Bonfigli: “Collabobeat, ecco come abbiamo stregato Smau”

Condividere il referto di una visita medica tra medici e pazienti non stravolge il flusso di lavoro dei primi e rende entusiasti i secondi: le visite non risultano più lunghe ed i pazienti non disturbano i medici più di quanto già facciano ora. Collabobeat è un prodotto di Digital Health Experience Srl, società con qualifica di “startup innovativa” secondo la recente normativa in materia, fondata da Floriano Bonfigli a fine 2012, con sede operativa a Fermo nelle Marche.

Dott. Bonfigli, di cosa si occupa la vostra startup nel dettaglio?
Abbiamo lanciato sul mercato italiano forse la prima piattaforma digitale per la collaborazione tra medico e paziente. Funziona molto semplicemente, in soli 3 passaggi: 1. i medici scrivono il referto di una vista medica su Collabobeat; 2. i medici, al termine della visita, cliccano sul bottone “Condividi visita medica”; 3 d’ora in poi, i pazienti potranno leggere e commentare quanto scritto dal loro medico, direttamente all’interno di Collabobeat.

La possibilità di scrivere, leggere e commentare direttamente all’interno di Collabobeat sarà l’occasione per paziente e medico di poter finalmente comunicare attraverso un unico canale, che farà dimenticare telefonate, email, sms, messaggi su Whatsapp e addirittura Facebook, secondo le nostre continue interviste a medici e pazienti. Non è difficile immaginare che portare tutta la comunicazione all’interno di un unico sistema migliorerà l’accuratezza e la qualità delle informazioni scambiate quindi lo spirito di collaborazione tra medico e paziente.

Da dove nasce l’idea?
Da una recente ricerca scientifica che dice che l’86% dei 10.000 pazienti coinvolti ha dichiarato che la possibilità di avere sempre con sé referti e note delle proprie visite mediche influenzerebbe la scelta del medico/struttura ospedaliera da cui farsi curare in futuro. Poi c’è la competenza di Floriano Bonfigli, il fondatore che è nel settore della sanità elettronica oramai dal 2006, all’inizio come dipendente di una multinazionale poi come consulente libero professionista ed ora come imprenditore. Non ultimo, intervistiamo continuamente medici e professionisti del settore in genere in modo da essere sempre in linea con quello che il mercato chiede.

In Italia si investe in startup hi-tech un ottavo rispetto a Francia e Germania, un quinto rispetto al Regno Unito e poco meno della metà rispetto alla Spagna. Mancanza di coraggio o di idee?
Di idee in giro ne vedo diverse, anche nel mio settore, della sanità digitale. In generale, molte di queste sono appunto allo stadio di idee o poco più, quindi difficilmente finanziabili con capitale di rischio. D’altra parte, l’ammontare del finanziamento per i forse pochi progetti meritevoli non è granché, specialmente in fase “seed”. Questo tiene lontano i team migliori che o provano a far tutto da soli o cercano fortuna all’estero. E’ un po’ un cane che si morde la coda. Comunque, consoliamoci con il fatto che fare un’impresa non è una passeggiata neanche nella tanto amata Silicon Valley, dove sicuramente non manca il coraggio e la capacità d’investire.

Un bilancio sulla vostra partecipazione a Smau 2014?
Ottimo, veramente. A meno di una settimana dallo SMAU siamo stati ricevuti da un primario di un reparto di Pediatria a cui abbiamo presentato la nostra soluzione ed abbiamo tante opportunità di follow-up che ci terranno impegnati almeno per tutto il mese di novembre.

Jacopo MARCHESANO