Il mercato interno del vino a Vinitaly 2015

Vinitaly 2015 è una vetrina per il vino italiano e per il mercato enologico internazionale e nazionale, ma non c’è dubbio che, specialmente il secondo, sia una delle voci più importanti nel bilancio annuale dell’enologia made in Italy. Del resto, come evidenziano le statistiche, in quantità e valore, il vino italiano che finisce nel mercato interno è la metà del totale prodotto.

Una costante nelle analisi di Vinitaly, anche di questo Vinitaly 2015; un elemento ormai stabilizzato da anni, che fa del mercato italiano quello più importante per i produttori del Belpaese. Il mercato interno continua infatti a mantenere un’importanza non solo in termini numerici, ma anche strategici. Come ricorda l’Osservatorio di Vinitaly 2015, una buona presenza nel mercato di casa è un ottimo trampolino promozionale verso l’estero.

La situazione italiana per quanto riguarda le vendite di vino non è però tutta rose e fiori. Se, da un lato, la quota di consumo interno pro capite diventa sempre più bassa (siamo quasi al di sotto dei 30 litri all’anno), dall’altro anche il vino sconta la situazione macroeconomica difficile.

Vinitaly 2015 prova però a guardare oltre e a cogliere i segnali positivi che arrivano dal mercato. Primo fra tutti, quello di cui abbiamo parlato ieri, relativo alle vendite di vino nella Gdo, con un aumento in termini di valore nell’ultimo anno che si inserisce però in un quadro di calo che ha caratterizzato gli ultimi cinque anni. Se la Gdo veicola il 75% delle bottiglie vendute in Italia, parliamo però del vino che costa dai 3 euro in giù a bottiglia, che margina poco e rappresenta l’80% delle vendite della Gdo. Considerando che le previsioni, su questo fronte, non vedono un aumento dei volumi, una strategia per uscire dalla secche sarebbe quella di puntare ad aumentare il valore del vino venduto, secondo logiche di qualità e non di quantità, che prevedono importanti investimenti in comunicazione e marketing.

Quello che fanno le enoteche, che a Vinitaly 2015 avranno un spazio importante e che, negli ultimi anni, stanno vivendo una rinascita, dovuta in parte alla crescita in Italia delle vendite di vini di qualità e in parte al contatto diretto con i produttori, alle iniziative e alla vendita differenziata che esse offrono. Un canale, quello delle enoteche, che cresce sfruttando la debolezza della Gdo.

Secondo Vinarius, l’associazione delle enoteche italiane, sono punti vendita che occupano circa il 10-13% del mercato del vino italiano e che potrebbero crescere proprio in un momento in cui si cerca di spendere meno, ottimizzando l’investimento. Vinitaly 2015 sarà un’ottima cartina di tornasole anche su questo punto.

Vinitaly 2015 fa il punto su vino e Gdo

Vinitaly 2015 (Fiera di Verona, 22-25 marzo 2015) è alle porte e tutto il mondo dell’enologia italiana ne approfitta per fare il punto su numeri, tendenze, novità e previsioni. E siccome quello del vino è un fenomeno di massa, prima ancora che di nicchia, è molto importante per l’intero settore avere il polso delle vendite di vino nella Gdo (grande distribuzione organizzata).

Per fortuna, sono di miglioramento, nel 2014, i segnali che vengono dalle vendite di vino nella grande distribuzione, che invertono la tendenza negativa del 2013 e degli ultimi anni e fanno ben sperare per il 2015.

Come risulta da una ricerca dell’istituto di ricerca Iri, che sarà presentata a Vinitaly 2015, il dato globale del vino confezionato fino a 75 cl segna infatti un +1,5% a valore e un +0,2% a volume. Le bottiglie da 75 cl a denominazione d’origine spuntano un +1,3% in valore per i vini a denominazione d’origine in bottiglia da 75 cl, ed un -0,7% a volume (nel 2013 il calo era stato del 3,2%).

La ricerca Iri per Vinitaly 2015 indica quali sono i vini più amati dagli italiani nel 2014, in base alla classifica dei vini più venduti nella Grande Distribuzione. In vetta ci sono Chianti e Lambrusco, terzo gradino del podio per il Vermentino. Buone le performance del Prosecco, del Nero d’Avola, del Muller Thurgau e del Traminer.

Tra i vini “emergenti”, cioè con maggior tasso di crescita nel corso del 2014, ai primi posti ci sono i vini marchigiani/abruzzesi Pecorino e Passerina e il siciliano Inzolia. New entry, il laziale Orvieto.

La questione fondamentale per il 2015 e i prossimi anni è la difesa del valore da parte delle cantine e della Grande Distribuzione – ha detta Virgilio Romano, Client Service Director IRI, commentando la ricerca per Vinitaly 2015 -. La rincorsa dei volumi come prevalente obiettivo di crescita rischia di rivelarsi controproducente. Quindi sì alle promozioni, ma con intelligenza strategica. La difesa del ‘passa dalla difesa dei prezzi. Ogni prezzo deve riflettere un sano equilibrio di bilancio, bilancio in cui alle principali voci di costo deve aggiungersi sempre più quello della comunicazione, che deve avere tra i suoi obiettivi anche quello di trovare i consumatori di vino del domani.

Questo tema sarà anche oggetto di una tavola rotonda a Vinitaly 2015 che vedrà confrontarsi produttori e distributori. E, a proposito di distributori, così commenta il rappresentante di Federdistribuzione a Vinitaly 2015 Angelo Corona: “Il tema di come calibrare le promozioni è fondamentale. Occorre sostenere i consumi, non solo di vino, ma senza drogare il mercato e senza annullare la percezione del giusto prezzo, che i consumatori devono mantenere. Il 2014 ci offre qualche segnale positivo, come la crescita a volume e valore della bottiglia fino a 75 cl, fatto che non avveniva da anni.

Vinitaly 2015 scalda i motori

Mancano ormai pochi giorni all’apertura di Vinitaly 2015 (Fiera di Verona, 22-25 marzo) e l’appuntamento più importante d’Europa per l’enologia italiana è da sempre il momento per analisi e riflessioni su una delle più grandi ricchezze del made in Italy, il vino.

Del resto, lo stesso ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, in occasione della conferenza stampa di presentazione di Vinitaly 2015 (la 49esima edizione della fiera) è stato chiaro: “Oggi – ha affermato – possiamo presentare insieme un appuntamento fondamentale per il sistema italiano, perché Vinitaly rappresenta nel mondo tutta l’esperienza vitivinicola nazionale. A Verona sarà l’occasione per fare insieme il punto delle cose fatte dal Governo per la semplificazione burocratica e l’internazionalizzazione delle nostre aziende e per lanciare i nuovi obiettivi oltre l’Expo 2015, tra questi il Testo Unico sul vino, per la riorganizzazione e il riordino del comparto”.

Un impegno chiaro da parte del Governo a supporto del vino italiano, grazie alla validità della collaborazione con Veronafiere per l’attuazione di politiche di sviluppo economico e di promozione del made in Italy sui mercati internazionali, tra le quali Vinitaly 2015 assume il ruolo principale.

Come detto, Vinitaly 2015 è l’occasione per analizzare trend e andamenti del mercato enologico italiano. In questo senso, il 2014 è stato difficile per varie congiunture internazionali, ma il sentiment delle aziende è positivo, come risulta da un’indagine di Vinitaly su 30 tra le realtà enologiche più importanti. Si tratta di un panel “scientificamente non rappresentativo”, ma certamente significativo per il volume d’affari espresso, complessivamente circa 2 miliardi di fatturato, e per la dinamicità imprenditoriale.

Ne è emerso che nel 2014 si è registrata una crescita del fatturato delle cantine italiane pari al 5% rispetto al 2013 e, dato importante, il 55% di queste esprime fiducia per il 2015; il 35% in questi primi due mesi ha già avuto riscontri positivi e il 5% prevede un anno molto positivo: «Abbiamo imparato che di questi tempi è difficile fare previsioni e che i numeri cambiano velocemente, specie alla luce dei repentini e imprevedibili cambi negli assetti geopolitici internazionali che possono avere effetti diretti sul comparto, ma è indiscutibile – ha detto Giovanni Mantovani, Direttore Generale di Veronafiere – che il settore vitivinicolo italiano mostra la sua vivacità e capacità di crescita».

Vinitaly 2015 è stata proprio pensata per permettere a produttori e operatori di amplificare al massimo le opportunità che si stanno delineando e per crearne di nuove. Incontri b2b sono stati organizzati tra i buyer delle delegazioni ospitate e le aziende espositrici all’interno dell’International Buyer Lounge. Un grande convegno, richiesto da consorzi di tutela, aziende vitivinicole e altre realtà del settore, approfondirà invece il tema delle trattative ITTP (Trattato Transatlantico sul commercio e gli investimenti con gli Usa). A questo, si aggiungono i focus su Hong Kong, Cina, USA, Russia, Brasile, Australia.

La fiducia sulla qualità delle iniziative di Vinitaly 2015 è confermata dal consolidamento oltre quota 4mila del numero di espositori e della superficie occupata sopra i 91mila metri quadrati, che diventano 100mila con Sol&Agrifood ed Enolitech, i saloni dell’agroalimentare di qualità e dei mezzi tecnici per la filiera del vino e dell’olio che si svolgono in contemporanea.

A Vinitaly 2015 ci sarà anche la presentazione ufficiale di “Vino – A taste of Italy”, il padiglione del vino all’interno del Padiglione Italia di Expo2015, realizzato da Veronafiere-Vinitaly su incarico del ministero delle Politiche Agricole, Padiglione Italia ed Expo 2015 SpA.

Vino, accordo tra Italian Trade Agency ed Enoteca Italiana

Una delle eccellenze del made in Italy è senza dubbio il vino. Ecco perché l’ormai ex Ice (che adesso si chiama Ita, Italian Trade Agency) ha sottoscritto un importante protocollo con Enoteca Italiana di Siena, con la quale collabora da una ventina d’anni e che adesso sarà un vero partner strategico

L’obiettivo dell’accordo siglato tra Italian Trade Agency ed Enoteca Italiana è una stretta collaborazione, e una programmazione congiunta per la valorizzare il vino in Italia e all’estero, coinvolgendo in maniera attiva le imprese vinicole.

Italian Trade Agency ed Enoteca Italiana realizzeranno un network per commercializzare il vino, gestire eventuali missioni estere e di giornalisti stranieri in Italia, allestire un corso di formazione sui vini italiani, organizzare giornate di studio sui mercati internazionali, oltre a programmi di promozione, produzione di materiale pubblicitario e supporto tecnico-organizzativo per allestire seminari o degustazioni.

Il presidente e amministratore unico di Enoteca Italiana, Paolo Benvenuti, ha sottolineato che l’accordo con Italian Trade Agencyper noi è un riconoscimento importante e la conferma che, nonostante le difficoltà, il nostro ente ha ancora un ruolo insostituibile, essendo l’unico ed autorevole riferimento pubblico per il vino italiano”.

Vino italiano, un bene rifugio

Che cosa c’è di più lussuoso di un vino italiano? Quasi nulla, anche perché il vino italiano è sempre più un bene prezioso e di rifugio, quasi come l’oro. Lo hanno certificato anche due ricerche commissionate da un vino italiano tra i più pregiati, Ornellaia, al Censis e alla famosa casa d’aste inglese Sotheby’s.

Dalle ricerche emerge che nel 2014 i vini di pregio battuti nelle aste internazionali sono cresciuti in quantità e in valore (+13%), tanto che il vino italiano top (+47%) ha sconfitto il francese (-1%) per prezzi di battitura. E, tra i vini che sono un investimento, c’è proprio l’Ornellaia.

Questo cambiamento nell’approccio al vino italiano, secondo il Censis, è dovuto principalmente alla crisi, che ha modificato il concetto di lusso dal possesso all’esperienza. Una sterzata che ha fatto aumentare la spesa delle famiglie per alberghi, ristoranti e l’alimentare puntando tutto sulla qualità.

Una cambiamento che si riflette anche nelle cifre e anche per quello che riguarda il vino italiano. Infatti, secondo il Censis, negli ultimi 40 anni il consumo di vino italiano è calato del 40%, dall’inizio della crisi (2008) ha perso un ulteriore 8%, mentre la spesa è salita del 3,5%. Qualcosa vorrà pur dire…

Vino Dop e Igp, un po’ di chiarezza

Una delle eccellenze dell’agroalimentare italiano, il vino, è anche al centro di uno dei settori, quello enologico, maggiormente normato e, a tratti, poco chiaro proprio per l’eccessiva ricchezza di norme. Ora il ministero delle Politiche agricole, su sollecitazione di Coldiretti, ha emanato una circolare esplicativa con la quale sancisce che la regione o la provincia di produzione di un vino Dop o Igp potranno apparire “in chiaro” sull’etichetta.

In questo modo si semplifica l’uso dei nomi geografici del vino, a beneficio del lavoro delle aziende vitivinicole e dei consumatori. La circolare in questione, emanata sul finire del 2014 (esattamente il 31 dicembre) chiarisce che i disciplinari di produzione di un vino a Dop e Igp possano decidere a priori le condizioni per l’impiego di nomi geografici più ampi; però, qualora mancassero queste indicazioni puntuali, le cantine potranno aggiungere il territorio, la provincia o la regione di appartenenza del vino purché rimpiccioliscano i caratteri di stampa ed evitino “forme ingannevoli o descrittive enfatiche o evocative”.

Soddisfatta Coldiretti, che sottolinea come questa circolare riempia un vuoto normativo che in taluni casi aveva già generato dei casi di non conformità da parte di produttori che, sul loro vino, avevano applicato etichette giudicate non regolari, solo perché specificavano meglio la zona di produzione, senza danneggiare comunque la necessaria tutela della Dop o della Igp.

Vino, quando l’export è spumeggiante

Per una volta, vale a pena stappare una bottiglia per festeggiare i buoni risultati di un settore della piccola impresa italiana. Parliamo del settore vitivinicolo, nello specifico di quelle cantine la cui specialità sono le bollicine made in Italy.

I dati dell’export (sì, sempre l’export, alla faccia del mercato interno…) di vino e bollicine italiane nei primi sei mesi del 2013, forniti da un’analisi di Assoenologi, sono più che incoraggianti. Le vendite all’estero di vino italiano nei primi sei mesi del 2013 sono cresciute dell’8,4% in valore nonostante una contrazione (-3,1%) dei volumi. Se però si guarda al settore degli spumanti, la tendenza della crescita dei valori e dei prezzi medi a fronte di un calo dei volumi, si inverte.

La crescita delle bollicine italiane a giugno 2013 è stata del 10,5% nei volumi e del 17,9% del fatturato grazie a un progresso del 6,7% nei prezzi. In 4 anni il valore delle etichette a denominazione d’origine (escluso l’Asti) è salito da 65,4 a 160,2 milioni di euro (+144%). La crescita nel primo semestre 2013 è stata del 27,8%, contro un +17,6% dell’Asti. Lo “spumante generico” ha invece fatto registrare un valore delle vendite di 44,2 milioni di euro (+12%).

Il fatturato estero del vino italiano è sostenuto dal favorevole andamento del prezzo medio delle bottiglie esportate, passato da 2,13 euro al litro a 2,38 euro (+11,9%).

Buone notizie anche sul fronte dei mercati, dove vincono quelli tradizionali, Stati Uniti (+9,6%) e Germania (+9,5%). Buone performance anche nel nord Europa (Svezia +15%, Norvegia +11,3%) e dall’estremo oriente (Corea del Sud +21,2%), mentre alcuni mercati considerati promettenti hanno fatto registrare brusche frenate: Cina (-0,7% in valore, -41% in volume), Russia (-26,1% in quantità), Giappone -11%. Ci si salva con il prezzo medio, cresciuto del 71% in Cina, del 57% in Russia, dell’11% in Brasile, del 15,4% in Gran Bretagna e dell’11,5% in Svizzera.

Tempo di vendemmia. Come stanno le imprese del vino?

di Davide SCHIOPPA

Autunno, tempo di tensioni sociali, manovre di stabilità, preparativi per il Natale e, soprattutto, tempo di vendemmia. Quello del vino è uno dei settori italiani a maggiore densità di piccole e medie imprese ed è un ambito nel quale, secondo una vulgata un po’ troppo ottimistica, la crisi si percepisce meno, mentre in realtà non sono poche le ombre che si allungano sull’enologia italiana.

C’è da dire, però, che a salvare nel complesso il settore dalle tempeste della crisi globale, nel mondo della vitivinicoltura contribuisce in maniera decisa quella regola propria dell’intero settore manifatturiero italiano secondo la quale le imprese maggiormente vocate all’export vedono salvaguardati in maniera più forte il loro business e i loro fatturati. E pochi prodotti come il vino, in Italia, hanno una fortissima proiezione sui mercati internazionali.

E, in effetti, nel 2012 l’export dei vini italiani è cresciuto del 6,5% in termini di fatturato, per un totale record di 4,7 miliardi di euro. Una cifra che vale il 50% del vino prodotto in Italia. Questo significa che la metà della produzione rimane sul mercato interno e, se i dati sono quelli dello scorso anno, ecco una delle ombre delle quali accennavamo all’inizio. Nel 2012, infatti, in Italia si sono versati 22,6 milioni di ettolitri in meno rispetto al 2011, pari a una flessione del 2%. Poca cosa, sembrerebbe. Ma nel Paese del vino, tanto poca non è.

Anche perché, come è tipico del tessuto produttivo italiano, la maggior parte delle cantine è costituita da realtà medio-piccole, capaci di darsi forza aggregandosi in consorzi e consorzietti ma incapaci di far valere il proprio peso in modo incisivo a livello nazionale e, soprattutto, incapaci di porsi sul mercato estero parlando una sola voce. Quando i nostri concorrenti più temibili, i francesi, sanno valorizzare e far passare come delle perle anche i vini più sfigati o, comunque, di minor pregio e qualità dei nostri. Basta parlare di “terroir” e tutto sembra un mondo magnifico…

Ecco perché vale la pena fare quattro passi tra botti e cantine per capire che aria tira e per capire, soprattutto, quanto rischiamo di perdere, come imprese, addetti e volumi, anche in un settore dove saremmo primi indiscussi al mondo. Alla faccia dei terroir.

Santi, navigatori e burocrati

All’ultima assemblea generale di Confartigianato il presidente Giorgio Merletti è stato chiaro: “Le imprese italiane corrono contromano e a occhi bendati e sembra si faccia di tutto per spingerci oltre confine per trovare condizioni normali per fare impresa: il fisco italiano tassa il 68,3% degli utili lordi d’impresa, in Svizzera appena il 30,2%“.

Un’accusa durissima e circonstanziata, basata su cifre reali. Secondo Merletti, chi dovrebbe determinare le sorti dell’Italia “non comprende che l’artigianato e le piccole imprese sono il cuore, le mani e l’intelligenza del made in Italy” e che tasse e burocrazia le stanno uccidendo.

Dall’inizio della legislatura tecnica a oggi, il Parlamento ha approvato ben 491 norme a contenuto fiscale, ciascuna corredata da decreti attuativi e circolari esplicative. Una zavorra che, secondo Merletti, “non possiamo più permetterci il lusso di indossare la maglia nera in Europa per la pressione fiscale e burocratica. Vorremmo cominciare a scalare la classifica. E non diteci che non ci sono risorse per cambiare le cose. Molti interventi si possono fare a costo zero. Però bisogna volerlo“.

Sul fronte della burocrazia, nell’ultimo anno le Pmi italiane hanno buttato in oneri amministrativi la bella cifra di 31 miliardi e l’ultimo anno e mezzo è stato particolarmente difficili per le imprese e per il Paese. Da metà novembre 2011 a giugno 2013 il numero delle aziende italiane è calato dell’1%, pari a circa 60mila imprese, 44mila delle quali artigiane per un calo pari al 3%. Un calo che, secondo Confartigianato, è legato a quello del Pil (-3,4%), del credito alle imprese (-6,4%) e inversamente proporzionale (guarda un po’…) all’incremento del debito pubblico (+6,4%).

Grandi alleate della burocrazia sono le tasse. Secondo un rapporto dell’Ufficio studi di Confartigianato, nel 2013 gli italiani ne pagheranno 38 miliardi in più, vale a dire 639 euro di maggiori imposte pro capite, rispetto alla media dei cittadini dell’eurozona. Il divario tra Italia ed Europa è dato dall’aumento della pressione fiscale che quest’anno in Italia raggiungerà il 44,6% del Pil: 2,4 punti in più rispetto al 42,1% registrato nella media dei Paesi dell’eurozona. Ma c’è dell’altro. Secondo il rapporto, se si considera il mancato gettito dell’economia sommersa, la pressione fiscale effettiva sale al 53,4% del sempre peggio. Torniamo a dire: come si fa a fare impresa così?

La burocrazia si mangia 100 giorni di lavoro all’anno

In un mondo perfetto gli imprenditori dovrebbero lavorare, fare business, produrre ricchezza e benessere. Nel mondo e nel Paese imperfetto nel quale viviamo perdono tempo, un sacco di tempo, a sbrogliare pratiche burocratiche.

La conferma arriva da Coldiretti, che in un’analisi ha stimato come nelle aziende la burocrazia faccia perdere fino a 100 giorni di lavoro all’anno che vengono sottratte all’attività di impresa per l’innovazione e la ricerca di nuovi mercati, in un difficile momento di crisi.

Nell’analisi si evidenzia anche come la burocrazia rappresenti uno dei fattori indicati come principale ostacolo dai giovani che vogliono aprire una attività agricola. La situazione, secondo Coldiretti, è particolarmente grave, ad esempio, in uno dei settori simbolo del made in Italy come il vino dove, dalla produzione di uva fino all’imbottigliamento e vendita, le imprese devono assolvere a oltre 70 attività burocratiche e relazionarsi con 20 diversi soggetti: dal ministero delle Politiche agricole alle Regioni, dalle Province ai Comuni, fino ad Agea, Organismi pagatori regionali, Agenzia delle Dogane, Asl, Forestale, Ispettorato Centrale qualità e repressione frodi, Nac, Guardia di Finanza, Nas, Camere di Commercio, organismi di controllo, consorzi di tutela, laboratori di analisi. Giusto quattro gatti…

Secondo l’associazione, il peso della burocrazia è anche nella quantità di norme di settore del vino: sono oltre 1000, contenute in circa 4000 pagine di direttive, regolamenti, comunicazioni, note e decisioni del Consiglio e della Commissione europea, leggi, decreti, provvedimenti, note, circolari e delibere nazionali e regionali.

Il carico sovrumano rischia ora di gravare ancora di più sulle imprese, con la messa a regime del nuovo sistema di certificazione e controllo dei vini a Denominazione. Secondo Coldiretti, “dimezzare il tempo perso dalle imprese con la burocrazia, attuando misure per un rapido processo di digitalizzazione della PA, per il coordinamento delle competenze nazionali e regionali, per l’unificazione di tutti gli adempimenti burocratici nel fascicolo aziendale” è uno degli obiettivi principali da perseguire, come illustrato nel documento “L’Italia che vogliamo”, presentato a tutti i gruppi politici.