Mercati esteri sempre più cruciali per il cibo Made in Italy

La Business School del Sole 24 Ore ha organizzato il Master Food&Wine Management, al quale è intervenuto anche Gianpiero Calzolari, presidente del Gruppo Granarolo, il quale, interrogato sulle possibilità dei mercati, pensando soprattutto all’export di cibo italiano, ha senza alcun dubbio posto l’accento sull’importanza dell’internazionalizzazione.

Considerando, in particolar modo, la valenza del Made in Italy nel mondo, visto come simbolo assoluto di qualità ed eccellenza, e tenendo presente le offerte quantomai variegate che l’Italia può offrire, a livello artigianale e tradizionale, rimane di basilare importanza saper vendere il buono che si produce. E non si tratta di qualcosa di così semplice da imparare, perchè spesso ci si scontra con una mentalità che ancora non si è messa al passo con i tempi.

Le parole di Calzolari sono state chiare: tra le competenze che l’Italia deve avere per promuovere al meglio, ad esempio, la sua produzione alimentare, c’è sicuramente la capacità di innovare ma anche la conoscenza delle strategie di Export Management, poichè la scienza della produzione alimentare, se studiata a fondo e messa in atto con le giuste competenze, può contribuire a dar vita a nuovi prodotti.

Questo risulta indispensabile anche considerando all’importanza che si dà al cibo, anche quando riguarda la salute: se il cibo è buono, infatti, diventa fonte di benessere e in grado di prevenire alcune malattie. Questa caratteristica è in grado di conquistare anche i mercati più sofisticati, anche se ad oggi le mete e i mercati fortemente in fermento sono quelli di Cina ed Africa.

Vera MORETTI

Aumentano le startup costituite online

Le startup innovative costituite attraverso la nuova modalità digitale e gratuita sono in continuo aumento: al 31 dicembre 2017 erano ben 1.117, con un tasso di crescita registrato pari al 39,6%, come dimostrato dal nuovo rapporto trimestrale di monitoraggio pubblicato dal ministero dello Sviluppo economico, in collaborazione con Unioncamere e InfoCamere.

E’ da luglio 2016 che si può costituire una società anche di capitali senza dover far ricorso all’atto notarile, ma tramite un modello standard per gli atti fondativi dell’impresa, personalizzabili dall’utente sulla piattaforma online dedicata.
Inoltre, si ricorre alla firma digitale a garanzia dell’identità dei contraenti e la procedura rimane gratuita, senza contare la rapidità con cui si riesce a portare a termine l’intero iter di costituzione della startup. Per chi ne necessita, c’è anche la possibilità di avvalersi dell’assistenza qualificata della Camera di Commercio.

Il rapporto reso noto fa sapere che, solo nel quarto trimestre del 2017, sono nate 246 imprese innovative online, con un incremento annuale di 937 unità, poiché solo un anno prima, nel dicembre 2016, le startup costituite online erano solo 180 in tutto.

A livello territoriale, la regione che vanta il maggior numero di adesioni a questa nuova misura è la Lombardia, con 275 startup costituite online, delle quali ben 181 si trovano nell’area di Milano, che è la prima provincia in classifica e che, insieme a Roma (115 startup) supera le 100 unità.
Seconda regione è però il Veneto, che raggiunge le 151 costituzioni online, con tre province tra le prime cinque. Dopo Milano e Roma, infatti, seguono Padova, Treviso e Verona.
Al contrario, ci sono province di grandi dimensioni che ancora fanno registrare poche società costituite attraverso la nuova modalità. Tra queste, ci sono Torino, Napoli, Modena e Firenze.

Vera MORETTI

Approvato il nuovo MUD, ecco le novità

Il modello del nuovo MUD è stato approvato dal DPCM datato 28 dicembre 2017, documento che va utilizzato per la denuncia da effettuarsi entro il 30 aprile 2018.

Rispetto a quello vecchio, il modello nuovo ha mantenuto l’articolazione solita in una sezione anagrafica, composta dalla Scheda SA1, obbligatoria per tutte le sezioni, ad eccezione della Comunicazione Rifiuti semplificata, e dalla scheda autorizzazioni, obbligatoria per tutti i soggetti autorizzati a svolgere attività di gestione dei rifiuti, e altre sei comunicazioni:

  • Comunicazione Rifiuti
  • Comunicazione Veicoli Fuori Uso
  • Comunicazione Imballaggi, composta dalla Sezione Consorzi e dalla Sezione Gestori Rifiuti di imballaggio
  • Comunicazione Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche
  • Comunicazione Rifiuti Urbani, Assimilati e raccolti in convenzione
  • Comunicazione Produttori di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche

Il MUD va inviato, entro la data stabilita del 30 aprile 2018, alla Camera di Commercio competente ed esclusivamente per via telematica all’indirizzo Mudtelematico.it.

Sono escluse le seguenti comunicazioni:

  • Comunicazione Rifiuti semplificata: la compilazione avviene inserendo i dati nel portale mudsemplificato.ecocerved.it, mentre la presentazione avviene via PEC all’indirizzo comunicazionemud@pec.it
  • Comunicazione Produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche: la presentazione deve avvenire esclusivamente tramite il portale dedicato, raggiungibile dal sito www.registroaee.it o dal sito www.impresa.gov.it

Tra le principali novità introdotte con il nuovo Modello, ne spiccano sicuramente due:

  • l’obbligatorietà dell’invio in forma telematica o tramite PEC della “Comunicazione Rifiuti” in forma semplificata. Viene sancita l’impossibilità, per queste due Comunicazioni, di invio tramite raccomandata, in forma cartacea o su supporto magnetico
  • la “Scheda autorizzazioni” della Sezione anagrafica, più articolata rispetto al passato e obbligatoria per tutti gli impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti.

Vera MORETTI

In Italia non calano le attività illegali

Gli italiani spendono 19 miliardi all’anno in attività illegali. Una cifra spaventosa che riguarda soprattutto l’uso di sostanze stupefacenti (14,3 miliardi), i servizi di prostituzione (4 miliardi) e il contrabbando di sigarette (600 milioni di euro).
E, come conferma l’Ufficio Studi della Cgia, si tratta di un’economia che non conosce crisi, tanto da essere aumentata negli ultimi 4 anni di oltre 4 punti percentuali.

Paolo Zabeo ha affermato in proposito: “Lungi dall’esprimere alcun giudizio etico è comunque deplorevole che gli italiani spendano per beni e servizi illegali più di un punto di Pil costringe tutta la comunità a farsi carico di un costo sociale altrettanto elevato. Senza contare che il degrado urbano, l’insicurezza, il disagio sociale e i problemi di ordine pubblico provocati da queste attività hanno effetti molto negativi sulla qualità della vita dei cittadini e degli operatori economici che vivono e operano nelle zone interessate dalla presenza di queste manifestazioni criminali”.

Renato Mason, segretario della Cgia, ha aggiunto: “Tra le attività illegali l’Istat include solo le transazioni illecite in cui c’è un accordo volontario tra le parti, come il traffico di droga, la prostituzione e il contrabbando di sigarette e non, ad esempio, i proventi da furti, rapine, estorsioni, usura, etc. Una metodologia, quest’ultima, molto discutibile che è stata suggerita dall’agenzia statistica della Comunità europea che, infatti, ha scatenato durissime contestazioni da parte di molti economisti che, giustamente, ritengono sia stato inopportuno aumentare il reddito nazionale attraverso l’inclusione del giro di affari delle organizzazioni criminali”.

La conferma del pervadere di queste attività arriva anche dalle numerose segnalazioni ricevute dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia. Si tratta di operazioni sospette arrivate da intermediari finanziari, che fanno poi scattare, da parte della Uif, degli approfondimenti sulle operazioni ritenute più a rischio e le trasmette, arricchite da una accurata analisi finanziaria, al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza (NSPV) e alla Direzione Investigativa Antimafia (DIA). Solo nel caso le segnalazioni siano ritenute infondate, la Uif le archivia.

Per capire la portata di questa situazione, tra il 2009 e il 2016 le segnalazioni sono aumentate di quasi il 380%. Infatti, se nel 2009 erano state poco più di 21mila, nel 2016 sono arrivate addirittura a 101.065.
La tipologia più segnalata è quella del riciclaggio di denaro, che per il 2016 ha coperto il 78,5% delle segnalazioni. Sempre secondo la Uif, nel 2016 la totalità delle operazioni sospette ammontava a 88 miliardi di euro, a fronte dei 97 miliardi di euro circa registrati nel 2015.

Ha ribadito Zabeo: “I gruppi criminali hanno la necessità di reinvestire i proventi delle loro attività nell’economia legale, anche per consolidare il proprio consenso sociale. E il boom di denunce avvenute tra il 2009 e il 2016 costituisce un segnale molto preoccupante. Tra l’altro, dal momento che negli ultimi 2 anni si registra una diminuzione delle segnalazioni archiviate, abbiamo il forte sospetto che l’aumento delle denunce registrato negli ultimi tempi evidenzi come questa parte dell’economia sia forse l’unica a non aver risentito della crisi”.

A livello regionale, le realtà che nel 2016 hanno fatto pervenire il maggior numero di segnalazioni sono state la Lombardia (253,5), la Liguria (185,3) e la Campania (167). Mentre su base provinciale le situazioni più critiche, con oltre 200 segnalazioni ogni 100.000 abitanti, sono quelle nelle province di confine come Como, Varese, Imperia e Verbano-Cusio-Ossola. Altrettanto critica la situazione a Rimini, Milano, Napoli e Prato.
A seguire ci sono le province di Treviso, Vicenza, Verona, Bergamo, Brescia, Novara, Genova, Parma, Firenze, Macerata, Roma, Caserta e Crotone.

Vera MORETTI

Reddito delle imprese di nuovo in crescita

La crisi se ne sta lentamente andando e qualcosa si comincia a vedere anche nei risultati delle imprese.
Guardando, ad esempio, i risultati ottenuti nel 2015, è evidente che sono cresciuti sia il reddito dichiarato a fini fiscali sia le relative imposte versate dalle società di capitali, mentre l’Irap registra un calo di gettito di oltre il 20% grazie alla deducibilità integrale del costo del lavoro introdotta quell’anno.

Dai dati emanati dal ministero dell’Economia emerge che le dichiarazioni Ires delle società di capitali nel 2015 sono state 1.146.097 (l’88% delle società è a responsabilità limitata), con una crescita del 2,1% sul 2014.
Il 63% ha dichiarato un reddito d’impresa rilevante a fini fiscali (era il 61% un anno prima) il 31% ha dichiarato una perdita (era il 33%) e il 6% un pareggio. Il 57,9% delle società ha poi effettivamente versato le imposte, mentre il 42 non ha versato o è a credito.

Il reddito fiscale dichiarato, che è pari a 162,6 miliardi di euro, è cresciuto in media del 4,7%, che tocca il 6% nelle regioni del Nord-Ovest, grazie soprattutto al settore manifatturiero (il reddito passa da 42 a oltre 48 miliardi) e al commercio all’ingrosso e al dettaglio (il reddito fiscale cresce da 20 a 23 miliardi).

Ma non è tutto positivo, perché l’ammontare della perdita fiscale, pari a 52,4 miliardi di euro, subisce un incremento del 4,8% a fronte di una riduzione del numero dei soggetti che la dichiarano (-4,3%). L’imponibile dichiarato dalle società di capitali è stato di 125,5 miliardi, con un incremento del 2,5% sull’anno precedente, mentre le imposte versate sono state pari a 31,4 miliardi.
Le società che sono assoggettate a tassazione ordinaria dichiarano un’imposta netta pari a circa 21,4 miliardi (+1,4%), mentre i gruppi societari che hanno optato per il regime consolidato dichiarano un’imposta netta di circa 13 miliardi (+4,8%).

Per quanto riguarda coloro che hanno presentato la dichiarazione Irap, sono 4.331.836, in calo del 2,9%. L’imposta dichiarata è stata di 23 miliardi, in flessione del 22,4%, con un valore medio di 8.650 euro.
Questa contrazione dipende dall’introduzione del regime forfettario per le persone fisiche e le società di persone.
Il 2015 ha segnato anche l’exploit della deduzione Ace, per un valore totale di 18,9 miliardi e un ottimo avvio del super-ammortamento, con 86.400 richieste per 279 milioni in solo un mese e mezzo.

Vera MORETTI

Presentato l’Osservatorio Impresa Professioni 4.0

Angelo Deiana ha presentato la nascita dell’Osservatorio Nazionale Impresa Professioni 4.0 di Confassociazioni, un progetto che ha come obiettivo principale quello di incentivare e trasferire la conoscenza e l’innovazione tipiche del mondo 4.0 anche al di fuori di associazioni e organizzazioni aderenti, quindi anche verso cittadini, istituzioni e professionisti delle imprese.

Claudio Antonelli, presidente del Comitato Etico, Scientifico e di Indirizzo di Confassociazioni nonché vice presidente dell’Osservatorio con delega a Professioni 4.0, ha dichiarato in proposito: “L’introduzione delle tecnologie digitali contribuisce a cambiare il mercato del lavoro introducendo competenze nuove e trasversali. Molti lavori si avviano a scomparire, ma ne nascono degli altri che necessitano di nuove competenze. Ragion per cui l’Osservatorio avrà l’obiettivo di studiare il fenomeno delle Professioni 4.0 lungo alcune direttrici principali. La prima è quella dell’occupazione. Quanti posti di lavoro andranno perduti? Quanti nuovi posti di lavoro saranno creati? Il saldo sarà positivo o negativo? La seconda è quella delle competenze. L’impatto della tecnologia digitale sul lavoro comporterà la necessità per tutti di adeguare velocemente le proprie competenze. Quali capacità e abilità saranno essenziali e cruciali per le nuove professioni emergenti? La terza è quella della formazione. E’ importante prepararsi in anticipo a un mercato del lavoro in continuo mutamento. Bisogna puntare su un sistema educativo in grado di formare solide competenze di base, ma anche capacità di apprendimento continuo”.

Stefano De Falco, vice presidente con delega alla Geografia dell’Innovazione, ha aggiunto: “In un momento in cui, dopo una iniziale tendenza alla sottovalutazione dei fattori geografici sui processi di innovazione è tornato al centro della scena il tema dell’importanza che invece tali fattori rivestono. E’ per questo che uno degli obiettivi dell’Osservatorio è quello di essere uno strumento di analisi dell’innovazione territoriale a servizio e in collaborazione con le Associazioni, le Imprese e i Professionisti aderenti a Confassociazioni”.

Gli ha fatto eco Andrea Gumina, vice presidente con delega a Impresa 4.0: “L’Osservatorio sarà una piattaforma in cui il capitale umano, le conoscenze e le competenze presenti all’interno delle associazioni aderenti verranno messe a fattor comune per incidere sullo sviluppo professionale e imprenditoriale delle organizzazioni e indirizzare i futuri piani 4.0 della politica industriale ed economica non solo delle imprese, ma anche dei professionisti e delle Istituzioni”.

Gianfranco Ziccaro, vice presidente con delega alle Reti 4.0, ha detto: “Il Mondo 4.0 è un sistema dove il vero vantaggio competitivo è costituito dall’insieme delle informazioni, delle competenze, dei progetti di formazione, ricerca e sviluppo per l’innovazione. Un mondo dove l’obiettivo di Confassociazioni è quello di favorire la crescita del capitale intellettuale e del patrimonio tecnologico dei professionisti e delle imprese”.

Ha concluso Oliviero Casale, segretario generale dell’Osservatorio: “La nostra struttura vuole anche supportare le politiche per l’innovazione attraverso un’attività di monitoraggio sulle principali tendenze in ambito europeo e internazionale riguardo i temi dell’innovazione e delle tecnologie abilitanti per il miglioramento continuo delle professionalità rappresentate. Tutto questo al fine di incidere lungo tutta la filiera del valore dei nuovi modelli organizzativi e di business delle imprese così da sviluppare nuove occupazioni non fini a se stesse bensì con una prospettiva di crescita sostenibile nel lungo periodo”.

Vera MORETTI

Ceramica Made in Italy a Maison&Objet 2018

E’ stata inaugurata a Parigi questa mattina, e durerà fino a martedì 23 gennaio, Maison&Objet 2018, la più grande fiera internazionale del design, della decorazione e dell’interior. Ovviamente avranno ampio spazio le eccellenze della ceramica Made in Italy, capaci di dire la loro anche nel settore ceramica.

Questo evento è stato promosso da Confindustria Ceramica, l’associazione che riunisce i produttori industriali di ceramica italiana, ed organizzato da ICE, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane in collaborazione con Edi.Cer.

Obiettivo, anche quest’anno, è quello di creare una imperdibile occasione di incontro tra il settore della piastrella ceramica italiana e gli operatori internazionali del mondo dell’interior design.

All’interno della manifestazione sono previsti due incontri che vedranno protagonisti Armando Cafiero, direttore generale di Confindustria Ceramica, presente alla conferenza stampa di inaugurazione della fiera, oggi alle 13 insieme all’Ambasciatore d’Italia a Parigi Giandomenico Magliano, il presidente dell’ICE Michele Scannavini e il Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico Ivan Scalfarotto.
Lunedì 22 gennaio alle 10.30, invece, Cafiero presenterà, presso lo stand istituzionale ICE, presenterà una panoramica sul settore ceramico ai giornalisti accreditati e ai buyers internazionali e si terrà una visita guidata alle aziende ceramiche della collettiva Ceramics of Italy.

Fra i 23 marchi aziendali che esporranno in collettiva in due stand sotto l’insegna Ceramics of Italy / ICE, nel Padiglione 5B “Actuel” della fiera, vi sonci sarannoo: Atlas Concorde, Caesar, Casa Dolce Casa, Casalgrande Padana, Ceramica Sant’Agostino, Ceramiche Refin, Cotto d’Este, Edimax Gruppo Beta, Emilgroup, Fap Ceramiche, Fincibec, Floor Gres, Gambini Group, Gigacer, La Fenice, Litokol, Marazzi, Marca Corona, M.I.P.A., Ornamenta, Panaria, Rex, Vallelunga.

L’Italia è quest’anno paese partner di questa edizione di Maison&Objet. Per questo, ICE-Agenzia ha preparato un programma speciale che vuole esprimere la vera essenza del design e della tradizione artigianale italiani, con il coinvolgimento dell’Ambasciata italiana a Parigi. Per questo, è prevista una rassegna di conferenze dal titolo Rising Talents Awards Italy, che daranno risalto sei designer italiani appartenenti alla generazione emergente.

Vera MORETTI

Italia ComFidi, primo Confidi nazionale in Italia

Italia Comfidi, l’associazione consortile promossa da Confesercenti, è ad oggi il primo Confidi nazionale e conta su 67.000 imprese e 2,8 miliardi di euro di finanziamenti per lo sviluppo delle pmi.
Cosa molto importante, la società, che ha sede a Roma e direzione generale a Firenze, è presente su tutto il territorio nazionale: il 40% delle imprese risiede nel Nord Italia, il 54% nel Centro e il rimanente 6% al Sud e Isole.

Nico Gronchi, presidente di Italia Comfidi, ha dichiarato: “E’ noto come il rapporto tra imprese e sistemi finanziari e bancari si sia deteriorato nel decennio appena trascorso per effetto di riforme del settore che non sempre hanno raggiunto i risultati voluti e da una crisi che ha fortemente cambiato il sistema produttivo italiano. Italia Comfidi ha come mission quella di favorire l’accesso al credito per le imprese attraverso le garanzie erogate: conosciamo le imprese e le necessità vitali per un loro sviluppo così come sappiamo in quale misura il sistema del credito necessiti di interlocutori produttivi affidabili e quanto sia urgente ripristinare un clima di fiducia tra imprese, banche e sistemi di garanzia. Con il 2018 metteremo a disposizione un nuovo plafond, con garanzie a prezzi estremamente agevolati, per un totale di 150 milioni di euro di finanziamenti dedicati agli investimenti per le PMI, un ulteriore passo in avanti per favorire la ripartenza del sistema economico del nostro paese”.

Questa associazione si pone come ponte di collegamento tra il mondo delle imprese e quello delle banche, e riesce a farlo con successo.
A dimostrazione di ciò, Italia Comfidi, ha saputo assumere negli anni un ruolo fondamentale nel mercato delle garanzie attraverso iniziative specifiche in partnership con il sistema bancario; attualmente sono attive convenzioni con oltre 150 banche o intermediari finanziari, senza dimenticare che in circa 50 Camere di Commercio sono state avviate agevolazioni dirette a favore delle imprese.

Si tratta di un fattore molto importante perché l’accesso al credito rappresenta per le pmi la possibilità di investire in strumenti che possano rendere la propria impresa sempre più competitiva.
Al fine di garantire finanziamenti, è molto importante che il rapporto con le banche e il ruolo di Abi possano rappresentare un elemento di stabilità.

Vera MORETTI

Settore orafo in ripresa nel 2017

Dal 19 al 24 gennaio appuntamento con Vicenzaoro January, evento immancabile per il settore orafo gioielliero.
A ridosso dell’esposizione, sono stati presentati i dati relativi ai primi nove mesi del 2017, messi a punto dal Dipartimento di Business Strategy di Italian Exhibition Group, che dimostrano come il settore sia in netta ripresa, sia per produzione sia per fatturato.

L’indice medio di fatturato totale del settore è aumentato del 6,2% nei primi nove mesi del 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016, con +2% a livello nazionale e una punta dell’8,2% per quanto riguarda le vendite estere. Mentre per quanto riguarda la produzione l’indice medio sale del 13% rispetto allo stesso periodo del 2016.

Considerando il valore assoluto, il fatturato italiano delle esportazioni a settembre 2017 è arrivato a 5,176 miliardi di euro, pari a un +13% in valore, considerando nei primi 9 mesi un prezzo medio dell’oro sostanzialmente simile a quello del 2016. In valore le esportazioni del 2017 superano quelle del 2015.

A contribuire principalmente a questa crescita sono stati gli exploit dell’export verso India, Russia e Stati Uniti, questi ultimi in particolare.
Negli Usa, infatti, l’andamento della domanda di gioielli e bijoux Made in Italy nei primi nove mesi del 2017 è salito del 21% in valore. Bene anche l’Europa, dove si registra una crescita in controtendenza rispetto all’andamento globale. In Francia l’export italiano sale nei primi nove mesi del 44%, +14% Germania e +22% in Spagna.
Sempre considerando l’aggregato gioielleria e bijoux, in Russia i gioielli italiani segnalano fatturati in aumento di oltre il 12%.

Per quanto riguarda i distretti più attivi, Alessandria è quello che ha registrato l’esportazione più alta, con un valore di fatturato pari a 1,5 miliardi di euro, seguito dal distretto di Arezzo, con un export a 1,4 miliardi, e quello di Vicenza, a circa 1 miliardo di euro.

Vera MORETTI

Imprese italiane investono in digitalizzazione

Per quanto riguarda il triennio 2014-2016, le imprese hanno deciso di convogliare il proprio capitale nell’investimento soprattutto di beni e servizi digitali, elementi considerati sempre più indispensabili ed in grado di fare davvero la differenza, in particolare quando la concorrenza è spietata.

Andando nel dettaglio, più o meno la metà delle imprese con almeno 10 addetti, e precisamente il 44,9%, ha adottato tecnologie relative alla sicurezza informatica, mentre un buon 27,9% ha investito per gli acquisti in beni e servizi legati a applicazioni web o app, il 18,4% per i social media, il 16,1% per il cloud computing, l’11,4% per le vendite online e il 9,9% nell’area internet delle cose.
Più selettivi gli investimenti in tecnologie relative ai big data (4,9%), robotica (3,5%), stampa 3D (2,7%) e realtà aumentata e realtà virtuale (1,3%).

C’è una marcata consapevolezza sull’importanza delle vendite online, tanto che ben un’impresa su quattro le riconosce come fattore in grado di migliorare la propria competitività, e di conseguenza la propria produttività.

  • In relazione alle diverse tecnologie si osservano le seguenti accentuazioni:
    sicurezza informatica: agenzie di viaggio (71,9%), Telecomunicazioni (66,5%), informatica (65,3%) e fabbricazione computer e prodotti elettronica (64,4%);
  • applicazioni web e app: attività editoriali (67,2%), agenzie di viaggio (58,7%), informatica (56,7%), telecomunicazioni (55,6%);
  • internet delle cose: telecomunicazioni (28,1%), imprese multimediali (Attività di produzione cinematografica, di video e di programmi televisivi, di registrazioni musicali e sonore), produzione di computer e prodotti di elettronica (24,2%) e informatica (18,6%);
  • social media: alloggio (52,1%), attività editoriali (49,4%), agenzie di viaggio (48,4%);
  • cloud computing: telecomunicazioni (59,7%), informatica (55,9%), attività editoriali (50,1%);
  • vendite on line: attività editoriali (57,3%), alloggio (56,5%), agenzie di viaggio (36,8%);
  • internet delle cose: telecomunicazioni (28,1%), imprese multimediali (24,2%), computer e prodotti elettronica (23,2%);
  • big data: telecomunicazioni (23,2%), attività editoriali (21,0%), informatica (17,0%), trasporto (10,0%);
  • robotica: in generale nel manifatturiero si osserva un sostanziale raddoppio (7,1%) rispetto alla media della quota imprese che investono in robot, con quote più elevate per Mezzi trasporto (20,3%), Petrolchimica (11,8%), Metallurgia e prodotti metallo (9,8%) e apparecchiature elettriche (9,4%) e computer e prodotti di elettronica (8,6%);
  • stampa 3D: anche per questa tecnologia nel manifatturiero raddoppia (5,0%) rispetto alla media la quota di imprese che investono, con una maggiore accentuazione per computer e prodotti elettrica (19,5%), apparecchiature elettriche (9,5%), mezzi di trasporto (8,9%) e altre manifatturiere (6,3%);
  • realtà aumentata e virtuale: tecnologia più diffusa tra imprese multimediali (12%), informatica (6,1%) e telecomunicazioni (4,9%).

Ciò che principalmente spinge le imprese verso la digitalizzazione sono le agevolazioni, i finanziamenti e gli incentivi fiscali, indicati dal 45,8% degli intervistati.

Il secondo fattore di sviluppo indicato dalle imprese riguarda le infrastrutture e le connessioni in banda ultra larga (indicato dal 33,4%). In questo caso, però, siamo ancora lontani dal riempire il gap fortemente presente. La banda larga, infatti, viene utilizzata dal 15,2% delle imprese, che rappresentano meno della metà delle imprese dell’Unione europea, a quota 31,7%.

Altri fattori determinanti sono la strategia aziendale di digitalizzazione (indicato dal 16,6% delle imprese), l’inserimento o sviluppo di nuove competenze digitali (12,6%), una maggiore capacità della Pubblica Amministrazione di promuovere iniziative digitali (10,6%) e la capacità delle imprese di fare rete (8,4%).

Vera MORETTI