Ingegneri, è boom di occupazione

La laurea in ingegneria come chiave privilegiata per aprire le porte del mercato del lavoro. Se a qualcuno la cosa può sembrare nient’altro che un luogo comune, ci sono i dati che, almeno in Italia, confermano invece questo stato di fatto. Dati snocciolati durante la recente tavola rotonda “Ingegneri, industria: creazione di valore tecnologico sociale”, nell’ambito del 60esimo Congresso Nazionale degli Ingegneri.

I numeri (elaborati dal Centro Studi CNI, aggiornati a settembre 2015 e diffusi nel corso dei lavori del congresso), dicono che per il settore dell’ingegneria il tasso di disoccupazione, tra il 2014 e il 2015, scenderà dal 6% al 4% e che la domanda di ingegneri da parte delle imprese è vista in aumento del 31%, uno degli incrementi più significativi degli ultimi 15 anni.

Entro la fine di quest’anno, il CNI prevede che entreranno nel sistema produttivo ed economico italiano quasi 19mila ingegneri, 10mila dei quali elettronici e dell’informazione, 7mila industriali e oltre 2mila civili.

Dall’indagine del CNI emerge anche la tendenza degli ingegneri italiani a trovare lavoro al di fuori dei confini nazionali: il 23% degli ingegneri intervistati ha detto di avere avuto esperienze lavorative fuori dal nostro Paese e il 31% sostiene di voler cercare lavoro fuori dall’Italia. Scelte dettate principalmente dalle migliori condizioni economiche che si possono spuntare all’estero (53%), dalla possibilità di una più completa crescita personale (45%) e da una cultura meritocratica più diffusa (30%).

Fin qui le rose. Ora le spine. Secondo quanto rileva il CNI, in Italia manca, tra gli ingegneri, un ricambio generazionale che consenta ai giovani di entrare nel mercato del lavoro. Negli ultimi anni è infatti diminuito il tasso di crescita degli ingegneri under 35 interessati a svolgere la libera professione, mentre sono aumentati gli over 35 e over 40: cacciati dal mercato del lavoro dipendente, hanno iniziato a lavorare in proprio.

Altro dato negativo riguarda il reddito medio, calato a 32.309 euro nel 2014 dagli oltre 40mila euro del 2007. Il motivo, secondo il CNI, è presto spiegato: oggi poco più di 78mila liberi professionisti realizzano quanto, nel 2003, realizzavano 46mila ingegneri.

Comprare casa? Meno pesante oggi che 10 anni fa

Comprare casa è un gioco da ragazzi? Non proprio, ma sicuramente, in termini di impegno economico, è meno oneroso oggi che 10 anni fa. Secondo un’analisi condotta dall’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa, nel primo semestre 2015 erano necessarie 6,4 annualità di stipendio per comprare casa, mentre nel 2005 ce ne volevano addirittura 10.

Il totale di annualità necessarie per comprare casa, quest’anno è in leggera diminuzione con quanto rilevato nel 2014, ossia 6,6 annualità. Anche a livello locale non ci sono state variazioni di rilievo: con un calo pari a -0,6 annualità fa eccezione Bologna (dove ne servono 5,9), mentre Milano, Roma e Torino vedono un calo di 0,3 annualità.

Roma è sempre la città in cui serve il maggior numero di annualità per comprare casa: con 10,7 stacca Milano, ferma a 8,7 annualità, e Firenze (8,4). A Palermo e Genova ne servono meno: 4 nel capoluogo siciliano e 4,4 in quello ligure.

I numeri più interessanti, però, emergono effettuando un confronto a distanza di dieci anni, dal quale emerge che si è passati da 10 annualità nel 2005 a 6,4 nella prima parte del 2015 per comprare casa.

In questi 10 anni, Napoli e Bologna sono le città nelle quali si sono registrate le variazioni più consistenti, rispettivamente con 5,1 e 5 annualità in meno. Diminuzione significativa anche a Milano, che in dieci anni ha visto un calo di 4,8 annualità. Roma, invece, resta in linea con il dato nazionale (-3,5), mentre la città che mantiene più stabili i propri valori è Palermo: -2 annualità necessarie per comprare casa.

Salone Franchising e internazionalizzazione

La 30esima edizione del Salone Franchising Milano si è chiusa il 26 ottobre in linea con l’aumento del comparto registrato nel primo semestre 2015 (210 franchisor espositori e 13.500 visitatori) e nel segno della internazionalizzazione, con i focus su Cina, Turchia ed Emirati Arabi Uniti.

Una delegazione cinese, composta da 20 persone tra funzionari governativi e imprenditori di Pechino e Shanghai, ha siglato un accordo per realizzare a Shanghai nel 2016 “Italian Franchising Week”, una mostra mercato di aziende franchisor italiane.

Da quando i cinesi hanno scoperto la formula del franchising, hanno dato vita a diverse fiere del franchising e orientato una parte significativa del commercio all’affiliazione. La delegazione turca ha invece trasferito l’interesse di gruppi finanziari del proprio Paese a investire nelle aziende del franchising italiane, mentre quella degli Emirati Arabi ha sviluppato sinergie in vista di Expo2020 in programma a Dubai.

Esperti provenienti da Francia, Spagna, Brasile, Olanda, Finlandia hanno partecipato al workshop “Go International”, ricordando che esportare una attività in franchising all’estero può portare molti vantaggi e che la percentuale attuale delle aziende italiane all’estero (il 17% del totale dei franchisor) può aumentare nel giro di pochi anni.

L’internazionalizzazione, anche per aprire un franchising, garantisce infatti, oltre a nuovi proventi, una minore dipendenza dal mercato nazionale, una valorizzazione automatica del marchio e un aumento del patrimonio di know how e brevetti.

Le aziende franchisor operanti in Italia sono 940, meno che in Francia (1700) e Spagna (1080) ma più che in Olanda (743) e Finlandia (250). Le nazioni che hanno i più grandi numeri sono il Brasile (2942) e gli Usa (2500).

L’ultima giornata del Salone Franchising Milano ha anche fatto registrare l’incontro tra centri commerciali e aziende franchisor interessate ad aprire punti vendita in quelle strutture. Il Consiglio Nazionale Centri Commerciali ha portato in fiera una rilevante rappresentanza di leasing manager dei centri commerciali, che hanno incontrato numerose aziende franchisor per vagliare novità, proposte e servizi da inserire nella gallerie commerciali in Italia.

Gli avvocati di Milano sempre più vicini ai cittadini

In un mondo nel quale il diritto è qualcosa che, prima o poi, tocca da vicino tutti durante la loro vita, avere a disposizione degli avvocati che possano dare consulenza rapida anche 24 ore su 24 è un lusso che sembra impossibile. Sembra, perché nell’era di internet la cosa è invece possibile, almeno a Milano.

È nato infatti nei giorni scorsi, dall’iniziativa dell’Ordine degli Avvocati di Milano e con il sostegno delle istituzioni territoriali, il sito avvocatipermilano.it, con l’obiettivo di avvicinare i milanesi al mondo dell’avvocatura offrendo servizi utili e accessibili al maggior numero di persone.

Il sito gestito dagli avvocati meneghini è articolato in diversi sportelli, ciascuno pensato per erogare servizi specifici ai cittadini.

Sportello del cittadino e avvocati in zona. Il primo nasce per fornire informazioni passi da fare per avviare una causa, sugli strumenti di giustizia alternativa, su costi e i tempi giustizia, sulla difesa d’ufficio. Si trova nell’Urp del Palazzo di Giustizia, al primo piano, attivo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13. Il secondo è un servizio di orientamento al percorso legale focalizzato su tematiche sociali, che fornisce consulenze articolate ed è accessibile su appuntamento contattando il proprio consiglio di zona.

Prevenzione della violenza di genere. Attivo il giovedì pomeriggio a giovedì alterni, dalle 14.30 alle 16.30, nella Casa dei diritti di via De Amicis e riceve su appuntamento.

Sportello carcere. Fornisce un orientamento al percorso legale da parte degli avvocati.

Educazione alla legalità. Per diffondere la cultura della legalità, gli avvocati entrano nelle scuole di Milano e provincia per trattare temi vicini ai giovani: bullismo, vandalismo, alcool, droghe, internet sicuro, educazione stradale, stalking, violenza.

Sportello reati informatici. Uno sportello pensato dagli avvocati a favore delle vittime di reati informatici. Riceve su appuntamento, ogni quindici giorni di martedì pomeriggio nella sala avvocati dell’Ordine, a Palazzo di Giustizia.

Remo Danovi, presidente dell’ordine milanese degli avvocati, commenta così l’iniziativa: “Vogliamo parlare alle persone di diritti, dignità umana, etica, rispetto, lotta alle diseguaglianze. L’educazione alla legalità è il punto di partenza: non possiamo limitarci ad incidere sulla violazione dei diritti umani, dobbiamo essere concreti nel rimuovere le cause e diffondere l’etica del rispetto degli altri, il valore della solidarietà, la concretezza dell’aiuto reciproco”.

Finanziamenti alle imprese da parte della Bei

La Bei (Banca Europea degli Investimenti) torna a erogare finanziamenti alle imprese italiane. Beneficiarie dei contributi sono le Pmi fino a 250 dipendenti, ma anche le cosiddette Midcap (ossia le imprese fino a 3mila dipendenti) operanti in tutti i settori produttivi.

I fondi Bei sono finanziamenti alle imprese a medio e lungo termine, grazie ai quali la Banca Europea degli Investimenti promuove gli obiettivi dell’Ue con finanziamenti e consulenza a lungo termine relativamente a progetti aziendali pertinenti.

I finanziamenti alle imprese della Bei ammettono tutti gli investimenti e le spese in beni materiali e immateriali, oltre a scorte e capitale circolante, sostenuti nell’ambito del programma di sviluppo coerente con la mission aziendale. Sono escluse dai contributi le spese per l’acquisto di terreni non strumentali al programma di investimento aziendale (tipicamente per le imprese agricole) e le transazioni finanziarie.
La quota finanziabile arriva fino al 100% del programma di investimento e il tasso agevolato è un fisso o un variabile che danno un vantaggio finanziario all’impresa di 50 punti base sul tasso applicato dagli istituti di credito in base al rating. Qualora per l’azienda che richiede i finanziamenti alle imprese della Bei vi siano i presupposti necessari, è possibile ricorrere al fondo nazionale di garanzia, che concede la garanzia fino all’80% del finanziamento concesso dalla Bei.

Legge di Stabilità e bonus fiscale per auto aziendali

Abbiamo visto nei giorni scorsi come, tra le misure legate alla Legge di Stabilità 2016, vi è anche il maxi ammortamento sull’acquisto di macchinari. È bene ricordare che all’interno di questa casistica rientrano anche le auto aziendali e quelle per i liberi professionisti.

Un bonus che potrebbe essere utile a incentivare nel nostro Paese l’acquisto di auto nuove, frenato, negli anni, oltre che dalle difficoltà indotte dalla crisi economica, anche dalla fiscalità opprimente che colpisce i possessori di automobili. Forse questo della Legge di Stabilità 2016 potrebbe essere un primo segnale di svolta.

Il bonus fiscale in questione è contenuto nell’articolo 8 della Legge di Stabilità e prevede, come per gli altri macchinari, che anche per le auto acquistate da aziende e professionisti tra il 15 ottobre 2015 e il 31 dicembre 2016 vi sia un incentivo che di fatto, è una maggiorazione del costo d’acquisto del 40% ai fini del calcolo della deducibilità attraverso l’ammortamento

Con questa misura inserita in Legge di Stabilità, il limite di costo fiscalmente rilevante per le auto aziendali acquistate in leasing (non a noleggio) passerà dagli attuali 18.076 euro a 25.306 euro (+40%). Rimane al 20% la percentuale di deducibilità del costo.

Per gli agenti di commercio, invece, la soglia massima di costo fiscalmente rilevante passerebbe dagli attuali 25.823 euro a 36.152 euro, con una percentuale di deducibilità dell’80%. Idem per le auto delle flotte aziendali date in uso anche promiscuo ai dipendenti, deducibili al 70% senza soglie di costo fiscalmente rilevanti.

Enel si “rimangia” Enel Green Power

Prima la molla, poi la riprende. Sembra questo il destino che lega Enel a Enel Green Power, dal momento che la controllante si riporterà in casa la controllata. La notizia, prima anticipata dal giornale spagnolo El Confidencial, ha ora trovato fondamento in una nota congiunta delle due società.

I consigli di amministrazione di Enel ed Enel Green Power – si legge nel testo – hanno avviato l’esame di un’ipotesi di integrazione societaria delle attività di Egp all’interno di Enel, in relazione alla quale hanno provveduto alla individuazione di consulenti legali e finanziari“.

Tale ipotesi di integrazione – continua la nota – non prevede l’effettuazione di alcuna offerta pubblica di acquisto e/o di scambio avente ad oggetto azioni Egp da parte di Enel. Enel ed Egp provvederanno ad informare tempestivamente il mercato delle deliberazioni che dovessero essere adottate dai rispettivi Consigli di Amministrazione in merito all’indicata ipotesi di integrazione“.

L’approvazione dell’operazione dovrebbe avvenire a novembre e le assemblee delle due società dovrebbero riunirsi a inizio gennaio per completare il passaggio entro il mese di marzo 2016. L’operazione porterebbe così al delisting di Egp da Piazza Affari, dove aveva debuttato 5 anni fa, a novembre 2010.

Dietro questa strategia di Enel potrebbe esserci il fatto che, nella sua vita in Borsa, Egp non ha mai brillato più di tanto: dopo il debutto a 1,60 euro per azione, i titoli non sono mai saliti oltre quota 1,95 euro. Sembra però più plausibile il fatto che, con questa operazione, Enel voglia ottimizzare le proprie risorse alla luce delle sfide che dovranno affrontare nei prossimi anni le utility europee e mondiali, oltre a rimettere un piede in maniera decisa nel campo delle rinnovabili, il cui sviluppo, a oggi, è travolgente. Non è un caso che la quota del fatturato di Enel Green Power su quello totale della controllante sia arrivato oggi a oltre il 30%.

Confcommercio: più iscrizioni nei primi 9 mesi dell’anno

Un’altra piccola goccia di ottimismo nel mare ancora poco mosso della ripresa arriva da un’analisi di Confcommercio, secondo la quale le nuove iscrizioni dell’Area Confcommercio sono aumentate dell’1,6% nei primi nove mesi del 2015 e quelle del commercio al dettaglio dell’1,7%.

Le cifre sono figlie di un andamento che, secondo Confcommercio, ha visto nel confronto tra il saldo aperture-chiusure nei primi 9 mesi del 2015 e quello dello stesso periodo del 2014 un calo generalizzato del fenomeno, con iscrizioni in aumento e le cancellazioni in diminuzione in quasi tutti i settori produttivi.

Purtroppo però, sottolinea Confcommercio, il numero delle chiusure supera ancora quello delle aperture, a testimonianza del fatto che di ripresa, anche se piccola, ancora non si può certo parlare. Gli strascichi pesanti della crisi continuano a farsi sentire, soprattutto nei confronti delle imprese meno strutturate e attrezzate per sopportare i colpi di una prolungata recessione.

L’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sui dati della nati-mortalità delle imprese nei primi nove mesi del 2015 sottolinea infatti che il saldo complessivo dell’Area Confcommercio (che comprende imprese operanti nei settori di commercio, turismo, servizi alle imprese e alle persone, trasporti e logistica) è stato negativo per 41mila 300 imprese, contro il -49mila imprese dello stesso periodo del 2014.

Dati che vanno comunque presi con le pinze e ponderati bene. “È ancora poco e troppo presto per affermare che la ripresa si stia diffondendo a tutte le unità produttive – commenta infatti Confcommercio -, ma è un segnale che va colto e rafforzato con politiche fiscali distensive anche più coraggiose di quelle che la legge di stabilità 2016 sembra mettere in campo. La cautela è d’obbligo anche in virtù delle ipotesi che circolano in questi giorni di assegnare agli enti locali la facoltà di accrescere le aliquote legali sugli immobili diversi dall’abitazione principale, eventualità che depotenzierebbe la portata dei già modesti tagli fiscali prospettati per il 2016”.

Jobs Act e Fondazione Studi Consulenti del lavoro

Se ci volevano dei partner naturali per il Jobs Act, questi non avrebbero potuto essere altri se non i consulenti del lavoro. Una partnership che vedrà tra la Fondazione Studi Consulenti del lavoro inserita tra quegli enti privati che affiancheranno l’Agenzia Nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal, di prossima istituzione) nelle fasi di assistenza e ricollocamento lavorativi dei disoccupati.

La Fondazione Studi ha infatti emanato una circolare, precisamente la n° 22 del 2015, nella quale svolge una approfondita analisi delle novità in materia di politiche attive per il lavoro, introdotte dal Jobs Act.

Nella circolare, la Fondazione evidenzia in ogni caso il fatto che il Jobs Act rinvia a successivi decreti di futura emanazione da parte del Governo e che il complesso delle nuove norme relative al mondo del lavoro entrerà in vigore solo a partire dal prossimo anno.

La circolare sancisce poi il ruolo di partner che la Fondazione Studi Consulenti del lavoro avrà nei confronti del ministero del Lavoro e dell’Anpal nella gestione della ricollocazione occupazionale dei senza lavoro nel perimetro di quanto definito dal Jobs Act.

La vera novità – si legge nella circolare – è rappresentata dal coinvolgimento degli operatori privati a supporto, ad integrazione ed in collaborazione del soggetto pubblico, per i quali è prevista la remunerazione con una dote legata, prevalentemente, al risultato occupazionale ottenuto. Tra questi soggetti vi à appunto la Fondazione dei consulenti del lavoro, che offrirà quindi un servizio di assistenza per favorire una nuova occupazione“.

Legge di Stabilità 2016 e sgravi per le assunzioni

Torniamo oggi a focalizzare la nostra attenzione sugli aspetti della Legge di Stabilità 2016 che vanno a favore delle imprese. Si tratta soprattutto degli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato con le eccezioni e le esclusioni del caso.

Ricordiamo intanto che lo sconto contributivo introdotto dalla Legge di Stabilità per le imprese che assumono lavoratori a tempo indeterminato nel 2016 sarà del 40%, fino a un tetto massimo di 3.250 euro e che sarà sempre l’Inps a erogare l’incentivo.

Lo sconto contributivo riguarda le assunzioni effettuate dall’1 gennaio al 31 dicembre 2016, per un periodo massimo di 24 mesi, ad esclusione dei contributi e premi Inail, mentre i contratti stipulati fino al prossimo 31 dicembre saranno sottoposti al dettato dalla Legge di Stabilità 2015: esonero contributivo al 100%, tetto di 8060 euro, per 3 anni.

Così come accaduto per il 2015, anche per il 2016 la Legge di Stabilità prevede che da questo meccanismo di sgravi siano esclusi i contratti di lavoro domestico e quelli di apprendistato, mentre per alcuni settori produttivi specifici come quello agricolo vi sono regole ad hoc e tetti massimi su misura.

Come abbiamo detto sopra, vi sono alcune esclusioni dall’applicazione dell’agevolazione in oggetto:

  • assunzioni di lavoratori che nei 6 mesi precedenti sono stati occupati a tempo indeterminato;
  • assunzioni per le quali nel 2015 è stata applicata l’esenzione contributiva introdotta dalla legge 190/2014;
  • assunzioni di dipendenti che nei 3 mesi precedenti la data di entrata in vigore della Legge di Stabilità hanno avuto un contratto a tempo indeterminato in una società controllata, facente capo o collegata allo stesso soggetto, anche per interposta persona.

In base alla Legge di Stabilità 2016, per il settore agricolo sono previste soglie massime di incentivo legate all’attività del dipendente. Per l’assunzione di impiegati e dirigenti, la manovra mette a disposizione 1,1 milioni di euro per il 2016, 2,8 per il 2017, 1,8 per il 2018, 0,1 milioni per il 2019. Per le altre tipologie di lavoratori dipendenti del settore agricolo, le soglie sono di 1,6 milioni per il 2016, 8,8 milioni per il 2017, 7,2 milioni per il 2018 e 0,8 milioni per il 2019.

Anche in questo caso, la manovra prevede che siano esclusi dai benefici:

  • lavoratori occupati a tempo indeterminato nel 2015;
  • lavoratori occupati a tempo determinato con almeno 250 giornate di lavoro nel 2015;
  • contratti di apprendistato.