Terremoto in Emilia: nuove scosse nella notte, si contano i danni

 

A due giorni dal tragico terremoto in Emilia la terra non smette di tremare: sono state 29 le scosse che solo questa notte non hanno fatto riposare gli sfollati del modenese ed un’altra, meno forte ma ugualmente preoccupante, è stata avvertita alle 5:16 di questa mattina al largo delle coste campane e lucane, nel golfo di Policastro. Secondo i sismologi si tratta di un movimento situato a 8,7 km di profondità, il cui epicentro si trova in prossimità dei comuni salernitani di Ispani, San Giovanni a Piro e Sapri, e di quello potentino di Maratea.

Ma torniamo all’Emilia, perché è nei the days after che si comincia a fare la conta dei danni.

Grave il conto delle vittime, arrivate a 17 dopo il ritrovamento dell’ultimo disperso nella giornata di ieri con un debito da parte della classe operaia assolutamente ingente: delle persone che non ce l’hanno fatta, 14 sono operai e imprenditori.

Gravi i danni anche nel settore economico, soprattutto per quanto riguarda i comparti agricolo e biomedico.

E’ in Emilia, infatti, che si addensa la più alta concentrazione di fabbriche biomediche d’Italia, per giunta specializzate nel fornire supporto e farmaci ai malati in dialisi.

Ingenti sono anche i danni registrati nelle cantine emiliane: dati ufficiali dell’Enoteca Regionale Emilia Romagna parlano di 15 milioni di euro persi dopo il terremoto del 20 maggio e del 29 maggio. Le zone maggiormente colpite sono state le province di Modena, Ferrara e più marginalmente Bologna e Reggio Emilia.

Il Consiglio dei ministri ha deciso di varare una serie di misure d’emergenza, queste:

  • il rinvio a settembre dei versamenti fiscali ed il differimento fino al 31 dicembre dei termini processuali e delle rate dei mutui bancari. Lo ha annunciato il viceministro all’Economia, Vittorio Grilli, nel corso del  question time, ricordando che non si tratta di materia su cui sia possibile intervenire con decreto del Mef. I versamenti sospesi fino al 30 settembre, ha proseguito Grilli, riguardano “sostanzialmente tutti i contributi: Irpef, Ires, Iva, Irap, Addizionali Irpef regionali e comunali e Imu”;
  • l’aumento di 2 centesimi dell’accisa su tutti i carburanti, benzina e gasolio, così da far fronte all’emergenza terremoto che dovrebbe scattare immediatamente, dalla mezzanotte di oggi, raggiungendo un indotto stimato per circa 500 milioni. Serviranno alla ricostruzione post-sisma.
  • Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, poi, ha chiesto all’Unione Petrolifera di valutare l’opportunità di ridurre il prezzo industriale dei carburanti (al netto delle imposte) per contribuire a farsi carico dell’aumento dell’accisa deciso dal Governo per finanziare l’emergenza terremoto in Emilia-Romagna. L’aumento durerà “fino al 31 dicembre 2012”, secondo quanto ha annunciato il viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli, nel corso del question time;
  • la deroga al patto di stabilità per i Comuni;
  • uno stanziamento di 2 milioni di euro ”a favore delle Camere di commercio di Modena, Bologna, Ferrara e Mantova da destinare a iniziative di supporto alle imprese locali”. Lo si legge in una nota di Unioncamere in cui si spiega che l’intervento ”si articola in tre linee d’azione”.

Inoltre, al presidente Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, è stato dato ”il compito di approfondire con il ministero dello Sviluppo economico la possibilità di istituire una sezione speciale del sistema camerale all’interno del Fondo centrale di garanzia per le Pmi, dedicata alle calamità naturali”. Le risorse saranno destinate ”ad interventi di cogaranzia e di controgaranzia del Fondo, in collaborazione con il sistema dei Confidi, per facilitare l’accesso al credito delle Pmi colpite da calamità naturali”.

Speriamo che i provvedimenti e le riforme non siano un altro strattone ad un’Italia già sufficientemente scossa. In tutto questo, la parata del 2 Giugno si farà.

 

Paola PERFETTI

Terremoto, in ginocchio l’economia emiliana

Il terremoto piega le vite, piega i paesi dell’Emilia e piega l’economia. Non li spezza, ma li piega eccome. E con loro, l’intera economia nazionale. Lo ha confermato il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi: “Ho letto anch’io sui giornali di oggi che nella zona dove è localizzato l’epicentro si produce circa l’1% del Pil del nostro Paese. E’ chiaro che in quest’area probabilmente assisteremo ad un fermo delle attività produttive di alcuni mesi. Credo che indicare tre-quattro mesi non sia lontano dalla realtà“. Ovvero, una catastrofe. I distretti colpiti sono quelli dell’eccellenza italiana: meccanica, biomedicale, ceramica, agroalimentare.

Quest’ultimo è stato travolto, dai caseifici agli stabilimenti di lavorazione della frutta, dalle cantine alle acetaie dell’aceto balsamico ai magazzini di stagionatura di Grana e Parmigiano: Coldiretti ha stilato la mappa del disastro. Cinquecento milioni di danni provocati dal terremoto tra le province di Modena, Ferrara, Piacenza, Mantova e Bologna; senza dimenticare Rovigo e Reggio Emilia.

Oltre ai tristemente noti capannoni, sono crollate anche case rurali, stalle, fienili, sono andati distrutti macchinari e sono morti centinaia di animali. Un distretto dove si produce oltre il 10% del Pil agricolo e da dove partono verso l’Italia e il mondo le più eccelse produzioni agroalimentari nazionali, dal Parmigiano Reggiano all’aceto balsamico di Modena, dal prosciutto di Parma al Lambrusco.

Ferme le attività di cantine e macelli dove si ottiene la materia prima per il prosciutto di Parma e l’aceto balsamico per il quale, secondo Coldiretti, si stimano danni per 15 milioni mentre sono circa 1 milione le forme di Parmigiano Reggiano e Grana Padano cadute a terra dopo le scosse di martedì.

Coldiretti è poi entrata nelle varie realtà industriali. Nell’azienda di Mauro Galavotti sono collassati i magazzini di fieno con impianto fotovoltaico, i centri aziendali sono lesionati e sono in crisi gli animali nella stalla con le mucche che producono latte per il Parmigiano. A Mirandola nella stalla di Davide Pinchelli sono crollati i centri aziendali. Crollati capannoni, fienili e magazzini nell’allevamento di Alessandro Truzzi a Novi di Modena. i mangimi sono sepolti dalle macerie e le bestie rischiano di morire di fame.

E avanti così, con il settore dell’agriturismo sfregiato nel Mantovano: ‘Zibramonda’ di Quistello, ‘Corte Guantara’ di San Giovanni del Dosso, ‘Rocchetta’ di Moglia sono in ginocchio. In quest’ultimo è crollata la stalla vecchia mentre quella nuova ha avuto danni che hanno costretto i titolari a spostare i 15 cavalli che vengono usati per l’ippoterapia.

Ma non basta. Secondo Coldiretti, il terremoto ha provocato anche un rischio idrogeologico nei territori colpiti con danni agli impianti idraulici e frane che pregiudicano il regolare deflusso delle acque. Conseguenza: sospeso il servizio di irrigazione per un’area della provincia modenese di 26mila ettari, che va da Novi di Modena a Carpi, Campogalliano e Soliera. Un territorio dove forte è la specializzazione per la frutticoltura, il Parmigiano Reggiano e numerose risaie. Ossia: la morte dell’agricoltura.

E a tutta questa gente interessa capire di chi è la colpa se cadono i capannoni? Interessa solo superare lo choc, rimboccarsi le maniche e sperare che lo stato non la lasci sola. Scusate se è poco.

Terremoto Emilia: nuove scosse, anche alla benzina

 

Sembra una beffa, ma il sole splende sereno sopra le tendopoli dell’Emilia Romagna nella prima notte dopo il grande, doppio terremoto di ieri che ha fatto 16 vittime, ancora 1 disperso, 8mila sfollati, ben l’80% delle aziende del territorio distrutte. A farne le spese, infatti, sono stati soprattuto gli operai e gli imprenditori della zona, e le polemiche non sono mancate sulla pelle dei morti.

Ma com’è andata questa prima notte fuori casa per le 6mila persone coinvolte, che si sono andate ad aggiungere alle 4mila già segnate dal sisma del 20 maggio?

Neppure le tenebre  hanno lasciato un po’ di riposo e di sollievo alle genti del modenese. Solo dalla mezzanotte alle 6.30 di questa mattina le scosse registrate sono state 50, di cui la più forte, quindi avvertibile anche dalle popolazioni terremotate, è arrivata alle 3:54 di oggi: aveva magnitudo 3.4 ed il suo epicentro è stato in prossimità dei comuni modenesi di Camposanto, Cavezzo, Medolla, Mirandola e San Felice sul Panaro arrivando gino al mantovano, a San Giovanni del Dosso. Altre 10 si sono succedute fino alle 8 di oggi. In totale, 60 scosse. 

Migliaia gli sfollati, ancora una persona dispersa sotto i ruderi di quelli che erano i centri produttivi di un terra considerata da tutti pianeggiante e tranquilla. Si tratta di un operaio dell’azienda Haematronic di Medolla, il cui crollo di 24 ore fa aveva già registrato 3 vittime.

Una buona notizia, per fortuna, arriva dalle fonti del Vigili del Fuoco, che fanno sapere di aver estratto viva la donna di 65 anni rimasta sepolta dopo il crollo della palazzina di quattro piani nel centro storico di Cavezzo, uno dei borghi più colpiti. La signora era rientrata nella sua casa di via Primo Maggio per prendere con sé alcuni indumenti intorno alle 9 del mattino di ieri. Poi il boato e il crollo: il palazzo si è sbriciolato ma lei è riuscita a proteggersi con la spalliera del letto. In questo momento si trova ricoverata all’ospedale di Modena.

Un’altra persona, invece, è stata recuperata esanime ieri sera.

Oggi arriveranno anche i provvedimenti del Consiglio dei Ministri: si ipotizza un aumento delle accise sulla benzina per implementare gli aiuti alle popolazioni. Il governo, inoltre, vuole chiedere all’Europa di non conteggiare le spese per il sisma nel patto di stabilità.

Terremoto, polemiche sulla pelle di morti e imprese

di Davide PASSONI

Dopo un terremoto, arrivano gli sciacalli. Succede tra le macerie e, purtroppo, succede nella politica e nella vita pubblica, dove lo sciacallaggio verbale non è meno odioso di quello reale. Nelle zone devastate dell’Emilia si sta ancora scavando e la polvere delle macerie non si è nemmeno sedimentata che scoppiano le solite, inutili polemiche da parte di chi perde l’ennesima occasione per stare zitto.

A pochissime ore dal sisma, hanno infatti parlato due leader sindacali come Susanna Camusso e Raffaele Bonanni; secondo la prima “non si è provveduto alla messa in sicurezza degli stabilimenti prima di far tornare le persone al lavoro“; per Bonanni è invece “inconcepibile che a distanza di così pochi giorni dal precedente sisma, non si sia agito per accertare la reale stabilità e la sicurezza dei capannoni. Quei lavoratori, non sarebbero dovuti essere lì stamattina“. Per fortuna da entrambi è arrivata la solidarietà ai parenti delle vittime… Almeno di quella si sono ricordati.

Dal canto suo, il neo presidente di Confindustria Giorgio Squinzi non ha perso tempo per replicare: “Non è vero che sono crollati capannoni di carta velina, quelli nel settore della ceramica erano signori capannoni, costruiti con tutti i crismi. Quindi mi sembra che i crolli siano da attribuire alla fatalità“. Pare che parlino di due terremoti diversi…

Ma quello che più ci ha sconcertato è stato il ministro Fornero, che si di fatto allineato con le posizioni di Grillo, parlando di capannoni crollati in modo inconcepibile come castelli di carte. Pensassero ad aiutare imprese e cittadini invece di chiacchierare, visto che gli alluvionati di Genova – calamità per calamità – finora hanno ricevuto dallo Stato zero euro per i danni subiti.

Vero, tanti dei morti di ieri sono operai, ma chi ha detto che non è stata accertata la stabilità dei capannoni? Perché insinuare che gli imprenditori che hanno perso tutto – operai, fabbrica, macchinari – sono dei criminali che hanno lesinato sulla sicurezza pur di far ripartire la proria attività? Chiedetelo a Mauro Mantovani, imprenditore schiacciato dal suo capannone mentre, come un buon capitano, era l’ultimo a lasciare la barca, ossia l’azienda. E chi può garantire che quelle persone non stessero lavorando per libera scelta, perché magari, in un momento come questo, hanno pensato che valeva la pena rischiare pur di portare a casa lo stipendio a fine mese? Può essere scomodo dirlo, ma si tratta di morti sul lavoro da piangere come tutti gli altri: la tragedia che li ha sepolti insieme alle macerie dei loro capannoni ne amplifica il dolore, ma sempre di morti sul lavoro si tratta. Se ci siano state negligenze nella sicurezza, spetterà ai magistrati verificarlo: cari leader, lasciamo che ci pensino loro a chiarire di chi sono le colpe. In questa devastazione non ci sono buoni né cattivi, c’è solo una delle zone più industrializzate d’Italia colpita al cuore di quello che sa fare meglio: lavorare tanto, lavorare bene.

Non ci voleva. Piangiamo i morti ma, per carità, non facciamone degli eroi. Erano persone come tante che hanno dato un bacio ai loro piccoli prima di uscire di casa e hanno detto “ci vediamo questa sera“. Sono morte lavorando o di paura. Guardiamo avanti, cercando le colpe dove ci sono ma lasciando da parte il gioco dello scaricabarile. Facciamolo per loro, facciamolo per l’Italia che produce.

Terremoto, Emilia in ginocchio: morti e dispersi, strage di operai

La terra trema ancora in Emilia Romagna, gli edifici crollano e ci sono nuove vittime tra gli operai al lavoro nelle numerose aziende della zona. Diverse vittime accertate nel Modenese (almeno 16) tra cui almeno 3 operai morti al lavoro nella zona e un centinaio i feriti sempre nella bassa Modenese, mentre si temono altri morti nelle zone già colpite dal terremoto del 20 maggio: molti sono i capannoni crollati e le abitazioni collassate. Oltre 14mila gli sfollati. Un altro colpo durissimo per l’economia locale, fatta di piccole e piccolissime imprese, spesso dell’eccellenza italiana.

Dal Veneto alla Lombardia, fin giù in Toscana e sul levante ligure di Ponente la terra non smette di tremare: una forte scossa di terremoto di magnitudo 5,8 della scala Richter, secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, con epicentro a Medolla nel modenese ha terrorizzato alle 9 del mattino la popolazione già in ginocchio. Poi alle 12.56 un’altra lunghissima e violenta scossa.

Evacuati negozi, uffici e scuole a Milano, Padova, Bologna e in molte città del settentrione per motivi di sicurezza. Nuovi crolli sono stati registrati a San Felice, Mirandola e Finale Emilia, paesi già messi a dura prova dal forte sisma del 20 maggio. Linee interrotte nel modenese e nel ferrarese, intasate le linee telefoniche di vigili del fuoco e polizia urbana.

La scossa è stata avvertita in tutto il Nord Italia, da Aosta a Torino, passando per la Liguria – a Sestri Levante e a Genova sono state evacuate scuole e uffici- fino a Viareggio, Pesaro, Lucca. La scossa è stata sentita anche in Austria per non parlare delle provincie di Pordenone, Padova, Treviso. A Venezia una statua dei giardini di Papadopoli, accanto a Piazzale Roma, la piazza della Stazione di Santa Lucia della Laguna, è crollata. Danni anche nel mantovano.

A Cavezzo, Modena, i 3/4 del paese non ci sono più. Crollato anche il castello di Finale Emilia.

Danni a tutto il patrimonio artistico del modenese. Crollano il Duomo e la Chiesa di San Francesco a Mirandola. E’ crollata la Chiesa di San Possidonio (MO), il Teatro Comunale di Cento, la chiesa Poggio Renatico.

Ancora una volta il terremoto dell’Emilia scuote i social network. Secondo un account di Twitter sarebbe crollata la scuola di Ostiglia. Il cantante bolognese Cesare Cremonini avvisa che le donne e i bambini degli ospedali locali sarebbero in via di trasferimento. Internauti comunicano che nelle prime ore di questa mattina i cellulari della zona di Bologna erano fuori uso.

Sempre su Twitter, Ferrovie dello Stato comunica la ’Circolazione interrotta ambito stazione Bologna C.le per accertamenti infrastruttura a seguito scossa tellurica”.  Sullo stesso profilo Fs ha spiegato che la circolazione è sospesa sulle linee tra Bologna e Padova, tra Bologna e Verona, tra Milano e Bologna e sulla Verona – Mantova – Modena. I treni subiranno cancellazioni e ritardi.

La Protezione Civile di Modena ha messo a disposizione il suo numero: 059200200

Terremoto, rinvio Imu per gli stabili colpiti

Niente Imu per le abitazioni e gli stabilimenti industriali che saranno dichiarati inagibili a causa del terremoto in Emilia. Lo ha anticipato il premier Mario Monti durante la sua visita nelle zone colpite dal sisma di domenica. Previsto, infatti, il rinvio del pagamento a data da destinarsi.

Una boccata d’ossigeno per un territorio che, tra industria e agricoltura, è da sempre cuore pulsante dell’economia italiana e che si trova a fare i conti con danni per centinaia di milioni di euro.

Sono infatti centinaia le attività ferme, in tutti i settori, particolarmente in quello agricolo, dominante nelle zone interessate dalle scosse.

Casa rasa al suolo? Lo Stato non paga

di Davide PASSONI

In un certo senso, le popolazioni emiliane colpite dal terremoto di domenica scorsa, possono ritenersi fortunate. Un paradosso? Nemmeno per sogno, basta guardare la cosa dalla giusta angolazione. Tra le norme presenti nel decreto n° 59 sulla riforma della Protezione Civile, pubblicato il 17 maggio 2012 sulla Gazzetta Ufficiale, se ne nasconde una la quale prevede che non sarà più lo Stato a ripagare i danni strutturali conseguenti a calamità naturali, dai terremoti alle alluvioni: potrebbe essere infatti introdotto l’obbligo, per tutti i proprietari di immobili, di pagare un’assicurazione privata per coprirsi dai rischi derivanti da catastrofi naturali.

Per cui… cucù: lo Stato si toglie d’impaccio, non deve essere più obbligato a risarcire le vittime delle calamità ma scarica l’onere in capo a dei privati ossia le compagnie assicurative. Insomma, lo stato ci lascia in braghe di tela se la casa ci crolla in testa (sta a noi tutelarci prima), ma intanto che la casa è salva e salda ce la stratassa con la simpaticissima Imu. Tutto molto bello. Ma poi, questa assicurazione? Funzionerà come per l’Rc auto, ovvero che chi abita in zone sismiche o a rischio alluvione pagherà premi più alti di chi abita in zone sicure? Se abito a L’Aquila pago una sassata (come per l’Rc auto a Napoli) e se abito a Padova pago meno?

Chi ancora pensa che lo stato debba essere garantista per sua natura, è servito. Che cosa ce ne facciamo allora della “vicinanza alle popolazioni delle zone colpite” espressa dal presidente del Consiglio Monti?

Tecnicamente, se il Parlamento convertirà il decreto in legge, entro 90 giorni dalla pubblicazione della legge in Gazzetta Ufficiale il governo, sentiti i ministeri dell’Economia e dello Sviluppo Economico, la Conferenza Stato-Regioni e l’Isvap, dovrà emanare un regolamento sulla base di alcuni criteri: agevolazioni fiscali per chi si assicura ed “esclusione, anche parziale, dell’intervento statale per i danni subiti da fabbricati“. Ma se, come pare preveda il decreto, lo stato d’emergenza in caso di calamità durerà 60 giorni con un’unica proroga di 40 giorni, in questo caso sarebbe lo Stato a pagare la ricostruzione. Insomma, una corsa contro il tempo per evitare che pure agli emiliani tocchi ricostruirsi la casa a spese proprie.

Non passa giorno che all’amarezza non si aggiunga amarezza. Un governo che era partito a tambur battente mettendo mano alle pensioni, guadagnando consensi e ridicolizzando tutti i suoi predecessori, ora infila una topica dietro l’altra, perde consenso e sembra più sulla Luna dei partiti che, sempre meno convintamente, gli danno l’appoggio. La famosa fase 2 del governo, quella della crescita, per ora è un gran fiasco. Certo, a Monti è toccata anche la sfiga di un terremoto, ma in questo senso a Berlusconi con L’Aquila era andata molto peggio. Che il presidente del Consiglio cominci a fare gli scongiuri? Imprese e cittadini, intanto, si beccano quest’altro regalino. Sentitamente ringraziano.

Terremoto, gli architetti e i rischi sismici

Mentre l’Italia trema, gli architetti puntano l’attenzione sullo stato degli edifici del Paese. In una nota, il Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori si è espresso sulla normativa introdotta dal governo in tema di Protezione civile: “Mentre esprimiamo la nostra massima solidarietà alle popolazioni dell’Emilia colpite dal sisma lanciamo, ancora una volta, l’allarme sulla necessità di tenere sempre alta la vigilanza e l’attività di prevenzione sul patrimonio edilizio delle nostre città: entro i prossimi 10 anni l’85% dell’edificato urbano avrà più di 40 anni e oltre 6 milioni di edifici sono esposti a gravi rischi sismici, 1 milione e trecento a quelli idrogeologici. Non più tardi di venerdì scorso abbiamo denunciando il fatto che il secondo il nuovo decreto legge sulla Protezione civile non sarà più lo Stato a pagare i danni causati agli edifici privati dalle calamità naturali quali, per l’appunto, i terremoti“.

E ammonisce il governo: “Il governo conferma, sbagliando, la scelta di una politica dell’emergenza rispetto a quella della prevenzione e della manutenzione del nostro patrimonio edilizio anche prevedendo che l’estensione ai rischi derivanti da calamità naturali di tutte le polizze assicurative, che sono su base volontaria, a qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati, creando di fatto, condizioni di disparità tra cittadini. Non basta solo appellarsi – nei momenti di emergenza – all’istituzione del fascicolo del fabbricato, strumento la cui realizzazione è ormai assolutamente indifferibile: prima ancora serve un impegno di tutti per costruire una coscienza della prevenzione e della sicurezza“.