La guida all’esenzione ticket per chi ha più di 65 anni di età

La partecipazione della popolazione alla spesa pubblica in materia sanitaria ha uno strumento con un nome ben preciso. Si chiama ticket sanitario. In pratica, per ticket sanitario si parla del corrispettivo che i cittadini devono pagare allo Stato come partecipazione al servizio offerto da quella che a tutti gli effetti è la sanità pubblica. Una quota di co-partecipazione alle spese che lo Stato supporta per offrire ai suoi cittadini determinate prestazioni sanitarie erogate tanto da strutture pubbliche che da strutture private riconosciute. Per il cittadino invece, non si può che parlare di una tassa da pagare. Ma ci sono numerose agevolazioni in materia, anche perché non tutti sono tenuti a pagare il ticket. Oggi approfondiamo nello specifico il campo dell’esenzione per i cosiddetti over 65, persone sopra i 65 anni di età con pensione.

Esenzione dal ticket per gli Over 65, la guida dettagliata

In generale le esenzioni dal ticket sanitario sono diverse e viaggiano su diversi binari nel senso che riguardano determinati soggetti. C’è per esempio l’esenzione per patologia, quella per reddito e infine, quella per età. Per esempio, chi ha determinate malattie non paga il ticket se la visita in questione riguarda la patologia di cui è affetto. Allo stesso modo, niente ticket per chi ha determinate condizioni reddituali e non supera le soglie prescritte. Una cosa del genere riguarda anche i nostri soggetti con etàpari o superiore a 65 anni.

Una di queste esenzioni infatti riguarda chi compie i 65 anni di età anche nel 2022. Nello specifico si tratta dell’esenzione E0, che è il codice esenzione delle ASL in cui rientrano gli over 65. Chi compie 65 anni può essere esentato dal pagamento del ticket per diverse prestazioni. SI va dalle analisi di laboratorio alle visite specialistiche, dalle analisi strumentali a quelle diagnostiche. Per esempio, un prelievo di sangue o una radiografia, che il cittadino riceve da una struttura pubblica o privata in convenzione, è un servizio offerto dal Sistema Sanitario Nazionale. Ma che prevede un pagamento del ticket, cioè una quota della prestazione a carico del soggetto direttamente interessato dalla prestazione. In determinate circostanze, gli over 65 non devono sborsare nulla, perché alla prestazione resa gratuitamente dallo Stato, si affianca l’esenzione dal versamento anche del ticket sanitario.

Tutti i requisiti per l’esenzione E0 per gli over 65

L’età è fattore determinante per godere dell’agevolazione prevista, ma come è naturale che sia, non basta aver compiuto 65 anni. Anche per gli over 65 c’è da rispettare un determinato e vincolante requisito reddituale. E deve essere il reddito di tutto il nucleo familiare del richiedente la prestazione ad essere dentro i parametri utili all’esenzione. Il tetto comunque è abbastanza alto visto che parliamo di un reddito fino a 36.151,98 euro all’anno. Parliamo delle regole generali, perché come si sa, la Sanità è materia di competenza regionale. Le Regioni hanno discreta autonomia in materia e possono stabilire esenzioni diverse e soglie dei requisiti diverse, fermo restando che devono rimanere nei parametri generali imposti in misura apicale dallo Stato.

Se abbiamo detto che gli over 65 che hanno un reddito del loro nucleo familiare entro la soglia di 36.151,98 euro all’anno, possono essere esentati dal ticket, per capire la varietà della materia occorre fare riferimento anche agli over 60. Infatti per i soggetti con età di almeno 60 anni compiuti, l’esenzione dal ticket scatta con un reddito non superiore a 8.263,31 euro per i singoli, non superiore a 11.362,05 con coniuge e con un incrementato di 516,46 euro per ogni figlio a carico.

Speciale buoni pasto: la voce della Fipe

di Davide PASSONI

In Italia ci sono oltre 125mila esercizi convenzionati per l’utilizzo dei diversi buoni pasto. Cifre importanti, che ci hanno spinti a sentire il presidente della Federazione Italiana Pubblici Esercizi, Lino Stoppani, per capire come è attualmente la situazione del mercato vista da chi i buoni li incassa.

Come vede Fipe il sistema dei buoni pasto?
Nel loro complesso per Fipe i buoni pasto sono uno strumento importante perché canalizzano nel settore un business che vale diversi miliardi.

E gli associati, come si rapportano a questo strumento di pagamento?
I nostri associati hanno qualche malumore, legato soprattutto ad alcune anomalie del mercato che nascono dall’aumento delle commissioni per le convenzioni, da ritardi nei pagamenti, dal comportamento di alcune società emettitrici che, spesso, hanno dei comportamenti vessatori nei confronti dei pubblici esercizi, come, per esempio, gli aggravi sui costi aggiuntivi del servizio.

Com’è il rapporto tra voi, le società emettitrici e quelle appaltatrici?
Oggi gli appalti per l’assegnazione del servizio sono fatti solo con l’obiettivo di massimizzare lo sconto, che può arrivare fino al 20%. In questo modo le società emettitrici ribaltano i maggiori oneri a carico dei pubblici esercizi. Chiaro che di fronte a questo fenomeno i malumori degli associati Fipe montano, ma ci tengo a precisare che per noi il buono pasto era e rimane uno strumento importante. Certo, anche lo Stato da parte sua dovrebbe muoversi, facendo in modo che gli organi di controllo verifichino il corretto utilizzo dei ticket o alzando la quota defiscalizzata oltre gli 5,29 euro. Una cifra con la quale si riesce a mangiare molto meno rispetto a quanto si faceva, per esempio, negli Anni ’80 con un ticket da 10mila lire.

Non mi dirà che il ticket sta perdendo di valore…
Lo strumento è stato straordinario e lo è ancora, ma vogliamo che sia riportato nel suo alveo originario, ossia che il suo utilizzo sia circoscritto a bar, ristoranti, mense, esercizi, alimentari. Non è un segreto che, spesso, i ticket sono utilizzati come cartamoneta, anche per comprare libri, computer, accessori. Vogliamo anche che le gare di appalto siano gestite senza puntare al massimo ribasso, perché tutti gli attori coinvolti ci devono guadagnare, non solo una alcuni.

Ora non è così?
Ora ci sono quattro attori coinvolti, di cui tre perdono e uno guadagna. Perde il pubblico esercizio, che paga commissioni più alte o sconta ritardi nei pagamenti; perde l’utilizzatore, perché con servizi appaltati a costi bassi e commissioni alte ci rimette in termini di prezzo o di qualità di quello che mangia, ossia i due ambiti dove il pubblico esercizio cerca di riguadagnare quanto perde in commissioni; perdono le società emettitrici, che hanno ridotto i loro margini. Guadagnano solo le aziende che richiedono i ticket, che in virtù delle condizioni del mercato sono in una posizione di forza e possono richiedere più sconti.

In questo senso unite le forze con Anseb?
Insieme ad Anseb, noi di Fipe facciamo azioni per contrastare i “poteri forti” che gestiscono le gare d’appalto: da una parte Consip per l’area del pubblico impiego, dall’altra le grandi aziende clienti, alleate tra loro per minimizzare i costi. Una dinamica nella quale il consumatore finale finisce sempre per rimetterci, avendo meno potere d’acquisto con il ticket o dovendo mangiare cibo più scadente.

Che cosa chiedete a chi norma il settore dei buoni pasto?
Chiediamo che il settore resti in piedi, eliminando le forzature attuali di cui ho parlato prima, magari guardando anche a ciò che accade fuori dall’Italia, per esempio in Francia, dove i ticket hanno mantenuto la loro solvibilità e il loro potere di acquisto.

E come vede chi utilizza i buoni pasto non per in pausa pranzo ma per fare la spesa al supermercato?
Lo vedo semplicemente come un modo alternativo di spenderli. Ciascuno si può gestire il buono pasto in tanti modi, portandosi in ufficio il panino da casa e utilizzando il ticket per acquistare generi alimentari per sé e la famiglia. Ripeto, il buono pasto è un ottimo strumento, se usato correttamente e se ben gestito da tutti gli attori in gioco, uno strumento che vorremmo salvaguardare.

Speciale buoni pasto: la posizione dell’Anseb

di Davide PASSONI

Inizia oggi uno speciale di Infoiva dedicato al mondo dei buoni pasto. Un mondo fatto di attori diversi, criticità e opportunità per chi si serve dei ticket. Con tanti lati nascosti. Sentiamo, per cominciare, la voce dell’associazione che rappresenta le imprese emettitrici di ticket, l’Anseb. Il presidente Franco Tumino fa il punto sul mercato, le cifre, la normativa fiscale e molto altro.

Com’è il mercato dei buoni pasto in Italia, oggi?
La situazione del mercato ha visto una tendenza alla crescita fino a 2-3 anni fa, con committenze pubbliche e private che aumentavano, un crescente ricorso degli aventi diritto a all’utilizzo di questa modalità per assicurarsi la pausa pranzo. Ora il mercato si è assestato e probabilmente i recenti provvedimenti del governo in materia di spending review nel settore pubblico, che pesa circa un terzo del totale sul mercato dei buoni pasto, ne determineranno una contrazione. La fetta di introiti derivante dal pubblico non sarà compensata dal privato.

Quali le cifre?
Secondo uno studio dell’Universita Bocconi per Sodexho e Ristoservice, il mercato è costituito da 2 milioni e 300mila dipendenti pubblici e privati che utilizzano i buoni pasto, per un giro d’affari di oltre 3 miliardi e 400 milioni e circa 125mila esercizi commerciali convenzionati, tra GDO, ristoranti, bar e alimentari.

Cifre statiche però, mi pare di capire…
Come detto, la tendenza da un paio d’anni è a non crescere, ma crediamo che il problema sia più datato a causa degli evidenti problemi che l’economia italiana ha da almeno 15 anni, primo dei quali la debolezza del mercato interno. I dati Ocse dimostrano che tra i Paesi sviluppati siamo in coda per reddito medio delle famiglie, una tendenza che è doveroso spezzare assumendo politiche anticicliche che stimolino la domanda interna, in partcolare proprio quella delle famiglie. L’effetto macroeconomico che deriva dal sostegno al sistema dei buoni pasto è di 1 a 1: se metto a disposizione delle famiglie risorse come i buoni pasto, questi vengono immessi nel circolo economico per il loro intero valore, generando consumi e ricchezza. Inoltre, visto che il sistema dei ticket è completamente tracciato, utilizzandoli il sommerso è quasi impossibile. Altro beneficio per l’economia del Paese.

Chi è l’utilizzatore tipo dei buoni pasto? Dipendente, professonista…
Principalmente un dipendente. Il ticket copre un’esigenza primaria di chi lavora, indipendentemente da dove lavora.

Perché un’azienda o un professionista dovrebbero scegliere di servirsi di un buono pasto? Quali i vantaggi?
Il professionista titolare di uno studio avrebbe vantaggi fiscali, dal momento che può detrarre come spese di produzione importi che comprendono anche i pasti. Chi è collaboratore o subordinato, con il ticket può alimentarsi in modo corretto. Penso che si dovrebbe studiare un’ipotesi per stimolarne l’uso dei ticket negli studi professionali, anche se vedo per gli emettitori qualche difficoltà a organizzarsi data la capillarità degli studi stessi in Italia.

Quota defiscalizzata: perché aumentarla?
Intanto chiediamo che sia aumentata ad almeno 8 euro. Prima del passaggio alla moneta unica, l’importo defiscalizzato e decontribuito era pari a 10mila lire, passato poi a 5,29 euro. La legge stabilì che i governi potevano – ma non erano obbligati a farlo – agganciare il valore del buono all’inflazione. Naturalmente la cosa non è stata mai fatta. Si tratta di una politica miope, perché deprime la capacità di spesa delle famiglie; aumentando il valore del ticket, si potrebbe innescare un circolo virtuoso lungo tutta la filiera. Sempre lo studio della Bocconi che ho citato prima ha calcolato l’aumento dei prezzi alimentari dall’epoca pre-euro ad oggi e, parametrando i 5,29 euro a questo aumento, il valore del ticket dovrebbe corrispondere proprio a 8 euro. Anche i 7 euro che la spending review ha fissato come valore facciale del buono pasto per i dipendenti pubblici non basta. Dovrebbe essere pari a 8 solo per mantenere il valore di un tempo e anche la detraibilità fiscale dovrebbe essere portata alla stessa cifra.

Fipe lamenta una tendenza alla ricerca del massimo ribasso da parte di enti e aziende che si vogliono servire di buoni pasto: qual è la posizione di Anseb?
Condivido la lamentela e mi sono sforzato sempre di spiegare che ci possono essere comportamenti da parte degli emettitori non associati Anseb che approfittano di una posizione di forza verso gli esercenti, ma che sono i committenti che possono portare storture nel mercato. Se bandiscono gare al massimo ribasso e le società emettitrici decidono comunque di partecipare pur di non perdere fatturato, è chiaro che si devono adattare alle richieste dell’asta. Va da sé che, puntando al ribasso, ne va della qualità o del prezzo.

Come vi muovete con Fipe?
Con Fipe cerchiamo di fare azioni comuni e ridurre la tendenza al prezzo aggressivo che produce i problemi a valle della filiera. Per esempio, Consip sta per bandire la gara per i buoni pasto edizione 6: spero che i miglioramenti consigliati dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici saranno accolti e che consentiranno che la gara sia bandita e aggidicata in maniera economicamente sostenibile per tutti gli attori. Si tratta di una gara che vale circa un quarto del mercato, è detto tutto…

Faccia uno “spot” per invitare i professionisti a usare i buoni pasto.
Consentono e chi ne ha diritto la massima libertà di scelta e consentono di uscire dallo studio o dall’azienda per prendere un po’ d’aria in pausa pranzo: una cosa che fa bene per socializzare e lavorare meglio al pomeriggio. Senza dimenticare, naturalmente, i vantaggi fiscali.

La Manovra Fiscale: tutte le novità

Le novità contenute nel decreto sulla manovra pluriennale per il 2011-2014 (47 miliardi così distribuiti: 1,5 miliardi per l’anno in corso, 5,5 miliardi per il 2012 e 20 miliardi per ciascuno degli anni 2013 e 2014) sono poco confortanti in quanto prevedono l’introduzione di nuove tassazioni: stangata sulle banche, superbollo sui suv e le auto potenti, ritorno dal 2012 del ticket sulla diagnostica e i codici bianchi del pronto soccorso e dal 2014 anche di quelli sui farmaci. Definanziamento delle opere pubbliche per quanto riguarda gli stanziamenti del 2009 non utilizzati e rinvio dei tagli dei costi della politica, i beni culturali entrano nella destinazione del 5 per mille. Poche altre novità lasciano ben sperare come l’introduzione del forfettone fiscale del 5% a favore delle nuove attività che vengono avviate da giovani sotto i 35 anni.

Per i Suv in partciolare verrà applicata una tassa automobilistica che sale in base alla potenza del veicolo a partire da 225 Kw. Chi non pagherà incorrerà in sanzioni che arrivano fino al 30% del dovuto.

Le banche vedranno applicare l’aliquota del 35% il risultato netto delle attività di trading. Torna il fissato bollato sulla transazioni (1,5% per mille della transazione).

A partire da gennaio 2012 si pagheranno 10 euro sulla diagnostica e di 25 euro sui codici bianchi di pronto soccorso per quanto riguarda la sanità e i pronto soccorso.

Le casse professionali devono prevedere l’obbligatorietà dell’iscrizione per i soggetti già pensionati che percepiscono un reddito dalla loro attività’. E’ previsto un contributo previdenziale soggettivo minimo non inferiore al 50% di quello ordinario.

Per le partite Iva arriva una sanatoria per la mancata dichiarazione di cessazione attività. Le partite iva dormienti (inattive da 3 anni) vengono cancellate mentre sul fronte lavoro viene prorogato il  fisco agevolato anche nel 2012 sul salario di produttivita’. L’aliquota sara’ stabilita’ entro il 31 dicembre 2011.

Per la proroga fino al 31 dicembre 2011 delle missioni di pace vengono stanziati 700 milioni di euro, per la sicurezza delle strade 36,4 milioni (per il secondo semestre dell’anno) e 314 milioni vanno al trasporto pubblico locale. Altre novità riguardano la Croce Rossa che diventa ente di diritto privato dal primo gennaio 2012 e l’introduzione di un sovrapprezzo del canone che gli operatori ferroviari pagano per utilizzare la rete ad alta velocitaà.