È di Eni la migliore comunicazione online

La comunicazione corporate online di Eni è ancora la migliore in Italia, almeno stando alla classifica Webranking Italia 2015, che mette in fila le società quotate a Piazza Affari valutando la loro comunicazione web, dal sito corporate alla gestione dei social network.

La società del cane a sei zampe si è infatti classificata prima per il terzo anno consecutivo. Eni ha sopravanzato Telecom e Snam, con il gruppo di tlc che ha guadagnato una posizione rispetto allo scorso anno, proprio ai danni della società del gas.

La scala della classifica Webranking Italia 2015 attribuisce un valore finale da 0 a 100 alla comunicazione digitale delle aziende. Quelle che superano la soglia dei 50 punti sono promosse, quelle che restano sotto i 30 punti rischiano l’eliminazione dalla classifica per l’anno successivo.

La classifica Webranking Italia 2015 è stilata da Comprend insieme alla società specializzata Lundquist e ha premiato il sito internet di Eni per il modo in cui approfondisce la presentazione dell’azienda, la sua presenza sui mercati globali e il forte legame che persegue tra sostenibilità ambientale e modello di business.

Eni si è inoltre distinta per due iniziative web ben sviluppate questo 2015: Eniday, un magazine online dedicato alle storie di esplorazione e sviluppo nel mondo e, soprattutto, l’approdo di Eni su Facebook con una propria Global Page molto ben strutturata.

Metodo previsionale e acconto imposte

Per quanti aspettano il 30 novembre per versare l’ acconto imposte c’è una cosa in più da sapere. È infatti possibile utilizzare il metodo previsionale al posto di quello storico per pagare una o più imposte (con riferimento a uno o a tutti gli acconti), purché venga correttamente determinato il reddito presunto.

Qualora, infatti, il versamento effettuato risultasse insufficiente nel suo complesso, si rischia di vedersi comminata la relativa sanzione per insufficiente versamento dell’ acconto imposte. Fortunatamente, per la determinazione anticipata e corretta del reddito presunto è possibile fruire di alcune norme fiscali di favore, nel caso in cui la normativa non preveda espressamente il contrario.

Sarebbe, quest’ultimo, il caso dell’ acconto imposte per la nuova deduzione Irap relativa sia a imprese, sia a esercenti arti e professioni. In questo caso, la differenza tra il costo complessivo per il personale dipendente assunto a tempo indeterminato e alcune deduzioni richiamate dalla norma costituisce una ulteriore deduzione dalla base imponibile.

D’altro canto, non è possibile tenere conto dell’incremento dal 4% al 4,5% della percentuale utile alla determinazione del rendimento nozionale ai fini del calcolo dell’Ace 2015, come recita un apposito comma della legge di stabilità 2014.

Confassociazioni e la ricetta per trovare il lavoro

Ha le idee molto chiare, e le esprime in una nota, Salvo Iavarone, presidente della costola International di Confassociazioni: “La ricetta per trovare il lavoro c’è. E ne parleremo durante il focus del 27 novembre prossimo che Confassociazioni International ha organizzato in collaborazione con Andis-Campania, voluto per analizzare il rapporto tra i giovani e il mondo del lavoro sia dal punto di vista scolastico sia da quello aziendale”.

All’appuntamento di venerdì 27 novembre (Camera di Commercio di Napoli, Sala Parlamentino, a partire dalle 10.30) parteciperanno l’editorialista del Corriere della Sera Roger Abravanel, il presidente di Confassociazioni International, Salvo Iavarone, Maria Salerno, commissario della Camera di Commercio, Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, Luisa Franzese, direttore generale ufficio scolastico regionale, Paolo Scudieri, presidente Adler Group e Paolino Marotta, Presidente dell’Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici.

Invitare Roger Abravanel, vero maestro su questi argomenti, a parlare del suo quarto saggio La Ricreazione è finita. Scegliere la scuola, trovare il lavoro – ha continuato il presidente di Confassociazioni Internationalrappresenta il giusto anello di congiunzione tra queste due realtà così vicine eppure così scisse. Noi siamo convinti da tempo che l’intersezione tra il mondo della scuola e dell’università, il mondo formativo in generale e il sistema del lavoro sia assolutamente migliorabile. Molti giovani escono dalle università ben indottrinati ma abbastanza estranei ai meccanismi del lavoro”.

Non è mancato, naturalmente, il commento di Roger Abravanel all’iniziativa di Confassociazioni: “La disoccupazione giovanile nel nostro Paese ha cause ben più profonde e lontane della crisi economica. Il problema è che i ragazzi italiani non sono preparati al lavoro del ventunesimo secolo. Quello che i datori di lavoro cercano oggi nei giovani è molto diverso da ciò che volevano cinquant’anni fa”.

E’ necessario formare competenze del XXI secolo – ha concluso Abravanel -, cioè avere spirito critico, risolvere problemi e impegnarsi a fondo, innovare e migliorare, comunicare e interagire, soprattutto in team. Queste abilità rappresentano una nuova dimensione di cultura e sono richieste dalle aziende capaci di affrontare le sfide di questo secolo, quelle che offrono la maggior parte dei posti di lavoro”.

Il crowdfunding che spinge l’economia

Quanto abbiamo scritto nei giorni scorsi in merito all’equity crowdfunding, al peer-to-peer lending e al crescente interesse che riscuotono tra gli investitori istituzionali e i semplici “prestatori” di denaro non è un fatto isolato né casuale.

Si tratta infatti di tendenze che sono emerse anche il 29 e il 30 ottobre scorso durante la quarta conferenza annuale della Equity Crowdfunding Network Association (Ecn) tenutasi a Parigi.

All’appuntamento hanno partecipato decine di esperti di diversi Paesi Ue, membri della Commissione Ue e rappresentati di alcune delle più importanti authority europee di vigilanza sui mercati finanziare, tra cui l’italiana Consob. Al centro della due giorni, il futuro e gli sviluppi del mercato europeo del crowdfunding, con un particolare focus sulle normative e sulle leggi che disciplinano la materia, che sono in costante evoluzione.

Ciò che per noi è l’evidenza più interessante emersa dall’assemblea di Parigi è proprio l’interesse crescente e condiviso che suscitano l’equity crowdfunding e il peer-to-peer lending specialmente tra gli investitori professionali, tipicamente i venture capitalist, e gli investitori istituzionali come i grandi fondi privati e le banche.

Si tratta di realtà ampiamente strutturate per aderire a questo tipo di investimenti in crowdfunding, poiché hanno gli strumenti per valutare il bilanciamento tra rischio e opportunità di guadagno. Proprio per questo, dunque, se il loro applicarsi a questa nuova tipologia di investimento diventasse una costante per diversificare il loro portafoglio di business, è facile che l’imprenditoria innovativa e l’economia tutta ne avrebbero giovamento.

Proprio in questo senso vanno gli accordi già in essere tra alcune banche e le piattaforme di lending crowdfunding, in virtù dei quali gli istituti di credito che coinvestono nel crowd completano con un proprio intervento i finanziamenti versati alle Pmi o alle start-up. E spesso non si tratta di somme risibili, dato che la copertura data dalle banche può arrivare anche al 50% della somma totale.

Allo stesso modo, i player dell’equity crowdfunding possono contare su gruppi di venture capitalist e di investitori non istituzionali che, come nel caso delle banche, co-investono insieme agli investitori individuali.

Si tratta di sinergie importanti, che possono davvero aiutare le realtà operanti nel peer-to-peer lending e nel crowdfunding a dare un impulso significativo all’imprenditorialità che, sempre più spesso, è ricchissima di idee ma povera di mezzi.

Ami le energie rinnovabili? Energy World Network è il franchising giusto

Quella delle energie rinnovabili non è solo una moda, ma una necessità per provare a costruire un mondo più sostenibile dal punto di vista di sprechi ed emissioni. Se poi le energie rinnovabili si possono trasformare anche in una opportunità di business, meglio ancora.

Questa opportunità di esplorare da imprenditori il settore delle energie rinnovabili la offre il franchising di Energy World Network che, come comunica l’azienda, “gode di un livello di preparazione, di competenze e professionalità per poter garantire ai Clienti una consulenza efficace, mirata alla soddisfazione delle singole esigenze attraverso i nostri prodotti. Proponiamo infatti prodotti innovativi e tecnologicamente all’avanguardia e abbiamo accordi quadro con i maggiori players del mercato internazionale”.

Dettagli

Superficie media del punto vendita: almeno 40 mq

Bacino d’utenza: non specificato

Investimento iniziale: da 12mila a 18mila euro

Fatturato medio annuo: non specificato

Fee d’ingresso: nessuna

Royalties: nessuna

Durata del contratto: 3 anni

Per maggiori informazioni: Energy World Network

I commercialisti: in Italia corporate tax rate al 44%

Un altro studio meritorio sulle tasse che colpiscono le imprese italiane. Questa volta non c’entra la Cgia, poiché l’analisi è stata effettuata dall’Osservatorio bilanci del Consiglio nazionale dei commercialisti insieme al dipartimento di Economia dell’Università di Genova.

Ebbene, da questo studio emerge che il corporate tax rate mediano (non medio, per evitare che numeri estremi influenzino erroneamente le medie) che ricade sulle imprese italiane (riferito al 2013) è del 44%. Inoltre, i commercialisti rilevano che tra il 2009 e il 2013 questo tax rate mediano ha avuto delle notevoli oscillazioni, tanto che nel 2011 quello sulle grandi imprese è arrivato persino al 53%, mentre il valore più basso è stato registrato nel 2012 dalle piccole imprese, con il 38,7%.

Per capire meglio l’analisi in questione è bene ricordare che in essa non viene preso in esame il total tax rate (che secondo la Banca Mondiale è pari, per le imprese italiane, al 65,4%) ma il corporate tax rate, ossia il costo per imposte correnti e differite relativo a Ires e Irap.

L’analisi sul corporate tax rate mediano è stata condotta sulle Pmi e sulle grandi imprese dei settori commercio, industria e servizi. Per una maggiore omogeneità dei risultati, sono state escluse le imprese del settore finanziario e le micro imprese.

Inoltre, calcolo del tax rate in questione è stato effettuato considerando unicamente le imprese con un utile ante imposte, pari al 75% del campione analizzato. Nonostante questo, sottolineano i commercialisti, c’è un 11-14% di imprese che registrano una perdita ante imposte e un costo per imposte, ovverosia oneri fiscali per imposte comunque presenti.

Architetti italiani: periferie migliori per combattere il terrorismo

Gli architetti italiani hanno una ricetta tutta loro per contribuire alla lotta contro il terrorismo. Se non è una soluzione, sicuramente è una prospettiva diversa dalla quale osservare un fenomeno che, dopo i fatti di Parigi, preoccupa ormai tutto il mondo.

Secondo gli architetti italiani, se si intervenisse urbanisticamente sulle periferie si comincerebbero a ottenere alcuni risultati importanti. Non a caso, infatti, i terroristi che hanno scatenato il terrore nella Capitale francese, sono nati e cresciuti in periferie degradate in Francia e in Belgio.

La lotta al terrorismo – scrive infatti il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatoripassa anche attraverso la riqualificazione delle periferie. Come ha ricordato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, l’equilibrio urbano deve essere una priorità affinché esse non siano più luoghi di nessuno, dove si fomenta l’odio e dove chi vi abita è troppo spesso costretto ad una esistenza ai margini, senza diritti e senza speranze. Serve quindi un salto di qualità culturale per realizzare luoghi di convivenza dignitosi ed adeguati ai bisogni di ciascuno”.

Come professionisti – aggiunge Leopoldo Freyrie, presidente degli architetti italiani – abbiamo già fatto il mea culpa per aver contribuito nel passato alla realizzazione di agglomerati urbani costruiti senza fini sociali e che hanno prodotto e che producono disadattamento e alienazione, vere e proprie follie edilizie. Ora quel tempo è lontano e la comunità degli architetti ha dato ampie prove di avere acquisito una nuova coscienza del proprio ruolo culturale e sociale, così come dei propri doveri nei confronti delle comunità”.

Il presidente degli architetti italiani ricorda poi l’importanza del cosiddetto RI.U.SO, progetto del Consiglio Nazionale degli Architetti che ha come obiettivo la rigenerazione urbana sostenibile: “Non è solo il primo obiettivo dei progettisti italiani – ricorda Freyrie – ma è, soprattutto, un grande progetto d’investimento di idee sulle città: è, soprattutto, un grande investimento sociale. Non si limita, infatti alla riqualificazione fisica dei luoghi, ma punta a mettere in atto meccanismi che favoriscano nuove forme di relazione e di socialità e che innescano meccanismi virtuosi dal punto di vista dello sviluppo economico in grado di mitigare anche il fenomeno della disoccupazione. Come ci insegna anche la teoria delle finestre rotte, la cura dell’esistente è la premessa per lo sviluppo e la convivenza positiva di una comunità”.

Immobili strumentali, novità in Legge di Stabilità

Tra le pieghe della Legge di Stabilità 2016 si nascondono alcune novità relative agli immobili strumentali delle imprese. Per esempio, grazie a un emendamento alla legge gli imprenditori individuali potranno estromettere i propri immobili strumentali dalla sfera dell’impresa e lo potranno fare in forma agevolata.

Gli imprenditori individuali che, al 31 ottobre 2015, hanno beni immobili strumentali che rientrano nei casi normati dall’articolo 43, comma 2 del TUIR, posso scegliere entro il 31 maggio 2016 di escluderli dal patrimonio dell’impresa.

Per gli immobili strumentali esclusi secondo questa modalità, gli imprenditori dovranno pagare un’imposta sostitutiva sulla plusvalenza pari all’8% della differenza tra il valore normale del fabbricato ed il valore fiscalmente riconosciuto.

Si tratta di una possibilità interessante per quanti stanno per chiudere la propria attività; approfittando infatti di questa esclusione, possono evitare l’onere troppo elevato dell’Irpef sulla plusvalenza degli immobili strumentali che, spesso, è un ostacolo alla cessazione dell’attività.

Poiché questo emendamento alla Legge di Stabilità è stato inserito nell’articolo 9, vengono applicate le altre regole sull’assegnazione dei beni immobili ai soci, specialmente quelle relative alla determinazione del valore normale su base catastale.

Crowdfunding e peer-to-peer lending

All’interno dell’articolato mondo del crowdfunding c’è una realtà tutta particolare che, come è d’obbligo in questi casi, ha anch’essa un nome inglese. Si tratta del cosiddetto peer-to-peer lending che, a differenza del crowdfunding classico, è un’offerta di credito online diretta e senza intermediari.

Gli attori sono gli stessi del crowdfunding – imprese, persone o enti che vorrebbero ricevere finanziamenti e investitori interessati a darne – che si muovono però per contatto diretto. Una modalità di raccolta fondi che, nel 2014, ha fatto registrare uno scambio di risorse per 11 miliardi di dollari a livello globale, pari dunque a oltre il 60% del totale del crowdfunding mondiale.

Una crescita importante, visto che nel mondo i volumi del peer-to-peer lending sono più che raddoppiati rispetto al 2013, con casi come quello americano ed europeo (+140%) o quello asiatico (+300%) che impressionano. Per il 2015 si prevede che il peer-to-peer lending possa arrivare a toccare i 34 miliardi di dollari

E nel nostro Paese? Sul fenomeno ha provato a fare luce la ricerca “Peer-to-peer lending: mito o realtà?”, commissionata da CRIF a SDA Bocconi, la quale ha rilevato che, anche se il crowdfunding in Italia sta conoscendo uno sviluppo importante, la componente del peer-to-peer lending è ancora un po’ indietro, con un valore complessivo dei progetti finanziati di poco superiore a 23 milioni di euro.

Nello studio si rileva che, tra il 2007 e il 2014, i volumi del peer-to-peer lending sono aumentati di oltre 40 volte rispetto alla situazione del 2007, così come è cresciuta la percentuale di accettazione delle richieste, dal 10% al 15%.

Ma qual è, in Italia, il profilo del possibile utilizzatore del peer-to-peer lending? Lo studio ha provato a capire anche questo. Intanto, l’assenza di una piattaforma di intermediazione per la raccolta dei fondi fa sì che il grado di fiducia – di trust, come si dice – tra chi offre un progetto e chi è disposto a finanziarlo deve essere molto più alto del consueto. L’identikit del possibile utilizzatore è uomo, con grado di istruzione, alta propensione al rischio e scarso livello di fiducia verso il sistema delle banche.

Invece, il possibile finanziatore di progetti tramite peer-to-peer lending è sempre maschio ma di età medio-bassa, inserito in nuclei famigliari medio-ampi e con una minore propensione a investire se la persona in questione costituisce la fonte principale di reddito familiare. In sostanza, i figli sono più propensi dei padri a finanziare questi progetti.

Quello che è certo è che, anche in Italia, chi usa frequentemente il web ha meno problemi, almeno potenzialmente, ad accostarsi al peer-to-peer lending, specialmente coloro i quali acquistano o vendono frequentemente attraverso siti di e-commerce.

La grande fuga dal canone Rai

Lo dice anche il nostro sondaggio qui sotto: il canone Rai lo odiano tutti. Tanto che, dal 2010 al 2015, il numero dei morosi è salito del 48,8%, da 865.244 a 1,287.191. Lo comunica Rai, secondo la quale il gettito derivante dal canone è sceso del 9,4% a 1,6 miliardi. Ora con la trovata infame della bolletta le cose cambieranno?