Ai cinesi piace sempre di più il vino italiano

La Cina è sempre più appassionata di vino, specialmente se proveniente dall’Europa, con una predilezione netta nei confronti dell’Italia.
Ciò è evidente dal proliferare delle enoteche, appartenenti alle società che operano nel settore, presenti in quasi tutte le province cinesi, e con preferenze molto diverse a seconda della territorialità, segnale che i consumatori del Sol Levante stanno sviluppando gusti e predilezioni spiccati.

Ad oggi la Cina è produttrice di 15 mio/ettolitri di vini, mentre lo scorso anno 2016 ha importato 638 mio/litri per un controvalore di 2,7 mld/euro.
Entro il 2020 si prevede che queste cifre raddoppino, e l’Italia non deve assolutamente farsi trovare impreparata e, anzi, essere pronta a cogliere la grande opportunità che le si sta presentando.

Per ora, infatti, il Belpaese è il sesto esportatore, con 125 mio/euro e per crescere ulteriormente e diventare una minaccia per chi ora si trova al vertice, deve tenere conto della fascia di clienti di età compresa tra 18 e 54 anni, che presenta sfaccettature molto diverse tra loro, a cominciare dall’età ma tenendo in considerazione anche le zone di residenza. E’ ovvio che chi vive in una zona urbana avrà tendenze diverse rispetto a chi vive in paesi rurali.

In generale, comunque, si può dire che i vini preferiti attualmente sono quelli di grande profumo e di grandi sapori, soprattutto rossi ma anche dolci e fragranti, probabilmente più capaci di adattarsi ad una cucina, quella cinese, ricca di spezie e contrasti di sapore.
Per ora i vini bianchi arrancano, poiché ancora è difficile concepire una bevanda che non sia a temperatura ambiente, anche se con le cucine delle aree marittime la tendenza potrebbe presto cambiare.

Vera MORETTI

Vinitaly protagonista in Cina

L’Italian Style a tavola è stato protagonista in Cina dal 23 al 25 settembre con Vinitaly International al Shanghai Wine & Dine Festival. Il braccio operativo di Vinitaly ha organizzato per il secondo anno consecutivo l’Italian National Pavilion, che ha presentato sotto un’unica bandiera i prodotti e i marchi più rappresentativi dell’agroalimentare nazionale.

È da un anno che programmiamo questa iniziativa a Shanghai e i risultati danno ragione al lavoro svolto – ha commentato Maurizio Danese, presidente di Veronafiere -. 150 prestigiose etichette in degustazione, una presenza espositiva tra le più importanti con i principali marchi dell’agroalimentare italiano, 8 media partner di alto livello, il coinvolgimento di alcuni dei più conosciuti ristoranti italiani della metropoli, quattro associazioni regionali e qualificati partner nazionali. Tornare in questa città a due settimane dal 9.9 Wine Festival di Alibaba e dell’evento “E-commerce: the new gateway for Italian wine in China”, organizzato da Ice, Ambasciata d’Italia, Mise e Mipaaf, ci offre l’occasione di dare continuità all’azione di consolidamento su questo mercato di grande potenzialità, anche attraverso il piano di promozione del made in Italy di cui siamo protagonisti”.

Gli ha fatto eco Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere: “Il Shanghai Wine & Dine Festival è un evento completamente B2C, visitato alla sua prima edizione del 2015 da 70mila visitatori, con capacità di spesa medio-alta e una età compresa tra i 25 e i 45 anni. Questo lo rende particolarmente interessante per sviluppare quella cultura del prodotto di qualità a cui si ispira Vinitaly nelle sue attività di promozione all’estero”.

Paese target fin dal 1998, quando Veronafiere organizzò proprio a Shanghai il China Wine, fiera dedicata al vino e alle attrezzature per la vinificazione, la Cina è un mercato ricco di opportunità, che l’Italia, con una quota del 5% e il quinto posto tra i Paesi importatori, non ha ancora saputo cogliere pienamente facendo sistema.

Buoni però i segnali di mercato, grazie all’ottima performance dei primi mesi di quest’anno, che ha visto crescere del 30% le importazioni di vino italiano nel grande Paese asiatico. Una miniera da esplorare per il sistema Vinitaly.

Quarto buyer mondiale di vino, nei primi 4 mesi del 2016 la Cina ha segnato una crescita delle importazioni del 42% contro il +4,5% degli Usa, che la proietta verso la terza posizione entro fine anno. L’Italia è partita tardi rispetto alla Francia, Paese top exporter con il 43% di quote di mercato, e oggi sta pagando anche gli accordi di sistema tra Canberra e Pechino che hanno favorito l’exploit nel 2015 (+111%) del prodotto australiano, secondo Paese fornitore, davanti a Cile e Spagna.

Cina sempre più centrale per il vino italiano

Il focus che il vino italiano ha sul mercato cinese è sempre più forte, come abbiamo visto la scorsa settimana nel nostro speciale dedicato alla vendemmia 2016.

Un focus che è sempre al centro del business degli imprenditori italiani, come ha ricordato nei giorni scorsi il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, a Shanghai per il Tmall 9.9 Global Wine&Spirits Festival di Alibaba, cui hanno partecipato 50 cantine italiane.

La Cina – ha dichiarato Mantovaniè sempre più centrale nelle politiche di promozione del Governo italiano, e sul vino i primi effetti positivi cominciano a manifestarsi. Il +28,1% di export di vino italiano fatto segnare nei primi 7 mesi di quest’anno ci proiettano a fine anno verso un valore delle vendite di quasi 120 milioni di euro, ben oltre la soglia i 100 milioni di euro, mai raggiunta prima. Sembra che, non solo grazie all’iniziativa di Alibaba, si sia imboccata la strada giusta, in cui tutti gli attori, quelli del sistema fieristico in primis, possono contare sul fondamentale supporto del sistema Paese”.

Vinitaly – ha proseguito Mantovanifarà la sua parte, sia sul fronte dell’incoming sia sul presidio sempre più capillare del territorio cinese, che è fondamentale per recuperare il gap di mercato accumulato negli anni”.

La crescita italiana in Cina a luglio 2016 sullo stesso periodo dell’anno scorso (+28,1%, fonte dogane cinesi) è in termini percentuali per la prima volta la più alta rispetto a tutti gli esportatori mondiali di vino nei primi 7 mesi di quest’anno.

Si tratta di oltre 6 punti meglio della media generale delle importazioni (+21,8%) e di circa 2 in più sui principali competitor (Francia e Australia). La quota di mercato del vino italiano (5,58%) rimane comunque troppo bassa per un top exporter come il nostro Paese, ancora al quinto posto tra i Paesi importatori di vino, nonostante l’ottima performance del periodo.

Vendemmia, Uiv: tornare a investire sul consumatore italiano

Nella lunga lista delle associazioni che hanno fatto le loro previsioni sulla vendemmia 2016, non poteva mancare l’Unione Italiana Vini, che le ha presentate nei giorni scorsi insieme a Ismea al ministero dell’Agricoltura.

Così come Coldiretti e Assoenologi, anche l’Uiv ha sottolineato come la vendemmia 2016 sarà una delle migliori in termini qualitativi, ma ha anche posto l’accento sul primato che il vino italiano avrà quest’anno rispetto ai suoi concorrenti storici, quello francese e quello spagnolo.

Secondo l’Unione Italiana Vini, infatti, nei due Paesi la vendemmia 2016 sarà critica, poiché calerà in quantità del 10% in Francia e non riuscirà a decollare in Spagna. Da noi resterà sostanzialmente stabile, posizionando l’Italia come leader mondiale del vino.

Secondo il presidente di Uiv, Antonio Rallo, “il 2016 potrebbe confermare i volumi del 2015. La raccolta è stata sicuramente ottima e tutto fa ben sperare, anche se i risultati si tirano quando tutte le uve sono in cantina. L’Italia dovrebbe confermare il proprio primato a livello internazionale, poiché la Francia ha un calo della produzione del 10%, la Spagna conferma i dati dello scorso anno e il Portogallo registra una diminuzione del 20%“.

Sempre secondo Rallo, la leadership ritrovata è solo un punto di partenza, poiché sarà necessario “trasformare il rinnovato primato produttivo mondiale anche in un’eccellente performance commerciale, semplificando e razionalizzando l’offerta del prodotto, secondo il modello seguito prima dal Prosecco e oggi dalla Doc Pinot Grigio delle Venezie, dove l’integrazione della filiera produttiva non ha sacrificato le specificità territoriali“.

Anche per l’Unione Italiana Vini, il punto debole del 2016 rimane però, paradossalmente, la domanda interna. Mentre i primi 5 mesi del 2016 confermano il trend di crescita attorno al 5%, “le imprese devono tornare ad investire sul consumatore italiano“, ha concluso Rallo.

Ma, purtroppo, si tratta di dinamiche macroeconomiche sulle quali un’ottima vendemmia e una altrettanto ottima qualità dei vini prodotti possono incidere ben poco.

Assoenologi promuove la vendemmia 2016

 

Dopo le stime di Coldiretti sulla vendemmia 2016, un’altra voce positiva si leva in previsione di quella che pare essere una delle raccolte più promettenti degli ultimi anni in quanto a qualità delle uve e dei vini che ne deriveranno. E si tratta di una voce estremamente autorevole, poiché è quella di Assoenologi (clicca qui per scaricare il documento).

In merito alla quantità di uva raccolta, Assoenologi stima un quantitativo compreso tra -5% e uguale rispetto alla vendemmia 2015, con una produzione inferiore che si attesterà al di sotto dei 49 milioni di ettolitri di vino. Purtroppo, però, Assoenologi non vede ancora ripresa per i consumi interni, poiché alla fine del 2016 la media è prevista attestarsi al di sotto dei 36 litri pro-capite, contro i 45 de livelli pre-crisi registrati nel 2007.

All’insegna della stabilità, invece, le quotazioni di mercato dei vini italiani, in linea con quelle dello scorso anno. Assoenologi vede in leggera crescita solo le quotazioni di alcune tipologie di vino richieste dal mercato, specialmente quelli a denominazione di origine controllata e controllata e garantita.

Assoenologi ha anche effettuato delle stime per la vendemmia regione per regione. Dalle previsioni Emilia Romagna, Abruzzo e Puglia vedranno un aumento della produzione del 10%, tallonati dal Friuli Venezia Giulia con +5%. Cali in vista per Sicilia e Campania (-20%), così come per Trentino Alto Adige, Veneto, Toscana, Marche, Lazio e Umbria (-5%). Produzione pressoché uguale a quella del 2015 in Sardegna e Piemonte.

In termini di ettolitri prodotti, dice Assoenologi, il Veneto si conferma regione top (9,3 milioni previsti), seguita da Puglia (8,7) ed Emilia Romagna (8,1). Queste tre regioni insieme nel 2016 produrranno il 53% di tutto il vino italiano, pari a circa 26 milioni di ettolitri.

Anche l’associazione italiana degli enologi vede rosa per la prossima vendemmia nonostante, così come hanno fatto gli agricoltori, metta in guardia da eventuali sorprese climatiche per l’autunno. Le previsioni saranno infatti confermate solo se a settembre e ottobre vi sarà il giusto bilanciamento di precipitazioni e giornate soleggiate.

Vino italiano campione di bollicine

È partita ad agosto, in Franciacorta, la vendemmia 2016 per il vino italiano. Una partenza che, per Coldiretti, è stata l’occasione per cominciare a tirare qualche somma sull’andamento del settore al giro di boa di quest’anno.

Un’occasione che, essendo nel territorio bresciano, culla di alcune delle bollicine di vino italiano più apprezzate al mondo, ha consentito di puntare l’attenzione sulle vendite all’estero dello spumante italiano, che nel 2016 stanno facendo registrare numeri da record.

Secondo Coldiretti, che ha elaborato dati Istat relativi al primo quadrimestre 2016, lo spumante si rivela ancora una volta un campione del vino italiano: l’export ha infatti fatto segnare un +25% di bottiglie che hanno varcato i confini nazionali rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Primo mercato mondiale per il vino italiano con bollicine risulta ora il Regno Unito, con un +37% di spumante italiano importato. Un dato che ha consentito ai sudditi di Elisabetta II di superare gli Stati Uniti, che a oloro volta hanno fatto segnare un +14,3%.

Tra gli spumanti italiani nella classifica dell’export, sottolinea Coldiretti, il Prosecco, l’Asti e il Franciacorta lottano ormai alla pari lo champagne, per confermare un primato del vino italiano nel mondo che è già realtà.

Già lo scorso anno, ricorda ancora Coldiretti, con 320 milioni di bottiglie stappate fuori dall’Italia, si era bevuto più spumante che champagne, le cui esportazioni si sono fermate a 307 milioni di bottiglie.

E, a ribadire la supremazia del vino italiano, il fatto che nel 2016 vi è stato un +198% delle bollicine made in Italy esportate in Francia, Paese che ha fatto registrare un’impennata nei consumi di spumante italiano, che sono più che triplicati.

Infine, con l’avvio della vendemmia, le previsioni di Coldiretti sull’annata del vino italiano sono più che positive anche se, ha spiegato l’associazione, il clima estivo “ha determinato quest’anno un ritardo di quasi una settimana nell’avvio delle operazioni di raccolta rispetto allo scorso anno, quando però erano state condizionate dal grande caldo e siccità con la vendemmia più precoce dell’ultimo decennio“.

Vino italiano ancora più forte

Veronafiere, con Vinitaly, continua nel lavoro di internazionalizzazione del vino made in Italy e, con il progetto presentato in partnership tecnica con la società fiorentina Business Strategies, si posiziona al primo posto nella graduatoria relativa al bando nazionale della misura comunitaria “Ocm Vino – Promozione sui mercati dei Paesi Terzi”.

Il risultato, pubblicato nei giorni scorsi dal Mipaaf, premia il debutto di Veronafiere nel coordinamento della promozione extra Ue con Italian Wine Channel, un’iniziativa che coinvolge una compagine di 73 aziende di 13 regioni italiane. Si tratta di una progettualità che mette in campo risorse per quasi 3,5 milioni di euro per il periodo 2016-2017 e prevede azioni mirate al mercato strategico di Cina e Hong Kong.

L’ottimo risultato ottenuto dal progetto – ha detto Maurizio Danese, presidente di Veronafiere – è la prova dell’efficacia di Vinitaly quale strumento di promozione permanente, in grado di fornire servizi ad alto valore aggiunto per la strategia di internazionalizzazione delle aziende del vino italiane. Con Italian Wine Channel il nostro comparto vitivinicolo fa squadra, presentandosi unito nell’azione di sviluppo sui mercati esteri, sotto un brand forte e riconosciuto come quello di Vinitaly. Si tratta di un nuovo traguardo fondamentale verso l’obiettivo dei 7,5 miliardi di euro di export nel 2020 fissato dal Governo”.

Da anni Veronafiere presidia i mercati mondiali strategici – ha invece sottolineato il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani -. Vinitaly non è solo la manifestazione di riferimento per il settore, è una fiera attiva tutto l’anno, una piattaforma per la promozione internazionale del comparto vino, dalle attività di incoming fino alla formazione attraverso VIA – Vinitaly International Academy e i suoi 29 Italian Wine Ambassadors. L’aver raggiunto il massimo punteggio per l’attivazione di uno strumento per noi inedito come l’Ocm Vino è un’importante conferma in questo percorso e uno stimolo a proseguire nella direzione intrapresa”.

Vinitaly chiude col botto e rilancia

L’edizione 2016 di Vinitaly si è chiusa mercoledì 13 con una sfilza di segni +. In crescita buyer e affari, con visitatori sempre più qualificati, quasi 50mila presenze straniere, con 28mila buyer accreditati dai mercati internazionali, +23% rispetto al 2015, grazie al potenziamento delle attività di incoming di Vinitaly e del Piano di promozione straordinaria del made in Italy.

Inoltre, la manifestazione ha ospitato 130mila operatori da 140 nazioni e ha superato il record di 100mila metri quadrati netti espositivi, prima rassegna al mondo per superficie, con oltre 4.100 espositori da più di 30 Paesi. Sono stati 2.357 i giornalisti accreditati da 47 nazioni che hanno seguito Vinitaly.

La cifra del successo di Vinitaly 2016 sta tutta nelle cifre dei buyer esteri: Stati Uniti +25%, Germania +11%, Regno Unito +18%, Francia +29%, Canada +30%, Cina +130%, Giappone (+ 21%, Paesi del Nord Europa +8%, Paesi Bassi +24%, Russia +18%. Dati positivi anche dal fronte interno, con gli operatori dal Centro e Sud Italia cresciuti in media del 15%.

Nei quattro giorni, oltre agli incontri b2b, si sono tenuti più di 300 appuntamenti tra convegni, seminari, incontri di formazione sul mondo del vino.

Il fuorisalone Vinitaly and the City ha registrato 29mila presenze, interpretando la strategia di diversificazione dell’offerta per gli operatori professionali a Vinitaly, da quella rivolta ai wine lover, appassionati e giovani con degustazioni, spettacoli ed eventi culturali nelle piazze del centro storico di Verona.

Il commento di Maurizio Danese, presidente di Veronafiere: “L’obiettivo era quello di dare un segnale chiaro alle aziende espositrici e ai visitatori, per fare in modo che la 50esima edizione di Vinitaly fosse quella che proiettava la rassegna nei prossimi cinquant’anni. L’aver saputo mantenere la parola data e creare un format che ha soddisfatto in pieno le attese, sia per il wine business in fiera sia per il wine festival in città, con un’edizione di Vinitaly and the City dai grandi numeri, è motivo di orgoglio e di impegno per migliorare ulteriormente il prossimo anno”.

Gli ha fatto eco il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: “Da questa edizione emergono segnali interessanti sia dall’estero sai dal mercato interno, confermando la capacità del Salone di interpretare le tendenze, mettere a frutto il lavoro di internazionalizzazione e capitalizzare esperienze importanti, come la realizzazione del Padiglione del Vino ad Expo 2015”.

Appuntamento per la 51esima edizione di Vinitaly dal 9 al 12 aprile 2017.

Credit foto: FotoEnnevi_Veronafiere

Vino, la Cina è lontana

Nei giorni scorsi si è fatto tanto clamore intorno all’incontro, tenutosi al Vinitaly, tra Jack Ma, fondatore della piattaforma cinese di e-commerce Alibaba, la più grande al mondo, e il premier italiano Matteo Renzi, per coinvolgere il colosso cinese in una grande operazione di promozione e vendita di vino italiano nel Paese del Dragone.

Clamore, a nostro avviso ben giustificato. Principalmente perché l’Italia, attualmente, non sfrutta quasi per nulla le potenzialità della Cina come mercato per il vino. Basti dire che la quota di mercato del vino italiano nel Paese è del 6%, contro il 55% di quello francese.

I margini di crescita sono quindi incalcolabili, specialmente se, come ha sottolineato in una nota Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor, nei primi due mesi dell’anno il vino in Cina ha fatto segnare un “+59% di import in valore in euro“. Un treno del quale però l’Italia sta sfruttando poco le potenzialità.

La nota di Nomisma sull’import di vino in Cina lo ha messo in luce, anche in rapporto all’incontro tra Renzi e Ma: “Nell’orizzonte della tumultuosa crescita cinese, l’Italia sta giocando un ruolo marginale da Cenerentola, e i margini per crescere sono elevati“. “La Cina – ha proseguito la nota – corre e noi rincorriamo, ecco perché è utile l’incontro con Alibaba Group“.

Nel 2015 la crescita del vino in Cina è stata tumultuosa – ha aggiunto Pantini -: il Dragone lo scorso anno è diventato il quarto mercato mondiale per importazione di vini, surclassando il Canada. La Francia resta padrone incontrastato tra i vini importati in Cina (+44%), e sempre nel 2015, crescono in particolare Australia (+22%) e Sud Africa (+2%)“.

La nota si chiude guardando alle prospettive di crescita dell’import di vino in Cina per il 2016: “Nel primo bimestre, secondo i dati Wine Monitor Nomisma, l’onda lunga della crescita cinese continua imperterrita, segnando un +59% di import in valore in euro. Tra i principali Paesi da dove la Cina continua ad importare di più spicca l’Australia (+108%), mentre l’Italia conferma il ritmo del 2015 (+15%)“.

Nasce l’Osservatorio del Vino. Finalmente…

Il Vinitaly che si chiude oggi a Verona non è solo un momento di presentazione e di degustazione delle novità del vino, ma anche e soprattutto un’occasione di studio, analisi e riflessione. Specialmente se si considera che la mancanza di dati certi del settore, i numeri che variano a seconda delle fonti, ufficiali e non, e dei metodi di rilevazione sono sempre stati per il vino italiano un grande punto di debolezza.

Fino a qualche anno fa, era impossibile conoscere la superficie esatta del vigneto italiano e quindi il potenziale produttivo del nostro paese, così come sono stati molti gli anni in cui i numeri della vendemmia erano così diversi tra i dati previsionali e quelli consuntivi diffusi dall’Istat, da creare difficoltà agli operatori del settore, con scompensi e disorientamento a livello commerciale, e imbarazzo alle istituzioni nazionali nei confronti della Ue.

L’incertezza statistica sul vino italiano era dovuta tanto alle difficoltà del sistema di rilevazione pubblico, quanto alla mancanza di un organismo ufficiale e rappresentativo che monitorasse il mercato sul fronte produttivo, commerciale e distributivo e potesse diffondere in modo organico e competente analisi aggregate delle statistiche ufficiali riguardanti il vino, monitorando le fonti interne e internazionali e raccogliendo in autonomia i dati dalle imprese.

Una lacuna che ha penalizzato il settore del vino italiano – imprenditori ed aziende in primis – considerata l’estrema importanza assunta dalla conoscenza dei numeri di un comparto economico, delle statistiche produttive, delle dinamiche e dei trend del mercato sia per il decisore pubblico, sia per l’imprenditore e l’impresa che devono quotidianamente confrontarsi con un mercato vivo e in costante e continua evoluzione.

Per colmare questa lacuna nasce l’Osservatorio del Vino. Un’iniziativa dell’Unione Italiana Vini, sviluppata in risposta alle esigenze delle imprese vitivinicole italiane, desiderose di colmare questo vuoto e di offrire una risposta attendibile, capace di supportare le strategie di marketing delle aziende. Obiettivo dell’Osservatorio del Vino è dare sia alla politica sia alla pubblica amministrazione un quadro corretto del mercato, necessario per poter operare scelte normative e di regolazione efficaci e adeguate.

L’Osservatorio istituzionalizza e rende organico il rapporto di collaborazione nato tra Unione Italiana Vini e Ismea oltre vent’anni fa, che dalle previsioni vendemmiali si allarga a tutta la sfera produttiva e di mercato del vino italiano nelle sue segmentazioni geografiche, a livello interno e relativa ai diversi mercati internazionali, per tipologia di vino, per canale distributivo.

L’analisi dell’Osservatorio del Vino si allarga all’esplorazione delle strategie di marketing collegate alle evoluzioni del mercato proposte dal WINE management lab della SDA-Bocconi, che ha maturato negli anni una lunga esperienza nello studio e nelle analisi delle strategie di marketing del vino italiano.

Inoltre, la struttura di analisi e monitoraggio dei trend del vino italiano si avvarrà, come partner tecnico, dei ricercatori del Wine Monitor di Nomisma, che interverranno con alcune analisi di dettaglio che completeranno il lavoro svolto da tecnici dell’Ismea.

Le fonti dell’Osservatorio saranno:

  • Dati trasmessi delle aziende;
  • Fonti ufficiali (Istat Agenzia delle Dogane, Commissione Europea, Eurostat, Monopoli di Stato OIV, ecc.);
  • Fonti internazionali relative ai diversi Paesi (Agenzie private di analisi quali Global Trade Atlas, Wine Intelligence, PWSR, ecc,).

Gli ambiti di ricerca saranno:

  • Dati vendemmiali e di produzione del vino italiano;
  • Analisi dell’andamento dei prezzi all’origine (per tipologie, aree prodotto, ecc.);
  • Analisi dell’andamento dei prezzi al consumo (per tipologie, aree geografiche, canali, ecc.);
  • Analisi delle vendite mercato interno per canale, tipologia, area geografica;
  • Analisi dei mercati internazionali (singoli, aggregati, per tipologia, per canale ecc.);
  • Survey sui consumatori di vino italiani e sulle abitudini di acquisto e consumo nel fuori-casa ;
  • On Trade Tracking – Monitoraggio delle vendite di vino nell’on-trade italiano (riservato alle imprese vinicole).

L’Osservatorio avrà anche un output pubblico, con statistiche agli organi di informazione relative a dati aggregati dei principali trend di mercato, e uno riservato alle imprese associate all’Unione Italiana Vini che aderiscono all’Osservatorio, le quali potranno ricevere elaborazioni statistiche mirate a singoli prodotti e segmenti di mercato sulla base dei dati di volta in volta trasmessi dalle imprese stesse.