Commercialisti, ok definitivo al codice delle sanzioni disciplinari

Il Consiglio nazionale dei commercialisti ha approvato il primo codice delle sanzioni della categoria, le cui norme entreranno in vigore a partire dall’1 gennaio 2017.

Come ha ricordato il presidente nazionale dei commercialisti, Gerardo Longobardi, “l’iniziativa diretta ad elaborare un apposito regolamento in materia di sanzioni disciplinari nasce dall’esigenza di promuovere sul territorio nazionale un’applicazione uniforme dei provvedimenti sanzionatori in relazione alle medesime fattispecie, favorendo in tal modo il rispetto effettivo, in sede di irrogazione della sanzione, dei principi di proporzionalità e gradualità nonché di eguaglianza e di parità di trattamento”.

Il codice delle sanzioni disciplinari dei commercialisti individua disposizioni generali su natura e tipologia delle sanzioni, sulle circostanze aggravanti o attenuanti da considerare nella valutazione delle singole fattispecie, individuando infine le sanzioni – o, più spesso, i range sanzionatori – in corrispondenza di condotte in violazione di specifiche norme del Codice deontologico.

Il testo – ha spiegato il Consigliere nazionale dei commercialisti delegato alla materia, Giorgio Luchettapur mantenendo il suo impianto originale, ha accolto molte delle osservazioni formulate dagli Ordini e dai relativi organi di disciplina nell’ambito della consultazione, confermando, attraverso tale importante contributo, l’attenzione della governance della Professione al tema e la sua volontà di coinvolgere la categoria in un processo di partecipazione democratica”.

Articoli religiosi, business da 30 milioni

La recente visita di Papa Francesco in Polonia, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia ha permesso alla Camera di commercio di Milano di focalizzare l’attenzione sul settore degli articoli religiosi, che in Italia impiega diverse aziende dando lavoro a centinaia di persone.

Dalla classica icona da appendere in casa all’angioletto colorato per la stanza dei bambini, dai prodotti dei monasteri ai rosari, dai candelieri alle statuette in marmo o alabastro: sono solo alcuni degli oggetti o idee regalo che si possono trovare negli oltre 700 negozi italiani, tra sedi e unità locali, specializzati nella vendita di articoli religiosi e arredi sacri.

Quello degli articoli religiosi è un settore molto specifico, con un fatturato nazionale da 30 milioni di euro. La Lombardia conta una cinquantina di attività, circa una su tredici in Italia, e vede tra le prime 20 province Bergamo, all’ottavo posto con 18, e Milano al dodicesimo con 15.

E se a Roma, centro della cristianità, ci sono ben 90 negozi di articoli religiosi (12,6%), la Campania annovera ben 4 province nei primi 10 posti: Napoli seconda, Caserta quarta, Salerno sesta e Benevento nona. Al terzo posto si piazza invece Foggia.

Quella legata agli articoli religiosi è un’attività in cui sono poco presenti gli stranieri (solo il 4% in Italia) ma è al 40% a guida femminile e un’impresa su otto è guidata da giovani. Le stie della Camera di commercio di Milano sono state elaborate su dati del registro imprese 2015 e 2014 relativi a sedi e unità locali.

730 precompilato sempre più utilizzato

Il 730 precompilato piace sempre di più. Secondo i dati diffusi dall’Agenzia delle Entrate, sono stati quasi 2 milioni i cittadini che hanno trasmesso il 730 precompilato utilizzando il servizio sul sito internet dell’Agenzia, + 43% rispetto agli invii del 2015. Sul totale dei 2 milioni, circa 100mila sono state le dichiarazioni congiunte, più o meno quanti gli Unico Web, mentre i Caf hanno scaricato circa 14 milioni di precompilate.

L’Agenzia delle Entrate, sulla base dei dati pervenuti, ha potuto stilare anche un profilo tipo dell’utilizzatore del 730 precompilato. Si tratta di un uomo di mezza età, prevalentemente residente al Nord.

Nello specifico, le fasce di età che si sono maggiormente divise il 730 precompilato 2016 sono state la fascia tra i 41 e i 50 anni (446mila, circa il 25% del totale) e la fascia tra i 51 e i 60 anni (374mila dichiarazioni inviate).

La suddivisione geografica vede come regione più affezionata alla precompilata il Friuli-Venezia Giulia, dal quale è arrivato il 14% delle dichiarazioni, mentre come provincia più virtuosa quella lombarda di Monza-Brianza, dalla quale è arrivato il 16,8% del totale delle dichiarazioni.

Spread: sentiment, mercati e debolezza di un Paese

Lo spread può quindi essere considerato un misuratore inversamente proporzionale della fiducia che i compratori hanno nei confronti dell’emittente; al crescere della fiducia, decresce lo spread e viceversa. Uno stato insolvente o in gravi difficoltà, dovrebbe ricorrere a manovre restrittive, come la riduzione della spesa pubblica o l’aumento della tassazione, con effetti collaterali deprimenti per l’economia e gli investimenti.

La distinzione andrebbe fatta anche tra mercato primario, cioè riservato a istituzionali (banche, fondazioni) o grandi investitori e mercato secondario, esteso a tutti, anche ai piccoli risparmiatori.

Il mercato secondario risente direttamente del “sentiment” (altra parola inglese per definire lo stato d’animo nei confronti di un evento) mentre quello primario ne è influenzato in misura molto minore. Solo se il sentiment negativo continua per molto tempo, anche il mercato primario ne prenderà atto.

Come mai allora gli Stati Uniti (treasury bond) hanno uno spread così elevato (160 circa) rispetto alla Germania? Sono un Paese meno solido e a maggior rischio fallimento? Bisogna ricordare che la Bce ci mette del suo, perché si è impegnata per riacquistare parte dei titoli Ue emessi, per sostenere i Paesi dell’Unione (il cosiddetto Quantitative Easing). Anche le manovre straordinarie di politica monetaria influenzano le valutazioni. Stessa cosa si può dire per la Fed, la Banca centrale americana.

Poi c’è la questione delle diverse valute, cioè le considerazioni in merito all’andamento del tasso di cambio euro-dollaro. Quando lo spread sale, il dollaro americano tende ad apprezzarsi verso l’euro. Quindi lo spread tra le emissioni dei due Paesi è influenzato da molte più variabili e non necessariamente uno spread elevato significa debolezza, anzi potrebbe voler dire il contrario.

Come ho già detto, in finanza nessuno regala nulla, quindi bisogna capire bene quali sono le motivazioni che fanno salire o scendere il valore di un titolo di stato e prendere le opportune decisioni di acquisto o vendita. Ricordo che queste devono essere prima di tutto funzionali ai progetti di vita e alle aspirazioni di ognuno, a quanto e quando si vuole ottenere qualcosa con il denaro. Non ha nessun senso rincorrere il maggior rendimento possibile, anche perché oltretutto sarebbe una strategia perdente in partenza.

dott. Marco Degiorgis – Consulente patrimoniale e finanziario indipendente, Studio Degiorgis

Confassociazioni: ingiusto non estendere alle lavoratrici autonome indennità in caso di violenza

Dura presa di posizione di Confassociazioni nei confronti della decisione del governo di non estendere il congedo e l’indennità Inps che spetta alle lavoratrici vittime di violenza anche alle lavoratrici autonome.

A prendere la parola sulla questione con una nota è stata Federica De Pasquale, Vice Presidente di Confassociazioni con delega alle Pari Opportunità.

Prendiamo atto – scrive la Vice Presidente di Confassociazioniche il Governo non ha voluto trovare neppure un minimo di copertura finanziaria per estendere anche alle lavoratrici autonome il congedo e la relativa indennità erogata dall’Inps in caso di comprovata violenza ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo 80/2015. Una grave ingiustizia sociale di cui chiameremo a rispondere anche il Ministro con delega alle Pari Opportunità, Maria Elena Boschi”.

La nota è stata emessa a seguito della dichiarazione di inammissibilità dell’emendamento proposto da Confassociazioni al testo del Disegno di legge n. 2233 (noto anche come Statuto del Lavoro Autonomo) in corso d’esame alla Commissione Lavoro del Senato.

Visto il notevole contributo apportato dalle lavoratrici autonome alla Gestione separata dell’Inps – prosegue De Pasqualeil mancato accoglimento dell’emendamento da noi proposto lo reputiamo, oltre che ingiusto, altamente lesivo della dignità di questa categoria di donne lavoratrici qualora fossero vittime di violenza”.

Questa – conclude la Vice Presidente di Confassociazioniè l’ennesima dimostrazione di come siamo discriminate rispetto alle lavoratrici dipendenti. Un atteggiamento che non siamo più disposte a tollerare, considerato anche l’apporto che diamo in termini di Pil all’economia del nostro Paese, cosa che ci viene costantemente riconosciuta”.

Spread, parola difficile per un concetto facile

Che cos’è lo spread? Innanzitutto partiamo dalla traduzione dall’inglese, che significa “differenza”: perché è necessario usare termini inglesi quando esiste una perfetta traduzione italiana? Forse per confondere?

Torniamo al nostro “spread”, quindi alla differenza: in finanza può essere usato per diversi concetti, ma normalmente i giornali si riferiscono alla differenza di rendimento tra due obbligazioni o titoli di stato. Quando titolano “lo Spread” senza dare ulteriori definizioni, si riferiscono alla differenza tra rendimenti dei titoli di stato tedeschi (Bundesanleihen, comunemente noti come Bund) e quelli italiani (Buoni del tesoro pluriennali o BTP) con scadenza a 10 anni, emessi in euro.

Il rendimento effettivo è il risultato di componenti diverse tra domanda e offerta: da un lato c’è l’emittente, che ha necessità di ottenere denaro, ma più obbligazioni emette e più deve cercare di renderle attrattive per i compratori, aumentando quindi il rendimento. Dall’altro lato c’è il compratore, che sta cercando un buon affare, tra rendimento, scadenza e solidità dell’emittente.

In tutto questo si innesca la fiducia (o la sfiducia) dei compratori nei confronti dell’emittente o di altre variabili, come la situazione politica, l’inflazione o la crescita economica. A domanda crescente, sale il prezzo e scende il rendimento. Se il titolo è di nuova emissione è più semplice trovare una valore di rendimento congruo, ma se il titolo è già stato emesso, non può che variare di prezzo per riequilibrare un tasso di rendimento troppo alto o troppo basso rispetto ai suoi simili già sul mercato.

Infatti il mercato non regala nulla: se trovate un’obbligazione con rendimento molto elevato e prezzo basso, sarà legata ad un rating molto basso o ad altri rischi, come il rischio politico o l’instabilità valutaria, oppure la politica economica o la spesa pubblica.

Tornando allo spread Bund/BTP, perché esiste un differenziale tra questi due titoli di Stato emessi da due Paesi dell’Unione Europea?

L’ingranaggio dell’Ue non sembra essere lubrificato bene, perché ogni stato membro sembra fare storia a sé. La Germania è considerata Paese solido, con un rischio di insolvenza molto basso. L’Italia invece no, inaffidabile e con un rischio elevato di non riuscire a rimborsare i prestatori di denaro, cioè chi ha acquistato i BTP.

Entrano in gioco anche le attese su inflazione, debito pubblico, PIL. La misura di questa differenza è lo spread, che viaggia ora intorno a 135/145; dipende ovviamente dal momento in cui lo guardate perché varia in continuo. È espresso in punti base, quindi se volete un dato in percentuale basta dividere 1,35%-1,45% di differenza tra il rendimento di un titolo di stato tedesco e uno italiano.

Domani parleremo di mercati primari e secondari e di molto altro.

dott. Marco Degiorgis – Consulente patrimoniale e finanziario indipendente, Studio Degiorgis

Il terrorismo non frena le vacanze

Anche se i dati che arrivano dalle agenzie di viaggi dicono l’opposto, pare che gli italiani per queste vacanze non si stiano facendo influenzare dalla minaccia del terrorismo nella scelta delle loro mete. Almeno da quanto traspare online.

Secondo i risultati di una ricerca svolta da Reputation Manager, principale istituto italiano nell’analisi e misurazione della reputazione online dei brand e delle figure di rilievo pubblico, il terrorismo ha avuto un impatto meno negativo di quanto ci si potrebbe aspettare sul turismo online.

Dalla ricerca emerge che ben il 48% dei contenuti analizzati sul web negli ultimi sei mesi riguardanti le destinazioni sensibili ha un sentiment positivo, mentre solo il 46% negativo. Reputation Manager ha analizzato le conversazioni online dei viaggiatori relativi alle mete che sono state teatro di attacchi di terrorismo negli ultimi sei mesi, e in generale i contenuti presenti sui diversi canali online come articoli e news.

Nello specifico i dati evidenziano che i viaggiatori, che si scambiano commenti e recensioni sui forum di viaggio, sembrano non essere spaventati in maniera eccessiva dal terrorismo, anzi dimostrano una sorta di fatalismo, dettato dall’imprevedibilità e dalla frequenza degli attentati, che non limita la decisione di partire anche verso mete che sono state teatro di attentati recentemente, come la Francia e la Germania, o che hanno un quadro politico instabile come la Turchia.

Infatti ben il 60% delle conversazioni all’interno dei forum ha un sentiment positivo, il 30% negativo, spaventato, e il rimanente 10% neutrale. Al contrario sui siti di news le percentuali si capovolgono: il 66% è negativo e il 34% positivo.

Dall’analisi di Reputation Manager si evince che, mentre i media rilanciano a getto continuo news e aggiornamenti sugli attentati, creando una sorta di allarmismo e panico diffuso, i turisti abituati a viaggiare si dimostrano sì intimoriti rispetto a questi accadimenti, ma non scoraggiati nel partire verso le destinazioni delle vacanze prenotate, magari, mesi fa, senza dare eccessivo peso al terrorismo.

La tendenza trova conferma anche sulle pagine Facebook ufficiali delle principali compagnie aeree: solo nello 0,1% dei casi, i commenti degli utenti riportano parole come terrorismo, o riferibili agli attentati. Anche su Twitter la tendenza appare la medesima: solo nell’1,5% dei tweet analizzati che menzionano le principali compagnie aeree, compare la parola “terrorismo”.