Banda ultralarga, Telecom non teme Enel

La guerra sulla banda ultralarga non si gioca solo tra le telefoniche. Con l’ingresso nella partita di Enel Open Fiber, i player più importanti del settore, a partire dall’ex monopolista Telecom Italia, devono stare con le antenne ben dritte.

Lo ha confermato martedì scorso il presidente esecutivo del gruppo Telecom Italia, Giuseppe Recchi, a margine della presentazione del bilancio sociale del gruppo: “Siamo molto contenti che siano stati finalmente approvati i bandi, per cui parteciperemo a tutte le gare che verranno messe in appalto”, aggiungendo che “i piani di sviluppo di Enel nel campo della fibra ottica non sono una minaccia per Tim. La competizione non è una minaccia. Ma è importante che ci siano contesti regolatori equivalenti per tutti a beneficio del Paese, perché la concorrenza nelle infrastrutture migliora la capacità di copertura. Quindi è importante che le imprese siano messe tutte nelle stesse condizioni di competere”.

Se non puoi batterli, unisciti a loro, si dice. Un adagio che potrebbe applicarsi anche alla partita della banda ultralarga, con la collaborazione ventilata da più parti tra Enel e Telecom Italia? Su questo aspetto, Recchi è stato categorico: “Non è all’ordine del giorno. Tim è market leader nelle infrastrutture con ampissimo vantaggio. Il nostro mestiere è continuare a investire quanto abbiamo previsto nel nostro piano industriale. Siamo i più grandi investitori in Italia in qualsiasi settore di confronto in cui vogliamo metterci“.

Sempre, però, con il buon senso, si tratti di banda ultralarga o di altri investimenti: “Ci vogliono investimenti sostenibili dal punto di vista industriale e finanziario – ha infatti concluso Recchiper evitare di costruire cattedrali nel deserto. Noi dobbiamo fare cattedrali di tecnologia”.

Un 2015 in calo per Telecom Italia

Non sono piaciuti al mercato i conti preliminari dell’esercizio 2015 di Telecom Italia, risultati in flessione, e mitigati solo in piccola parte dal nuovo piano strategico al 2018, che prevede margini in crescita e 12 miliardi di investimenti solo in Italia.

Il gruppo telefonico ha infatti chiuso il 2015 con un –8,6% di ricavi (19,7 miliardi) rispetto al 2014, e con una flessione netta del margine operativo lordo: -17,9% a 7 miliardi. Cresce di 627 milioni l’indebitamento finanziario netto rettificato, a quota 27,3 miliardi. Non buone anche le previsioni di chiusura dell’utile consolidato attribuibile ai soci della controllante: 150 milioni, contro i 1.350 del 2014.

Come detto, Telecom Italia ha provato ad addolcire queste cifre amarissime presentando il nuovo piano strategico triennale, che punta a una stabilizzazione dell’Ebitda realizzato in Italia nel 2016 e a una crescita per il biennio successivo. Telecom Italia punta anche a identificare ulteriori opportunità di crescita dei propri target economico-finanziari, recuperando efficienza anche attraverso una riduzione dei costi operativi.

Telecom Italia ha anche annunciato quasi 12 miliardi di investimenti in Italia, dei quali circa 6,7 miliardi saranno destinati alla componente di innovazione, principalmente per lo sviluppo della banda ultralarga fissa in fibra ottica (3,6 miliardi), la banda ultralarga mobile Lte (1,2 miliardi) e Telecom Italia Sparkle (400 milioni).

Obiettivi ambiziosi che si accompagnano alla copertura prevista, a fine 2018, dell’84% della popolazione in rete fissa con fibra ottica e del 98% della popolazione in rete mobile con la rete Lte.

Exor sorpassa Eni: è il primo gruppo industriale italiano

Un sorpasso che ha dello storico. Nel 2014 Eni perde lo scettro di primo gruppo industriale italiano, superata da Exor dopo che per undici anni era stata in testa alla classifica. Il dato emerge dall’annuale classifica dell’Area Studi di Mediobanca delle principali società italiane.

Il sorpasso si è completato dopo che Exor-Fca ha chiuso lo scorso esercizio con ricavi pari a 122,2 miliardi (di cui 62,5 in capo a Chrysler), +12,4 miliardi rispetto a Eni, nonostante le vendite domestiche cubino solo il 7,5% del giro d’affari complessivo del gruppo. Il gruppo Exor è primo anche per numero di dipendenti: oltre 318mila unità delle quali poco più del 25% impiegate in Italia.

Eni scende dunque al secondo posto, soprattutto a causa del crollo delle quotazioni del greggio, con un fatturato di 109,8 miliardi. Non cambiano rispetto al 2013 le posizioni dalla terza alla decima: Enel, Gse, Telecom Italia, Finmeccanica, Edison, Esso Italiana, Edizione e Saras. Oltre a Eni, il calo del prezzo del greggio ha fatto altre vittime illustri: escono infatti dalla Top 20 TotalErg e A2A.

A proposito di Top 20, ecco la classifica nel dettaglio dall’11esima alla 20esima posizione: Poste, Kuwait Petroleum Italia, Ferrovie dello Stato, Luxottica, Ge Italia, Supermarkets Italiani (Esselunga), Prysmian, Pirelli, Isab e Parmalat.

Se si guarda a queste aziende sul lato dei profitti, Eni rimane prima per utili con 6.451 milioni nel biennio 2013-2014, seguita da Enel con 3.752 milioni. A Exor il terzo gradino del podio (primo gruppo privato) con 2.408 milioni.

Addio a Telecom Italia Media

Telecom Italia Media ormai non esiste più. Il delisting a Piazza Affari, ovvero la sua uscita dal listino della Borsa italiana, avvenuto l’1 ottobre scorso, è infatti una conseguenza diretta della formalizzazione dell’atto di fusione per incorporazione, stipulato in data 25 settembre ed iscritto nel registro delle imprese, da parte della controllante Telecom Italia.

Per effetto dell’efficacia della fusione tra Telecom Italia e Telecom Italia Media è divenuto efficace l’esercizio del diritto di recesso che spetta agli azionisti ordinari e di risparmio Telecom Italia Media che non hanno votato a favore della fusione.

In questo modo saranno liquidate 7,5 milioni di azioni ordinarie e 1,9 milioni di azioni di risparmio di Telecom Italia Media al prezzo unitario di 1,055 euro per ciascuna azione ordinaria e di 0,6032 euro per ciascuna azione di risparmio.

Le azioni  che non erano in portafoglio a Telecom Italia saranno progressivamente scambiate con azioni di nuova emissione della società incorporante, prive di valore nominale, nel rapporto di concambio di 0,66 azioni ordinarie e 0,47 azioni di risparmio di Telecom per ciascuna azione ordinaria e di risparmio Telecom Italia Media.

Generali cede le quote di Telecom Italia

Il sodalizio tra Generali e Telecom Italia si è sciolto: la società di assicurazioni, infatti, ha ceduto la sua quota del 4,3% che deteneva sul capitale della compagnia telefonica ammiraglia, percentuale che ha un valore ci circa 690 milioni di euro.
Benché tale operazione sia avvenuta ormai qualche settimana fa, la notizia è stata ufficializzata solo in questi giorni.

La decisione della compagnia del Leone è una conseguenza dello scioglimento di Telco, il veicolo finanziario costituito nel 2007 per rilevare il controllo della compagnia telefonica.
Dopo questa operazione Generali, Intesa SanPaolo, Mediobanca e Telefonica si sono viste assegnare direttamente quote della compagnia telefonica, avendo così la facoltà di disfarsene.

Ma questa uscita di Generali dal mondo delle telecomunicazioni segue la politica di Mario Greco, group ceo della società triestina, il quale ha infatti dichiarato: “Già nel 2013 ho detto che non avevamo partecipazioni strategiche e che avremmo disposto nelle maniere più opportune di tutte le vecchie partecipazioni strategiche e questo rimane vero. Siamo una società di assicurazioni e facciamo assicurazioni“.

A queste parole ha fatto eco anche il cfo Alberto Minali, che ha anche smentito voci relative a una vendita a termine della partecipazione: “Abbiamo fatto una protezione sul valore della quota di Telecom Italia, per cui ci siamo protetti da eventuali discese del valore. Non è una vendita“.

Vera MORETTI

Banda ultralarga, intesa Telecom-Fastweb

Con buona pace della concorrenza e con un occhio alle alleanze trasversali e, soprattutto, al bene del Paese, Telecom Italia e Fastweb si alleano per cercare di portare la banda ultralarga al maggior numero possibile di italiani e sperimentare, senza vincoli d’esclusiva, soluzioni per gli raggiungere gli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea e di quella stilata dal governo italiano.

L’alleanza dei due player sulla banda ultralarga segue la firma di un Memorandum of understatement valido fino a dicembre 2016 che coinvolge anche i partner tecnologici Alcatel Lucent e Huawei.

L’accordo sulla banda ultralarga si svilupperà in due fasi. A maggio la prima parte, con la sperimentazione nei laboratori di Telecom e Fastweb della tecnologia cosiddetta Vdsl enhanced (fornita da Alcatel Lucent e da Huawei), su architettura FTTC (ossia fibra fino all’armadio del gestore e poi rame fino a casa); da ottobre 2015 ci sarà invece la realizzazione di collegamenti sul campo in diverse città, per rendere disponibili agli utenti velocità superiori ai 100 megabit al secondo in upload.

Tutti contenti, tutti felici? Non proprio, dal momento che l’alleanza Telecom-Fastweb taglia di fatto fuori dal progetto della banda ultralarga Metroweb, con la quale Telecom dialogava. Telecom e Fastweb metteranno comunque a disposizione del mercato i risultati della sperimentazione, con l’obiettivo di accelerare i tempi dell’Agenda Digitale del governo, che punta a raggiungere almeno il 50% della popolazione con velocità di 100 mega al secondo.

Il piano per la banda ultralarga al Sud

L’Italia prova compiere il passo decisivo per portare anche al Sud la banda ultralarga. Telecom Italia, l’agenzia pubblica per gli investimenti Invitalia e Italtel hanno infatti firmato nei giorni scorsi un contratto di sviluppo da 71 milioni di euro per dare un impulso allo sviluppo della reti a banda ultralarga nelle regioni di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.

Oltre ai servizi per l’utenza business e domestica, dal contratto ci saranno anche delle ricadute positive sull’economia del territorio, dal momento che sarà attivato un programma di ricerca e sviluppo sperimentale per progettare e realizzare software destinati alle reti a banda ultralarga nell’unità produttiva Italtel di Carini, in provincia di Palermo.

Nel dettaglio, l’investimento di Telecom Italia è di 48 milioni di euro per ampliare gli impianti di rete delle quattro regioni meridionali; grazie all’ampliamento, si prevede di realizzare un’infrastruttura di rete a banda ultralarga che sviluppi la rete esistente e quelle di nuova generazione.

Italtel mette invece i restanti 23 milioni, sia per la parte di software, sia per la parte di infrastruttura di rete a banda ultralarga. Lo Stato, tramite Invitalia, partecipa al piano per la banda ultralarga al Sud mettendoci poco meno di un terzo, 22 milioni di euro, di cui 14,4 milioni a Telecom Italia e 7,6 milioni a Italtel.

Un premio per il sito corporate di Telecom Italia

Stretta tra la partita della banda larga in Italia e le vicende interne delle consociate, Telecom Italia si consola in Europa aggiudicandosi il primo posto tra le aziende di Tlc del vecchio continente nella classifica Webranking by Comprend 2014 per il miglior sito corporate.

Telecom Italia è risultata vincente nella ricerca che, da 18 anni, mette sotto la lente la qualità della comunicazione corporate online delle maggiori aziende in Europa, di qualunque settore. Nell’edizione 2014 il sito di Telecom Italia ha totalizzato 83,3 punti su 100, staccando di oltre 20 punti la seconda azienda sul podio, Telia Sonera, attiva in Svezia e Finlandia.

Telecom è poi salita su un altro podio: il sito telecomitalia.com e i Social Media istituzionali del Gruppo hanno ottenuto il terzo posto tra le 500 maggiori aziende europee per capitalizzazione di mercato analizzate da Comprend.

Quello che ha fatto la differenza per il sito di Telecom Italia sono state soprattutto la progettazione in responsive web design, l’uso importante di storytelling, destinato a un pubblico generalista e non di settore, la qualità dei contenuti dedicati alla sostenibilità, la ricchezza e completezza delle informazioni finanziarie.

Telecom Italia si mangia Telecom Italia Media

Via libera alla fusione tra Telecom Italia e Telecom Italia Media dai rispettivi consigli di amministrazione. Tecnicamente si tratta di un’operazione di “fusione per incorporazione” , così che Telecom Italia si “mangerà” TI Media (che, peraltro, è ora controllata e soggetta a direzione e coordinamento della prima, che ne detiene direttamente e indirettamente il 77,71% del capitale ordinario e il 2,25% del capitale di risparmio).

Nel processo di fusione, sarà rispettato il rapporto di cambio già approvato il 19 febbraio 2015, che prevede 0,66 azioni ordinarie di Telecom Italia di nuova emissione, con data di godimento identica a quella delle azioni ordinarie in circolazione alla data di efficacia della fusione, per ogni azione ordinaria di TI Media; 0,47 azioni di risparmio di Telecom Italia di nuova emissione, con data di godimento identica a quella delle azioni di risparmio di Telecom Italia in circolazione alla data di efficacia della fusione, per ogni azione di risparmio di TI Media.

Non sono previsti conguagli in denaro. Dal momento che l’iniziativa non comporta pregiudizio dei diritti degli azionisti di risparmio, la fusione non è subordinata all’approvazione delle rispettive assemblee speciali per cui sarà operativa con (sperano gli azionisti) beneficio di entrambe le parti.

Clienti Noverca e passaggio a Tim

Grandi manovre nel mondo della telefonia mobile italiana. Telecom Italia e Noverca Italia, società controllata da Acotel Group, hanno sottoscritto nei giorni scorsi un accordo con il quale i clienti consumer del piccolo operatore mobile (quasi 170mila) potranno passare sotto Tim.

In base all’accordo, a partire da febbraio 2015 fino a maggio, i clienti di Noverca potranno effettuare la portabilità del loro numero verso Tim, mantenendo invariati i propri profili tariffari.

Un accordo vantaggioso per entrambe le società. Se, da un lato, Noverca potrà focalizzare il suo business sulle attività del cosiddetto Mobile Virtual Network Aggregator (Mvna) e mettere in cassa quasi 4 milioni di euro qualora tutti i 170mila clienti migrassero in Tim, dall’altro Telecom Italia potrà ampliare sensibilmente la sua base clienti.

In questo modo Noverca si stacca dalla operatività verso il cliente consumer per valorizzare gli ingenti investimenti che ha sostenuto negli ultimi anni per lo sviluppare una piattaforma tecnologica capace di abilitare soggetti interessati ad operare in Italia in qualità di Operatori Mobili Virtuali. Il pesce grande Tim che si mangia il pesciolino Noverca.