imprenditori riconoscono che da noi i vincoli sono minori e la pubblica amministrazione vicina.

E dunque, attendiamo con piacevole trepidazione l’incontro del prossimo 24 luglio, che si terrà all’Eurac di Bolzano alla presenza di Luis Durnwalder, Presidente della Giunta della Provincia Autonoma di Bolzano, Thomas Widmann, Assessore all’artigianato, industria, commercio, mobilità e personale, Ulrich Stofner, Direttore BLS, Business Location Südtirol – Alto Adige, e Corrado Clini, Ministro dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare per fare il punto sulla situazione in termini di impegno, risultati, eccellenze nel campo della sostenibilità ambientale, energie rinnovabili, efficienza energetica, innovazione tecnologica e di servizio ed edilizia sostenibile.

Per una volta essere al verde non sarà un difetto, anzi!

 

Paola PERFETTI

Farmacie: pronta serrata per il 26 luglio

Pronti a calare la serranda in segno di protesta contro i nuovi tagli decretati dalla spending review. I farmacisti si preparano a scioperare il prossimo 26 luglio come annunciato da Annarosa Racca, Presidente di Federfarma. “I tagli previsti sono insopportabili e vanno al di là della possibilità che ha una farmacia del servizio sanitario nazionale di rimanere aperta” ha sentenziato la Racca  “se le cose non cambiano, siamo pronti ad altre giornate di protesta da parte delle farmacie, con la conseguenza che la gente potrà rimanere senza i farmaci necessari”.

“Non si possono fare continuamente provvedimenti sulle farmacie – ha continuato la Racca – i tagli previsti dal decreto, 40 mila euro a farmacia circa, è il costo per dipendente” tenendo ad aggiungere “se poi calcolate l’abbassamento del tetto dal 13.3 all’11.5. Che vuol dire? Che a ottobre finiranno i soldi. E poi che si farà? Spiegatemelo. Finirà che la gente potrà rimanere senza i farmaci necessari”.

Quello che le farmacie chiedono a gran voce è “un nuovo sistema di remunerazione“, rifiutando apertamente il nuovo decreto di revisione della spesa e criticando duramente le scelte del Governo Monti.

Nel frattempo, il bilancio annunciato dal ministro della Sanità, Renato Balduzzi, sui tagli a ospedali e sanità pubblica non fa altro che accrescere il sentore di allarme sociale : “I posti letto pubblici diminuiranno di circa 7 000 unità dal 2013” come conseguenza di tagli “per un totale di 7,9 miliardi sommando gli effetti della spending review a quelli della manovra estiva 2011”. A conti fatti parliamo di 4,3 miliardi in meno nel 2013, 2,7 in meno per il 2014 e 900 milioni per quest’anno.  Cifre da cardiopalma.

Alessia CASIRAGHI

 

La Riforma della Fornero? Non ce la siamo bevuta: la parola al Consulente

 

La Riforma del Lavoro è stata varata la scorsa settimana e subito ha riscosso un mare di dissensi, per non dire perplessità, da parte di imprenditori, professionisti, inoccupati e di chi, in prima battuta, risentirà delle modifiche a contratti di lavoroordini professionali e sovvenzioni che (non) arriveranno per implementare le risorse interne delle imprese.

Da subito, i dirigenti in capo all’Associazione dei Consulenti del Lavoro ha parlato di una NON riforma che non risolverà affatto il problema della disoccupazione giovanile.

Infoiva ha chiesto il parere del dott. Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro

Perché siete così convinti che la riforma del lavoro non farà ripartire le assunzioni? Che cosa avreste proposto e che cosa manca?
In nostro grande timore che la riforma del lavoro, così come pensata ed approvata, non porterà nuova occupazione. Il rischio, invece, è che si verifichino perdite di occupazione e contenzioso a causa dell’aumento del costo del lavoro (contratto a termine e aspi), dell’eccessiva burocratizzazione (intermittente, part-time, convalida dimissioni), dei nuovi vincoli (apprendistato), delle nuove presunzioni (partite iva e associati in partecipazione), delle abrogazioni (contratto d’inserimento) e delle restrizioni (voucher).
L’irrigidimento complessivo nella gestione del rapporto di lavoro con la presunzione di subordinazione, unito all’introduzione della comunicazione obbligatoria della presenza per i lavoratori intermittenti con la previsione di una sanzione sproporzionata; le nuove procedure in materia di dimissioni e gli interventi in materia di flessibilità non faranno certamente bene ad un mercato del lavoro che ha bisogno di fluidità e non di freni e vincoli come quelli che le nuove norme stanno introducendo.

Ci sono dei lavori o delle soluzioni su cui puntare oggi giorno, occasioni o campi dalle maggiori possibilità occupazionali?
Anche se siamo in presenza di un mercato del lavoro in crisi, con una disoccupazione degli under 24 che supera il 30%, esistono profili di difficile reperibilità per le aziende. Ad esempio tecnici informatici o personale sanitario, dove assistiamo al reperimento delle risorse in paesi esteri. Ma anche lavori manuali come cuochi o conduttori di macchine da lavoro. Una buona formazione tecnica oggi mette al sicuro un lavoratore e non ha niente da invidiare a percorsi più incerti e dispendiosi.

Tanti, per ovviare alla mancanza di occupazione, stanno puntando sull’apertura della partita IVA a rischio super tassazione: secondo lei, tanti singoli fanno un mercato del lavoro o dovrebbe pensarci lo Stato?
Il mondo del lavoro ha tante sfaccettature. Ma dobbiamo superare lo storico luogo comune che lavoro significa solo lavoro dipendente. Bisogna anche saper rischiare nel fare impresa o intraprendere un lavoro autonomo. Lo Stato deve evitare di disegnare un sistema giuridico che penalizzi il lavoro autonomo in favore di quello dipendente. Non bisogna dimenticare mai che dal lavoro dipendente non nasce lavoro dipendente. L’occupazione la crea il lavoro autonomo; per questo auspichiamo che i Governi rendano attuali i tanti principi enunciati per favorire l’imprenditoria giovanile. Le professioni regolamentate sono di sicuro uno sbocco importante per le nuove generazioni; le iscrizioni agli albi professionali hanno avuto un incremento importante negli ultimi 10 anni e, da una recente ricerca, l’età media dei professionisti è di 45 anni.

Che cosa è stato fatto per i piani di mobilità sociale e come si equilibrano piani di mobilità con l’effettiva ondata di licenziamenti cui stiamo assistendo, non ultimo il discorso sulla spending review del Premier Monti?
Non c’è alcuna mobilità sociale senza ricambio generazionale. Purtroppo il Paese sta affrontando una crisi profonda sia dal punto di vista economico che dal punto di vista occupazionale. Ma ora siamo in attesa delle misure per lo sviluppo. Credo che per poter rilanciare un Paese non c’è bisogno solo di politiche di contenimento delle spese ma anche di riforme strutturali del sistema produttivo. Per quanto riguarda le misure per lo spending review presentate dal Professor Monti, ciò che grava molto non è il numero dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, visto che non sono così poi tanto maggiori (in proporzione) rispetto agli altri paesi, bensì i relativi stipendi, soprattutto di alcuni alti funzionari. La spesa media per il personale e per i servizi del funzionamento dell’attività amministrativa italiana, nel quinquennio 2005/2009, è stata pari a 248 miliardi, ovvero il 16,4 % del Pil.

Secondo lei, le imprese saranno agevolate nell’assunzione di nuove risorse sfruttando il contratto di apprendistato o è solo un bel nome per aggirare l’ostacolo?
La riforma dell’apprendistato, cioè ridisegnare i percorsi di apprendistato, credo sia importante e imprescindibile in un momento in cui i nostri giovani, ce lo dicono tutte le statistiche, hanno difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro.
Siamo a percentuali preoccupanti dei tassi di disoccupazione giovanile ma va posto l’accento su un aspetto altrettanto preoccupante: il fatto che sta aumentando il numero dei giovani che non cerca lavoro, che è scoraggiato e quindi esce da quelli che sono i circuiti in cui invece potrebbe trovare un’occupazione.
L’apprendistato è l’unico contratto a finalità formativa, ma ha anche la funzione importante di accompagnare i giovani e farli transitare dal mondo dell’istruzione al mondo del lavoro.
Il problema resta a livello operativo considerato che la gestione da parte delle Regioni spesso è contraddistinta da procedure molto burocratizzate ed una legislazione non chiara e , a colte, contraddittoria. Situazioni che penalizzano l’espansione dell’apprendistato.

Qual è il vostro punto di vista sulla Riforma degli ordini professionali e lo stato dei liberi professionisti? Si preannuncia meno burocrazia ma i soggetti, come la categoria dei giornalisti pubblicisti, si è sentita defraudata dei suoi diritti?
Di riforma delle professioni si parla ormai da decenni. Il comparto professionale continua, però, a dimostrarsi tra i più dinamici garantendo al Paese il 15% del PIL. Gli Ordini professionali non si sono mai dichiarati contrari all’ammodernamento delle regole, anche per adeguare le leggi ordinamentali al nuovo contesto europeo. Ma quello che abbiamo sempre chiesto è quello di avere un dialogo continuo con le Istituzioni per arrivare ad una riforma condivisa e strutturale. Purtroppo, non si vuole avere la consapevolezza che il sistema ordinistico italiano è una risorsa del Paese e che negli altri stati europei esistono gli ordini caratterizzati esattamente come in Italia. A volte in questa materia si parla più per frasi fatte che per effettiva conoscenza del settore.

Ma secondo voi, questa riforma, si farà per davvero?
Gli Ordini professionali hanno già fatto la loro parte e sono sempre disponibili al confronto.

 

Paola PERFETTI

Cnf contrario alla soppressione dei tribunali e delle procure sub provinciali

In relazione alla decisione presa venerdì scorso dal Governo di approvare lo schema di decreto delegato sulla soppressione di tribunali e procure sub provinciali nonostante la richiesta dell’avvocatura di applicare anche al comparto giustizia il meccanismo della spending review, il Consiglio nazionale forense non ha perso l’occasione per esprimere tutto il suo disappunto.

Un intervento di tale portata, che incide in un servizio essenziale per lo Stato come quello della Giustizia, avrebbe comportato una istruttoria ben più approfondita, verificando i costi standard di ogni sede giudiziaria, il fabbisogno standard e anche l’efficienza delle singole sedi giudiziarie in termini di sopravvenienze/capacità di smaltimento.  La stessa legge delega peraltro richiedeva di procedere con criteri di valutazione di efficienza e produttività che non appaiono essere stati applicati nella sua attuazione da parte del Governo.

Il Consiglio nazionale forense rileva come la proposta del ministero della giustizia sia stata fatta sulla base di criteri astratti, che non tengono conto delle singole realtà territoriali, omettendo di calcolare i costi che deriveranno dall’accorpamento delle sedi.  Le scelte finali, cadute su 37 tribunali e 38 procure, sembrano più frutto di scelte arbitrarie laddove vi sarebbe stato tutto il tempo di rivedere gli stessi criteri di delega. Il Cnf ha chiesto sin dall’agosto scorso di valutare con attenzione i reali costi e i reali benefici di una modifica pur opportuna della geografia giudiziaria; ha stipulato una convenzione con l’Associazione nazionale dei comuni italiani, ugualmente preoccupata per le modalità adottate dall’esecutivo.

I timori in questi mesi espressi dall’avvocatura circa gli effettivi risparmi sono oggi confermati e ancora non fugati: i risparmi che il Governo attesta derivanti dall’operazione (50 milioni) si confermano decisamente inferiori a quelli annunciati nel corso di questi mesi dallo stesso esecutivo (80 milioni) e ancora sovrastimati rispetto ai calcoli effettuati dallo stesso Cnf. Senza tener conto del fatto che saranno spalmati su un arco temporale molto lungo. La norma che prevede la sopravvenienza delle sedi logistiche dei tribunali sopprimendi per altri cinque anni, contenuta nelle bozze finora diramate, non fa che confermare, se non il risultato grottesco, quanto meno la gran confusione con la quale si è proceduto. Quelle sedi continueranno a produrre costi, così come produrranno costi le operazioni di accorpamento e di trasferimento di personale e attività, che non risulta il Governo abbia calcolato.