Imprese femminili? Il Lazio è in pole position

Le imprese femminili in Italia sono in continua crescita, come ha testimoniato Unioncamere in una ricerca da poco condotta, e, in particolare, sono aumentate sensibilmente in Lazio, dove nel 2016 ne sono state fondate ben 2.516 in più rispetto all’anno precedente, pari ad un incremento dell’1,82%.
Si tratta di una regione che, più di altre, sta dando il suo contributo affinché le aziende in rosa assottiglino il gap, ancora marcato, con le imprese maschili e che, a fine dello scorso anno, le ha viste raggiungere quota 1 milione e 321.862 unità.

Ma come va la situazione nelle altre regioni d’Italia? Dietro il Lazio ci sono la Basilicata (+1,77% e +279), la Calabria (+1,56% e +665) e la Campania (+1,19% e +1.557).
Modeste riduzioni dello stock si registrano invece nelle Marche, in Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia, come conferma l’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere.

A questo proposito, Tiziana Pompei, vice segretario di Unioncamere, intervenendo all’evento M’illumino di impresa, organizzato dalla Camera di commercio di Roma, ha dichiarato: “Se l’impresa femminile ha ampi margini di sviluppo che vanno colti per ridare slancio all’occupazione e alla crescita va sostenuto e promosso il desiderio di tante donne, capaci e qualificate, che guardano all’attività in proprio e al mercato come un’opportunità per essere protagoniste del proprio progetto di vita. Valorizzare i loro successi, diffondendo le buone esperienze, come da tempo fanno i Comitati per l’imprenditorialità femminile delle Camere di commercio, è una strategia efficace per incoraggiare tante altre aspiranti imprenditrici ad avviare la propria attività”.

Vera MORETTI

Imprese artigiane in ripresa ma ancora in saldo negativo

Bilancio negativo per le imprese artigiane, soprattutto se si tratta di pmi.
Il saldo tra iscrizioni e cessazioni di impresa per le ditte individuali, infatti, è di -12.333 unità, pari all’1,39%, a fine 2016, mentre si arriva a 6mila in meno per le società di persone (-2,51%).
Le società di capitali, al contrario, hanno registrato un bilancio positivo: +2.477 imprese pari al +3,28% rispetto al 2015.
Nel complesso, dunque, il 2016 si è chiuso con segno negativo tra iscrizioni e cessazioni (-15.811 unità) ma in miglioramento rispetto al 2015. Ed è il risultato meno pesante dal 2011.

Si tratta di dati resi noti dall’analisi di Unioncamere e InfoCamere, condotta analizzando i numeri raccolti dal registro delle imprese delle Camere di commercio relativi allo scorso anno.

Ci sono, però, alcuni settori in cui si è registrato un segno positivo, come le imprese artigiane attive nel noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese, anche grazie all’impulso positivo proveniente dalle Attività di servizi per gli edifici e per il paesaggio.
Saldo positivo anche per gli Altri servizi (+864), trainati dai servizi alla persona (+1.205).

Riduzioni più consistenti, invece, per le costruzioni, che nel 2016 hanno perso oltre 10mila attività, e la manifattura, che si riduce di quasi 5.500. Quasi 2mila in meno, poi, le imprese artigiane che operano nel Trasporto e magazzinaggio.

A livello territoriale, le uniche province con saldo positivo sono Milano (+300 imprese, +0,43%) e Bolzano (+26, +19%). Tutte le altre archiviano un 2016 con segno meno, con cali compresi tra il -0,12% di Grosseto e il -2,95% di Chieti.

Vera MORETTI

Occupazione in aumento in Italia a gennaio 2017

Buone notizie sul fronte lavoro, poiché a gennaio 2017 l’occupazione risultava in aumento di 236mila unità rispetto ad un anno prima, che significa, in percentuale, un incremento dell’1%.

La crescita interessa tutti, sia i lavoratori dipendenti (+1,1% pari a +193 mila unità) sia quelli indipendenti ( +0,8% pari a +43 mila unità).
Questo fenomeno riguarda entrambi i sessi, con un aumento per gli uomini dell’1,4% e per le donne dello 0,5%, in particolare per gli ultracinquantenni (+367 mila) ed i giovani 15-24enni (+27 mila).

A creare posti di lavoro nuovi sono soprattutto le piccole imprese: nel terzo trimestre, come conferma l’analisi effettuata da UnioncamereMinistero del Lavoro, le imprese italiane prevedono un saldo tra entrate ed uscite di 203.400 lavoratori di cui oltre i tre quarti (77,3%), pari a 157.170 unità, sono determinati da imprese con meno di 50 addetti.

Questi dati, però, non escludono un aumento anche della disoccupazione, che, infatti, è cresciuta del 4,2%, per un tasso di disoccupazione dell’11,9%, in aumenti dunque dello 0,3 rispetto all’anno scorso.

Come si spiega questa situazione, che sembrerebbe irreale?
Questi numeri derivano da una massiccia riduzione degli inattivi che scendono di 461 mila unità, pari al -3,3%, rendendo la domanda di lavoro insufficiente ad assorbire il maggiore ritmo di crescita dell’offerta. Nell’anno precedente gli occupati salirono di 291 mila unità, superando l’aumento dell’offerta di lavoro (+136 mila unità): di conseguenza i disoccupati si sono ridotti di 155 mila unità.

La maggiore partecipazione al mercato del lavoro è un fenomeno positivo, in particolare per le donne che presentano un gap di 12,7 punti del tasso di attività con la media dell’Euro zona: a gennaio 2017 in Italia il rapporto tra donne attive e popolazione è al massimo storico del 55,6%.ù

Dal punto di vista territoriale, nel 2016 l’occupazione in Italia è salita dell’1,3% con una migliore performance nel Nord-Est e nel Mezzogiorno (entrambi a +1,7%).
Le regioni con la maggiore crescita sono la Campania ed il Molise (entrambi con il +3,8%), seguite da Emilia-Romagna (+2,5%), Provincia Autonoma di Bolzano (+2,3%), Puglia e Basilicata (entrambe con il +2,0%). All’opposto le maggiori flessioni per Marche (-0,8%) ed Umbria (-1,5%), regioni colpite dagli eventi sismici di agosto e ottobre 2016.

Per quanto riguarda il tasso di occupazione, quello più elevato si riscontra nella Provincia Autonoma di Bolzano (57,8%), seguita da Emilia-Romagna (51,5%), Provincia Autonoma di Trento (51,1%), Lombardia (50,6%) e Valle d’Aosta (50,0%). Nel 2016 gli aumenti più ampi del rapporto tra occupati e popolazione si riscontrano in Molise (+1,6 punti percentuali), Emilia-Romagna (+1,3 punti) e Campania (+1,2 punti) mentre le diminuzioni più accentuate si osservano in Umbria (-0,6 punti) e Provincia Autonoma di Trento (-0,5 punti).

Tra le province in maggiore crescita, spiccano Bologna (53,6%), Reggio Emilia (52,8%), Modena (52,7%), Parma (52,3%) e Lodi e Milano (entrambe a 52,1%).
I tassi di disoccupazione più bassi si rilevano a Reggio Emilia (4,7%), Bergamo e Verona (entrambe a 5,3%), Bologna (5,4%) e Lecco (5,8%), Vicenza e Belluno (6,2%), Verbano-Cusio Ossola e Cuneo (6,3%).

Vera MORETTI

Unioncamere e il ministero dell’Interno contro la criminalità

Unioncamere e il Ministero dell’Interno hanno deciso di cooperare in modo stretto per combattere la criminalità. Nei giorni scorsi, infatti, Unioncamere ha sottoscritto un protocollo con l’Autorità di gestione del Programma Operativo Nazionale “Legalità” FESR-FSE 2014-2020 (PON Legalità) che prevede la collaborazione istituzionale tra i due soggetti firmatari, ovviamente finalizzata all’attuazione di alcuni interventi previsti dal PON Legalità.

Tra gli obiettivi, il più importante è quello di rafforzare le condizioni di legalità per i cittadini e le imprese, per dare così un nuovo impulso allo sviluppo economico e migliorare la coesione sociale delle regioni considerate meno sviluppate, ovvero Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.

Gli interventi previsti vogliono quindi in primo luogo favorire l’interoperabilità delle banche dati pubbliche, anche attraverso azioni finalizzate allo sviluppo di sistemi di analisi delle informazioni afferenti alle imprese a rischio di infiltrazione criminale e sistemi per l’anticontraffazione, la tutela del made in Italy e l’antiriciclaggio.

In secondo luogo, si pensa al rafforzamento delle competenze delle imprese sociali che gestiscono attività nei beni confiscati alla criminalità organizzata.

Infine, si cercherà di giungere al miglioramento della trasparenza dei dati e delle informazioni in possesso della Pubblica Amministrazione e della diffusione degli stessi, nonché di collaborazione e compartecipazione di cittadini e stakeholder competenti nell’utilizzo di sistemi open data, sia, ad esempio, rispetto all’integrazione dei dati pubblicati che alla possibilità di proporre iniziative sulla gestione dei patrimoni confiscati, sul riutilizzo dei dati pubblici a fini di studi/ricerche e/o approfondimenti, e sul controllo sociale sui patrimoni stessi.

Vera MORETTI

Unioncamere a sostegno delle imprese colpite dal terremoto

A poco più di una settimana dal terremoto che ha devastato il Centro Italia, i numeri sulle imprese messe in ginocchio dalla catastrofe assumono dei contorni sempre più definiti. Questo grazie anche al censimento effettuato dall’Unità di coordinamento delle Camere di commercio.

Nello specifico, i numeri dell’emergenza terremoto per le attività del territorio, contenuti nel Registro imprese, sono importanti. Poco più di 3.700 imprese, 670 delle quali con sede ad Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto (i comuni più colpiti dal sisma), e oltre 5mila addetti totali.

Nelle 670 imprese dei tre comuni martoriati dal terremoto lavoravano, tra imprenditori e dipendenti, 812 persone. Il comune a maggior densità di imprese è Amatrice: 417 imprese registrate, 287 delle quali individuali, e 458 addetti totali. A farla da padrone, le imprese del settore agricolo, 156, seguite da quelle del settore commerciale (80) e dalle attività di alloggio e ristorazione (38). Importante anche il numero imprese operanti nel settore delle costruzioni (61).

Sono numeri sicuramente meno pesanti di quelli del terremoto che 4 anni fa devastò l’Emilia Romagna, ma rapportati alla realtà locale interessata dal recente sisma sono più che significativi. Ecco perché l’Unità di coordinamento delle Camere di commercio ha messo a punto una serie di azioni dirette a sostenere le imprese colpite dalla catastrofe, in modo da agevolare un riavvio rapido delle attività economiche, a partire dalla sospensione del diritto annuale per le imprese danneggiate.

Le imprese danneggiate dal sisma potranno contare su un sistema telematico realizzato da InfoCamere per consentire la comunicazione da parte degli imprenditori dei danni subiti.

Unioncamere costituirà anche un Fondo di solidarietà alimentato grazie ai contributi di tutte le Camere di commercio, destinato ad agevolare la rapida ripresa delle attività produttive. Un’azione di mutuo soccorso fortemente voluta e sostenuta da Unioncamere, come sottolinea il presidente, Ivan Lo Bello: “Le Camere di commercio faranno del proprio meglio per aiutare gli imprenditori delle aree colpite dal terremoto a ricostruire il proprio futuro. Saremo al fianco di imprese e amministratori locali per contribuire al più rapido ripristino delle attività con i nostri servizi digitali, l’affiancamento ed il sostegno del nostro personale e la concretezza delle risorse economiche che riusciremo a mettere in campo“.

Imprese femminili? Meglio di quelle maschili

Se in Italia è difficile fare impresa, non è certo colpa delle donne, anzi. Le imprese femminili nel nostro Paese godono di ottima salute, come testimoniato dai dati contenuti nel rapporto Imprese InGenere, realizzato da Unioncamere-Infocamere.

Sono numeri e tendenze che parlano chiaro, quelli sulle imprese femminili, capaci di resistere anche negli anni più duri della crisi: tra il 2010 e il 2015 sono infatti nate 35mila nuove imprese femminili, il 65% delle 53mila nuove nate in totale, con un tasso di crescita del 3,1% a fronte dello 0,5% di quelle maschili. Alla fine del 2015 erano quindi 1 milione e 312mila le imprese femminile in Italia e impiegavano circa 3 milioni di persone.

Le imprese femminili sono il 21,7% delle imprese italiane e, nei 5 anni presi in esame dal rapporto, sono cresciute di più al Centro (+6,3%) e al Sud (+1,4%). Per quanto riguarda i settori più gettonati, primo è il terziario, ma marcia assai bene anche l’Ict: +9,5% di imprese femminili, passate da 18.700 a 20.500 del 2015. Una marcia in più anche per le start-up innovative in rosa, passate dal 9% del 2010 al 15, 4% del 2015.

Le imprese femminili sono anche discretamente giovani, poiché quasi 14 su 100 vedono a capo una donna con meno di 35 anni, contro il 10% di quelle maschili. Inoltre, più del 30% delle aziende femminili registrate ha meno di 4 anni di vita, contro il 25% di quelle dei colleghi maschi.

Le imprese femminili scontano però un problema di nanismo. Il 97% di loro ha infatti meno di 10 dipendenti, con una media di addetti di 2,2 a fronte del 3,9 che ri registra nelle aziende maschili.

Se, da un lato, il rapporto Unioncamere-Infocamere mette in luce questa forte spinta imprenditoriale che caratterizza molte donne italiane, dall’altro sottolinea anche la condizione difficile nelle quale versano le donne lavoratrici che non sono a capo di un’impresa.

Sempre nel periodo considerato (2010-2015) il numero delle donne senza lavoro è cresciuto di oltre mezzo milione di unità (522mila), con una quota di inattive del 45,6% contro una media Ue del 33,5%. Tutta colpa di un welfare inadeguato a sostenerle nella cura dei figli, come testimonia il fatto che il tasso di occupazione tra le donne con figli è del 52,7%,. Contro il 68,6% di chi figli non ne ha.

Occupazione, gli ultimi fuochi della defiscalizzazione

La defiscalizzazione contributiva per i nuovi assunti introdotta dal Jobs Act sta facendo esplodere gli ultimi botti – visto che gli incentivi vanno esaurendosi- e sostiene l’ occupazione anche nel mese di febbraio, almeno nelle piccole e medie imprese, dove è cresciuta sia su base mensile sia su base annuale.

Secondo i dati dell’Osservatorio Mercato del Lavoro CNA, rilevati su un campione di 20.500 micro e piccole imprese per un totale di 125mila addetti, a febbraio l’ occupazione è cresciuta dello 0,4% rispetto a gennaio (l’aumento mensile più robusto degli ultimi quindici mesi) e del 2,5% anno su anno. Tutto questo come effetto combinato del calo delle cessazioni (-5,9%) e di quello delle assunzioni (-4,4%).

Il rovescio della medaglia di questo andamento dell’ occupazione è dato dal fatto che il calo avviato da gennaio della decontribuzione sulle assunzioni a tempo indeterminato – dall’esonero al 100% su un tetto massimo di 8.060 euro all’esonero al 40% su un tetto massimo di 3.250 euro – ha avuto come conseguenza un netto calo dei contratti a tempo indeterminato, scesi del 36%, a favore di altre due forme di occupazione: contratti a tempo determinato (+15,3%) e contratti di apprendistato +29,3%, entrambi su base mensile.

Alle rilevazioni della CNA sull’ occupazione si affiancano le previsioni del Sistema informativo Excelsior – Unioncamere e quelle del ministero del Lavoro, secondo le quali nel primo trimestre 2016 le imprese italiane stipuleranno 227mila nuovi contratti sia direttamente, sia con contratti in somministrazione, incarichi professionali, collaborazioni occasionali, collaborazioni a progetto. Secondo Unioncamere è un dato ancora buono, se comparato ai 191mila contratti attivati nell’ultimo trimestre 2015.

Passando invece agli scenari di occupazione del secondo trimestre 2016, i risultati del Manpower Employment Outlook Survey, indagine trimestrale del gruppo Manpower su 1000 datori di lavoro, solo il 6% di loro si è detto intenzionato ad assumere nuovo personale, contro un 4% che pensa di diminuire le assunzioni e il restante 87% che presume di restare stabile.

Il digitale per far crescere le imprese e l’export

Si è svolto qualche giorno fa a Roma un interessante workshop dal titolo Digital4export, durante il quale si è cercato di fare il punto sulla relazione positiva tra digitalizzazione, internazionalizzazione ed esportazione. Una relazione particolarmente significativa per le piccole e medie imprese italiane, nelle quali il digitale può essere un facilitatore nei rapporti internazionali.

Il workshop ha visto la partecipazione del ministro del Lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti, del presidente di Unioncamere Ivan Lo Bello, del Country Chairman Italia di UniCredit Gabriele Piccini e del responsabile Policy and government affairs di Google, Diego Ciulli.

La tavola rotonda ha sottolineato come oggi le Pmi possono trovare un valido supporto nella collaborazione tra enti pubblici e grandi aziende, chiamati a intercettare e comprendere come le loro caratteristiche possano essere utilizzate per rilanciare, attraverso l’export e una conversione decisa al digitale, la crescita economica del Paese. Queste le voci dei partecipanti.

Giuliano Poletti, Ministro del lavoro e delle politiche sociali

La crescita economica, e la possibilità di creare nuovo lavoro di qualità, passa anche per l’aumento della capacità delle imprese di giocare un ruolo crescente sui mercati internazionali. Il digitale rappresenta una leva essenziale in questa direzione: in particolare, le pmi possono beneficiare delle opportunità offerte dall’innovazione per raggiungere nuovi clienti in tutto il mondo. Favorire la diffusione del digitale significa, naturalmente, dotare i giovani delle competenze necessarie, attraverso interventi mirati di formazione. La nostra sfida è quella di contribuire alla digitalizzazione del Paese puntando sui ragazzi di Garanzia Giovani. L’esperienza che abbiamo avviato con Crescere in Digitale, in collaborazione con Google ed Unioncamere, sta dando risultati positivi e testimonia il grande interesse dei giovani e delle imprese che, nel programma Go International di Unicredit, possono trovare un sostegno reale all’avvio di una strategia di internazionalizzazione”.

Ivan Lo Bello, presidente di Unioncamere

Tra il 2011 e il 2014, le ricerche in rete dei prodotti made in Italy sono cresciute del 22%. Ciò significa che la voglia di Italia è in continuo aumento sul web. A fronte di questo, solo una impresa manifatturiera italiana su 5 esporta. Per raggiungere i potenziali consumatori del mondo, il digitale rappresenta allora la via più rapida e praticabile per le nostre Pmi. Per attuare questa rivoluzione, insieme a Google abbiamo puntato sulla sensibilizzazione delle imprese e sulla formazione dei giovani circa i vantaggi della digitalizzazione in termini di competitività e occupabilità. Con il programma Crescere in digitale, realizzato all’interno dell’iniziativa Garanzia Giovani del Ministero del Lavoro, stiamo formando circa 50mila giovani, con l’obiettivo di portarne 6mila ad effettuare 3mila tirocini, in maniera che possano spendere, all’interno delle aziende che li ospitano, le competenze digitali acquisite. In questo contesto vedo la possibilità di sviluppare sinergie anche con Unicredit, valorizzando le opportunità offerte dall’iniziativa Go International! all’interno del progetto Crescere in Digitale per i giovani e per le imprese che vogliono sfruttare le potenzialità del web per esportare”.

Gabriele Piccini Country Chairman Italy di UniCredit

Siamo stati tra i primi a parlare alle imprese del rapporto tra export e digitalizzazione lanciando nel 2014 il programma di formazione Go International!. In poco più di un anno e mezzo quasi 6mila imprese hanno partecipato ai nostri corsi gratuiti usufruendo di 30mila ore di formazione, di cui oltre 10mila su temi di digitalizzazione, e-commerce, internazionalizzazione anche attraverso seminari realizzati in collaborazione con Google. Con UniCredit International abbiamo avviato percorsi di affiancamento e accompagnamento all’estero per le nostre imprese e organizzato incontri sia reali che virtuali tra buyer esteri e seller italiani. Dal 2009 ad oggi sono stati oltre 40 gli incontri B2B a cui hanno partecipato 3mila aziende di vari settori dal food&beverage, al sistema casa, alla moda, al turismo. Da metà 2015 abbiamo lanciato una nuova modalità virtuale di B2B con un primo pilota effettuato sul settore wine&food. Tutto questo ci ha consentito dal 2012 di accompagnare all’estero, oltre 22mila imprese e il nostro obiettivo è di accompagnarne altre 30mila al 2018”.

Diego Ciulli, responsabile Policy and government affairs di Google

L’Italia è per propria natura un Paese esportatore, ma ancora oggi soltanto una frazione del nostro sistema produttivo è internazionalizzata. Grazie alle piattaforme digitali le Pmi possono accedere a un mercato globale: analizzare i mercati, contattare i consumatori, e vendere in tutto il mondo. La principale barriera all’utilizzo del web da parte delle Pmi sta nelle competenze digitali. Per questo ci siamo impegnati a formare con competenze digitali 2 milioni di europei entro il 2017. In Italia lo facciamo anche scommettendo sui giovani disoccupati, con il programma Crescere in Digitale, insieme al Ministero del Lavoro e a Unioncamere”.

I numeri del settore agricolo nel 2015

Da più parti e con diverse analisi si sottolinea come il settore agricolo italiano sia tornato a godere di buona salute. Una di queste interessanti analisi è data dal Rapporto AgrOsserva, realizzato da Ismea e Unioncamere, secondo il quale, lo scorso anno, il settore agricolo italiano ha visto crescere la propria redditività.

Alla crescita si accompagnano, la riduzione del calo delle nuove imprese del settore agricolo italiano, la crescita dell’occupazione, dell’export e del valore aggiunto del settore sul Pil nazionale nell’anno appena trascorso.

Entrando nel dettaglio dei numeri, lo scorso anno si è avuto un -6464 imprese rispetto al 2014; un segno meno certo, ma decisamente meno marcato di quello registrato negli anni precedenti: -18mila imprese del settore agricolo nel 2014 sul 2013 e -32mila nel 2013 sul 2012. Anche l’occupazione nel settore agricolo è cresciuta nel 2015: +4,1% di nuovi occupati nel terzo trimestre dello scorso anno.

Numeri robusti, supportati anche dai dati emersi dall’indagine di Unioncamere “Vere nuove imprese”, dai quali emerge la spinta propulsiva del settore agricolo sull’economia. Le imprese agricole sono infatti il 9% del totale delle nuove imprese aperte in Italia nei primi sei mesi dello scorso anno, +6,3% rispetto al 2014.

Come abbiamo sottolineato nei giorni scorsi in occasione della Festa della donna, la componente rosa nelle campagne italiane si fa sempre più pesante, con 4 nuove imprese su 10 aperte da imprenditrici.

Per quanto riguarda i numeri macroeconomici, l’export ha toccato quota 36,8 miliardi di euro nel 2015, +7,3% rispetto a un anno prima e quasi il doppio rispetto all’incremento medio dell’export italiano, +3,7%.

Sul fronte del valore aggiunto del settore agricolo sul Pil nazionale, lo scorso ha chiuso in crescita del 3,8%, con un exploit del +8,4% nel quarto trimestre. Un dato che rivela come il Pil agricolo sia in linea con quello industriale (+0,9%) e leggermente superiore a quello nazionale (+0,8%). Significativa anche la crescita del reddito agricolo per addetto nel 2015: + 8,7% rispetto al 2014.

Caro come l’ acqua

L’ acqua, si dice, è un bene prezioso. Ma non si sa quanto questa affermazione sia vera. Per capirlo, basta guardare l’analisi dell’Osservatorio Prezzi e mercati di Unioncamere sulle tariffe idriche nazionali e locali e si scopre che nel 2015 sono aumentate in media dell’8,5% rispetto all’anno precedente, in controtendenza rispetto alle altre tariffe.

Secondo Unioncamere, lo scorso anno i prezzi dei servizi gestiti dagli enti locali sono cresciuti in media dell’1,8%, mentre quelli a controllo nazionale dell’1,4%. Con scostamenti rilevanti, tutti a forte impatto sul portafogli dei cittadini: acqua, appunto, +8,5%, tariffe postali +12%, tariffe telefoniche +4,1%.

In generale però, il 2015 ha visto a livello locale degli aumenti più contenuti per altri servizi gestiti dagli enti locali, oscillanti tra il +1,9% dei trasporti ferroviari regionali e dell’istruzione secondaria e universitaria e lo 0 dei servizi anagrafici e funebri. Acqua, telefoni e poste sono quindi poche ma significative eccezioni. Un altro servizio importante a livello come quello dell’ acqua è quello della gestione dei rifiuti solidi urbani, calati nel 2015 del 2,9%.

Se si sposta il punto di osservazione dalle tariffe a controllo locale a quelle a controllo nazionale, a parte il caso di poste e telefoni al netto della componente energetica, nel complesso sono cresciute dell’1,6% all’anno, ma il valore è il più contenuto da 15 anni a questa parte.