Salvatore Lombardo nuovo Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato

Salvatore Lombardo è stato eletto Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato per il triennio 2016-2019. Ad affiancarlo, con la carica di Vice Presidente, è Albino Farina mentre Vito Guglielmi ricoprirà la carica di Segretario del Consiglio.

Il vertice dell’organo di rappresentanza del notariato è stato eletto venerdì 27 maggio nel corso della riunione di insediamento del Consiglio Nazionale del Notariato, rinnovato con le elezioni del febbraio scorso.

Salvatore Lombardo, notaio a Marsala, già Consigliere Nazionale nel triennio 2013-2016 e Presidente del fondo di Garanzia e Coordinatore del Gruppo antiriciclaggio del Consiglio Nazionale del Notariato, ha ricoperto in passato diverse cariche in ambito politico e sportivo, tra cui: Sindaco di Marsala dal novembre 1993 al marzo 2001; Componente dell’Osservatorio Nazionale sull’assegnazione dei beni confiscati ai mafiosi; Componente del Consiglio Direttivo dell’Anci (Associazione Italiana Comuni Italiani) e Presidente Nazionale dell’Aia (Associazione Italiana Arbitri).

Gli altri componenti del Consiglio Nazionale insediatosi il 27 maggio sono i notai: Giampaolo Marcoz e Roberto Martino – Piemonte e Valle d’Aosta; Franco Amadeo – Liguria; Domenico Cambareri e Enrico Sironi – Lombardia; Edoardo Bernini – Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia; Valentina Rubertelli – Emilia-Romagna; Massimo Palazzo – Toscana; Gianluca Abbate e Cesare Felice Giuliani – Lazio; Pierluisa Cabiddu – Sardegna; Michele Nastri – Campania (con esclusione della corte di appello di Salerno); Sergio Sideri – Abruzzo e Molise; Michele Labriola – Puglia; Claudia Petraglia – Basilicata (con l’aggiunta della corte di appello di Salerno); Francesco Giglio – Calabria; Melchiorre Macrì Pellizzeri – Sicilia.

Compongono il Collegio dei Revisori dei Conti i notai: Marco Marchetti – Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto; Andrea Teti – Abruzzo, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Molise, Sardegna, Toscana e Umbria; Bruno Volpe – Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.

80 sfumature di beffa

Sono 1,4 milioni gli italiani che nel 2015 sono stati obbligati a rinunciare al bonus 80 euro, perché con reddito troppo basso, 7.500 euro all’anno: il bonus Irpef è infatti erogabile da 8mila fino a 26mila euro annui. In totale il 12,5% dei beneficiari ha dovuto restituire il bonus allo Stato.

Finanziamenti alle imprese calabresi

Si muove qualcosa di sostanzioso sotto il profilo dei finanziamenti alle imprese calabresi. La Camera di Commercio di Cosenza mette infatti sul piatto 500mila euro per i finanziamenti alle imprese del territorio e lo fa attraverso due bandi anticipati con una nota nei giorni scorsi.

Si tratta – scrive l’ente camerale in una nota – di due distinti tipi di finanziamenti alle imprese: uno per mitigare gli interessi passivi delle aziende sui finanziamenti bancari e per sostenere le spese per ottenere le garanzie di un Confidi; l’altro per l’innovazione e il risparmio energetico, attraverso la concessione di contributi alle imprese su investimenti che vogliono mantenere o migliorare, tramite la leva dell’innovazione, la propria capacità competitiva“.

Come ha comunicato ancora la camera di commercio, con il primo bando di finanziamenti alle imprese si punta a “migliorare le condizioni di accesso al credito delle imprese provinciali con l’erogazione di un contributo teso a mitigare il costo degli interessi passivi sui finanziamenti bancari ottenuti dalle imprese, pari al 5% dell’importo finanziato e fino a un massimo di 6mila euro, ma anche attraverso un contributo che copre l’80% delle spese sostenute dalle stesse imprese per ottenere le garanzie di un Confidi fino a un massimo di 12mila euro”. La richiesta dei contributi sarà possibile dal 29 giugno al 30 settembre 2016.

Il secondo bando per l’erogazione di finanziamenti alle imprese servirà a concedere contributi a sostegno degli investimenti, dell’innovazione e del risparmio energetico. Il contributo alle imprese che hanno sostenuto le spese riportate nel bando, al netto dell’Iva, è pari ad almeno 2mila euro e al 60% della spesa effettuata; viene calcolato sulla base degli importi delle fatture quietanzate, al netto dell’Iva.

Il contributo massimo erogabile per ciascuno di questi finanziamenti alle imprese sarà pari a 5mila euro e cresce fino al 70% della spesa effettuata, calcolata sulla base degli importi al netto dell’Iva delle fatture quietanzate, qualora la domanda di concessione del contributo riguardi la spesa per investimenti mirati al risparmio e al conseguimento dell’efficienza energetica. In questo caso, il contributo massimo erogabile sarà pari a 5mila euro.

Le spese ammesse per i finanziamenti alle imprese sono quelle effettuate tra l’11 settembre 2015 e la data di presentazione della domanda di contributo a valere sul bando.

Indice INI-PEC, finalmente l’interrogazione

La settimana scorsa il senatore Federico Fornaro della Commissione Finanze e Tesoro, ha presentato una interrogazione ai ministri dello Sviluppo Economico e delle Finanze, circa la necessità di implementare l’indice INI-PEC con gli indirizzi PEC dei professionisti di cui alla Legge 4/2013. (clicca qui per scaricare il testo dell’interrogazione).

Nella prima formazione dell’indice INI-PEC sono stati considerati i soggetti iscritti nel Registro delle imprese e quelli iscritti in ordini e collegi professionali, con esclusione dei professionisti di cui alla Legge 4/2013 (professionisti non ricompresi in ordini e collegi).

Se tale esclusione era comprensibile nella prima stesura dell’indice, oggi appare assolutamente ingiustificata, soprattutto causa di problematiche afferenti alla possibilità di dialogo tra questi soggetti e la Pa.

L’articolo 6-bis, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 “Codice dell’amministrazione digitale”, introdotto dall’art. 5, comma 3 del decreto legge 18 ottobre 2012 n. 179, convertito con modificazioni della legge 17 dicembre 2012, n.221 prevede che “Al fine di favorire la presentazione di istanze, dichiarazioni e dati, nonché lo scambio di informazioni e documenti tra la pubblica amministrazione e le imprese e i professionisti in modalità telematica, è istituito, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, il pubblico elenco denominato indice nazione degli indirizzi posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, presso il Ministero per lo sviluppo economico”.

Nell’ interrogazione Fornaro scrive: “ omissisappare pertanto necessario ampliare il numero di tali indirizzi PEC da inserire nell’indice INI-PEC. Infatti, maggiore sarà il numero di indirizzi PEC, maggiore sarà la possibilità della Pa di inviare telematicamente atti, notifiche e comunicazioni con notevole risparmio di tempo e di costi, il mancato inserimento degli indirizzi PEC dei professionisti della Legge n. 4/2013, come ad esempio di quello dei tributaristi, ha comportato diversi problemi operativi per l’adempimento di alcuni obblighi normativi o funzioni professionali a cui tali professionisti sono soggettiomissis”.

Ai ministri interrogati si chiede: “omississe non ritengano di doversi attivare con la massima sollecitudine per far sì che anche ai professionisti esercenti attività di cui alla Legge n. 4 del 14/01/2013 pubblicata in GU n. 22 il 26 gennaio 2013 che non rientrino nelle fattispecie di cui al comma 2 dell’articolo 6-bis, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 venga consentito di poter comunicare il proprio indirizzo PEC utilizzando gli strumenti telematici resi disponibili dalle Camere di commercio per il tramite delle proprie strutture informatiche al fine di ottimizzare la raccolta e aggiornamento dei medesimi indirizzi”.

Soddisfazione da parte del Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, Riccardo Alemanno, che anche nella sua veste di Vice Presidente vicario di Confassociazioni, ha più volte sollecitato il MISE alla modifica ottenendo il parere favorevole dei tecnici del dicastero: “Ringrazio il Sen. Federico Fornaro – ha detto Alemanno – per avere compreso ed evidenziato la problematica. Mi auguro che l’interrogazione possa favorire l’integrazione normativa dell’ INI-PEC in modo che gli indirizzi PEC dei professionisti della L. 4/2013, tra cui i tributaristi, possano essere facilmente individuati dalla Pa, poiché sia lo scorso anno sia quest’anno alcuni obblighi e funzioni prevedevano che la Pa individuasse i professionisti tramite l’ INI-PEC e solo grazie alla collaborazione dei dirigenti delle Pa interessate abbiamo superato il problema, ma ciò si potrà ripresentare e la soluzione definitiva è appunto quella indicata nell’interrogazione: solo così la Pa avrà a disposizione gli indirizzi PEC di tutti i soggetti produttivi del Paese”.

Ora, i tributaristi ma non solo, attendono la risposta dei ministeri destinatari dell’interrogazione.

Italia, professionisti e le 30 Azioni di Confassociazioni

A parole sono tutti d’accordo, politica, istituzioni, sindacati e chi più ne ha, più ne metta: i professionisti sono una risorsa e una ricchezza per l’Italia. Ma nei fatti, poi, nel concreto, che cosa si fa per valorizzare questa risorsa e per fare in modo che questa ricchezza sia messa a fattore comune, non solo per i professionisti ma per l’intero sistema-Paese?

L’attuale governo ha dimostrato un crescente interesse per i professionisti, appartengano essi a ordini oppure no. Verso questi ultimi, l’approvazione della legge 4/2013, avvenuta con il precedente governo Monti, ha rappresentato un passo significativo verso la valorizzazione delle professioni. Il recente Jobs Act dei lavoratori autonomi prova a dare ulteriori garanzie ai professionisti.

Ma, come spesso accade, se il Paese prova ad attuare misure per migliorare lo status e il lavoro dei professionisti, è dall’interno delle professioni stesse che partono idee e proposte per dare una scossa al mondo professionale e, soprattutto, all’Italia. Come nel caso delle 30 Azioni per l’Italia promosse da Confassociazioni.

Presentate a Roma lo scorso anno, le 30 Azioni per l’Italia sono un esempio concreto di come i professionisti possono portare idee e soluzioni per modernizzare e snellire il sistema-Paese. Professionisti e professioni che il presidente di Confassociazioni, Angelo Deiana, definisce “il vero sistema nervoso del Paese che include professioni strategiche come quelle del management, dell’informatica, della comunicazione, dei beni culturali, della formazione, della finanza, del real estate”. Ricordiamo oggi le prime 15 Azioni. Appuntamento a mercoledì 1 giugno per le seconde 15.

  • L’AGENZIA DELLE USCITE – Riqualificazione della spesa pubblica attraverso l’adozione immediata e obbligatoria per tutta la PA dei costi standard, con appalti centralizzati CONSIP e controlli da parte di un’Authority indipendente per le Uscite (efficienza) che controlli, con rapporti mensili, la spending review e lo svolgimento degli appalti stessi con poteri sanzionatori.
  • IL TAEG DELLE TASSE – Costruzione di un Indicatore Sintetico della Tassazione (IST), un TAEG, un indice sintetico di costo delle tasse per far capire a tutte ai nostri concittadini in modo semplice e chiaro come cambiano a ogni provvedimento le tasse a livello nazionale, regionale e comunale.
  • LA POTATURA DELLE AUTHORITIES – Entro 12 mesi riduzione strategica delle Authority settoriali e costituzione di massimo 5 Authority con competenze “orizzontali” e conseguente riaccorpamento di funzioni, servizi e dipendenti.
  • MENO COMUNI PIU’ CITTA’ – Unificazione entro 12 mesi dei piccoli comuni (minimo 5mila abitanti) e relativi servizi, con commissariamento in caso di mancata scelta di riaccorpamento.
  • UNA POLITICA PIU’ EFFICIENTE – Sistema di finanziamento “ex post” dei partiti basato esclusivamente sul 2 per mille.
  • PA PAPERLESS – Digitalizzazione/eliminazione obbligatoria in 36 mesi della carta dagli uffici della PA nazionale e locale con penalizzazione del 10% della retribuzione in caso di mancato adeguamento.
  • IL SISTEMA DELLE COMPETENZE DELLA PA – Linkedin nazionale dei dipendenti pubblici e relativa mobilità in termini di riapplicazione delle competenze (incentivazione/disincentivazione +/- 10% della retribuzione).
  • PAGARE PER CRESCERE – Decreto Legislativo di riattuazione immediata della direttiva 2011/7/UE relativamente ai ritardi nei pagamenti alle imprese da parte della PA, che fissa in 30 giorni il termine per il pagamento alle imprese, con una possibile proroga a 60 giorni per il settore della sanità, con penali prestabilite e temporizzate in caso di mancato raggiungimento del risultato.
  • TRASFORMARE LA CORTE DEI CONTI – Authority indipendente per la verifica annuale (efficacia) dei risultati della PA su agenda digitale, istruzione, sanità, giustizia, trasporti, corruzione e lotta alla criminalità con poteri sanzionatori prestabiliti.
  • OSPEDALI IN RETE – Realizzazione della “messa in rete” degli ospedali per le terapie di urgenza ad alto costo e revisione dei meccanismi di medicina generale, con la creazione di ambulatori polispecialistici sul territorio.
  • GLI SMARTPHONE: I NUOVI OCCHIALI – Tablet/Smartphone per tutti con deducibilità totale della relativa spesa ogni 24 mesi.
  • WI-FI LIBERO PER TUTTI – Apertura obbligatoria e immediata di tutti punti di connessione Wi-fi pubblici e privati.
  • IL MERCATO UNICO DIGITALE – Implementazione a livello comunitario del Mercato Unico Digitale e banda larga per tutti a prezzi massimi stabiliti annualmente dallo Stato, da elevare in funzione degli investimenti fatti sulla fruibilità e velocità delle reti.
  • PIU’ INGLESE PER TUTTI – Bilinguismo obbligatorio (italiano/inglese) in almeno il 50% delle scuole statali di qualsiasi ordine e genere, detraibilità totale di eventuali spese per corsi privati e una rete Rai in inglese con sottotitoli in italiano.
  • ALLARGARE LA BASE IMPONIBILE – Revisione del sistema fiscale attraverso l’introduzione di un sistema a interessi contrapposti che consenta di dedurre almeno 10mila euro di spese certificate (totalmente casuali) per singolo cittadino sulla denuncia dei redditi per le transazioni elettroniche certificate.

Come cambia in Italia il mercato degli affitti

Buone notizie dal mercato italiano degli affitti. Secondo i dati rilevati dall’Ufficio Studi Tecnocasa, nel secondo semestre del 2015 i canoni di locazione nelle grandi città hanno segnato un calo dei valori dello 0,3% per i monolocali, un aumento dello 0,2% per i bilocali e dello 0,7% per i trilocali.

Andamento non omogeneo per gli affitti, poiché nei capoluoghi di provincia la contrazione ha interessato solo i bilocali (-0,2%) mentre i canoni di locazione dei sono aumentati dello 0,3% per i trilocali e dello 0,6% per i monolocali.

Ma chi ha scelto la soluzione degli affitti nella seconda metà del 2015? Ancora una volta si è trattato per la maggior parte di persone che non riescono ad accedere al mercato del credito, primi fra tutti i giovani, i monoreddito e gli immigrati, ai quali si aggiungono gli studenti e i lavoratori fuori sede.

Il 57,5% di chi cerca casa in affitto lo fa per scelta abitativa, a seguire il 36,1% che si trasferisce per motivi di lavoro e il 6,4% per motivi di studio. Tra le grandi città a Firenze e a Milano si registra la percentuale più elevata di chi richiede affitti per motivi di lavoro e di studio: 61,3% e 24,2% e 56,1% e 21,3%.

Quanto allo stato civile, a livello nazionale, prevalgono i single (63,5%) con punte del 76,2% a Milano (di cui il 69,6% celibi o nubili).

Per quanto riguarda la tipologia dei contratti degli affitti, a livello nazionale il 66,6% ricorre al canone libero e il 20,3% al canone concordato, percentuale che rispetto ad un anno fa è in crescita. Una formula contrattuale che prevale a Genova (79,6%) e a Verona (72%). La tipologia maggiormente affittata a livello nazionale è il bilocale (40%).

Infine, crescono gli affitti di immobili che presentano soluzioni di “qualità” – in termini di stato dell’immobile, qualità dell’arredamento, ambienti luminosi e servizi in zona -, così come l’interesse per gli immobili arredati in tutto o in parte e con la presenza del collegamento ad internet.

Un buon 2015 per le imprese giovanili

Solo l’altro ieri vi avevamo parlato della previsione dell’Osservatorio di Confesercenti che vede una frenata delle imprese giovanili nel primo trimestre del 2016, a smorzare gli entusiasmi per una possibile ripresa per l’imprenditoria in erba. Oggi, per provare a rinfrancare gli animi, ci concentriamo sulle dinamiche che hanno caratterizzato le imprese giovanili nel 2015.

Per farlo, ci affidiamo alle rilevazioni di Movimprese, indagine condotta da Unioncamere-Infocamere sulla base del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio. Secondo questi dati, i giovani imprenditori hanno registrato una forte crescita lo scorso anno. Le imprese giovanili guidate da under 35 hanno infatti aperto lo scorso anno 120mila nuove imprese, 46mila delle quali (il 37% del totale) al Sud.

Le chiusure sono state, invece, 53mila con un saldo positivo di 66mila unità. Senza l’apporto delle imprese giovanili guidate da under 35, lo stock complessivo delle imprese in Italia avrebbe fatto segnato una perdita di 21mila unità.

La forza di questo risultato è da leggere soprattutto nel fatto che le imprese giovanili sono solo il 10,3% degli oltre 6 milioni di imprese italiane: alla fine dello scorso anno, infatti, le aziende guidate da under 35 erano poco più di 623mila (623.755).

Come detto, il Sud è stata la vera sorpresa a livello di imprese giovanili. Dopo le 46mila del meridione, vengono le 28.500 del Nord-Ovest, le 25.800 del Centro e le poco meno di 19mila del Nord-Est. Al livello regionale, la performance migliore è stata quella della Calabria, che da sola ha il 40,9% di nuove imprese giovanili.

Secondo il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello, “i giovani stanno dimostrando di saper giocare un ruolo determinante per la crescita del nostro tessuto produttivo. Le numerose nuove realtà imprenditoriali targate under 35 che abbiamo registrato lo scorso anno ce lo confermano. Ora è necessario che queste giovani iniziative di business siano in grado di superare la fase inziale e affermarsi sul mercato. Un obiettivo al quale il sistema camerale lavora per permettere a queste promettenti realtà di nascere più forti e diventare grandi prima”.

I contributi per aprire un franchising

Probabilmente la recente fiera del franchising che si è tenuta a Bologna avrà risvegliato in qualcuno una sana voglia di imprenditoria. Ecco perché è allora utile ricordare come poter fare per aprire un’attività in franchising e a quali finanziamenti accedere.

Intanto, va ricordato il ruolo di INVITALIA, l’Agenzia nazionale per l’attrazione d’investimenti e lo sviluppo d’impresa, la ex Sviluppo Italia, che, in ottemperanza al D.lgs. 185/2000 Titolo II, che agevola l’autoimpiego e sostiene la realizzazione di attività di autoimprenditorialità, concede agevolazioni finanziarie e servizi di assistenza tecnica per diverse iniziative d’impresa, tra le quali, appunto, il franchising.

Possono accedere ai finanziamenti per aprire un franchising sia persone fisiche sia società di nuova costituzione. L’attività in franchising può essere aperta affiliandosi a un marchio già esistente, con il quale stipulare un contratto.

Requisiti principali per accedere ai finanziamenti:

– maggiore età nel momento in cui si presenta la domanda;

– stato di disoccupazione nel momento in cui si presenta la domanda;

– essere residenti da almeno sei mesi nei territori di applicazione della normativa sui finanziamenti;

– costituzione della società (ma non operatività) prima dell’invio della domanda;

– l’attività per la quale si chiede e ottiene il finanziamento deve essere svolta per un periodo di almeno 5 anni a partire da quando si ottiene il finanziamento.

Diverse tipologie di finanziamenti per il franchising e non:

– parte con contributo a fondo perduto e la restante rimborsabile con mutuo a tasso di interesse agevolato;

– contributo a fondo perduto fino al 95% del totale delle spese ammissibili per l’avvio dell’attività imprenditoriale in franchising;

– richiesta di investimenti per la gestione dell’attività imprenditoriale con un contributo a fondo perduto, anche su base pluriennale.

Quest’ultima soluzione è molto interessante, poiché i finanziamenti sono concessi come mutuo a tasso agevolato, da restituire entro 10 anni dall’erogazione e possono coprire fino al totale delle spese di investimento, fino a un massimo di 100mila euro, con un importo del mutuo agevolato non inferiore al 50% del totale delle agevolazioni concedibili.

Grazie agli investimenti a fondo perduto è possibile coprire le spese per l’acquisto dell’attrezzatura, dei materiali e dei beni per avviare l’attività in franchising, oltre a quelle per la formazione e lo sviluppo tecnologico dell’attività stessa.

Non è un caso, infatti, che siano diversi i marchi in franchising convenzionati con INVITALIA che offrono l’opportunità di mettersi in proprio grazie a un finanziamento agevolato erogato dall’ente. A tal proposito, per ottenere le agevolazioni INVITALIA è necessario presentare una domanda completa con i dettagli sulla propria idea imprenditoriale e, qualora si tratti di un franchising, è necessario indicare il marchi scelto e gli allegati che attestino la sussistenza dei requisiti di legge.

Si scrive switching economy, si legge risparmio

Gli inglesi la chiamano switching economy, ossia la pratica di cambiare spesso fornitore di servizi per risparmiare sui costi. Una pratica che prima della liberalizzazione di mercati chiave quelli dell’energia o assicurativo era praticamente impossibile, ma che ora è realtà per milioni di italiani.

Che la switching economy prenda sempre più piede tra le abitudini degli italiani, è testimoniato da un’indagine commissionata da Facile.it all’istituto mUp Research, dalla quale emerge che, nel solo 2015, ben 19 milioni e 310mila gli italiani hanno cambiato per risparmiare, senza necessariamente scegliere un prodotto o un servizio diverso o di qualità inferiore.

L’analisi sulla switching economy è stata condotta su un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta e in occasione del quinto anno di attività del comparatore, ha evidenziato come il passaggio da un operatore all’altro sia avvenuto in moltissimi settori.

Negli ultimi 12 mesi, 9,1 milioni di italiani hanno risparmiato cambiando assicurazione auto e 2 milioni e 800mila hanno dichiarato di averlo fatto cambiato distributore di benzina.

Dall’auto alla casa: 570mila italiani hanno voluto sostituire il proprio mutuo, ma molti di più sono quelli che hanno deciso di scegliere un nuovo fornitore per le utenze domestiche. Sono stati 6,8 milioni quelli che hanno firmato il contratto con una compagnia diversa per energia elettrica o gas; appena più di 6 milioni gli italiani che, nel 2015 hanno optato per un diverso fornitore di linea fissa o ADSL. Quasi il 10% del campione intervistato, equivalente a 5 milioni e 700mila individui, per risparmiare ha scelto invece di cambiare supermercato; 550mila sono gli italiani che hanno cambiato contratto della Pay TV.

Altri campi nei quali gli italiani hanno applicato alla grande i dettami della switching economy nel 2015 sono stati quelli della telefonia mobile (7 milioni e 500mila persone) e delle banche, con 3 milioni e 300mila italiani che hanno oggi diverso istituto di credito o un diverso conto corrente o deposito.

L’analisi ha anche tratteggiato l’identikit del perfetto praticante della switching economy. I più propensi al cambiamento sono gli uomini (53%), i residenti nel Centro Sud (59%), coloro che hanno più di 35 anni (69%), chi vive in famiglie di almeno 3 componenti (71%) ed è coniugato (63%). Mediamente, gli italiani che hanno fatto switch hanno risparmiato nel 2015 634 euro a testa.

Alemanno (INT): “Proroga dei versamenti da Unico 2016 ai primi di luglio”

Con una nota al Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze Enrico Zanetti e ai Presidenti delle Commissioni Finanze di Camera e Senato Maurizio Bernardo e Mauro Maria Marino, il Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT), Riccardo Alemanno, ha inoltrato la richiesta di proroga dei versamenti collegati al modello Unico/2016.

Scrive Alemanno: “Anche quest’anno, pur apprezzando la tempestività di una prima pubblicazione degli studi di settore, peraltro già soggetti ad alcune correzioni, sono a sollecitare, unendomi alle richieste già presentate, la proroga, ai primi di luglio, dei versamenti di imposte, contributi e di ogni altro pagamento collegato al modello Unico 2016”.

Comprendo che la mia richiesta possa sembrare una sorta di automatismo che ogni anno si ripete – prosegue Alemanno -, ma vi assicuro che è ben lontana da ciò. Uno slittamento di appena tre settimane non creerebbe danno alcuno all’erario, ma garantirebbe agli studi degli intermediari fiscali un maggior lasso di tempo per predisporre modelli e conteggi. Studi professionali sottoposti, senza soluzione di continuità, ad un confronto con una normativa fiscale in continua evoluzione e con adempimenti burocratici che, come riconosciuto da tutti, necessitano di una concreta semplificazione e riduzione”.

Non si tratta quindi solo di un’esigenza collegata alle difficoltà di redazione della dichiarazione dei redditi – conclude Alemanno -, ma al sovrapporsi di scadenze ordinarie e straordinarie che si sommano agli obblighi dichiarativi e al pagamento in autotassazione di imposte e contributi, sarebbe un apprezzatissimo segno di rispetto per il lavoro svolto dagli intermediari fiscali il cui ruolo è determinante per il buon funzionamento della macchina fiscale”.