Lo smart working attrae i professionisti: 1 su 4 continua dopo la pandemia

Lo smart working è stato un regime ordinario in tempo di pandemia, ma ora che molti sono ritornati in ufficio c’è chi borbotta e vorrebbe proseguire l’esperienza del lavoro da casa e a manifestare interesse sono anche i professionisti e i dipendenti di piccoli studi professionali.

Lo smart working tra pubblico e privato

La necessità di ridurre il contagio, evitare assembramenti e restare “isolati” ha portato nel 2020 a una massiccia adozione dello smart working. Pian piano le cose sono poi tornate alla normalità e mentre il ministro Brunetta ritiene che non sia necessario ora continuare a far lavorare i dipendenti pubblici da casa, sebbene ormai molte funzioni siano state digitalizzate e ad esempio i cittadini possono scaricare gratuitamente molti certificati prima richiesti agli uffici pubblici, nel settore privato le cose vanno un po’ diversamente, infatti dopo aver sperimentato lo smart working, sono in molti a voler proseguire questa esperienza. Almeno uno studio professionale su 4 pensa di continuare a lavorare in smart working anche dopo la pandemia.

Lo smart working attrae i professionisti

Confprofessioni (organizzazione che rappresenta i liberi professionisti) ha pensato di intervistare i professionisti per capire come valutano l’esperienza con lo smart working. L’indagine ha coinvolto i professionisti, ma anche i dipendenti degli studi professionali. Il 40% dei professionisti intervistati ha dichiarato di voler proseguire questa esperienza, la percentuale sale al 50% se si considerano solo gli avvocati. Nell’82% dei casi gli intervistati hanno dichiarato di aver dovuto utilizzare per lo smart working soprattutto strumenti di loro proprietà, quindi il datore di lavoro non ha fornito computer o altri dispositivi per poter lavorare da casa o connessioni. In realtà questa soluzione può essere molto pericolosa e cioè espone maggiormente ad attacchi cibernetici in quanto gli stessi dispositivi sono utilizzati sia per lavoro sia per motivi personali e quindi i software aziendali e le piattaforme di lavoro diventano più vulnerabili.

Per saperne di più sulle strategie per aumentare la sicurezza, leggi l’articolo: Cyber Security: l’importanza per le aziende e i professionisti del settore

Tra i professionisti solo 1 su 4 è riuscito ad ottenere aiuti economici da parte dello Stato per poter organizzare il lavoro da casa. Nonostante questo, l’esperienza ottiene un giudizio positivo.

A mettere in atto lo smartworking sono stati il 58% degli studi professionali, di questi 1 su 3 ha preferito sperimentarlo solo durante il periodo emergenziale, mentre 1 su 4 dichiara di continuare su questa strada e pensa di introdurlo in maniera strutturale come modalità di lavoro.

Cosa pensano dello smart working i dipendenti degli studi professionali?

Naturalmente le opinioni non sono tutte positive, molti hanno apprezzato la possibilità di poter lavorare da casa e la maggiore facilità di conciliare i tempi di lavoro e di famiglia, anche considerando che i ragazzi sono stati in DaD e quindi vi era l’esigenza di “monitorare” i piccoli di casa. Per i dipendenti e per i professionisti un altro elemento da salvare è la riduzione dei tempi dedicati agli spostamenti, cioè il tempo dedicato al tragitto casa-ufficio che in molti casi doveva essere fatto anche 4 volte al giorno. A questo si aggiunge la possibilità di avere orari più flessibili.

Un dato particolare è dato dal fatto che il 43,5% dei dipendenti degli studi professionali apprezza la maggiore responsabilizzazione derivata dal non dover lavorare tutti i giorni a stretto contatto e sotto il controllo del datore di lavoro. Non mancano però criticità, alcuni hanno lamentato il senso di isolamento che si vive lavorando da casa, lamentato da circa 2 dipendenti su 3, mentre la metà dei professionisti ha notato un calo di produttività.

La pandemia falcidia gli studi professionali

Purtroppo dalla relazione di Conprofessionisti emerge anche che durante la pandemia sono stati persi 38.000 studi di professionisti, con una perdita di lavoratori di circa 194.000 unità, un aumento delle chiusure del 2,7% rispetto al 2019. Anche se può sembrare strano, la percentuale più alta di chiusure si è registrata al Nord.

Green pass autonomi e professionisti, chi fa i controlli? Rebus clienti che entrano in studio

Anche per i lavoratori dipendenti e per i professionisti il Green pass sarà obbligatorio a partire dal 15 ottobre 2021. In questi ultimi giorni prima dell’entrata in vigore dell’obbligo, permangono tuttavia alcuni nodi irrisolti. Il primo riguarda il soggetto incaricato che farà le verifiche del Green pass e in che modo. Il secondo riguarda il rebus della clientela degli autonomi, in particolare per chi entra in uno studio professionale per domandare una prestazione lavorativa: dovrà avere il Green pass?

Professionisti e partite Iva: quando è obbligatorio il Green pass?

Pochi dubbi sull’obbligatorietà di avere il Green pass per i professionisti e per le partite Iva. Dal decreto 127 del 2021 emerge l’obbligatorietà per gli autonomi di essere muniti del documento verde ogni volta che si va a svolgere una prestazione lavorativa all’interno di un contesto aziendale. Dunque, all’ingresso dell’azienda, anche al lavoratore autonomo verrà richiesta, dal 15 ottobre prossimo, l’esibizione del Green pass. Questione già ampiamente dibattuta nelle scorse settimane e risolta quella dei professionisti che ricevano la clientela nel proprio studio. Anche in questo caso, il professionista deve avere il Green pass, anche se fosse l’unico lavoratore dello studio stesso.

Chi dovrà fare i controlli del Green pass in uno studio professionale?

Su chi dovrà invece effettuare le verifiche e definire le modalità operative riguardo al Green pass all’interno dello studio professionistico si attendono ulteriori chiarimenti. Ad oggi, è indubbio che entro il 15 ottobre tutti i datori di lavoro e i liberi professionisti dovranno definire come svolgere le verifiche del certificato verde, anche a campione. Non solo. Gli stessi dovranno individuare, mediante un atto formale, quali sono i soggetti incaricati dell’accertamento del possesso del Green pass e le possibili violazioni degli obblighi.

Studio professionale associato, a chi spetta fare le verifiche del Green pass?

Dalla norma generica, tuttavia, derivano alcuni dubbi. Innanzitutto, se in uno studio professionale il personale risulta dipendente, è abbastanza semplice individuare chi dovrà fare i controlli. Ovvero il professionista, che funge da datore di lavoro. Ma la questione si presenta più complessa per uno studio associato. In questo caso, si dovrebbe procedere con l’indicazione dei legali rappresentanti dello studio quali soggetti deputati a svolgere i controlli del Green pass. Lo stesso obbligo vige, peraltro, per i praticanti degli studi professionali. La loro figura potrebbe essere assimilata a quella dei dipendenti di un’azienda e, pertanto, con gli stessi obblighi di possedere il Green pass dal 15 ottobre prossimo.

Dipendente di uno studio professionale senza Green pass, va sospeso?

Sempre nell’ottica delle verifiche del possesso del Green pass, il dipendente di uno studio professionale senza Green pass va sospeso? Analogamente a quanto avviene per le aziende, in caso di non possesso del Green pass il dipendente dovrebbe seguire la medesima disciplina delineata dal decreto 127 del 2021, ovvero essere considerato “assente ingiustificato”? La risposta al dubbio sembrerebbe confermare quanto dovrà essere applicato all’interno delle aziende. E cioè che il dipendente dello studio professionale è obbligato a esibire il Green pass, come “chiunque svolga un’attività lavorativa all’interno del settore privato“.

Assenza ingiustificata all’interno di uno studio professionale

Nel caso specifico, dunque, sia i liberi professionisti che i loro dipendenti sono obbligati al possesso del Green pass per svolgere la prestazione lavorativa all’interno dello studio. O in qualsiasi situazione nella quale debbano fare ingresso in un’azienda o in una realtà lavorativa per svolgere la propria prestazione. Nel caso di non possesso, il dipendente risulterà assente ingiustificato con sospensione della retribuzione e diritto a conservare il proprio posto di lavoro. Il professionista senza Green pass rischia, invece, la sanzione variabile da 400 euro a 1000 euro.

Professionisti, può essere applicata la disciplina delle aziende fino a 15 dipendenti?

Peraltro, Pasquale Staropoli della Scuola di alta formazione della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, sulle pagine de Il Sole 24 Ore ha avanzato l’ipotesi che nei piccoli studi professionali si potrebbe applicare la normativa sul Green pass prevista per le aziende fino a 15 dipendenti. La disciplina, in questo caso, consentirebbe agli studi di procedere con sostituzioni temporanee, di pochi giorni, dell’assente ingiustificato perché non ha il documento verde.

Anche negli studi professionali il dipendente assente ingiustificato potrebbe essere sostituito?

Con le dovute premesse dell’attesa di ulteriori chiarimenti ministeriali su questa possibilità e su come agire, operativamente, per i controlli all’interno degli studi professionali, l’estensione della normativa delle aziende fino a 15 dipendenti ai liberi professionisti comporterebbe anche l’applicazione delle relative regole per la sostituzione dei dipendenti senza Green pass. Nei casi concreti, il lavoratore senza documento verde, assente ingiustificato, potrebbe essere sostituito da un nuovo addetto con contratto di somministrazione o a termine.

Dipendente senza di Green pass e sua sostituzione con contratti di 10 giorni

In tale situazione, dopo i primi 5 giorni di assenza ingiustificata, il datore di lavoro (o professionista, nel caso di estensione della disciplina per realtà fino a 15 dipendenti) potrebbe procedere alla sostituzione con contratto temporaneo di 10 giorni (rinnovabile, una sola volta, per ulteriori 10 giorni alla scadenza). L’interpretazione che va per la maggiore asserisce che il lavoratore assente, anche qualora dovesse mettersi in regola con il Green pass, dovrebbe attendere la scadenza dei 10 o 20 giorni di contratto del suo sostituto per rientrare a lavoro.

Green pass: i clienti dello studio professionale devono averlo?

Più complessa e, ad oggi, irrisolta è la questione relativa al possesso del Green pass dei clienti di uno studio professionale. Chi accede in uno studio va comunque controllato pur non essendo un lavoratore? Confprofessioni, sul punto, è in attesa di chiarimenti del ministero prima che si possano dettare linee guida su come comportarsi. Anche perché la realtà degli studi professionali si configura come estremamente eterogenea. Si pensi, ad esempio, agli studi medici e dentistici, all’interno dei quali non è possibile imporre il Green pass. Anche gli architetti del Cnappc sul punto si mostrano prudenti, ovvero attendono chiarimenti ministeriali. Intanto, nei confronti dei clienti, rimangono gli obblighi generici del controllo della temperatura e della mascherina all’interno di un “luogo chiuso”.

Bonus Genitori anche per gli studi professionali

Si è fatto un gran parlare, di recente, del cosiddetto Bonus Genitori applicato principalmente alle aziende private. Il dubbio che è stato sollevato da più parti è stato: anche gli studi professionali possono godere del Bonus Genitori per le loro assunzioni? La risposta è sì.

Ricordiamo che il Bonus Genitori è un’agevolazione che consiste nella possibilità data alle imprese e alle cooperative di assumere giovani genitori con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche part-time, avendo in cambio un bonus di 5mila euro. Con un limite di 5 assunzioni per ogni singola impresa o cooperativa.

Hanno diritto al Bonus Genitori i datori di lavoro che assumono soggetti:

  • di età non superiore a 35 anni;
  • genitori di figli minori;
  • rispetto ai quali risulti in corso oppure cessato un rapporto a termine, in somministrazione, intermittente, ripartito, di inserimento, accessorio oppure una collaborazione a progetto o coordinata e continuativa.

Su specifica richiesta inoltrata dall’Ordine dei Consulenti del Lavoro al ministero del Lavoro riguardo l’applicabilità del Bonus agli studi professionali, il dicastero ha risposto affermativamente.

Nella propria motivazione, il ministero ha sottolineato che nel caso dell’erogazione del Bonus Genitori, il datore di lavoro che può fruirne è da intendersi nella accezione datagli dall’Ue: qualunque soggetto che svolge un’attività economica e che è attivo in un determinato mercato, indipendentemente dalla forma giuridica che assume. Ciò significa che anche gli studi professionali possono fruire dell’agevolazione.

Studi professionali 2.0

Il processo irreversibile di conversione al digitale e alle nuove tecnologie non deve interessare solo le piccole e medie imprese, ma anche gli studi professionali. Una tendenza che, per fortuna, non sembra così remota in Italia, come dimostra una ricerca realizzata dall’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano nata da due anni di osservazioni su studi di commercialisti, consulenti del lavoro, avvocati e studi multidisciplinari.

Dalla ricerca emerge che gli studi professionali hanno investito molto in Ict negli ultimi 3 anni, tanto che nel 2015 la loro spesa per investimenti in Information and Communication Technology è stata superiore a 1 miliardo e 100mila euro, che suddivisa fra i vari studi professionali che hanno partecipato alla survey fa circa 9mila euro a studio.

Inoltre, dalle propensioni di investimento degli studi professionali che hanno aderito alla survey – principalmente studi di micro e piccole dimensioni, con portafoglio clienti inferiore alle 50 unità e fatturato entro i 100mila euro/anno – è emerso che nei prossimi due anni è attesa una spesa di circa 1,2 miliardi di euro all’anno+8%. Ma, nel dettaglio, in che tecnologie investono gli studi professionali?

Secondo lo studio, si tratta soprattutto di tecnologie abilitanti l’esercizio professionale, mentre cresce la propensione agli investimenti in software per la gestione elettronica dei documenti (39%) e la conservazione digitale a degli stessi (39%), per siti per la condivisione di attività e documenti con i clienti (34%) e siti internet degli studi professionali (33%).

Dall’indagine del Politecnico emerge anche un altro dato interessante: l’adozione di nuove ed evolute tecnologie si riflette positivamente sul fatturato e sulla redditività degli studi professionali che le adottano, tanto che crescono del doppio rispetto agli altri i professionisti che usano strumenti tecnologici più evoluti.

Si tratta principalmente di strumenti per l’archiviazione digitale, la dematerializzazione documentale, la firma grafometrica dei clienti degli studi professionali (il 74% dei  145 studi che hanno avviato o concluso progetti di miglioramento digital based analizzati nella survey), siti per la condivisione di documenti e attività con i clienti (72%), app e strumenti per  pianificazione finanziaria, scadenze dei pagamenti, formazione a distanza ecc. (55%).

Non indifferente, infine, la diffusione dell’uso del cloud computing per la posta elettronica o per la Pec degli studi professionali.

Studi professionali, c’è l’accordo sugli aumenti retributivi

Intesa raggiunta tra Confprofessioni e sindacati sugli aumenti retributivi per gli studi professionali. L’applicazione dell’ipotesi di accordo firmata lo scorso 27 settembre tra Confprofessioni e Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil, per il rinnovo del contratto nazionale degli studi professionali è stata infatti posticipata di un mese: il nuovo contratto sarà infatti applicabile con la retribuzione di novembre 2011. L’accordo raggiunto tra le parti, con decorrenza triennale dall’1 ottobre 2010, recepisce la nuova disciplina dell’apprendistato e stabilisce un aumento retributivo al terzo livello pari a 87,50 euro a regime e l’adeguamento del valore degli scatti di anzianità.

Questo passaggio tecnico è fondamentale in vista della firma ufficiale del contratto attesa entro la fine di novembre. L’intesa interessa oltre 1,5 milioni di dipendenti che lavorano negli studi professionali. In attesa della firma ufficiale, In attesa della firma, trova applicazione la precedente versione del contratto, siglata nel 2006 e integrata con l’accordo del 2008. L’adeguamento retributivo sarà applicabile con la retribuzione di novembre 2011, con l’erogazione degli arretrati fino al mese di ottobre 2011.

Il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella: “L’accordo raggiunto con i sindacati sugli aumenti retributivi rappresenta l’ultimo tassello che definisce la parte economica del contratto. Adesso possiamo guardare con maggior serenità al futuro, consapevoli di aver costruito un contratto che premia la produttività negli studi. Il prossimo passo sarà quello di portare il testo davanti alle 17 associazioni professionali aderenti al sistema Confprofessioni durante il Consiglio generale del prossimo 9 novembre. Quindi sottoscriveremo il nuovo contratto degli studi alla presenza del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi“.

d.S.

Professionisti, il 2012 è d’oro

E chi l’ha detto che in Italia il mercato del lavoro per i professionisti è sempre più ristretto? Probabilmente non Confprofessioni, che recentemente ha diffuso le cifre relative all’occupazione dei professionisti in Italia, incrociando i dati Inps sulle posizioni lavorative attive e le cessazioni tra l’1 gennaio e il 30 giugno 2012.

Risultato: nei primi sei mesi del 2012 sono stati creati quasi 40mila posti di lavoro negli studi di avvocati, notai, medici, dentisti, commercialisti, ingegneri e architetti. Nello specifico, si parla di quasi 32mila impiegati e oltre 6mila apprendisti. Cifre di tutto rispetto, ancora più significative se accostate a quelle delle cessazioni dei rapporti di lavoro nel medesimo periodo: 25.730 impiegati e 2.500 apprendisti, con il risultato di un saldo positivo che sfiora le 10mila unità, contro una cifra che, a livello nazionale e negli altri comparti, ha fatto registrare un -76mila nel medesimo periodo.

Quali, però, le professioni più attive? Vince a mani basse l’area economico-amministrativa – quella, per capirsi, popolata da commercialisti, consulenti del lavoro e studi amministrativi e gestionali -, con oltre 5600 assunzioni; in seconda posizione l’area sanitaria, in terza l’area tecnica (architetti, ingegneri, geometri, geologi), in quarta – strano? – l’area giuridica, che si aggiudica uno striminzito +210 assunti.

Dove vincono i nuovi professionisti? A sfatare una leggenda che li vuole principalmente al Sud, i dati di Confprofessioni parlano di un Nord che tira la volata all’occupazione negli studi professionali: sono infatti oltre 4.500 le assunzioni nette. Il Sud, comunque, si difende con quasi 2.500 nuovi posti di lavoro; fanalino di coda il Centro, con 1.803 nuovi occupati.

Infine, l’età. Secondo Confprofessioni sono i giovani che lanciano la ripresa dell’occupazione negli studi. La forma prediletta di ingresso nel mercato del lavoro è quella del contratto di apprendistato: sono oltre 3600 i nuovi apprendisti entrati in studio tra l’1 gennaio e il 30 giugno 2012.

Secondo il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, “questi dati confermano la vivacità del settore professionale che, nonostante la crisi economica, riesce ancora a creare occupazione. Nel desolante quadro della disoccupazione in Italia, gli studi professionali hanno una forte attrattiva, soprattutto per i più giovani e per le donne che rappresentano quasi il 90% degli occupati“. Vero, ma non dimentichiamo che tanta parte di questo fiorire di professionisti è figlio di una crisi che ha espulso tanti di loro dal mercato del lavoro dipendente; il fatto che il mondo degli studi professionali riesca in qualche modo a riassorbirli è sicuramente un punto di merito. Vediamo di non far cessare la tendenza.

Riforma professioni: ora l’assicurazione professionale è obbligatoria

La Riforma delle professioni approvata il 3 agosto scorso ha introdotto l‘obbligatorietà dell’assicurazione professionale, la cui mancata sottoscrizione diventerà illecito solo tra dodici mesi. Aumentano infatti i casi di illeciti professionali dopo il Dpr approvato il 3 agosto.

Diventeranno infatti illeciti: non adempiere alla formazione obbligatoria, non fare pubblicità allo studio in maniera corretta e veritiera, non stipulare la polizza per i rischi professionali, anche se solo tra un anno scatteranno eventuali sanzioni.

Meno stringente sarà l’obbligo di pattuizione del compenso dopo la controversa abolizione delle tariffe professionali: il compenso potrà essere infatti pattuito anche verbalmente, ma è bene che i professionisti si attrezzino per fare i preventivi scritti facendoli approvare ai clienti.

Riforma delle professioni, sì alla pubblicità degli studi professionali

La riforma della professioni è una realtà. Dopo la firma del regolamento da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dal 13 agosto scorso le norme in contrasto con i principi-guida del nuovo regolamento sono automaticamente decadute. Inoltre, il divieto di pubblicità che per molti anni è stato oggetto di dispute e discussioni è del tutto sparito: gli studi professionali ora possono farsi pubblicità liberamente, evidenziando i titoli, le tariffe, le specialità, la struttura dello studio.

Unica avvertenza sulla pubblicità: le informazioni devono essere trasparenti, veritiere e corrette e non equivoche, ingannevoli o denigratorie.

Milano: domani il “Professional Day”

Medici, dentisti, architetti, ingegneri, commercialisti e avvocati: in Lombardia le attività degli studi professionali occupano circa 130 mila lavoratori indipendenti e oltre 30 mila alle dipendenze. Altre circa 25 mila persone lavorano come indipendenti e dipendenti in studi professionali associati. Ciò significa che quasi 200.000 occupati (poco meno del 5% complessivo della Lombardia) ricavano il loro reddito da attività di libera professione. La Lombardia, con circa 300 mila iscritti, è la regione con la maggiore presenza di professionisti.

Milano è la città italiana con la più alta incidenza di lavoro qualificato; il 40% circa delle assunzioni degli imprenditori riguardano dirigenti, professionisti, tecnici. A Milano ha sede gran parte delle associazioni nel campo del design, della comunicazione pubblicitaria, del marketing e più in generale delle professioni dei servizi creativi alle imprese. Significativa la presenza di servizi finanziari e immobiliari (promotori finanziari, agenti immobiliari, assicurativi, di borsa ecc.) e nel settore del welfare. Emerge da Milano Produttiva 2011, rapporto dell’ufficio studi della Camera di Commercio di Milano.

Professionisti, il 43% ha reagito alla crisi cercando nuovi clienti e mercati. Per il post crisi possibili soluzioni vengono offerte da networking – grazie al nuovo protagonismo dei social network usati per lo scambio professionale – e dai nuovi orizzonti dell’internazionalizzazione: ben un professionista su quattro si è internazionalizzato (24%) mentre il 37% serve la città e meno del 20% si spinge in Lombardia.

Emerge da un’indagine della Camera di Commercio di Milano condotta dal Consorzio Aaster del ociologo Aldo Bonomi su oltre mille professionisti milanesi nel 2011.

Fonte: camcom.gov.it

d.S.

Studi professionali: novità per l’iscrizione all’E.Bi.Pro.

 

Nuove regole per l’iscrizione all’ente bilaterale di settore E.Bi.Pro. per tutti i dipendenti degli studi professionali. A seguito del rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale degli studi professionali, lo scorso 29 novembre, “il datore di lavoro che ometta di effettuare il versamento deve corrispondere al lavoratore un elemento distinto della retribuzione, non assorbibile, di importo pari a 22 euro a partire dal 1 ottobre 2011, e 23 euro a partire dal 1 settembre 2013, facendosi carico comunque delle prestazioni e dei servizi previsti dal sistema della bilateralità”. E’ quanto si legge nella circolare della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro n. 7 stilata lo scorso 5 dicembre.

La circolare precisa poi che i trattamenti previsti dalla bilateralità sono obbligatori per tutti i datori di lavoro, che applicano il ccnl degli studi professionali, e formano parte integrante del sistema delle tutele economiche e normative concesse ai lavoratori.

I consulenti ci tengono a sottolineare però che il versamento all’E.Bi.Pro. assume correttamente un ruolo nella parte economico-normativa del contratto solo nel caso in cui l’Ente preveda effettive ‘tutele aggiuntive ai prestatori di lavoro’ di sostegno al reddito. “Solo in presenza di una reale prestazione di sostegno al reddito dei lavoratori del settore professionale si concretizzerebbe un diritto contrattuale del singolo lavoratore cui il datore di lavoro dovrebbe far fronte” conclude la circolare della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.

Finchè non verranno stabilite specifiche tutele di sostegno al reddito dei lavoratori, non sussiste cioè alcun obbligo di versamento e quindi la previsione è da ritenersi “ancora ancorata nella parte obbligatoria del ccnl”.