Le conseguenze, positive, di Expo su Milano

Nei mesi in cui a Milano è attivo Expo sono stati organizzati dalla Camera di Commercio attraverso l’azienda speciale Promos diecimila incontri B2B che metteranno in contatto mille imprenditori stranieri con mille imprenditori milanesi e lombardi, che spesso porteranno alla firma di nuovi contratti.

Tra le delegazioni straniere che approderanno sotto la Madonnina fino ad ottobre ci sono Cina, Giappone, America Latina, Turchia, Polonia, che si sommano a incontri con Birmania, Francia, Austria tra i diversi interlocutori.

E’ ancora possibile prenotare gli incontri, tramite accesso ad una pagina dedicata al business internazionale per Expo: Promos-milano.it/Promos-Per-Expo2015/.

Bruno Ermolli, presidente di Promos, ha dichiarato: “Milano rappresenta quasi un settimo dell’interscambio nazionale col 9% delle esportazioni italiane nel 2014 (37 miliardi su 398) e il 16% dell’import (57 miliardi su 355). Ecco perché la Camera di commercio ha voluto creare una nuova figura di mediatore non solo degli affari, ma anche culturale, specializzata negli scambi con l’estero. Nell’anno di Expo arriviamo a quota 150 di questi esperti, che possono aiutare a far crescere le imprese grazie allo sviluppo del business estero. Operatori pronti ad affrontare le sfide internazionali che quest’anno vedono un picco, grazie anche agli incontri promossi da Camera di commercio e Promos, che saranno circa diecimila tra circa mille operatori esteri e altrettanti imprenditori del nostro territorio”.

Ma le iniziative non sono tutte qui, perché, grazie al master Made in Milan, sono state sviluppate venti nuove idee di export nel mondo:

  • la comparazione tra strategia di internazionalizzazione fra Stati Uniti ed Africa Sub Sahariana;
  • la strategia di ingresso in un nuovo mercato africano;
  • la distribuzione del toiletry “made in italy” nella grande distribuzione messicana per le famiglie messicane;
  • l’offerta di prodotti petroliferi in America Latina;
  • le strategie di internazionalizzazione verso l’America Latina e il caso Ecuador;
  • il consolidamento della presenza in Cina e lo sviluppo di una rete commerciale;
  • un nuovo brand internazionale per il Montefeltro;
  • l’attrattività dei mercati della zootecnia in Africa;
  • la consulenza con necessità finanziarie per lo sviluppo internazionale;
  • una joint venture con un partner locale nell’ASEAN;
  • caffè o Çay per entrare sul mercato turco;
  • un progetto di Export in Malesia;
  • lo scambio di innovazione tra Milano e il Maghreb;
  • il design con pietra naturale in Brasile;
  • l’e-commerce all’estero nel settore alimentare.

E’ inoltre previsto che per il periodo 2012-2020 la produzione aggiuntiva dovuta a Expo come legacy dell’evento sarà di 6,2 miliardi di euro, come è emerso da una ricerca effettuata dalla Camera di Commercio di Milano e dalla Società Expo 2015 e affidata a un team di analisti economici coordinati da Alberto Dell’Acqua professore SDA Bocconi.

Vera MORETTI

Un fondo per l’export delle imprese lecchesi

La Camera di Commercio di Lecco e Intesa Sanpaolo hanno siglato un accordo per favorire l’internazionalizzazione delle imprese lecchesi e il loro ingresso specialmente nel mercato turco. L’accordo è stato firmato nell’ambito del convegno “Internazionalizzazione. Opportunità di crescita per le Pmi” ed è stato sottoscritto da Vico Valassi, presidente della Camera di Commercio di Lecco, e da Paolo Graziano, responsabile Direzione Regionale Lombardia di Intesa Sanpaolo.

Con questo accordo, Intesa Sanpaolo mette a disposizione delle imprese lecchesi un fondo di 50 milioni di euro e servizi di consulenza e supporto delle strategie di espansione nel mercato turco. Ma perché proprio la Turchia?

Nell’ambito del convegno si è tenuta una tavola rotonda dedicata alla Turchia, Paese che, stando ai dati presentati da Intesa Sanpaolo, offre all’export delle imprese lecchesi ottime prospettive di crescita. Intesa Sanpaolo rileva infatti che l’Italia è il terzo esportatore mondiale sul mercato turco, dopo Cina e Germania, con una quota di mercato del 6,5%.

La Lombardia, inoltre, è la prima regione italiana in termini di esportazioni in Turchia, con una quota di export del 28% sul totale delle regioni italiane. Dal momento che, in questo 28%, l’apporto delle imprese lecchesi è ancora basso, da qui gli ampi margini di crescita ipotizzati da Intesa Sanpaolo, specialmente per la domanda di prodotti che viene dalla Turchia: macchine utensili, prodotti metallurgici e in metallo, eccellenze delle piccole e medie imprese lecchesi che, grazie al relativo distretto, possono quindi far fronte con ragionevole ritorno economico al fabbisogno turco.

L’export Made in Italy verso i Paesi extra Ue

L’export Made in Italy si spinge verso mete sempre più lontane.
Non solo Europa, dunque, per i prodotti italiani, che, al contrario, secondo i dati Istat, hanno registrato un incremento del 5,7% rispetto ad aprile delle vendite intercontinentali.
Aumentate anche le importazioni del 4,8%.

Tradotto in denaro, si tratta di un surplus di 2.449 milioni di euro, inferiore a quello di maggio 2013, che aveva raggiunto 2.934 milioni.
L’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici, spiega l’Istituto di statistica, mostra una lieve flessione tendenziale e passa da +6,6 miliardi di euro si maggio 2013 a +6,4 miliardi di euro.

Tra i prodotti che maggiormente si dirigono verso mete fuori dall’Europa, primeggiano i beni strumentali (+9,8%).
L’incremento congiunturale dell’import è ascrivibile ai prodotti energetici (+16,3%), al netto dei quali le importazioni diminuiscono dello 0,9%.
Gli acquisti di beni di consumo durevoli sono in forte crescita (+11,2%), mentre risultano in calo quelli di prodotti intermedi (-2,0%).

Nell’ultimo trimestre la dinamica congiunturale dell’export verso i paesi extra Ue è negativa (-1,4%) ma risulta stazionaria se considerata al netto dell’energia. La rilevante crescita delle vendite di beni strumentali (+2,6%) e di beni di consumo durevoli (+2,7%) contrasta il calo degli altri raggruppamenti principali di beni.
Nello stesso periodo, la flessione congiunturale delle importazioni (-2,4%) è determinata dalla forte contrazione degli acquisti di prodotti intermedi (-4,9%) ed energetici (-3,9%).

La flessione tendenziale dell’export (-1,9%) è spiegata dalla dinamica di alcune componenti particolarmente variabili (energia e metalli preziosi).
Al netto delle differenze nei giorni lavorati (a maggio 2014 sono stati 21 rispetto ai 22 di maggio 2013) si rileva una debole crescita delle esportazioni (+0,3%).
Il calo tendenziale delle esportazioni interessa soprattutto l’energia (-17,2%) e i prodotti intermedi (-8,4%) mentre i beni strumentali sono in crescita (+2,6%).
Le importazioni registrano un incremento tendenziale dell’1,3% in ampia misura ascrivibile alla notevole crescita degli acquisti di beni di consumo durevoli (+18,1%).
A maggio i mercati di sbocco più dinamici sono Eda (+12,8%), Cina (+9,0%) e Stati Uniti (+7,7%). Crescono gli acquisiti di beni provenienti da Svizzera (+7,9%), Turchia (+5,8%) e Stati Uniti (+4,0%).

Vera MORETTI

Un’azienda su quattro vittima di corruzione e frodi

La corruzione e i crimini economici sono, per le imprese italiane, uno dei deterrenti a continuare la propria attività in proprio.

E’ stato appurato, da Pwc nella sua indagine Global Crime Survey 2014, che hanno a che fare con frodi e criminalità un quarto delle aziende del Belpaese, che diventano una su tre a livello mondiale.
Colpevole numero uno sarebbe, nella maggior parte dei casi, un senior manager, che arriverebbe a causare danni fino a 75 milioni di euro.

Questa ricerca sul fenomeno delle frodi economico-finanziarie è stata fatta compiendo più di cinquemila interviste in 95 Paesi, con il coinvolgimento di 101 aziende italiane.

Negli ultimi due anni, inoltre, nel nostro Paese le frodi sono cresciute dal 17 al 23%, pur restando sotto la media globale del 37% e quindi messi meglio di Turchia, Perù, Hong Kong/Macao, Giappone, Portogallo, Danimarca e Arabia Saudita.

Per il 65% dei casi si tratta di appropriazione indebita ma si fanno largo anche il cyber crime e le frodi contabili (22%). A subire il maggior numero di frodi sono le aziende del settore manifatturiero, (67%), energia e utility (43%), trasporto e logistica (40%), servizi finanziari (28%).

Alberto Beretta, partner forensic services di Pwc, ha voluto specificare: “Abbiamo però rilevato una crescente sensibilità e un maggior impegno nella fase di prevenzione da parte delle aziende. Infatti è cresciuto il numero delle organizzazioni che negli ultimi 24 mesi ha effettuato un fraud risk assessment (dal 54% al 70%)”.

Oltre ai danni economici, le organizzazioni sono preoccupate anche dei cosiddetti ‘danni collaterali’, difficilmente stimabili in termini finanziari, che riguardano in particolare la motivazione dei dipendenti (22%), la reputazione dell’azienda (17%) e le sanzioni delle autorità di vigilanza (13%).

Vera MORETTI

Le startup vincono grazie alle reti con l’estero

Le startup più giovani, fondate negli ultimi anni, stanno dimostrando di essere al passo con i tempi e di aver capito cosa occorre per farsi strada ed imporsi sul mercato.

Ne sa qualcosa Vittorio De Zuane, amministratore delegato di Engeeniuos, startup padovana nata nel 2012, attiva nei settori delle tlc e dell’automazione.
Lo scorso aprile, la sua azienda ha siglato un accodo di trasferimento tecnologico con BeanAir, produttore di sistemi embedded, sensori e gateway per il monitoraggio di vibrazioni, inclinazione e shock utilizzati in campo aerospaziale, trovando in Francia ciò che in Italia era pressoché irreperibile.

Ha dichiarato De Zuane: “Per una piccola impresa con appena cinque addetti come la nostra rivolgersi direttamente a una concorrente con 35 dipendenti avrebbe potuto rappresentare un problema di credibilità. Per questo a gennaio abbiamo chiesto aiuto a Veneto Innovazione, uno dei punti di contatto della rete Enterprise Europe Network che ha individuato il nostro potenziale partner e ci ha fatti incontrare“.

Hds Europe, di Brescia, ha percorso un iter molto simile per trovare un partner commerciale che le permettesse di vendere oltreconfine il suo prodotto di punta, un dispositivo endonasale usa-e-getta per depurare l’aria.
Il ceo Gianpietro Rizzini si è rivolto al nodo Fast della Rete Een e ha compilato un profilo di collaborazione commerciale: “Questo ci ha consentito sin da subito di accedere a fiere e incontri B2B mirati“.

Entrare in questo network si è dimostrato da subito una mossa vincente, che ha portato in un primo momento ad un accordo per la distribuzione in Inghilterra e poi, dall’incontro con l’impresa sino-tedesca Max China, è decollata un’intesa per la vendita sul mercato cinese.

Non si tratta di due casi isolati, perché nel biennio 2011-2012 sono stati siglati ben 478 accordi di cooperazione tra imprese italiane e partner stranieri, grazie al supporto della Rete Een, strumento chiave della Commissione Ue per promuovere la crescita, lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle pmi.

L’Italia è così al terzo posto, dopo Germania e Gran Bretagna, per numero di accordi, seguita da Francia e Spagna.
La maggior parte di essi, riguardano il settore della ricerca (229 accordi), mentre i trasferimenti tecnologici sono stati 98. Le intese commerciali sono state 151, al secondo posto dopo la Germania.
La Spagna è il Paese privilegiato per la sigla di accordi oltreconfine, seguita da Gran Bretagna, Germania, Francia e Turchia.

Ma ora una nuova sfida aspetta i network, ovvero la partita dei fondi Ue per i prossimi sette anni, come ha specificato anche Francesco Pareti, di Eurosportello del Veneto: “La programmazione europea 2014-2020 pone l’enfasi su politiche quali energie rinnovabili, qualità degli alimenti e delle produzioni agricole, clima e ambiente, trasporto integrato e verde, che si traducono in una concentrazione di risorse a favore delle imprese. La rete dovrà svolgere al meglio il compito istituzionale affidatole dalla Commissione Ue di promuovere e facilitare la partecipazione a queste grandi sfide, tramite i due macro-programmi Horizon 2020 e Cosme, che metteranno complessivamente a disposizione di imprese e centri di ricerca più di 10 miliardi di euro all’anno“.

Vera MORETTI

L’Emilia Romagna favorisce l’export delle pmi regionali

L’export è al centro della ripresa economica, come ormai sanno tutti.
Purtroppo, però, anche a causa della difficoltà di accesso al credito, è difficile, da parte delle imprese, attuare concretamente una internazionalizzazione che potrebbe permettere di fare il grande passo.

Per questo motivo, la Regione Emilia Romagna ha recentemente dato il via a nuovi progetti volti a favorire l’internazionalizzazione delle imprese locali e la promozione nei mercati extra-europei.
Si tratta di iniziative regionali che rientrano nel programma Bricst plus 2013-2015 basato sulla concessione di contributi fino ad un 50% delle spese ammissibili ai progetti imprenditoriali rivolti ai paesi Bricst (Brasile, Russia India, Cina, Sudafrica, Turchia) ed ai Next 11 (Messico, Perù, Corea del Sud, Thailandia, Filippine, Malaysia, Indonesia, Pakistan, Vietnam, Bangladesh e Nigeria).

I contributi messi a disposizione da parte della Regione sono destinati alle associazioni imprenditoriali, Camere di Commercio, Università, Centri di ricerca della rete ad alta tecnologia ed enti locali, tuttavia ciascun progetto presentato deve basarsi sull’adesione di piccole e medie imprese aggregate.

Il programma “Bricst 2013-2015” è stato illustrato dall’assessore alle Attività produttive Gian Carlo Muzzarelli: “L’impegno forte per il 2013 è quello del rilancio. Per riuscire, a fronte di difficoltà della domanda interna, è fondamentale che l’economia regionale rafforzi l’impegno verso l’export. I programmi regionali per l’internazionalizzazione del sistema e la promozione sui mercati esteri hanno dato risultati molto positivi: con il nuovo programma Bricst 2013-2015 stiamo segnando un ulteriore passo in avanti, in particolare verso i paesi emergenti che sono molto interessati alla qualità dei nostri prodotti, che rappresentano un’eccellenza del Made in Italy“.

Le proposte di progetto possono essere presentate entro il 15 ottobre 2013.

Vera MORETTI

Cariparma e Sace insieme per lo smobilizzo dei crediti verso le PA

Le imprese clienti del gruppo Cariparma Crédit Agricole potranno beneficiare di un plafond di 75 milioni di euro finalizzato allo smobilizzo dei crediti verso la pubblica amministrazione.
Questa operazione è stata resa possibile da un accordo che sarà siglato a Parma dai vertici di Sace Fct (Factoring) e da quelli dell’istituto di credito.

A questo proposito, Franco Pagliardi, dg di Sace Fct, ha dichiarato: “In una congiuntura in cui sempre più aziende cercano nuovi strumenti per gestire al meglio i propri flussi di cassa, l’accordo è un passo avanti importante che garantirà alle aziende un più facile accesso ai servizi di factoring proprio al fine di sostenere le esigenze di liquidità“.

Ha fatto eco a queste parole anche Carlo Piana, direttore imprese corporate di Cariparma Crédit Agricole: “L’accordo con Sace Fct si aggiunge alle nuove misure per il credito alle Pmi sancite dal decreto Sviluppo alle quali avevamo già aderito“.

I servizi che le due parti svilupperanno cercheranno di offrire alle imprese un sostegno creditizio e un contributo per mantenere o ripristinare l’equilibrio finanziario nell’operatività aziendale.

L’istituto di credito ha visto la sua operatività commerciale estera estendersi del 7% solo nel 2012, in un contesto di mercato che a novembre faceva segnare un 3,6%. Tra i settori più attivi sui nuovi mercati la meccanica e l’agroalimentare.

Le operazioni estere sono state oltre 1.300 e si sono dirette soprattutto in Cina, Giappone, Corea, Algeria e Tunisia, ma anche Turchia, che rappresenta una specie di zona franca tra Oriente e Occidente.

Vera MORETTI

Monitor dell’export dei distretti lombardi

Il Servizio Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo ha reso noto il monitoraggio effettuato sui distretti lombardi relativo al terzo trimestre 2012.

Ecco cosa è emerso:
Una leggera contrazione ha caratterizzato i distretti tradizionali, in particolare causata dal calo delle esportazioni a valori correnti (-1,5%), che va a sommarsi al calo (dell’1%) sperimentato nel 2° trimestre.
Grazie, però, ai dati positivi del primo trimestre, i primi 9 mesi dell’anno appena trascorso chiudono in crescita dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2011.

Se, invece, si considerano i singoli distretti, i risultati sono ancora piuttosto eterogenei.
La contrazione del 3° trimestre è imputabile alle performance dei primi 3 distretti per importanza del controvalore esportato: i metalli di Brescia (-3,1%), i rubinetti e pentolame di Lumezzane (-4,7%), la metalmeccanica di Lecco (-2,3%).
La filiera dei metalli, in particolare, ha sofferto del forte rallentamento dei consumi di acciaio a livello europeo.

Nonostante ciò, altri distretti a specializzazione meccanica hanno registrato ottimi risultati con l’export: un esempio lampante è quello delle macchine per la concia della pelle di Vigevano (+15,5% nel 3° trimestre) dove si sono superati i livelli di esportazione 2008.
Bene anche i tre distretti agroalimentari, che hanno superato i risultati dei primi 9 mesi del 2008, ma anche i due distretti legno e un paio di distretti del sistema moda/tessile, ovvero le calzature di Vigevano e il seta-tessile di Como, con esportazioni trainate dal segmento del lusso.

Meno buoni i dati dei distretti della gomma, ad iniziare dalla rinomata Rubber Valley bergamasca, che detiene ancora la leadership europea nel segmento, benché abbia registrato un calo nell’export.

Le esportazioni sono state fortemente penalizzate dai mercati maturi e da quelli emergenti.
Tra quelli consolidati, solo verso gli Stati Uniti i valori dell’export sono cresciuti, mentre tra gli outsiders le buone notizie arrivano dalla Turchia (esportazioni metalmeccaniche in primis, per via di un’industria locale in crescita), Cina (export metalmeccanico e di alta gamma: seta/tessile ma anche legno/arredo), Brasile (meccanica) e Arabia Saudita (segmento del lusso).

I poli tecnologici lombardi hanno registrato una contrazione del 3,6%, dovuta alle performance della filiera regionale dell’Ict (-14%), che sconta un ritardo di competitività.

Risultati positivi per il polo farmaceutico (+5%) e per quello aerospaziale (+9,9%), che ha fatto il suo ingresso nel nuovissimo Cluster tecnologico nazionale aerospaziale.
Ad agire da traino, per queste produzioni, i mercati maturi, soprattutto Francia e Stati Uniti.

I dati sugli ammortizzatori sociali attivati nei primi 11 mesi dell’anno mettono in luce un ritorno alla crescita della Cassa Ordinaria nei distretti tradizionali, che condiziona il monte ore autorizzate complessivo (77,6 milioni), in crescita del 3%.

La CIGO, legata a situazioni di crisi congiunturale, raggiunge un peso che sfiora il 50%.
In discesa il monte ore di Cassa Straordinaria, legato a situazioni di crisi strutturale ma che rimane elevato (peso del 35,5%, nei tradizionali).

In corrispondenza dei poli tecnologici il monte ore autorizzate CIG (5,9 milioni) decresce complessivamente del 20,3% nei primi 11 mesi 2012, grazie al calo della CIGS, che detiene tuttavia un peso prossimo al 67,1%.

Vera MORETTI

Distretti Lombardi: i dati sull’export 2012

 

Quanti sono i Distretti Lombardia? La certificazione di made in Italy, o sarebbe meglio dire made in Lombardy, è davvero sinonimo di successo sui mercati internazionali?

A fornire un bilancio sulle performance delle esportazioni lombarde dei distretti industriale nel 2012, è il report stilato dal Monitor dei Distretti della Lombardia di Intesa San Paolo. Secondo i dati analizzati, i distretti tradizionali della Lombardia hanno chiuso il terzo trimestre del 2012 con una lieve contrazione delle esportazioni: -1,5% rispetto al terzo trimestre del 2011, per un totale di 4 miliardi  e 528,4 milioni di euro esportati.

I risultati positivi del primo trimestre del 2012 hanno compensato la lieve flessione registrata nel semestre successivo, permettendo di chiudere i primi nove mesi del 2012 con un tasso di crescita pari allo 0,5% rispetto al 2011.

Segnali positivi, specie in un momento in cui la crisi e la contrazione della crescita nazionale colpiscono sempre di più le imprese. Nel dettaglio, la contrazione dell’export nel terzo trimestre è stata condizionata dalle performance dei primi tre distretti lombardi monitorati, appartenenti alla filiera metalmeccanica: i distretti dei metalli di Brescia (-3,1%), dei rubinetti e pentolame di Lumezzane (-4,7%), della metalmeccanica di Lecco (-2,3%), che scontano l’andamento depresso dei consumi europei 2012 di acciaio.

Precedute dal segno più sono invece le performance 2012 del distretto delle macchine per la concia della pelle di Vigevano (+15,5%) e della filiera agroalimentare: +26,6% per le carni e salumi di Cremona e Mantova, +17,2% per i vini di Franciacorta, +8,1% per il lattiero-caseario lombardo, +2,5% per il riso di Pavia.

E’ ancora presto per parlare di Salone del Mobile, ma ha dimostrato di godere di ottima salute il distretto del legno e dell’arredamento: +10,1% per il più famoso distretto della Brianza, sempre attivo sul fronte dell’internazionalizzazione.

A sfilate appena concluse, almeno per quel che riguarda Milano, ecco le cifre del distretto moda e tessile per il 2012: resiste al calo della domanda estera il distretto calzaturificio di Vigevano (+9,9% nel terzo trimestre 2012), grazie anche al presidio della fascia alta del mercato (Emirati Arabi Uniti). In crescita anche per le esportazioni del distretto seta-tessile di Como (+2,6%), che beneficiano anch’esse del traino del mercato del lusso. A lasciar trasparire segni di contrazione della domanda è invece il distretto della calzetteria di Castel Goffredo (-10,9%).

Sul fronte della gomma e delle materie plastiche, spicca per importanza la “Rubber Valley” bergamasca (-6,4%), leader europeo indiscussa nel segmento di produzione di guarnizioni in gomma e teflon, che vengono impiegate nell’edilizia, nella rubinetteria, per gli elettrodomestici.

Capitolo poli tecnologici: le Silicon Valley lombarde hanno chiuso il terzo trimestre 2012  con esportazioni in contrazione, del 3,6%, per un complessivo esportato pari a 1.887,6 milioni di euro. Maglia nera al polo Ict di Milano (-14%), che sconta un ritardo di competitività e di riconversione verso il nuovo business nell’”internet in movimento”

A segnare buone performanece sono invece il polo farmaceutico milanese (+5%) e il polo aeronautico di Varese (+9,9%).

Ma quali sono i mercati esteri più appetitosi per i distretti lombardi?
Se la contrazione delle richieste si fa sentire sia sui nuovi mercati che sui mercati maturi, penalizzando la dinamica delle esportazioni, solo gli Stati Uniti sono riusciti ad attrarre un flusso consistente di esportazioni.

Tra i principali mercati emergenti che trainano le vendite estere dei distretti lombardi vanno segnalate la Turchia, la Cina, il Brasile e l’Arabia Saudita.

Alessia CASIRAGHI

Filiera industriale, linfa vitale dell’Italia

 

Piccolo è bello. Almeno in Italia, terra di filiere industriali legate alla tradizione e alla creatività made in Italy. Parte da questo presupposto il nuovo rapporto “Industria e Filiere 2012“, stilato da Prometeia e UniCredit, che mette al centro la competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali, analizzata in una ottica di filiera globale.

Il rapporto passa in esame punti di forza e debolezza delle principali filiere produttive italiane per determinarne il grado di competitività, in Italia e all’estero. Oggi per essere competitivi sui mercati internazionali bisogna crescere e la filiera rappresenta un modello vincente di aggregazione tra imprese. Nel 2012 il differenziale nelle variazioni tra la domanda estera potenziale rivolta all’Italia e la domanda interna è salito a quota 5 punti, e per il prossimo biennio le previsioni per un’ impresa italiana che rivolga all’estero la propria offerta parlano di un premio in termini di domanda compreso tra 4-5 punti percentuali rispetto ad un’azienda del made in Italy concentrata solo sul mercato domestico.

Se cala la domanda interna, le esportazioni saranno nei prossimi l’unica componente del Pil in grado di recuperare i livelli di prima della crisi: è per questo che l’internazionalizzazione non rappresenta più un obiettivo a lungo termine per le imprese italiane, soprattutto quelle più piccole e meno strutturate, ma un diktat del presente. Ripensare la filiera in un’ottica di internazionalizzazione è un’esigenza quanto più necessarie e incombente.

Secondo il rapporto stilato da Prometeia e UniCredit l’approccio di filiera rappresenterebbe la chiave strategica per un modello come quello italiano, costituito storicamente da territori, collaborazione e imprenditoria diffusa, che oggi è chiamato a reinventarsi verso mercati e processi sempre più lunghi, competitivi e globali; l’aggregarsi di aziende in alleanze produttive dovrebbe diventare linfa vitale della nostra cultura.

Il rapporto prende in esame 13 filiere del made in Italy:

  • Alimentare e bevande;
  • Automotive;
  • Carta/stampa/editoria;
  • Chimica;
  • Prodotti per costruzioni;
  • Elettronica e strumenti di precisione;
  • Componentistica meccanica;
  • Elettrodomestici;
  • Elettrotecnica;
  • Macchine e impianti;
  • Legno-arredo;
  • Metalli;
  • Moda.

Suddivise in 5 fasi:

  • sourcing;
  • prime lavorazioni;
  • lavorazioni intermedie;
  • produzioni finali;
  • distribuzione.

Per macchine e impianti, elettrotecnica, componentistica meccanica l’indice di competitività raggiunge il punteggio massimo: oggi l’Italia è in queste filiere si colloca infatti ai vertici competitivi di tutte le fasi produttive con imprese che appaiono legate fra loro da collaborazioni virtuose, ma più in generale a spingere al miglioramento è il fil rouge della competitività.

Un punteggio inferiore, ma comunque soddisfacente, viene invece attribuito a quelle filiere che presentano un netto sbilanciamento tra fasi: un esempio è rappresentato dalla filiera della moda, dove il maggiore contributo al buon posizionamento dipende soprattutto dalle lavorazioni finali. E lo stesso si potrebbe dire di altre produzioni tipiche del made in Italy come quelle dell’alimentare, ma anche a chimica e metalli, oltre che alle lavorazioni intermedie degli elettrodomestici, che presentano in linea generale un’impoverimento a monte.

Forza del brand. Il Rapporto stilato da Unicredit e Prometeia mette in luce poi come la forza dei marchi nei prodotti finali di moda, alimentare, arredo garantisce esso stesso un potenziale di crescita su mercati promettenti come Cina, Turchia e altri Paesi emergenti

Nel complesso, la strada da percorrere per raggiungere un buon livello di competitività nelle filiere italiane restano diverse e articolate: bilanciamento dei tempi di pagamento da valle a monte, miglioramento della produttività e innovazione nelle fasi industriali, accrescimento della presenza estera nella distribuzione.

In primo luogo occorre però che si faccia strada l’idea del “fare sistema” tra piccole e medie imprese complementari, aggregandosi in alleanze secondo due possibili scenari: la classica fusione tra imprese, che rimane la via maestra per raggiungere livelli di produttività ed efficienza più elevati; l’alternativa sono invece le reti tra imprese, ovvero stringendo rapporti di partnership con i propri fornitori e clienti.