Vita da Commerciale – Il principio del Contrasto.

Il primo principio di cui voglio parlare è il principio del contrasto. Per essere più precisi, Cialdini non lo considera un principio vero e proprio, ma un fenomeno, applicabile a tutti gli altri sei principi. Vediamo di che si tratta.

Considera questi due casi: nel primo ti viene chiesto di sollevare un peso di 5 kg e subito dopo uno da 10 kg; nel secondo caso, invece, devi sollevare prima un peso da 20 kg e poi lo stesso peso da 10 kg del primo caso. Secondo te, in quale dei due casi avrai la sensazione che il peso da 10 kg sia più leggero? Probabilmente nel secondo.
Altro esempio: entri in un negozio di abbigliamento e chiedi quanto costa una giacca che poco prima hai visto in vetrina. Il commesso ti risponde 290 euro. Vi avvicinate al capo esposto per guardarlo meglio, il commesso controlla l’etichetta e si accorge che il prezzo che ti ha appena detto è sbagliato. Il prezzo corretto è 190 euro. Scusandosi, vi avverte prontamente dell’errore. “Magicamente” la giacca ti appare più interessante.
Terzo esempio: vuoi regalare una macchina fotografica digitale alla tua fidanzata. Non hai idea di quali possono essere le varie opzioni a tua disposizione. Decidi di chiedere al personale di turno del negozio. Ti vengono proposti tre prodotti di diversa qualità a tre prezzi diversi: modello base (90 euro), modello intermedio (140 euro) e modello top (200 euro). Per non saper né leggere né scrivere, ti butti sulla soluzione intermedia. E se ti avessero proposto da subito solo il modello intermedio?

Negli esempi sopra illustrati si ha a che fare con il principio del contrasto. In sostanza, siamo abituati a fare paragoni e quindi a comparare le informazioni a nostra disposizione per determinare una scelta. Questi paragoni possono comportare ad un “effetto contrasto”, ovvero ad una percezione di differenza (positiva o negativa) rispetto a un punto di partenza detto “àncora” (c’è un bel articolo di Luca Baiguini sul magazine “Vendere di più” di febbraio proprio sulle àncore). Una differenza positiva per il possibile acquirente è data quindi da uno sconto, da una riduzione, da un vantaggio rispetto ad una condizione originariamente più sfavorevole. Nella mente del cliente si forma infatti una sorta di “incentivo all’acquisto” determinato appunto dal contrasto creatosi.

Questo principio si può tradurre anche in ambito negoziativo grazie ad una delle regole fondamentali della negoziazione: “partire alti”. Partendo da una richiesta più alta di quella per cui siamo disposti a concludere l’affare, possiamo infatti sfruttare il principio del contrasto aumentando le probabilità di successo.

Carlo ZAMPIVA

Vita da Commerciale: pillole di formazione.

Chi come noi lavora nel mondo delle vendite è consapevole di operare in un contesto economico in continuo cambiamento, all’interno del quale i clienti, siano essi privati o aziende, tendono a razionalizzare gli acquisti a favore di ciò che ritengono prioritario e che ne percepiscono di valore. Le ricerche di marketing evidenziano, inoltre, come le esigenze siano in crescita, la fedeltà sempre più labile e la concorrenza ogni giorno più agguerrita e competitiva.

In questo scenario diventa fondamentale affinare costantemente le proprie competenze tecniche e comportamentali, acquisire grande flessibilità nel saper rivalutare le proprie scelte tattiche e strategiche e anticipare le tendenze e i mutamenti per essere sempre… “un passo avanti”. Il tempo però è tiranno e raramente abbiamo la possibilità di fermarci a riflettere su cosa stiamo facendo e come eventualmente poterlo fare meglio.

Spesso in aula incontro commerciali che vivono il paradosso del boscaiolo intento a segare un albero. Durante il suo lavoro viene avvicinato da un tale che, accorgendosi della fatica, gli dice: “Guarda che hai la lama della sega poco affilata; se ti fermi e affili i denti riuscirai nel tuo intento più velocemente e con meno fatica”. E lui, tutto sudato, gli risponde: “Hai ragione, però non ho tempo… devo segare”.

Sulla base di queste premesse nasce la rubrica “pillole di formazione” che si propone, attraverso testi brevi ma di estrema attualità, di fornire spunti di riflessione e contributi di idee per rendere sempre più incisiva la nostra azione commerciale, dal momento che personalmente ritengo che sono proprio i piccoli cambiamenti che possono generare grandi risultati.

Ritengo che la crescita personale e professionale passi attraverso il confronto tra persone che quotidianamente, anche se in contesti differenti, affrontano il medesimo lavoro. Invito tutti voi a confrontarvi sulle tematiche proposte, per poter intraprendere insieme un percorso di reciproco arricchimento.

Vincenzo PATTI

Vita da Commerciale – Vendiamo “sicurezza”.

Chi mi conosce è stanco di sentire questa storia, ma io continuo a raccontarla perché è stata la più bella vendita della mia vita.

Si parlava della fornitura di un impianto da alcune centinaia di migliaia di euro e avevo lavorato a quel progetto per mesi… e un concorrente me lo aveva appena soffiato. Stavo tornando in sede a raccontare al mio capo che durante una riunione mi avevano comunicato che avevamo perso la commessa. Uno dei miei migliori clienti aveva affidato il progetto più grosso degli ultimi due anni ad una piccola società e non a noi leader mondiali di mercato. Eppure non c’era stato nulla da fare, la differenza di prezzo era abissale. Poi un’idea. Ho telefonato al direttore acquisti e gli ho detto di immaginare cosa sarebbe successo se avesse affidato a me il lavoro e io avessi fatto un disastro. Beh, lui avrebbe sempre potuto dire che aveva affidato questo progetto strategico ai migliori. Ma che scusa avrebbe potuto accampare se l’altra azienda avesse fallito? Che era stata scelta per risparmiare? Mi fu chiesto di tornare la mattina successiva e, seppur dopo una trattativa estenuante, me ne andai con un contratto firmato in tasca.

Spesso dimentico che dietro ad una struttura che acquista ci sono delle persone che hanno obiettivi aziendali ma anche personali e che riconoscerli entrambi ha un grande valore nella gestione delle trattative commerciali. Il bisogno di sicurezza è uno di questi. I buyer cercano sicurezza per la propria azienda, perché oggi tutto è molto incerto, i progetti che partono sono pochi e non ci si può permettere di sbagliare. E cercano di ridurre il rischio legato alla responsabilità che si assumono nell’affidare la commessa ad un fornitore.

Su alcuni tipi di forniture consolidate si punta alla riduzione costi. Io vendo innovazione, e le leve sono (anche) altre. Su molti progetti il cliente è pronto a spendere se riconosce la possibilità di ridurre il rischio. Questo perché conosce i rischi e i costi (aziendali o personali) di un fallimento.

D’altronde, la riduzione dei rischi del cliente è una delle strategie consigliate da autori come Markides e Geroski per la penetrazione in mercati appena creati, dove il maggior problema è convincere il cliente a provare un prodotto nuovo e innovativo. Non e’ forse questo uno dei ruoli più importanti del brand? Generare fiducia nel cliente.

Questo è vero anche per il mondo internet. Pensiamo ad Ebay, il noto sito di aste on-line: attraverso questo portale noi acquistiamo oggetti spedendo denaro a perfetti sconosciuti. Lo fareste con altrettanta leggerezza su di un sito mai sentito nominare? Certo, da quando la merce in vendita ha iniziato ad avere valori elevati si è dovuto pensare a strumenti come Paypal… ma i primi passi per abbassare il rischio percepito nelle transizioni sono stati la creazione delle reputazioni virtuali attraverso i feedback di clienti e venditori. La reputazione virtuale è talmente importante che ci sono agenzie specializzate nel crearla, e i social network sono tra gli strumenti più usati.

Vi lascio con una domanda, che può generare idee utili alla nostra comunità: quali sono i modi in cui voi vendete (o vendereste) sicurezza?

Paolo COLOMBO

Vita da commerciale – Buona pesca a tutti!

Vorrei  condividere con voi  3 messaggi importanti che mi sono portato a casa da una riunione aziendale; ovviamente senza alcuna pretesa di approfondimento  che se lo riterrete opportuno potrà essere affrontato in seguito .

Il primo messaggio: l’esecuzione (o execution che suona meglio…). L’Amministratore Delegato di una delle più importanti industrie italiane ha in bella mostra nel suo ufficio un quadro appeso al muro con la seguente frase: “non solo le buone idee che ci mancano ma l’esecuzione”. Fare, fare, fare, fare bene, fare subito e mettere in pratica (quindi eseguire)! In questi anni nei quali il nome del nostro mestiere, il venditore,  si è trasformato in Area Manager, Territory Manager, Industry Manager, Product Sales Manager, ecc, ecc, ecc… sembra che tutti gestiscano qualcuno o qualcosa e nessuno porti avanti il day-by-day con responsabilità e tempismo, attività vitale per la nostra sopravvivenza professionale! Eseguire quindi e  fare accadere le cose, anticipare gli eventi, senza aspettare che i colleghi, i clienti o peggio, i concorrenti, lo facciano, muovendo la trattativa in una direzione diversa da quella che vorremmo noi. Ricordate la similitudine del pescatore? Se il banco di pesce prende una direzione diversa, le energie spese  non corrisponderanno al pesce pescato!!

Dopo l’esecuzione,  che spesso per un venditore è un’attività dinamica “on the road”, fatta  di incontri, riunioni, telefonate,lettere,e-mail,sms con colleghi, clienti, partners, passiamo al secondo messaggio che riguarda la comunicazione. Altra brutta abitudine che noi XXX Managers abbiamo, è quella di pensare che quando comunichiamo, gli altri siano obbligati a capirci. Spesso  quando raccontiamo qualcosa lo facciamo per noi stessi, per sentire quanto è bello il nostro prodotto, quanto è bella la nostra azienda e quanto siamo bravi noi a raccontarlo!  Avete mai pensato che il 70% dei messaggi che le persone si scambiano sono di natura non verbale?! Incredibile ma vero! Forse è meglio quindi se ci focalizziamo  sul nostro interlocutore per essere sicuri che la comunicazione  sia produttiva; ascoltare quello che il nostro interlocutore ci dice, sia in modo conscio, sia  in modo inconscio, con le parole o con i gesti.  Dobbiamo fare una grande attenzione ai messaggi “fisici” che mandiamo e che riceviamo perché questi potrebbero bloccare una relazione anche al primo incontro. Un’altra verità scomoda per chi fa il nostro mestiere è che una persona che ti vede per la prima volta o che riceve un tuo messaggio impiega circa 100 secondi per decidere se tu farai parte del “suo branco” o se sarai un “animale” da evitare.  E questa riflessione ci porta all’ultimo argomento: i messaggi.

In questo periodo sempre più frenetico dove i contatti e gli incontri sono sempre più veloci, la scelta delle  parole giuste e  delle espressioni corrette, è assolutamente strategica per permetterci di essere accettati. Per capire come produrre i contenuti dei nostri messaggi dobbiamo per prima cosa capire chi abbiamo davanti, capire la sua personalità, il suo modo di pensare la vita. Questo possiamo farlo con semplici tecniche psicologiche e immediate che con il tempo impareremo a padroneggiare e ad usare in modo automatico. Considerate che il 95% delle e-mail di chi vuole proporvi qualcosa vengono cestinate;  il 3% vengono forwordate a colleghi o subalterni  e solo il 2% viene tenuto in considerazione; pro buona pesca a tutti quindi!

Paolo MORANDI

Linkedin, come usare il social network per trovare nuovi clienti

Sei un piccolo imprenditore, un consulente o semplicemente un manager di te stesso? Sei convinto che i tuoi prodotti e i tuoi servizi o semplicemente la tua professionalità, possano essere utili a un’altra azienda? Bene, allora sei consapevole che la cosa che dovrai fare per trovare nuovi clienti è promuovere il tuo prodotto, il tuo servizio, le tue capacità. Se adesso stai pensando a quanto possa costare fare questo in maniera performante, se stai pensando a quale testimonial scegliere per fare bella figura con i potenziali clienti, se adesso, caro lettore, stai pensando a questo, sei fuori strada. Se credi fortemente nella tua azienda, se credi che i tuoi prodotti e i tuoi servizi o la tua stessa professionalità possano davvero essere un valore aggiunto per un’altra azienda allora vuol dire che non hai bisogno di testimonial, né di santi in paradiso, l’unico vero testimonial sei tu e le uniche tre cose che ti occorrono sono:

  1. un po’ di tempo da investire.
  2. una strategia commerciale.
  3. essere iscritto a Linkedin.

Ok, se adesso hai preso nota di che cosa ti occorre, andiamo per ordine e vediamo cosa devi fare per trovare i tuoi nuovi clienti.

Per prima cosa, definisci quali sono le aziende che potrebbero essere interessate a te, ai tuoi prodotti, ai tuoi servizi. Fatto? Benissimo, adesso prova a pensare a quale funzione in azienda potrebbe essere preposta alla valutazione della tua offerta (ad esempio, se vendi pubblicità probabilmente potrebbe essere utile parlare con il responsabile marketing oppure con il responsabile media planning; se stai cercando di offrirti come consulente, probabilmente potrebbe essere utile parlare con il responsabile della divisione per la quale vorresti proporti, lo stesso amministratore dell’azienda oppure il responsabile risorse umane). Dopo aver individuato quale potrebbe essere il tuo interlocutore, prova a pensare di averlo di fronte e di avere un solo minuto di tempo per presentare te e la tua offerta. Devi avere business-appeal, in un minuto non puoi raccontare tutto ma certamente puoi incuriosire. Adesso, stendi un elenco delle aziende che potrebbero essere interessate a te o ai tuoi prodotti, quindi cerca di localizzare geograficamente la loro sede centrale. Se fino a qui è andato tutto liscio, vuol dire che hai le idee chiare e se hai le idee chiare forse vuol dire che tu, i tuoi servizi, il tuo prodotto, potreste veramente essere un valore aggiunto per un vostro cliente. Adesso che hai scritto la strategia e stilato la mappa dei potenziali clienti, accedi a Linkedin (se non sei ancora registrato, puoi farlo in pochi minuti se conosci un po’ d’inglese). Controlla che il tuo profilo sia dettagliato e soprattutto aggiornato, ma non sforzarti a scrivere in inglese se i tuoi potenziali clienti sono in Italia, meglio scrivere in italiano, cosicché anche loro possano leggere più agevolmente informazioni sul tuo conto (ricorda che a tutti i frequentatori dei social network, compresi me e te, piace ficcare un po’ il naso nelle cose altrui). Una volta su Linkedin, attraverso la funzione avanzata “search” inserisci all’interno della stringa “keywords” una parola chiave che caratterizzi la funzione aziendale che t’interessa: ad esempio, se stiamo cercando il responsabile marketing la parola chiave sarà “marketing”, quindi scegliamo lo stato, Italia, poi all’interno della stringa “company” inseriamo il nome dell’azienda che c’interessa e vistiamo la casella “current company”, per indicare che stiamo cercando persone attualmente impiegate in quell’azienda. Adesso, se siamo fortunati, ci apparirà un elenco di contatti che corrispondono ai nostri criteri di ricerca. All’interno dell’elenco potrebbe esserci la persona che stiamo cercando. Se hai la fortuna di trovare il contatto sperato, non avere fretta di approcciare con lui, bensì leggi scrupolosamente il suo profilo e impara a conoscere la persona che vorresti contattare. Leggi le sue esperienze passate, il suo percorso di studi, i suoi interessi. Presta attenzione ad eventuali partecipazioni in gruppi su Linkedin. Se studi approfonditamente il profilo del tuo potenziale interlocutore potresti scoprire di avere punti in comune con lui, come ad esempio lo stesso percorso di studi, la partecipazione a uno stesso gruppo su Linkedin o magari potresti trovare interessante registrati a un gruppo cui lui già partecipa (così da avere un motivo in più nel tentativo di approccio). A questo punto sei pronto a richiedere al contatto di entrare a far parte del suo professional network. Cerca di personalizzare il messaggio che invierai ma non essere esplicito nel dirgli che vuoi proporgli qualcosa da comprare, in questo caso il tentativo potrebbe immediatamente fallire. Una volta ottenuta la connessione, trascorso un po’ di tempo puoi passare a un approccio più diretto. A questo punto hai due possibilità per incuriosirlo e richiedere un incontro:

  1. telefonare direttamente in azienda, chiedere di parlare con lui, quindi una volta al telefono iniziare la telefonata  rompendo il ghiaccio menzionando il fatto che già siete in contatto su Linkedin e che leggendo dal suo profilo hai pensato di contattarlo perché credi di avere qualcosa di interessante per la sua azienda. Questo è un approccio “frontale”, molto diretto, ma sicuramente il fatto di essere già in contatto con te su Linkedin disporrà in maniera più favorevole il tuo interlocutore. Lo sconsigliamo se stai provando a proporti come consulente.
  2. scrivere utilizzando direttamente il servizio di messaggistica di Linkedin, per dirgli che probabilmente hai un servizio o un prodotto che potrebbe fare al caso suo e che vorresti incontrarlo. Questo è un approccio più freddo, meno invasivo. Sappi che utilizzando questo approccio ridurrai notevolmente le possibilità di un incontro, ma qualora quest’incontro dovesse avvenire avresti forse qualche chance in più di successo.

La scelta di una delle due strade consigliate per l’approccio la lasciamo a te, alla tua sensibilità commerciale, alla tua timidezza o alla tua sfrontatezza.

Ora che hai approcciato con il tuo potenziale interlocutore, non ci resta che augurarti buona fortuna e consigliarti di non demoralizzarti ai primi rifiuti che riceverai: in fondo, questa è storia commerciale di tutti i giorni e in fondo se sei un piccolo imprenditore o un professionista da almeno più di mezz’ora un po’ dovresti esserci già abituato. Buona fortuna.

Davide SCHIOPPA

Vendite, Marketing, Web 2.0 … and the city!

Il problema di ciò che chiamiamo marketing è che per noi salesman è un concetto astratto e lontano. Lo riteniamo spesso inutile a centrare il nostro fine ultimo che è solo vendere!

Per  vendere, vendere e ancora vendere vogliamo adottare solo metodi e strumenti misurabili, effettivamente utili, agili e veloci.

Non abbiamo tempo per capire, il nostro tempo è utilizzato per far diventare un lead un prospect, ed un prospect un cliente .

Il commerciale ed il marketing non comunicano, parlano da sempre due lingue diverse, sembra non abbiano lo stesso fine, in azienda sono spesso figure che in riunione si scontrano. E’ difficile avere un marketing autonomo e libero che possa esprimersi senza essere al servizio del breve termine di azioni dirette dal reparto commerciale. E questa situazione è limitante.

Di contro, il reparto commerciale convive con i numeri, il budget è assegnato solo in favore dei risultati e spesso le azioni proposte dal marketing  non sono misurabili e di conseguenza sono inaccettabili e lontane dai forecast.

La questione è annosa eppure una svolta c’è stata.

La svolta l’ha data l’online. Il web ha traslato noi ed i nostri clienti in una realtà che non può prescindere dal marketing. Ha reso la vita più semplice alla comunicazione, ha tagliato i costi rispetto all’offline ed ha dato strumenti per tracciare e misurare la maggior parte delle azioni.

Sul nostro sito ilcommercialethesalesman.com ho una rubrica dedicata a questo tema. In questa rubrica vorrei parto da questo punto, analizzare il marketing del Web 2.0, raccontarlo con parole chiare e semplici per  portarlo nella nostra quotidianità. Quotidianità fatta di attività e programmi nel breve, medio e lungo termine che però ci deve portare a chiudere i quarter e questo nuovo 2010 con dei risultati.

Sarà interessante analizzare termini e metodi che ricorrono nei nostri discorsi, linguaggi che in molti pensiamo di conoscere e forse utilizziamo, ma che la maggior parte dei commerciali non padroneggia e non ha mai avuto modo di sviscerare.

Se vi convinco che alcune cose vi serviranno nel day by day, sono convinta che troverete lo spazio per capire ed approfondire.

Questa  non vuole essere una rubrica di marketing accademico, ma un punto di ascolto e di consigli per far entrare un nuovo punto di vista nella nostra testa ogni volta che cerchiamo di avere visione del nostro business.

Il tutto nella maniera più concreta possibile e con un linguaggio ‘ripulito’ dallo slang market taro…per quanto possibile.

Vi aspetto lettori e critici …online!

Agnese Scarito

Vita da commerciale – Va’ dove ti porta il corpo…

Riportiamo una discussione promossa da Marika Mannino sul gruppo “il Commerciale – the Salesman” su Linkedin.

Trasformare i nostri pensieri in parole non è semplice. Controllare il nostro corpo, una fatica disumana.
I movimenti e la gestualità derivano da fattori psicologici e culturali che spesso ci portano ad esprimere significati opposti alle nostre parole. Un po’ come quando al ristorante il nostro stomaco desidera una bistecca e al cameriere chiediamo: “Un’insalata scondita, grazie!”.

Di fronte ad un cliente le nostre parole possono essere assertive e convincenti ma se qualcosa ci sta turbando in quel momento, il nostro corpo può esprimere ansia, nervosismo o addirittura rabbia.

Quando si parla di comunicazione, infatti, si pensa immediatamente alla comunicazione verbale, e cioè all’utilizzo che quotidianamente facciamo del linguaggio parlato e scritto.
In realtà, nell’interpretazione di un messaggio, la comunicazione verbale incide per un massimo del 7%. Il 38% lo esprimono il tono, il ritmo e il volume della nostra voce (la cosiddetta comunicazione paralinguistica) e il 55% lo esprime il nostro corpo.

Nello specifico, la sola gestualità delle mani esprime forti segnali comunicativi.
Non credo però che si possa dare un preciso significato ad ogni movimento delle mani. Spesso ad esempio, durante un colloquio di lavoro tendiamo a nascondere le mani per evitare di svelare il nostro stato emotivo, ignorando che questo controllo sulla gestualità potrebbe essere valutato in maniera negativa e interpretato come segno di personalità timida e introversa e per questo non adatta alla posizione per cui ci siamo candidati.

I nostri gesti, oltre che a rivelare le nostre emozioni, possono aiutarci a rinforzare la comunicazione verbale e porre l’accento sugli argomenti più importanti.

Noi italiani del resto, siamo i maestri della gestualità. Uno per tutti, il caso in cui per rafforzare il concetto: “Ma chi ti ha chiesto niente!” o “Cosa vuoi?” facciamo oscillare la mano con le dita a grappolo rivolte verso l’alto.

Noi italiani nel mondo abbiamo una marcia in piu nel settore commerciale rispetto ad altri proprio per la gestualita’ e i movimenti i cui obiettivi sono non solo di trasmettere il messaggio in modo piu’ diretto ma anche di coinvolgere e interessare il nostro interlocutore nella nostra conversazione”.

                                                                                           Commento di Luca Bucchianica

 

Controllare il corpo, significa anche stabilire qual è la distanza fisica che adottiamo nelle relazioni interpersonali. Se durante una transazione di vendita ci avviciniamo in modo inappropriato al cliente, rischiamo di vanificare la nostra comunicazione verbale causando irritazione e stress nel nostro interlocutore e mettendolo sotto pressione.

È per questo motivo che la cosiddetta distanza “sociale”, che va dai 75 ai 120 cm, è quella che ci porta a stabilire un contatto comunicativo senza causare disagio.

Se con il nostro interlocutore, invece, abbiamo stabilito nel tempo un rapporto di fiducia, la distanza “personale”, che si misura con la lunghezza delle nostre braccia tese in avanti, è quella che ci verrà più naturale assumere.

Ma le nostre differenze culturali fanno sì che la prossemica, la disciplina che studia la distanza nelle relazioni interpersonali, non possa incasellare questi comportamenti in maniera assoluta.
Lo spazio fisico personale, infatti, non è uguale per tutti e dipende, oltre che dal nostro temperamento anche dal  retaggio culturale.

Per la cultura araba, ad esempio, la transazione commerciale deve avvenire all’interno di uno spazio ravvicinato. Situazione opposta nel caso dei Giapponesi o dei Coreani che riterrebbero sconveniente l’invasione del loro spazio personale.

Per non parlare delle differenze di genere: gli uomini prediligono un avvicinamento laterale mentre le donne preferiscono rapportarsi frontalmente.

“Allenatevi a gestire le Vs espressioni facciali involontarie, e prestate attenzione al primo incontro nel caso in cui il vs interlocutore vi porta a prendere un caffè e vi parla di argomenti apparentemente lontani dal vs principale obiettivo, “Vi sta studiando nella gestualità e nelle risposte positive e negative”.

                                                                             Commento di Gianluigi Dolce

 “Impossibile non affermare che il tempo che passiamo nel lavoro è parte della nostra vita e credo che talvolta un pò di educata ma sincera spontaneità sia un bellissimo biglietto da visita e viene sempre ben accolto. Vendere, acquistare , transare sono non solo azioni ma anche emozioni e non dobbiamo a mio avviso essere sempre freddi ma anzi cercare di carpire la fiducia del nostro interlocutore esprimendo una sincera curiosità per la sua persona . Lavorare è parte della nostra vita cerchiamo di essere sempre noi stessi , in modo educato e rispettoso del nostro prossimo ,ma senza tradire il nostro essere più profondo. Alcune trattative vanno male , non solo per una vicinanza troppo stretta ma soprattutto per quel sorriso di benvenuto che abbiamo negato.Aprirsi all’altro lealmente fa ottenere maggiore attenzione su di noi e sul prodotto che offriamo” .

Commento di Emilia

In ogni caso, controllare eccessivamente il nostro corpo e le nostre espressioni vuol dire perdere la spontaneità nelle relazioni interpersonali. Vuol dire indossare una pesante corazza che ci spoglierebbe della nostra personalità rischiando di inibire la sensibilità e l’intuito che spesso determinano il successo del nostro lavoro.

Meglio senza dubbio spostare l’attenzione da noi stessi agli altri. Meglio senza dubbio andare dove ci porta il corpo.

Business? Social è meglio!

Mi chiamo Paolo Colombo, sono nato a Novara 40 anni fa e oggi mi definisco “senza fissa dimora”  perchè in questo mercato le opportunità vanno viste e colte velocemente, seguendole in giro per il mondo. La mia vita, come quella di tanti che si occupano di marketing e vendite, è costellata di valige, aeroporti, autostrade e alberghi:  solo a Novembre sono stato in sette nazioni diverse prendendo 16 aerei e facendo quasi 6.000 Km su strada.

Quando i  miei amici, tutti piuttosto stanziali, mi chiedevano esattamente in cosa consistesse il mio lavoro, la definizione più breve e precisa che mi è venuta è  “io parlo con le persone, e le aggrego intorno a delle opportunità”. Ed in effetti credo che per quanto a prima vista possa apparire semplicistica, questa sia l’essenza del mio lavoro, quella che mi ha spesso permesso di portare innovazione e risultati nelle aziende in cui ho lavorato, sia da dipendente che da consulente o temporary manager. Parlare con le persone ti porta a vedere opportunità e a pensare se e come poterle cogliere. Spesso per farlo non puoi essere da solo ma hai bisogno di professionisti con skill molto elevate, informazioni, contatti, dritte… così inizi a mettere insieme persone e competenze.

Ricordo una bella discussione nel nostro gruppo di Linkedin, Il Commerciale, sul fatto che il venditore sia un lupo solitario o un animale da branco. Ecco, forse al momento della firma del contratto sei solo davanti all’ufficio acquisti, ma se ti giri ad osservare il percorso che ti ha portato a quel momento, ci vedi decine o centinaia di persone… hai parlato con tanta gente, hai costruito relazioni.

Sarà sicuramente anche per una inclinazione personale, ma io oggi credo che da soli non si riesca ad andare più molto lontano. Pensiamo solo alle vendite: concorrenza internazionale, multicanale, gestione di progetti che si sviluppano su continenti diversi, situazione di mercato difficile, organizzazioni aziendali intricate ed in perenne ristrutturazione con interlocutori multipli che cambiano ruoli e/o aziende in continuazione…. di quante informazioni abbiamo bisogno? quali fonti possiamo ascoltare? abbiamo davvero gli skills per gestire questa complessità? E allora le relazioni personali, anche quelle virtuali, diventano preziosissime. Io ho iniziato con Facebook nel 2006 invitato da ex compagni di master americani, managers che già credevano nell’importanza di trovare modi di fare rete, rimanere collegati.  All’inizio era più un gioco, ma in breve mi è parso chiaro che tra discussioni informali, scambi di idee e consigli, presentazioni ad amici avevo trovato un canale che, dal divano del mio salotto, mi apriva le porte ad un universo di fonti privilegiate, notizie dirette. Certo, perchè tutti quelli che fanno il mio lavoro hanno bisogno di contatti e notizie, e il mondo virtuale diventa un posto di scambio che prescinde dalle distanze geografiche, dai settori di appartenenza, dalle posizioni aziendali. Qui ti confronti anche con il tuo concorrente, perchè spesso ci si toglie i cappelli delle rispettive aziende ed il dialogo è tra professionisti interessati ad uno scambio. Do ut des. Oggi utilizzo molto Linkedin e Xing, due tra i più diffusi network professionali. Partecipo a pochi e selezionati gruppi di discussione, quelli più attivi, non mi collego a tutti quelli che mi capita ma solo alle persone che ho conosciuto personalmente o con cui credo di poter condividere delle opportunità… e se non li conosco personalmente spiego loro perchè chiedo una connessione.  Lo stesso Facebook che molti non considerano come un possibile strumento di lavoro  può dare risultati sorprendenti perchè si passa da un sistema formale ad uno più informale e rilassato, dove ovviamente accetto connessioni da pochi ma che sposta di livello la relazione.  I risultati? La principale delle mie società, Flow, che si occupa di temporary management, marketing internazionale e creazione di reti di vendita, ha trovato alcuni collaboratori molto validi tramite le interazioni in rete, permettendoci di cogliere opportunità che altrimenti avrebbero richiesto molto tempo per la ricerca dei partner giusti. Il mio attuale gestore del mercato tedesco arriva da una corrispondenza iniziata su linkedin, e lo stesso vale per le due persone con cui stiamo iniziando a fare business in Sud America. Tramite il gruppo di imprenditori di Facebook ho conosciuto persona che sta aprendo una catena di ristoranti gourmet in Messico, ed ora stiamo aggregando piccoli produttori di specialità alimentari italiane per rifornirli. Ed è sempre la rete che ci aiuta. I piccoli spesso non hanno forza commerciale, capiscono l’opportunità di aggregarsi e vedono nella rete un mezzo economico per provare a farlo. Ovvio che tutto questo ha un costo, anche se spesso nascosto. I social network richiedono tempo e costanza. Se non leggi i post e non partecipi, dopo un po’ sparisci dalla memoria degli utenti. Se invece sei presente, soprattutto se hai la sana convinzione che questo sia un mezzo per condividere idee ed opinioni e non solo una alternativa alla telefonata per presentare la tua azienda, puoi trarre grandi vantaggi, tra cui quello non indifferente , di conoscere persone con cui probabilmente non saresti venuto in contatto. Il secondo impegno, essenziale per concretizzare qualcosa, è la disponibilità ad esplorare il mondo reale: occorre viaggiare, incontrarsi di persona… magari per poi tornare a gestire il business con strumenti remoti come skype o clocking it. Cene, incontri, eventi…. mi è già capitato di andare fino a Monaco di Baviera per un incontro di social network. Pazzia? Io credo nei network, inclusa la loro componente virtuale. Tutti parlano di Web 2.0, ma poi in pochi lo conoscono e utilizzano… forse perchè proprio Facebook ci ha instillato il concetto che i social network si utilizzano nei 10 minuti di cazzeggio durante la pausa pranzo, e che se ci stai attaccato mezz’ora al giorno significa che non hai nulla da fare. Eppure grazie a Linkedin sono riuscito in 3 mesi a proporre un prodotto ai direttori marketing EMEA e in un caso addirittura mondiale di aziende multinazionali, senza uscire di casa. Arrivi a bussare alle loro porte presentato da un loro conoscente, sono anche loro in rete perchè si aspettano di cogliere opportunità… e ti ascoltano per capire se quello che gli offri e’ proprio una di quelle opportunità che cercano.

Abbiamo sviluppato, sempre utilizzando il web come base, un piccolo network di oltre 100 venditori a cui propongo prodotti tecnologici: se qualcuno pensa di avere delle opportunità di vendere, mi scrive e riceve mandato per agire. Di solito hanno già il cliente tra i loro contatti, quindi i loro costi sono molto bassi. E ricevono provvigioni sulla vendita molto interessanti. I prodotti li troviamo noi di Flow, tra le molte piccole aziende innovative che si rivolgono a noi perchè non hanno capacità di vendita o di marketing (quasi sempre entrambe). Accettiamo contratti solo quando i prodotti sono particolari e vediamo concrete opportunità di successo. Ora stiamo progettando un sito web che permetta di gestire questa rete di vendita un po’ particolare, ma che ha già permesso ad alcune piccole aziende di entrare in mercati di nicchia a costi esclusivamente variabili, dando a volte anche l’opportunità di trovare nuovi filoni anche a professionisti della vendita che, in questo periodo sfortunato, si son trovati loro malgrado senza lavoro.

Ho sempre creduto che periodi di crisi portino anche grosse opportunità, perchè distruggono gli equilibri esistenti. La mia strategia è la stessa dei registi dei film: intorno ad un buon copione costruisco il cast e la troupe per quella particolare sceneggiatura. Il network mi ha aiutato a velocizzare questo processo, consentendomi di accedere ad un know how esteso fatto da milioni di professionisti esperti nei loro settori. Oggi quanto valgono informazioni e relazioni per un venditore? Se la vostra risposta è simile alla mia, non c’è bisogno di sottolineare oltre il valore di un social network professionale.

Paolo Colombo

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Siamo tutti persuasori!

Che tu te ne renda conto o no, ogni giorno entriamo in contatto con persone a cui vogliamo vendere qualcosa o che, a loro volta, vogliono venderci qualcosa. Non importa se fai il venditore di professione o se fai tutt’altra cosa: anche solo convincere la tua ragazza a guardare un film horror che tanto ti piace anziche l’ultimo film di Muccino, o convincere il tuo amico ad andare a sciare assieme a Plan de Corones piuttosto che nella solita pista che ormai fai ad occhi chiusi, rappresentano vendite che possono rivelarsi non poi così facili. Quando vendiamo qualcosa, che sia un’idea, un prodotto, un servizio, ecc. abbiamo a che fare con due aspetti importanti: la persuasione e la negoziazione. Il primo, che sarà il tema che tratterò in questa rubrica, riguarda la capacità di ottenere un “si” utilizzando leve motivazionali a costo zero. Il secondo ha sempre lo stesso scopo (ottenere un consenso) ma va ad utilizzare altre leve, ovvero le concessioni, il cui costo sarà più o meno considerevole. Come suggerisce Jim Thomas “Always persuade first. Negotiate only when persuasion fails” (“Persuadi sempre per prima. Negozia solo quando la persuasione non ha funzionato”). Di tecniche, metodi, modi di persuasione ce ne sono un’infinità, più o meno validi. Personalmente credo che tutti si possano raggruppare nei famosi sei principi del prof. Robert Cialdini, noto professore di psicologia dell’Università dell’Arizona e autore di alcuni bestseller nell’ambito della persuasione. A questi sei principi vanno aggiunti due aspetti che reputo importanti: la legge del contrasto e tutta quella macroarea attinente alla persuasione che chiamerò “linguistica” (es. l’utilizzo di certe espressioni verbali, di certi gesti, di alcune implicazioni più o meno veritiere…). Nei prossimi post andrò quindi ad analizzare i vari principi corredati da esempi concreti ed utili per capire come vengono usati e come poterli applicare alle nostre vendite. Infine, chiudo con una citazione che Sebastiano Zanolli riportò durante la serata di presentazione della rivista “Vendere di più” di martedi 2 marzo 2010: “le aziende vanno bene perchè vendono; le aziende vanno male perchè non vendono”. A mio avviso, questo vale anche per tutti noi.

Carlo Zampiva

Coloro che volessero esprimere un commento a questo articolo possono farlo inviando una mail a info@ilcommercialethesalesman.com o rispondendo direttamente a Carlo nella rubrica da lui tenuta “Fatti dire di Sì” sul sito ilcommercialethesalesman.com.