Von der Leyen: interveniamo in Italia come in Ungheria e in Polonia

Il 25 settembre è ormai vicino e non sono pochi gli spettri potenziali che si aggirano nel Paese. Proprio per questo Ursula Von Der Leyen, Presidente della Commissione Europea, ha già detto la sua: in caso di deriva democratica siamo pronti a intervenire come in Polonia e Ungheria.

Vigile attenzione perché la democrazia non è mai al sicuro

Bruxelles, come in ogni campagna elettorale affrontata dai Paesi Membri, resta a guardare avendo in poco conto le dichiarazioni che si fanno in questa occasione. Non così però dopo il voto perché conta l’atteggiamento che poi i rappresentanti degli Stati Membri hanno nei confronti delle istituzioni europee e come si comportano nel Consiglio Europeo. Stravolta però Ursula Von Der Leyen ha in un certo senso lanciato un piccolo monito.

A molti interpreti della politica non sembra essere un caso la citazione della Polonia e dell’Ungheria, infatti Giorgia Meloni, premier in pectore in Italia, non ha mai negato posizioni vicine a Orban, discusso leader ungherese, noto per le sue visioni antidemocratiche e per le posizioni filorusse contrarie alle sanzioni applicate dall’Unione Europea.

La Presidente della Commissione Europea ha sottolineato che la democrazia non è mai al sicuro, c’è quindi una vigile attenzione alle elezioni, ma soprattutto sottolinea che ha bisogno della attenzione delle persone che “sono governate”.

Le parole di Matteo Salvini: le frasi di Ursula Von Der Leyen sono disgustose

Se anche si poteva ritenere in buona fede che le parole di Ursula Von Der Leyen fossero un generico avviso non rivolto in modo specifico al centro destra italiano, è bastato l’intervento di Matteo Salvini a togliere tutti i dubbi. Il leader della Lega alleato di Giorgia Meloni ( Fratelli d’Italia) e di Forza Italia, ha infatti bollato le frasi della Presidente come “disgustose” .

Naturalmente molti possono ritenere le parole di Ursula Von Der Leyen come un’ingerenza eccessiva nella politica dell’Italia, quindi non è dato sapere ad oggi quanto peso potranno avere sul voto, solo dal 26 settembre 2022 si potrà capire quanto i tanti personaggi che hanno lanciato appelli al voto hanno influenzato la campagna elettorale.

Elezioni: come sarà il nuovo Parlamento dopo l’entrata in vigore della riforma?

Dal 26 settembre avremo un nuovo Parlamento e per una volta non è solo un modo di dire, infatti entrano in vigore le nuove regole e nulla sarà più come prima.

I numeri del nuovo Parlamento

La riforma del 2020, fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle, ha provveduto a una riduzione importante del numero di parlamentari. Il numero dei deputati passa da 630 a 400. Il numero dei senatori passa da 315 a 200, resta intatta quindi la proporzione tra il numero dei deputati e quello dei senatori che resta 2 a 1. Dobbiamo però aggiungere i senatori a vita di diritto (ex presidenti della Repubblica) e per meriti. Di sicuro questa soluzione porta a una riduzione dei costi per gli italiani anche se sarà quasi impercettibile dal punto di vista pratico.

Il risparmio calcolato dovrebbe essere di 52,9 milioni di euro l’anno per la Camera dei deputati e 28,7 milioni di euro per il Senato per un totale di 81,6 milioni di euro l’anno. Secondo il calcolo del Corriere della Sera questi soldi ammontano al 5,5% delle spese totali per la Camera e 5,4% per il Senato, come dire le spese sono altre.

Queste cifre sono però al lordo, perché ci sarà anche un minore gettito fiscale derivante da questa riduzione di redditi prodotti. Detraendo le imposte il risparmio effettivo dovrebbe essere di 37 milioni di euro l’anno per la Camera e 20 milioni di euro per il Senato. Meno di un euro a cittadino, ma seguardiamo a cose che si potrebbero fare con questi soldi, diventa più percettibile, ad esempio investirli in istruzione o sanità.

Cambiano le Commissioni, per il Senato potrebbe essere problematico

Non solo risparmio economico, con il nuovo Parlamento cambiano anche le Commissioni, infatti in Senato, visto il numero esiguo di parlamentari, le Commissioni di riducono da 14 a 10 e sono accorpate le funzioni (Esteri e Difesa, Ambiente e Lavori Pubblici, Industria e Agricoltura, Lavoro e Sanità). Non solo, infatti alcuni partiti potranno avere nelle commissioni sono 1 o 2 senatori ciò impedisce la loro specializzazione e sarà necessario un maggiore ricorso a tecnici esterni (questo si tradurrebbe in ulteriori costi). Ricordiamo che la maggior parte dei lavori parlamentari sono eseguiti proprio in Commissione.

Un’altra novità di questa tornata elettorale sarà il voto esteso ai diciottenni per il Senato, in passato votavano solo coloro che avevano compiuto già i 25 anni. La novità porterà al voto 4 milioni di italiani che sarebbero stati esclusi con le vecchie regole. L’obiettivo è rafforzare l’interesse dei giovani per la politica e avere un nuovo Parlamento con una base elettorale più ampia e quindi maggiormente rappresentativo.

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Superbonus 110%: cosa succederà dopo il voto del 25 settembre?

Uno dei provvedimenti cardine fortemente voluto dal M5S e che ha caratterizzato questi anni di governo Conte/Draghi è il Superbonus 110%. Questo consente di effettuare lavori di efficientamento energetico a costo zero.

Superbonus 110%: tanti intoppi e fondi terminati

Il Superbonus 110% è uno dei provvedimenti del Governo targato Conte più discusso. La disciplina ha avuto più volte modifiche e di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate. Di fatto consente di realizzare lavori trainanti, come il cappotto termico e il rifacimento del tetto e lavori trainati, ad esempio impianti di riscaldamento, con la possibilità di ottenere fino al 110% degli importi spesi. Tra i lavori trainati vi sono inoltre quelli per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

Il principale problema a cui è andato incontro sono le truffe, più volte denunciate dal presidente del Consiglio Mario Draghi, inoltre i crediti risultano spesso incagliati perché le imprese sono incapienti, idem per gli istituti di credito. Più volte è stata inoltre modificata la disciplina della cessione dei crediti, infine, sono terminati i fondi. Attualmente per i progetti non ancora approvati non vi sono stanziamenti.

Naturalmente un nuovo finanziamento non può arrivare dal governo Draghi che è in carica solo per gli affari correnti, inoltre è necessario reperire i fondi, cosa non certo facile.

Da più parti si è detto che il Superbonus 110% è una misura utile al risparmio energetico, inoltre è una misura che può aiutare le imprese edili in un periodo di forte crisi economica. Si calcola che solo in questo settore grazie al Superbonus 110% ci siano stati 630 mila nuovi occupati e sembra che sia riferibile a questa misura anche il 6,6% in più di PIL.

Le dichiarazioni delle coalizioni sul Superbonus 110%: cosa succederà dopo il voto?

Cosa ne sarà dopo il voto del Superbonus 110%? Il M5S fautore di questo provvedimento naturalmente vuole confermare il Superbonus 110%, ma attualmente le speranze che possa avere una solida maggioranza sono limitate, c’è da dire che probabilmente una solida maggioranza non l’avrà nessuno e quindi la coalizione risultante “maggioranza” potrebbe chiedere l’aiuto del M5S che potrebbe ottenere in cambio proprio la conferma del provvedimento, insieme ovviamente al reddito di cittadinanza.

Occorre però ricordare che le dichiarazioni delle altre coalizioni non lasciano particolare spazio a speranze, infatti il centro- destra ha ribadito di essere sulla stessa linea d’onda di Draghi che ha più volte dichiarato di considerare il Superbonus 110% la più grande truffa mai realizzata in Italia. D’altronde a luglio a Parma si è scoperta una truffa per 110 milioni di euro e non è la prima truffa milionaria scoperta.

L’idea del centro- destra è ritornare gradualmente al vecchio regime previsto per le ristrutturazioni che in fondo era comunque generoso con la possibilità di recuperare il 50% delle spese, oppure il 65% nel caso di interventi di efficientamento energetico. In base alle dichiarazioni i progetti approvati dovrebbero comunque trovare finanziamento, mentre non sono previsti ulteriori stanziamenti.

Ricordiamo che fino al 2026 risultano prenotate opere per 33,7 miliardi di euro.

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Sulla stessa linea sono anche il centro-sinistra e il terzo polo di Calenda e Renzi. Questo implica che con molta probabilità non vi saranno ulteriori stanziamenti per il Superbonus 110%, ma si ritornerà al vecchio regime di bonus ristrutturazioni.