L’ enoturismo italiano cresce, ma…

L’offerta turistica italiana è ampia e variegata, non sempre all’altezza del prodotto che vende e quasi sempre incapace di fare sistema. Quest’ultimo è un punto dolente dell’Italia in generale, ancor più grave in settori che potrebbero dare al mercato turistico italiano una spinta importantissima. Come nel caso del cosiddetto enoturismo.

L’occasione per fare il punto su questo strepitoso segmento del turismo italiano è venuto dalla presentazione del 12esimo Rapporto sull’ Enoturismo, che si tenuta la scorsa settimana alla Bit di Milano, a cura delle Città del Vino.

I numeri dell’ enoturismo italiano nel periodo 2014-primo semestre 2015 sono incoraggianti e parlano di una crescita. Nel periodo considerato, infatti, il settore dell’ enoturismo ha fatto registrare una spesa per visite in cantina di circa 2,5 miliardi di euro, con un numero di turisti del vino superiore ai 10 milioni.

I dati del rapporto sono stati elaborati in base a un’indagine svolta su un campione di 80 aziende dall’Osservatorio Nazionale sul Turismo del Vino di Città del Vino, in collaborazione con l’Università di Salerno, e dicono che quando si parla di enoturismo è bene considerare non solo la visita e lo shopping in cantina, ma anche tutto l’indotto che intorno a esso ruota, in primis l’hospitality.

È questa, infatti, la ragione per cui il fatturato delle cantine legato all’ enoturismo e relativo al 2014 è di 214,5 milioni, con una proiezione a 242,5 per il 2015. Segno che il delta tra queste cifre e i 2,5 miliardi di cui sopra deriva in buona parte dall’indotto.

La spesa media dell’enoturista in Italia è di 193 euro, derivanti da acquisti di bottiglie, visite ai vigneti o alle cantine, degustazioni, pernottamenti ecc. Va da se che la spesa per l’acquisto di bottiglie è la voce più rilevante sul totale, pari a più del 70%, mentre le altre voci sono solo la parte residuale dell’indotto da enoturismo.

Il 12esimo Rapporto sull’ Enoturismo ha anche stilato un ritratto dell’enoturista tipo, del numero di arrivi e della capacità e propensione alla spesa di chi fa turismo per vino. A differenza dei fatturati i numeri degli arrivi sono meno aleatori: si parla infatti di oltre 10 milioni nel 2014, con una proiezione a quasi 14 milioni per il 2015. Numeri che tratteggiano un +31,7% per gli arrivi di turisti in cantina e un +32% per la spesa legata all’ enoturismo.

Si tratta quindi di un settore, quello dell’ enoturismo, dai numeri buoni ma dalle potenzialità di sviluppo illimitate, da spingere particolarmente in un periodo nel quale le tensioni geopolitiche in Paesi esteri a forte vocazione turistica, una generale ripresa dei consumi e l’amore degli italiani e degli stranieri per il vino di casa nostra sono condizioni ottimali per favorire l’afflusso enoturistico nel Paese. Tutto sta a intraprendere politiche di promozione efficaci e a imparare, almeno in settori chiavi per la nostra economia, a fare sistema. Fosse facile…

Il vino toscano protagonista del made in Italy

Il vino toscano tira sempre nel mondo e ogni appuntamento B2B che ha come obiettivo quello di farne crescere conoscenza ed export è il benvenuto. Ecco perché va tenuta d’occhio la sesta edizione di Buy Wine, in programma alla Fortezza da Basso di Firenze il 12 e il 13 febbraio prossimi.

Si tratta di un workshop B2B, organizzato dall’Agenzia regionale Toscana Promozione, per favorire l’incontro tra la Toscana del vino e il trade internazionale. Nell’occasione, 200 produttori di vino toscano incontreranno 240 buyer stranieri tra importatori, distributori, GDO e HoReCa, provenienti da mercati storici, ma anche da piazze nuove, per un totale di 36 Paesi rappresentati.

Nel dettaglio, tra i Paesi amanti del vino toscano con la maggior rappresentanza a Buy Wine ci saranno Stati Uniti (44 rappresentanti), Canada (39), Cina (25), Brasile (12), Australia (12), Giappone (11), Danimarca (10), Germania (8), Corea del Sud (7) e Messico (7) che, complessivamente, rappresentano oltre il 72,9% dei buyer internazionali partecipanti.

Per quanto riguarda i produttori, invece, presenti quasi tutte le province della regione. Guidano la classifica per territorio Siena e Firenze, rispettivamente con 68 e 55 aziende, seguite da Grosseto (26), Livorno (12), Arezzo (17), Pisa (13), Pistoia (3), Prato (3) e Lucca (3).

Nato nel 2010, Buy Wine è un evento in costante crescita che, negli anni, si è accreditato come punto di riferimento per i buyer di tutto il mondo interessati al vino toscano. Nell’edizione 2015 sono stati circa 6mila gli incontri di business in agenda, che hanno portato, nel 63% dei casi, alla stipula di contratti grazie ai quali il 46% delle aziende toscane partecipanti è riuscita ad incrementare il proprio fatturato.

Per il quarto anno consecutivo Buy Wine lancia la volata alle Anteprime di Toscana che, dal 13 al 20 febbraio, vedranno 13 denominazioni del vino toscano presentare, agli operatori e ai giornalisti di settore i vini nuovi introdotti sul mercato a partire dal 2015.

Si inizia a Firenze la collettiva allo Star Hotel Michelangelo, dove il 13 febbraio saranno presenti 8 denominazioni: Morellino di Scansano, Montecucco, Vini Cortona, Vini di Carmignano, Valdarno di Sopra Doc, Bianco di Pitigliano e Sovana, Colline Lucchesi e Maremma Doc.

Il 14 febbraio sarà la volta dell’Anteprima del Chianti. Si prosegue poi con la Chianti Classico Collection alla Stazione Leopolda di Firenze (15-16/2), l’Anteprima della Vernaccia al Museo di Arte Moderna e Contemporanea De Grada San Gimignano (17/2) e l’Anteprima del Vino Nobile nella Fortezza di Montepulciano (18/02). Chiude la programmazione di Anteprime di Toscana Benvenuto Brunello, che si terrà il 19 e 20 febbraio nel Chiostro del Museo di Montalcino.

Spumante o champagne, chi l’ha spuntata?

Come ogni anno, prima e dopo le Feste, si tirano le somme di vincitori e vinti nella annosa lotta tra spumante e champagne. E anche per il 2015, pare che lo spumante l’abbia spuntata sulle blasonate bollicine dei cugini d’Oltralpe, almeno stando ai risultati di vendite del sito Tannico.it, la più grande enoteca online in Italia.

Secondo i dati di Tannico.it, lo spumante ha totalizzato 35% del totale delle oltre 20mila vendite effettuate tra novembre e dicembre, lo champagne il 32%, il Franciacorta il 24%, il Trento DOC il 4,4%.

Interessante notare come lo scontrino medio per l’acquisto di bollicine si è posizionato in una fascia medio-alta: 103 euro, con una media di 5 bottiglie acquistate. La distribuzione geografica degli acquisti di spumante e champagne effettuati nei due mesi analizzati parla di Vicenza come città più amante delle bollicine, +40% dei consumi rispetto alla media, seguita da Modena (+31%) e Lecco (+27%).

Estendendo invece lo sguardo ai consumi annuali del 2015, la regione del Nord che più apprezza spumante, champagne e dintorni è la Valle D’Aosta (33,70%), seguita da Emilia-Romagna (28,74%) e Veneto (26,27%). Al Centro vincono le Marche (30,58%), seguite da Umbria (28,46%) e Abruzzo (25,82%). Al Sud vince la Basilicata (29,51%), seguita da Puglia (24,36%) e Calabria (23,87%).

Il commento di Marco Magnocavallo, fondatore di Tannico.it: “Abbiamo venduto 38mila litri di bollicine in tutto il 2015. Se impilassimo tutte le bottiglie vendute in questo periodo pre natalizio arriveremmo alla stratosfera. Dallo champagne al prosecco abbiamo raccolto i migliori spumanti italiani e stranieri andando a comporre uno dei cataloghi di bollicine più completi disponibili online e offline. La risposta dei nostri clienti è stata al di sopra delle aspettative: il nostro miglior cliente in un anno ha acquistato bottiglie per un ammontare pari a 17.500 euro”.

Il vino italiano si insegna all’università

Il vino italiano è un’eccellenza e un volano eccezionale per nostra economia ed è perciò fondamentale che chi si avvicina a questo mondo al livello imprenditoriale non lo faccia in modo improvvisato. Ecco allora l’importanza di “insegnare” il vino italiano.

Lo ha capito la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, che ha avviato il master universitario di primo livello “Vini italiani e mercati mondiali”, in collaborazione con Università di Pisa, Università per Stranieri di Siena, Associazione Italiana Sommelier, le cui iscrizioni si chiudono il 15 ottobre prossimo.

L’obiettivo del master è quello di formare dei veri ambasciatori del vino italiano, capaci di comunicarne il valore aggiunto che esso ha sotto molteplici aspetti e capaci, soprattutto, di effettuare una promozione efficace soprattutto all’estero, in particolare sui mercati emergenti, dove c’è tanta voglia di vino italiano e le potenzialità di sviluppo e crescita sono incalcolabili.

La figura professionale che questo master contribuirà a creare è tanto poco diffusa quanto importante. Importante perché il vino italiano ha un futuro rilevante sui mercati internazionali, in particolare su quelli emergenti, che vanno affrontati promuovendo il settore vitivinicolo con una formazione adeguata e una chiara visione dei temi strategici di ambito economico.

Ecco perché il master della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa si propone di formare veri professionisti del vino italiano, in possesso di conoscenze nel settore viticolo e in quello enologico, da acquisire anche attraverso la partecipazione al corso di sommelier, che permette di conseguire il titolo rilasciato dall’Associazione Italiana Sommelier.

Gli ambasciatori del vino italiano che usciranno dall’ateneo pisano avranno una visione chiara delle strategie di marketing per affrontare le sfide che il mercato globale proporrà in termini di diffusione, promozione e conoscenza tanto del vino italiano, quanto dei territori di produzione e dei suoi addentellati culturali, economici, commerciali e sociali.

E non è solo la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa ad aver capito quanto i professionisti del vino italiano abbiano bisogno di una formazione adeguata al materia che si trovano a trattare. Anche l’Università Bocconi di Milano ha deciso di investire in formazione in questo ambito grazie al lancio del Wine management lab della Sda Bocconi.

La scuola di management dell’università milanese ha infatti presentato mercoledì 7 ottobre il suo Wine management lab con l’incontro “La leadership del vino italiano come ambasciatore del Made in Italy: possibilità o realtà?”, per confermare un impegno nel mondo del vino che, in realtà non le è nuovo (Sda Bocconi è da almeno un decennio attiva nel segmento del marketing del vino) ma che, oggi più che mai, è necessario per valorizzare al meglio un campione dell’italianità e dell’economia tricolore

Per informazioni, dettagli sui programmi didattici, destinatari del master e iscrizioni al master della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, cliccare qui.

Per i dettagli sul Wine management lab della Sda Bocconi, cliccare qui.

Vino italiano numero 1

Lo abbiamo scritto ieri: gli italiani sanno produrre un grandissimo vino, i francesi lo sanno vendere meglio. Tutto vero, tutto confermato. Ma se i signori d’Oltralpe hanno sempre snobbato il vino italiano, nascondendosi soprattutto davanti al loro storico primato di più grandi produttori al mondo, ebbene, stavolta non hanno più alibi: è l’Italia, ora il maggior produttore di vino al mondo e il vino italiano primeggia come non mai.

Secondo le stime estrapolate dalle dichiarazioni che i produttori europei depositano in sede Ue a Bruxelles relativamente alla raccolta e alle previsioni di produzione, l’Europa stila una classifica annuale dei Paesi produttori di vino che, per il 2015, vede l’Italia e il vino italiano al primo posto per ettolitri prodotti.

Non è un dato di poco conto, dal momento che battaglie e classifiche su chi produce più vino e di migliore qualità, aiutano a determinare un posizionamento migliore o meno sui mercati internazionali. Di sicuro, sotto questo punto di vista i francesi ci superano, ma almeno in termini di volumi prodotti il vino italiano si toglierà qualche soddisfazione nel 2015.

Le stime di produzione sono aggiornate al 15 settembre 2015, giorno in cui sono stati presentati a Bruxelles i resoconti dei produttori. Ebbene, sulla base di quei numeri l’Ue calcola che l’Italia quest’anno totalizzerà 48,8 milioni d’ettolitri di vino italiano contro i 46,45 milioni prodotti dalla Francia con i suoi vini. Sul terzio gradino del podio la Spagna, con i 36,6 milioni d’ettolitri. Al quarto e al quinto posto Germania e il Portogallo.

Il sorpasso del vino italiano su quello francese arriva dopo un anno nel quale i transalpini hanno avuto gioco facile; la primavera e l’estate 2014, terribili in Italia sotto il profilo climatico avevano inciso pesantemente sui volumi di uva prodotti nel nostro Paese. Una produzione che, invece, quest’anno ha sfruttato una bella stagione eccezionale, tanto da crescere del 13%. Francia invece con il segno meno (-1%), a scontare un’annata particolarmente secca.

Insomma, la natura ha dato una mano al vino italiano per valorizzare l’eccellenza intrinseca che porta con sé. Ora tocca agli italiani lavorare per promuovere meglio un prodotto che non ha pari al mondo. Con buona pace dei francesi.

Vino italiano alla caccia del francese

Abbiamo visto nei giorni scorsi come le esportazioni di vino italiano nel mondo in questo 2015 stiano mettendo a segno numeri di tutto rispetto. Ebbene, questo dato è tanto più interessante quanto più fa il paio con un altro trend che ne discende come diretta conseguenza: il divario sempre più ridotto tra il valore delle esportazioni di vino italiano e di vino francese nel mondo.

Attenzione, parliamo di valore delle esportazioni, di volume d’affari e non di volumi in termini di quantità. Su questo fronte, infatti, il vino italiano nel 2014 ha stracciato quello francese: 20,5 milioni di ettolitri venduti nel mondo, contro i 14,4 milioni dei francesi.

Un bel dato, che però non basta, perché l’essere i primi in quantità su molti mercati non ha lo stesso peso dell’esserlo in valore, nonostante negli ultimi anni il valore medio al litro del vino italiano sia decisamente aumentato, passando da 1,75 euro/litro del 2009 a 2,49 euro/litro del 2014 (+42%).

Se, infatti, compariamo il 20,5 a 14,4 in termini di ettolitri a favore del vino italiano con il 7,7 miliardi di euro a 5,1 a favore della Francia, abbiamo le dimensioni del fenomeno (dati 2014). Si capisce quanto ancora dobbiamo lavorare in termini di marketing e di promozione di un prodotto che, in moltissimi casi, è qualitativamente superiore a quello francese sotto molti aspetti.

C’è però da sottolineare un dato. Sul totale dei 7,7 miliardi di valore della Francia, 2,4 (il 31%) provengono dagli champagne, mentre i nostri omologhi, gli spumanti, cubano sul totale del valore di export del vino italiano solo 840 milioni di euro. Se quindi si fa una semplice operazione matematica scorporando dai due valori quelli dello champagne e degli spumanti si arriva a 5,3 miliardi per l’export del vino francese e a 4,3 miliardi per il vino italiano. Un gap di “solo” 1 miliardo contro i 2,6 del dato aggregato.

Un divario che può essere colmato nei prossimi anni se si guarda agli incrementi in termini di prezzo unitario che il vino italiano ha riscontrato da almeno 5 anni a questa parte. Ma, in questo caso, il cambio di rotta non può essere lasciato solo nelle mani del mercato. Dovrà essere l’intero sistema dell’enologia italiana a migliorare la propria capacità di vendere all’estero un prodotto straordinario.

È un dato di fatto, del resto, che i cugini francesi sono molto più bravi di noi a fare sistema e a vendere un’idea prima che un prodotto; perché se tanti vini francesi sono straordinari, è pur vero che dietro a migliaia di “chateau” qualsiasi, capaci di mandare in estasi un consumatore straniero solo con la potenza evocativa di un nome, ci sono prodotti ben più scarsi di un qualsiasi Brunello o Barolo di casa nostra.

Se poi pensiamo che, come stima Assoenologi analizzando i primi sei mesi del 2015, per il vino italiano esportato risulta un incremento del 6,5% in valore, con una leggera contrazione della quantità, pari a -1,6%, è ancora più chiaro che i francesi non sono per nulla irraggiungibili.

Annata d’oro per il vino made in Italy

La vendemmia 2015 si prospetta, per il vino made in Italy, una di quella da ricordare. Lo sostiene Coldiretti riferendosi alla stima di Ismea-Uiv e sottolineando come, a meno di cambiamenti in queste ultime settimane, la produzione 2015 sarà destinata per più del 40% ai 332 vini doc ai 73 vini a docg italiani, il 30% ai 118 vini igt e il rimanente 30% a vini da tavola generici.

Il vino made in Italy potrà contare, secondo le stime di Coldiretti, su una produzione nazionale intorno ai 47 milioni di ettolitri (+12%), che consentirebbe al Paese di superare la Francia (ferma a 46,5 milioni di ettolitri) e conquistare così la leadership mondiale.

Del resto, tutta l’annata del vino made in Italy è brillante, a partire dall’incremento del 6% in valore delle esportazioni, risultato elaborato da Coldiretti su dati Istat relativi ai primi 5 mesi del 2015. Per una volta, le condizioni climatiche hanno dato una mano ai viticoltori con il grande caldo di luglio e agosto che ha accelerato i processi e fatto anticipare la raccolta alla prima settimana di agosto.

Coldiretti tiene sotto controllo l’andamento climatico di queste settimane cruciali per la raccolta delle uve destinate al vino made in Italy, per evitare possibili colpi di coda che ne rovinino la qualità, ma le condizioni sembrano rassicuranti anche sotto il profilo fitosanitario dei vigneti. La Francia è avvisata…

Vino italiano, un 2015 in discesa

Il vino made in Italy continua a mietere successi all’estero, come dimostra la crescita del valore dell’export di vino italiano nel primo semestre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014, anno peraltro climaticamente disgraziato.

Secondo i dati del Centro Studi Assoenologi, nel periodo considerato il giro d’affari del vino italiano all’estero è passato da 2 miliardi e 387 milioni di euro a 2 miliardi e 542 milioni, pari a un +6,4% anno su anno. Bene anche i dati sui volumi esportati, in calo dell’1,7% dal 2,1% dello stesso periodo dell’anno precedente. Passa da 2,40 a 2,60 euro al litro il valore medio unitario del vino italiano.

Ma dove va forte il vino italiano? Un po’ in tutto il mondo, anche se l’export nei Paesi extra Ue ha fatto segnare un +10,8% contro un +2,6% dei Paesi Ue. Bene Asia Centrale (+19,1%), Nord America (+17,1%) ed Estremo Oriente (+9,5%) al di fuori dell’Ue, mentre per quanto riguarda i principali mercati, stravincono sempre gli Stati Uniti (644 milioni di euro, 2,7 milioni di ettolitri esportati), seguiti dalla Germania (463 milioni di euro, 1,6 milioni di ettolitri esportati) e dal Regno Unito (323 milioni di euro).

In quanto a regioni, il vino italiano più apprezzato nel periodo è stato quello veneto, con un valore di 855,4 milioni di euro, +11% rispetto al 2014. Seguono il Piemonte, con un giro d’affari dell’export di 436,3 milioni di euro e un trend stabile (-0,6%), e la Toscana, che ha fatto registrare l’aumento di valore più considerevole: +25,8%, da 339,8 a 427,5 milioni di euro.

Giù dal podio bene il Trentino Alto Adige, al quarto posto con 244,7 milioni di euro, Lazio e Abruzzo, +8,5 e +8,7% in valore, Puglia (+1,4%) e Sicilia (5,2%). Negative Lombardia (-7,5%), Emilia Romagna (-14,9%) e Marche (-10,7%).

Secondo Assoenologi, “il primo semestre dell’anno si chiude in maniera brillante per il vino italiano, specialmente grazie alle capacità delle imprese che hanno saputo cogliere le opportunità della domanda internazionale. Si delineano nuovi scenari per l’offerta enologica italiana in un’evoluzione continua che ridisegna non tanto il ruolo e la leadership dei mercati principali, quanto il ruolo crescente di alcune aree commerciali nel panorama”.

Il giro del mondo di Vinitaly 2015

Che cosa sarebbe il vino italiano senza l’export e senza l’amore e il successo che riscuote all’estero. Una gran cosa, sempre, ma zoppa. Lo sanno benissimo a Vinitaly 2015 dove, a due settimane dall’apertura del più grande appuntamento per il vino italiano, è stato raccolto il sentiment dei buyer di alcuni dei mercati mondiali più importanti: Cina, Vietnam, Corea del Sud, Brasile, Messico, Australia, Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania, Svezia, Danimarca, Olanda, Belgio e Francia..

Dall’indagine svolta nell’ambito di Vinitaly 2015 è risultato che i feedback migliori arrivano dai partner storici dell’export di vino italiano, come la Germania, gli Usa e la Gran Bretagna. L’India, invece, si dimostra ostica e la Russia, che pure nel 2014 ha resistito, paga la peggior svalutazione del rublo degli ultimi anni e l’embargo, mentre il Brasile paga dazi altissimi.

In Cina è importante sfruttare la debolezza manifestata nel 2014 dalla Francia, “lavorando sulla costruzione di brand forti”, come racconta David Chow, di Altavis Fine Wines, perché questa, per i vini italiani “è una nuova era di sviluppo, a patto che si parli di prezzi ragionevoli”.

In Vietnam, “il mercato del vino è cresciuto molto velocemente ed i protagonisti sono stati la Francia e l’Italia, ma c’è da fare i conti con una polarizzazione dei consumi, tra bottiglie sotto i due euro e vini sopra i venti”, dice Nguyen Dui Tuan, di Top Wine Director. Anche in Corea del Sudsi sta sgonfiando la bolla dei vini francesi e la gente guarda agli italiani, più accessibili”, sostiene invece Mang Shang Woon, della World Liquor Co.

Spostandoci in Sudamerica, in Brasilei vini rossi toscani stanno facendo bene, così come le bollicine di Lambrusco e Franciacorta – dice Almir Luppi Dos Anjos, di Epicerie De Bebidas Ltda – ma l’aspetto più problematico è quello che riguarda la pressione fiscale, altissima in questo Paese, tanto che il prezzo medio delle bottiglie che acquistiamo si aggira sui due-tre euro”. E a Vinitaly 2015 lo sanno.

Tra i Paesi americani più in salute cui guarda Vinitaly 2015 c’è il Messico, dove “la cultura del vino sta crescendo velocemente, specie se si parla di vino italiano, in crescita costante, dalle etichette toscane a quelle del Nord Italia, come l’Amarone della Valpolicella, con un occhio ai vini del Sud”, spiega Victor Osbaldo Treviño Rincon, della Value Wine S.A De C.V.

L’Australia può invece godere del fatto che sempre più cittadini vengono in vacanza in Italia “e quando tornano in Australia vogliono continuare a bere i vini straordinariamente diversi scoperti durante il proprio viaggio”, come spiega a Vinitaly 2015 Robert Damato, di Casa Italia Gourmet.

Negli Usala grande presenza della ristorazione italiana è il primo veicolo di promozione per il vino – spiega Ramin Dabiri, di Vitis Imports – e poi ci sono consapevolezza e dimestichezza con le tante diverse denominazioni, tanto che a fianco delle etichette più affermate stanno emergendo i vini di Sicilia, Puglia e Montepulciano d’Abruzzo per i rossi, e Alto Adige e Friuli per i bianchi. Dopo la crisi, però, si spende qualcosa in meno, e allora se la fascia 10-25 dollari va ancora forte, sopra i 40 dollari si fa più fatica”.

In Canada, ormai, “il vino italiano è diventato più importante di quello francese, grazie soprattutto grazie ai vini piemontesi, toscani e veneti – dice Jean Louis Fortier, di Defori Selections -, ma bisogna tener presente che qui il vino è molto caro: se in Italia una bottiglia costa 4-5 euro, in Canada arriva a 25 dollari”.

Il giro del mondo di Vinitaly 2015 torna in Europa e riparte dal Regno Unito, dove, dice Peter Ingram, di Vagabond Wines, “c’è ancora tanto da far conoscere, adesso vanno forte alcune regioni emergenti della Toscana, Montecucco, Maremma e Morellino, ma il mercato si sta muovendo anche su vini bianchi di carattere, come il Timorasso”.

In Germaniai vini italiani costituiscono una fetta importante del mercato – dice Nikola Birker, di Vino Donino – con un’offerta che arriva da ogni regione e praticamente su ogni fascia di prezzo sensibile”.

Vinitaly 2015 guarda anche ai Paesi del nord Europa come la Svezia, dove, sostiene Giovanni Brandimarti, della Ward Wines Sweden, “non dobbiamo guardare alla Francia, ma alla crescita della Spagna; senza timori, ma valorizzando ciò che abbiamo di buono”. In Danimarca, invece, vince l’abbinamento al cibo: “Il vino italiano va bene, il prezzo medio si aggira sui 5-8 euro, e i consumatori lo apprezzano molto perché si sposa benissimo con i nostri cibi”. Parola di Erik Sekkelund Andersen di Cavalcade Wines.

Olanda e Belgio offrono invece scenari contrastanti. Nei Paesi Bassi “il prezzo è sì una variabile importante – sostiene Enrico Hujbrechts, di Dewijniengel Wijnkoperij -, meglio che sia al di sotto dei 10 euro, ma attenzione, perché il vero valore aggiunto è la ricchezza varietale”. In Belgio il vino italiano soccombe ancora alla concorrenza di quello francese “ma il consumatore è molto preparato e sa riconoscere e premiare il giusto rapporto qualità/prezzo, su tutte le fasce di prezzo, e non importa da che regione arrivi un vino”, dice Karel Wilmots di Kwart Cgv.

Già, la Francia… E dai cugini, spocchiosi, come va il nostro vino? Vinitaly 2015 lo ha chiesto a Olivia Baldy di Millesima, che ha rivelato come l’Italia del vino è “salita alla ribalta dopo il boom dei prezzi di Bordeaux: il consumatore francese ha trovato nel vino italiano esattamente ciò che cercava. Ottimi vini al giusto prezzo”.

Vini biologici, fenomeno in crescita

Uno dei segmenti che fa registrare una crescita importante nel settore della enologia italiana è quello dei vini biologici certificati. Si tratta di vini che vengono per lo più da cantine piccole o piccolissime e che sono frutto di una forte attenzione per l’ambiente; inoltre, particolare per nulla trascurabile, sono vini che piacciono sempre più sui mercati internazionali, anzi, spesso le cantine che producono questi vini biologici sono più conosciute all’estero che in Italia.

Un successo che rende l’Italia il primo produttore europeo di vini biologici, che in numeri si traducono in 5 milioni di quintali di uva da vino raccolti ogni anno su una superficie coltivata dedicata pari all’11% dell’estensione nazionale, per una produzione di vini biologici che pesa il 7% del totale nazionale.

L’altra faccia dei vini biologici è quella dei cosiddetti vini naturali. Una nicchia nella nicchia che, secondo l’unica rilevazione scientifica disponibile realizzata da Servabo (progetto di editoria condivisa che ne ha censito i produttori), rappresenta solo l’1,64% della superficie vitata nazionale e dà lo 0,74% alla produzione enologica italiana totale. Numeri indubbiamente molto piccoli ma in deciso aumento tanto che, a Vinitaly 2015, vini biologici e vini naturali, saranno protagonisti con due saloni specializzati, Vinitalybio e Vivit, e con una collettiva Fivi.

Vinitalybio è giunto alla seconda edizione e ospita una settantina di aziende, per le quali è stato realizzato da Veronafiere un incoming dedicato di buyer da Germania e Belgio. All’interno di Vinitalybio sarà attiva l’Enoteca bio, con degustazione di tutti i vini biologici presenti a Vinitaly 2015, in modo da coinvolgere anche le aziende che, in altri padiglioni, oltre ai vini prodotti con metodi convenzionali propongono una linea di vini biologici certificati.

Vivit è invece la consueta vetrina dei vini artigianali, con oltre 120 cantine presenti, provenienti, oltre che dall’Italia, da Gran Bretagna, Francia, Germania, Austria e Slovenia.