Denatalità: quali sono gli incentivi per fare figli in Italia e in Europa?

L’Italia ha un problema di bassa natalità e mentre il Governo cerca di arginarlo in vari modi, in Europa c’è chi ha già affrontato la denatalità con aiuti alle famiglie, ma quali sono le tipologie di intervento messe in atto?

Denatalità, l’Italia deve raggiungere quota 2

La media dell’Italia è di 1,24 figli a coppia, l’obiettivo dichiarato dal Governo è arrivare a 2 figli a coppia, sembra facile ma non lo è. Difficoltà nella conciliazione dei tempi di lavoro con i carichi familiari, problemi economici esasperati dall’inflazione, difficoltà a trovare un lavoro stabile in età giovane, portano molte coppie a rinunciare ai figli, spesso anche a causa di una diminuzione della fertilità legata all’età. Raggiungere quota 2 permetterebbe all’Italia di mantenere inalterata la situazione e nel tempo anche una facilità di gestione del sistema pensionistico e del welfare in generale, infatti la popolazione sta invecchiando.

Tra le proposte volte a raggiungere quota 2 c’è quella del ministro Giorgetti che propone di azzerare le tasse alle donne con figli, ma come si comportano gli altri Paesi dell’Unione Europea?

Il Welfare in Europa per contrastare la denatalità

Svezia, Francia e Germania hanno adottato un modello di welfare che mira ad agevolare le famiglie nella conciliazione di lavoro e famiglia, in particolare hanno realizzato un sistema di nidi sufficienti ad accogliere i bambini. La Germania dedica al welfare familiare circa il 3% del Pil e attualmente ha una media di figli per coppia di 1,6. Tra i vantaggi vi sono i nidi gratuiti, ma anche una questione di mentalità, infatti in Germania si è generalmente portati a ritenere che presso i nidi i bambini crescano meglio.

Sempre in Germania sono in vigore due assegni, il primo viene riconosciuto indipendentemente dal reddito a tutti i figli fino al compimento del 18° anno di età, si tratta del Kindergeld che ammonta a contributo di 219 euro per il primo figlio, 225 per il secondo e 250 dal terzo in su ogni mese.

Il secondo sussidio è invece legato al reddito, viene riconosciuto fino al compimento del 14° mese del bambino ed è pari al 65% della perdita economica legata alla rinuncia al lavoro. L’importo massimo di questo assegno, denominato Elterngeld è di 1.800 euro.

Bonus nido e assegno unico e universale

L’Italia in realtà pur non avendo sufficienti posti in nidi pubblici ha adottano il bonus nido che permette alle famiglie di avere il rimborso delle spese per il nido. Proprio questa misura ha portato alla nascita di numerose strutture private. L’introduzione dell’Assegno Unico e Universale dovrebbe essere simile al Kindergeld, anche se gli importi in Italia sono legati al reddito.

Una strategia simile è quella della Danimarca, dove le famiglie possono ricevere un rimborso della retta dell’asilo nido che copre tra il 70% e il 100% della spesa sostenuta. La differenza tra Italia e Danimarca è data dai livelli occupazionali che in Danimarca sono altissimi, mentre in Italia c’è ancora molta disoccupazione, ma soprattutto discontinuità nei contratti.

Leggi anche: Bonus nido 2023: ora si può presentare la domanda. Tutorial dell’Inps

Aumenti Assegno unico e universale, ecco a chi spettano

Alert Inps: il servizio che ti avvisa quando devi presentare una domanda

In Italia sono presenti numerosi bonus e aiuti di varia natura, ma spesso in questa sorta di giungla le persone si perdono, non vengono a conoscenza di loro diritti e lasciano scadere i termini per presentare istanza. Nasce per rispondere a questa problematica il servizio Alert Inps che avvisa le persone quando sono disponibili bonus o altre prestazioni a cui il soggetto può accedere. Ecco come funziona.

Cos’è l’Alert Inps: il servizio innovativo che ti avvisa se puoi presentare una domanda per prestazioni welfare

Negli anni appena trascorsi caratterizzati dall’emergenza Covid è capitato che per alcuni servizi molto pubblicizzati anche dai media, come il bonus psicologo ci siano state numerose domande al punto che molte persone pur avendo i requisiti non sono riuscite a ottenere la prestazione, mentre per altre prestazioni le domande sono state talmente poche che i fondi sono rimasti in parte inutilizzati. Questo effetto è dovuto al fatto che spesso le persone non sono a conoscenza dei diritti, ad esempio per l’Assegno Unico e Universale in un primo periodo le istanze sono state molto poche rispetto alla platea dei beneficiari al punto che l’Inps ha attivato diverse campagne volte a far conoscere questa prestazione.

Per far fronte a questa situazione l’Inps ha attivato il servizio Alert presentato con un comunicato del 24 gennaio 2023.

Come funziona il servizio Alert Inps?

La prima cosa da sottolineare è che il servizio di Alert Inps non sarà attivo in modo automatico, ma deve essere richiesto dal cittadino accedendo all’area riservata My Inps con l’uso di un codice di identità digitale Spid, Cie e Cns. Una volta entrati, è necessario andare alla voce Gestione consensi e successivamente selezionare l’opzione Adesione ai servizi proattivi”.

Effettuata tale scelta, nel caso in cui dovessero essere attivate delle prestazioni o dei bonus a cui il soggetto in base al suo profilo potrebbe avere diritto, riceverà una comunicazione dall’Inps. La comunicazione, o meglio l’alert Inps, sarà inviato tramite Sms, App Io o con e-mail, inoltre si potrà ricevere una notifica attraverso il servizio MyInps.

Leggi anche: App Io:cos’è, come scaricarla e quali servizi sono accessibili?

L’Alert Inps avvisa che vi è la possibilità di presentare una domanda e i termini di scadenza della stessa, inoltre consentono di essere guidati nella compilazione della stessa. Per chi, invece, ha già aderito a prestazioni Inps, ad esempio l’Assegno Unico e Universale, l’Alert Inps invierà comunicazioni, messaggi volti a indirizzare la persona verso i servizi complementari che dovessero essere resi disponibili.

Il sistema Alert Inps si avvale del supporto dell’intelligenza artificiale applicata a un software Open Source e si inserisce nell’ampio spettro di servizi messi a disposizione dall’Inps negli ultimi anni, come il consulente digitale Inps e il portale delle famiglie Inps.

Fondi di solidarietà bilaterale: cosa sono e come funzionano?

Tutelare chi ha una sospensione del lavoro o subisce una riduzione dell’orario di lavoro è uno degli obiettivi del sistema di welfare. Gli strumenti disponibili sono diversi e soprattutto variano anche in base alla dimensione aziendale. Per le realtà in cui non vi è accesso alla cassa integrazione, ordinaria o straordinaria, o altri strumenti di integrazione salariale, ci sono i Fondi di Solidarietà Bilaterale.

Cosa sono i Fondi di Solidarietà Bilaterale

I Fondi di Solidarietà Bilaterali sono istituiti con l’articolo 26 del decreto legislativo 148 del 2015. L’istituzione e l’adesione ai Fondi di è obbligatoria per le aziende che abbiano più di 5 dipendenti, inclusi gli apprendisti e in tutti i settori in cui non ci sono altre forme di integrazione salariale. La legge di bilancio 2022 porta però un’importante novità, infatti è prevista l’adesione ai Fondi di Solidarietà Bilaterale anche per le aziende che hanno un solo dipendente. Le aziende hanno tempo fino al 31 dicembre 2022 per adeguarsi alla nuova disciplina, in caso contrario dal 1° gennaio 2023 confluiscono obbligatoriamente nel FIS (Fondo di Integrazione Salariale dell’INPS). L’obiettivo è fare in modo che tutti i lavoratori possano avere una tutela economica in caso di sospensione del lavoro o sospensione delle attività lavorative. Inoltre vengono preservati i posti di lavoro.

Per maggiori informazioni su FIS, leggi l’articolo: FIS: nuovo termine per presentazione delle domande di accesso al Fondo

La normativa stabilisce che al fine di istituire tali Fondi, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e le organizzazioni dei datori di lavoro stipulano accordi collettivi anche settoriali aventi ad oggetto la costituzione di tali Fondi.

Nei settori in cui i Fondi di Solidarietà Bilaterale non sono istituiti c’è in alternativa il FIS (Fondo di Integrazione Salariale istituito presso l’INPS, si tratta di un fondo residuale).

Quali sono le finalità dei Fondi di Solidarietà Bilaterale?

I fondi devono essere utilizzati al fine di:

  • assicurare prestazioni economiche integrative in favore di lavoratori che perdano il lavoro o subiscano una riduzione dell’orario di lavoro;
  • prevedere un assegno straordinario in favore di lavoratori che perdano il lavoro e si trovino a non più di 5 anni dal pensionamento (di vecchiaia o contributiva). In questo caso l’assegno straordinario viene utilizzato per accompagnare il lavoratore alla pensione;
  • infine, i fondi devono essere utilizzati per contribuire al finanziamento di programmi formativi di conversione o riqualificazione dei lavoratori. Questi fondi possono concorrere, per tale finalità, con fondi europei e nazionali.

Per conoscere come matura la pensione con i Fondi di Solidarietà Bilaterale, leggi l’articolo: Pensioni con i Fondi di Solidarietà Bilaterali, cosa sono e quali sono i meccanismi di uscita

Per i settori dell’artigianato e della somministrazione del lavoro è prevista l’istituzione di fondi di solidarietà bilaterale alternativi.

Chi finanzia il Fondo di Solidarietà Bilaterale?

Naturalmente il fondo per esistere deve essere finanziato e quindi molti si chiedono: da dove provengono i soldi dei Fondi di Solidarietà Bilaterale? La risposta è molto semplice: dalle aziende e dagli stessi lavoratori. I contributi sono versati per 2/3 dall’azienda e 1/3 è a carico dei lavoratori, sulla base di aliquote definite con decreto interministeriale.

Ad esempio, per le aziende che occupano più di 15 dipendenti è prevista un’aliquota dello 0,65% della retribuzione mensile imponibile ai fini previdenziali dei lavoratori dipendenti al Fondo. Le aziende che invece occupano da 5 a 15 dipendenti hanno un’aliquota dello 0,45%.

In caso di sospensione del lavoro o riduzione dell’orario il lavoratore potrà ottenere un assegno ordinario per una durata non inferiore a 15 settimane nel biennio mobile e non superiore ai limiti previsti per CIGO e CIGS.

Le aziende che richiedono per i loro dipendenti l’accesso al Fondo dovranno corrispondere un contributo aggiuntivo dell’1,5% della retribuzione globale che sarebbe spettata al dipendente per le ore di lavoro non prestate.

La procedura per la richiesta di accesso alle prestazioni del Fondo di Solidarietà Bilaterale deve essere effettuata dal datore di lavoro entro 7 giorni dalla conclusione dell’accordo sindacale, mentre la riduzione dell’attività deve intervenire entro 30 giorni dalla presentazione della domanda. Una volta accettata la domanda di accesso al Fondo, sarà disposto il pagamento diretto a carico dello stesso nel caso in cui l’azienda dimostri comprovate difficoltà economiche. In caso contrario, i pagamenti saranno anticipati dal datore di lavoro e poi rimborsati.

 

Lavoratori dello spettacolo, le nuove regole per maternità, malattie, infortuni e pensioni

Per i lavoratori dello spettacolo dallo scorso 1° luglio sono arrivare le nuove regole che riguardano la maternità, la malattia, l’infortunio, la disoccupazione, i contributi e le pensioni. Il nuovo sistema di welfare per i lavoratori dello spettacolo è diventato legge con la conversione del decreto “Sostegni bis” nella legge numero 106 del 2021.

Cosa cambia per i lavoratori dello spettacolo con il nuovo welfare?

Più nel dettaglio, ci si chiede cosa sia cambiato per i lavoratori dello spettacolo con le nuove regole del welfare. Innanzitutto, gli interessati possono godere di un rafforzamento delle tutele assistenziali, a partire dalla genitorialità, con la modifica del calcolo delle indennità. Infatti, si è provveduto a modificare il sistema di calcolo delle indennità: l’ammontare giornaliero va parametrato al reddito maturato nei 12 mesi che precedono il periodo indennizzabile. In precedenza il periodo di riferimento era limitato alle ultime 4 settimane.

Nuove tutele assistenziali per i lavoratori dello spettacolo: meno contributi per la malattia

Inoltre, dal 1° luglio sono cambiate le tutele assistenziali per i lavoratori dello spettacolo con la previsione di meno contributi a copertura della malattia. Infatti, per usufruire dell’indennità economica durante la malattia, i contributi giornalieri versati al Fondo pensione dei lavoratori dello spettacolo devono essere pari a 40 e non più a 100.  I lavoratori dello spettacolo devono aver versato i contributi a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello della malattia stessa.

Retribuzione giornaliera ai fini assistenziali

Passa da 67,14 euro a 100 euro la retribuzione massima giornaliera prevista nei casi assistenziali. La retribuzione massima di 100 euro, dunque, riguarda:

  • le prestazioni e i contributi del Servizio sanitario nazionale;
  • le prestazioni per le indennità economiche della malattia e della maternità.

I lavoratori dello spettacolo, anche autonomi, sono inoltre assicurati presso l’Inail. A tal fine l’adesione è automatica: è sufficiente l’iscrizione al Fondo pensione dei lavoratori dello spettacolo.

La disoccupazione dei lavoratori dello spettacolo

Il decreto legge “Sostegni bis” ha introdotto un’importante novità in tema di ammortizzatori sociali. Infatti, è prevista a partire dal 1° gennaio 2022, l’assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori autonomi dello spettacolo, chiamata “Alas“. L’indennità si rende necessaria per l’assenza di veri ammortizzatori sociali a favore di questa categoria di lavoratori autonomi e per l’impossibilità di accesso alla disoccupazione Naspi.

Lavoratori dello spettacolo: come possono accedere alla disoccupazione dal 2022?

Per accedere all’Alas, si richiede:

  • la non esistenza di rapporti di lavoro subordinato o autonomo;
  • l’aver maturato, nell’ultimo anno, almeno 15 giornate di contribuzione;
  • un reddito riferito all’ultimo anno non eccedente i 35.000 euro.

Disoccupazione lavoratori dello spettacolo, a quanto ammonta l’indennità di disoccupazione?

L’indennità di disoccupazione per i lavoratori dello spettacolo, a partire dal 2022, verrà corrisposta mese per mese per un numero di giornate pari alla metà di quelle relative alla contribuzione al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo. Il calcolo delle giornate comprende quelle che vanno dal 1° gennaio del precedente anno fino alla conclusione dell’ultimo rapporto di lavoro.

Lavoratori dello spettacolo: le novità sui contributi previdenziali e sulle pensioni

Novità arrivano dal decreto “Sostegni bis” anche per quanto concerne i contributi previdenziali e le pensioni dei lavoratori dello spettacolo. Si riducono i contributi giornalieri, da 120 a 90, affinché possa essere riconosciuta al lavoratore l’annualità intera di contribuzione. Per gli attori cinematografici e audiovisivi, che in media maturano un numero di giornate inferiore, il calcolo varia. Infatti, per ogni giornata contributiva di versamento al Fondo pensioni ne viene accreditata un’altra, fino al raggiungimento delle 90 previste per la maturazione di un’annualità.

Bonus giornate accreditate ai fini della contribuzione

I lavoratori dello spettacolo che fossero sotto la soglia di reddito e con almeno 45 giornate di contributi, si vedranno accreditare le giornate mancanti fino alla concorrenza delle 90 necessarie. Ai fini pensionistici valgono, inoltre, anche le attività di insegnamento retribuite, quelle di formazione e quelle di promozione degli spettacoli. Infine, i contributi maturati presso altre gestioni previdenziali possono essere ricongiunti nel limite di un terzo dei contributi annuali. Ciò significa che l’annualità di 90 giornate di contributi viene raggiunta con 60 contributi giornalieri presso il Fondo pensioni dei lavoratori dello spettacolo e altre 30 giornate presso altre gestioni previdenziali.

 

Come viene tassato il welfare aziendale?

I Paesi più industrializzati adottano, insieme alle politiche economiche che sono orientate alla crescita, pure delle politiche sociali che, nello specifico, sono finalizzate a promuovere in maniera diffusa il benessere e soprattutto a soddisfare i bisogni dei cittadini a partire da quelli meno abbienti. Le politiche sociali sono spesso definite come politiche di welfare proprio perché sono orientate a promuovere ed a garantire il benessere della collettività. Ma detto questo, dal punto di vista del prelievo erariale, come viene tassato il welfare?

Come viene tassato il welfare aziendale, ecco tutti i vantaggi fiscali

Al riguardo c’è da dire, prima di tutto, che il welfare a livello fiscale gode nella maggioranza dei casi di una tassazione agevolata. E questo accade, nella fattispecie, quando ad erogare i servizi di welfare è un’impresa a favore dei propri dipendenti.

In tal caso, infatti, si parla di welfare aziendale con l’offerta di un pacchetto di servizi che possono spaziare dai servizi socio-assistenziali a quelli sanitari, e passando per l’istruzione, la disabilità, la non autosufficienza, l’infanzia, le coperture assicurative ed anche il lavoro ed il sostegno al reddito con i premi di produttività che, non a caso, beneficiano di una tassazione agevolata con l’aliquota al 10%. Ma in alternativa l’impresa può convertire proprio il premio di risultato, da riconoscere ai lavoratori, in servizi ed in benefit di welfare con rilevanti vantaggi in termini di tassazione.

La normativa fiscale vigente sul welfare aziendale, infatti, garantisce benefici fiscali sia per il datore di lavoro, sia per il lavoratore dipendente. Nel dettaglio, per i servizi di welfare a favore del lavoratore vige la totale esenzione fiscale e contributiva, mentre il datore di lavoro matura il diritto alla deduzione fiscale, dall’imponibile del reddito di impresa, proprio del costo per i servizi di welfare offerti ai dipendenti. Ma a patto che a monte delle iniziative di welfare ci sia un contratto, e che il piano di welfare sia offerto da parte del datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o comunque ad una categoria omogenea di lavoratori.

Il cuneo fiscale si azzera sempre con le iniziative e con i servizi di welfare aziendale

In altre parole, per i servizi di welfare il cuneo fiscale si azzera rendendo così vantaggiosa la conversione dei premi di risultato. Un imprenditore che, per esempio, riconosce annualmente ad un dipendente 2.000 euro lordi di aumento annuo in busta paga, il lavoratore al netto prenderebbe all’incirca 1.200 euro tra le tasse da pagare ed contributi contributi previdenziali obbligatori. Mentre erogando 2.000 euro annui sotto forma di servizi di welfare non ci sarebbe alcuna trattenuta.

Oltre alla conversione del premio di risultato, i servizi di welfare possono essere erogati ai lavoratori dipendenti, con tutti i vantaggi fiscali sopra indicati, anche attraverso la contrattazione tra il datore di lavoro ed i sindacati di categoria. Nel caso in cui l’azienda sia priva di rappresentanza sindacale interna, il datore di lavoro può in ogni caso decidere di offrire e di erogare i servizi di welfare aziendale ai dipendenti applicando la contrattazione territoriale di settore.

Consulenti del lavoro e welfare aziendale

La tematica del welfare aziendale è sempre più al centro della discussione di quanti si occupano di mercato del lavoro e di strategie aziendali, in quanto tema di grande valore sociale prima ancora che d’impresa.

Ecco perché assume un particolare valore la recente circolare n. 10 emanata dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, nella quale si analizzano le modifiche apportate dal Legislatore e le condizioni introdotte dalla Legge di Stabilità 2016 alla normativa sul welfare aziendale.

Nella circolare sul welfare aziendale, una vera e propria guida, i consulenti sottolineano come potranno essere considerate retribuzione in natura, con relativo trattamento fiscale agevolato, alcune voci come: spese sanitarie e per l’assistenza a disabili e anziani, rette degli asili nido, erogazioni per attività sportive o ricreative a favore di dipendenti o familiari.

Inoltre, sostengono i consulenti, l’erogazione di servizi di welfare aziendale può essere effettuata anche utilizzando appositi voucher. Le erogazioni, altro vantaggio, sono poi completamente deducibili ai fini fiscali da parte dei datori di lavoro.

Tutti elementi che danno, secondo i consulenti del lavoro, benzina al welfare aziendale per ricoprire un ruolo sempre più rilevante all’interno delle imprese nei prossimi anni, poiché il quadro che lo caratterizza è piuttosto competitivo.

Inoltre, dal momento che le modifiche apportate dalla Legge di Stabilità 2016 vanno nella direzione della piena detassazione del welfare aziendale erogato dalle aziende ai lavoratori anche, anche se inquadrato in un ambito contrattuale, secondo i consulenti la prospettiva è quella di un azzeramento del cuneo fiscale, poiché l’esclusione dalla base imponibile fiscale comporta il conseguente esonero ai fini contributivi.

Welfare Index Pmi

Sono sempre di più le imprese che danno un’importanza rilevante al welfare aziendale. Non stupisce quindi il fatto che Generali Italia, con la partecipazione di Confagricoltura e di Confindustria, abbia promosso il Welfare Index Pmi, il primo indice di valutazione del livello del benessere aziendale nelle piccole e medie imprese italiane.

Nel progetto sono state coinvolte 2.140 le piccole e medie imprese, suddivise tra industria, agricoltura e terziario, grazie alle quali è stato costruito l’indice. Di fatto, uno strumento con il quale, ogni anno, le imprese potranno avere accesso a un servizio gratuito con il quale misurare le proprie iniziative nei confronti dei dipendenti e confrontarle con quelle più avanzate del loro settore di appartenenza.

Al momento c’è il massimo riserbo su quali sono le migliori e più interessanti case history uscite dall’indice: lo si saprà solo l’8 marzo prossimo quando, a Roma sarà presentato il Report 2016 e saranno appunto premiate le case history di successo.

Il commento di Philippe Donnet, country manager e amministratore delegato di Generali Italia: “Con il Welfare Index Pmi vogliamo stimolare un cambio culturale nelle piccole e medie imprese, con l’obiettivo di valorizzare la centralità del welfare nella vita quotidiana delle aziende, dei lavoratori e delle loro famiglie. Per un’impresa il welfare aziendale può essere un fattore distintivo sul mercato, segno di relazioni industriali evolute, e può favorirne la crescita“.

Welfare, un interessante convegno a Varese

Le tematiche legate al welfare sono sempre di strettissima attualità in un Paese come l’Italia, che deve fare i conti con una gestione imbarazzante della spesa pubblica e di quella sociale. Ecco perché gli appuntamenti di approfondimento sulle tematiche del welfare sono sempre utili.

L’Ordine dei Consulenti del Lavoro e l’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro – Unione Provinciale (Ancl-up) di Varese hanno organizzato un convegno di aggiornamento professionale sul tema del welfare che si terrà il 25 settembre a Malpensafiere (clicca qui per iscriverti).

Nell’occasione, Daniele Marzullo, responsabile nazionale patronato Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) farà il punto su “Welfare: il ruolo del consulente nelle pratiche previdenziali ed assistenziali”, per affrontare le diverse tematiche legate al welfare nella situazione attuale del nostro Paese.

Con questo appuntamento sul welfare, i Consulenti del Lavoro ricordano ancora una volta di costituire “il punto di riferimento per un settore di importanza cruciale, quello dell’occupazione e della previdenza che, mai come in questo periodo di crisi e di grande incertezza, è al centro dell’attenzione e delle preoccupazioni di molte persone”.

Immigrati ed economia, la Germania ci vede lungo

La recente svolta della Germania sulle politiche di accoglienza nei confronti degli immigrati è sicuramente figlia dell’ondata di emozioni suscitata dalle ultime tragedie e da alcune foto scioccanti che hanno fatto il giro del mondo, oltre che del fatto che, ora, gli immigrati bussano in massa ai confini del Paese con l’Italia a fare sempre meno da cuscinetto. Ma un certo calcolo utilitaristico, in un’ottica di pianificazione a lungo periodo è stato sicuramente fatto dalla cancelliera Merkel.

Non è un caso, infatti, che grandi aziende come la Daimler (capofila di Mercedes) abbiano capito la potenzialità che molti di questi immigrati hanno sul piano economico. Giovani, con istruzione medio alta e forte specializzazione tecnica, questi ragazzi rappresentano un formidabile bacino al quale le aziende tedesche possono attingere per avere manodopera qualificata.

Non è infatti un caso che proprio Daimler abbia annunciato di voler effettuare recruiting tra di loro e che persino il club calcistico del Bayern Monaco abbia annunciato di voler stanziare fondi per consentire agli immigrati più talentuosi di affrancarsi e affermarsi nel mondo del calcio.

E l’Italia? Purtroppo nel nostro Paese il sentimento che prevale è quello di sollievo quando Bruxelles annuncia che una quota di immigrati se ne andrà, ridistribuita in altri Stati dell’Ue. Certo, la lungimiranza non è un concetto proprio dei nostri politici e, a nostra parziale discolpa, possiamo dire che per troppi anni siamo rimasti soli a fronteggiare sbarchi e ondate migratorie e che il nostro tessuto economico e produttivo non è quello della Germania, uscito quasi indenne da una crisi che invece ha massacrato le Pmi italiane. Il che lo rende anche meno attrattivo agli occhi di chi, in Europa, cerca una nuova possibilità.

Resta comunque il fatto che l’Italia si sta facendo scappare un’opportunità per il presente e per il futuro, visto che più immigrati regolari che lavorano significano anche più contributi pensionistici e maggior respiro al welfare.

Del resto, secondo Bloomberg la capacità di accoglienza degli immigrati in Europa dovrebbe salire entro il 2020 a 42 milioni per riscontrare benefici sul welfare, per salire poi a 250 milioni entro il 2060. In questo modo sarebbero coperti gli impieghi, l’Irpef in entrata aumenterebbe, riequilibrando il bilancio tra lavoratori e pensionati.

Secondo uno studio dell’Ue, infatti, il rapporto tra occupati e pensionati è di 4 a 1, destinato a ridursi a parità, con la Germania poco al di sotto di questo tetto: 24 milioni di pensionati a fronte di 41 milioni di adulti. Anche in Italia si attendono in proporzione per il 2050 numeri simili: 20 milioni di pensionati e 38 milioni di attivi. Ecco dunque il beneficio di aumentare i contribuenti immigrati per evitare un aumento dell’Irpef in busta paga o il taglio delle pensioni stesse. In questo modo, sostiene l’Ue, gli immigrati occuperebbero posti di lavoro vacanti, infruttuosi per il fisco. Con un beneficio a lungo termine per gli stati.

Ma lo abbiamo detto: lungimiranza non è un concetto che si addice alla nostra politica. A maggior ragione sul tema degli immigrati…

Professional Day: ecco le richieste dei professionisti

Oggi è il Professional Day e, per celebrarlo a dovere, è stato organizzata, presso l’Auditorium della Conciliazione di Roma, un’assemblea virtuale dei professionisti italiani chiamati a testimoniare l’importanza delle libere professioni per lo sviluppo del Paese.

A collegarsi, oggi durante l’evento, saranno 100 città e potranno quindi confrontarsi con i rappresentanti di tutti i partiti politici circa le idee per il Paese degli Ordini professionali. Le esigenze, da parte dei professionisti, di aprire una nuova finestra di dialogo sulle prospettive di crescita del Paese sono nate in conseguenza della crisi profonda che stiamo attraversando.

In particolare, oggetto di discussione saranno alcuni temi molto “caldi”:

Lavoro e Welfare: Non c’è lavoro senza Previdenza, perciò i professionisti italiani devono essere sostenuti durante tutta la loro vita lavorativa. Un regime fiscale adeguato può liberare risorse da investire per lo sviluppo e la crescita del Paese e del lavoro.
Inoltre, non si nega che il mondo del lavoro ha urgente bisogno di semplificazione e sburocratizzazione, così come risulta indispensabile una diminuzione della pressione fiscale sulle aziende. Solo in questo modo potranno tornare ad assumere nuovi lavoratori.

Giustizia legalità e carceri: Tutti gli indicatori individuano in questi tre temi altrettanti freni allo sviluppo del sistema Paese, senza che finora si sia trovata una soluzione efficace. Le professioni impegnate in questi settori da tempo sostengono che in virtù delle specifiche competenze anche acquisite con il lavoro quotidiano, sia indispensabile un loro diretto coinvolgimento per quanto riguarda analisi, proposte e operatività.

Ambiente e sicurezza: Le professioni dell’area tecnica lanciano 11 proposte a costo zero su ambiente e sicurezza per ripensare e rigenerare lo sviluppo e l’occupazione del nostro paese. Sono riforme indirizzate alla crescita e all’innovazione, che le professioni pongono all’attenzione delle forze politiche in un’ottica di condivisione.

Salute: La progressiva dismissione del Servizio Sanitario Nazionale e la riduzione delle risorse dedicate alla tutela della salute dei cittadini pregiudicano un bene e un diritto. La salute può essere garantita solo quando i professionisti sono nelle condizioni di dare il proprio contributo, fatto di competenze e di formazione continua.

Vera MORETTI