Ritenuta d’acconto per cessione diritti d’autore senza limiti: come funziona e a chi si applica

Sempre più spesso, in ambito lavorativo si sente parlare della cessione dei diritti d’autore, una tipologia di contratto con cui l’autore, in cambio di un compenso economico pattuito in precedenza, cede la titolarità e i diritti di sfruttamento, dunque anche i proventi, di una sua opera. In altre parole, si tratta di una forma di collaborazione, in cui l’autore si impegna ad eseguire un’opera grazie al proprio ingegno, ma senza imposizione di orari di lavoro, né tanto meno di una sede prestabilita. La firma di un contratto di cessione dei diritti d’autore, fa rinunciare alla “paternità” dell’opera e agli eventuali proventi che deriverebbero dal suo utilizzo, facendoli passare al committente.

Il contratto di cessione dei diritti d’autore non implica, di per sé, l’apertura obbligatoria della Partita IVA. Nella generalità dei casi, infatti, il prestatore può svolgere l’attività di scrittura, disegno, composizione e molto altro, in qualsiasi forma, senza che questa sia soggetta ai limiti che sussistono, invece, per le prestazioni occasionali. L’utilizzo delle prestazioni occasionali è consentito solo per collaborazioni di breve durata – massimo 30 giorni per anno solare per ciascun committente – e non ripetute nel tempo. I lavoratori che non sono titolari di partita Iva, sovente, vengono ingaggiati, laddove i compensi non superino i 5.000,00 € annui, per prestazioni d’opera occasionali.

Diritti d’autore e ritenuta d’acconto

La ritenuta d’acconto, ormai entrato nel gergo comune come sinonimo della collaborazione occasionale, è una trattenuta che viene operata dal datore di lavoro nei confronti di un collaboratore o fornitore. Come illustrato dall’Agenzia delle Entrate, la ritenuta si applica sui seguenti redditi: per prestazioni di lavoro autonomo, anche occasionale, e anche sotto forma di partecipazione agli utili, per prestazioni rese a terzi o nell’interesse di terzi, agli utili spettanti in qualità di promotori o soci fondatori di s.p.a., s.a.p.a. e s.r.l, alla cessione di diritti d’autore, ai diritti per opere d’ingegno ceduti da persone fisiche non imprenditori o professionisti che le hanno acquistate.

Sono esclusi dall’applicazione della ritenuta i compensi di importo inferiore a 25,82 euro (sempre che non si tratti di acconti relativi a prestazioni di importo complessivo superiore a tale limite), corrisposti dagli enti pubblici e privati, non aventi a oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, per prestazioni di lavoro autonomo occasionale.

Con la ritenuta d’acconto, una parte del compenso non viene pagato al collaboratore ma direttamente allo Stato come acconto sull’IRPEF da pagare in relazione a quel reddito da parte del collaboratore stesso. In altre parole, si tratta di una trattenuta che il datore di lavoro opera nei confronti di dipendenti e collaboratori. Se il versamento all’Erario viene effettuato materialmente dal sostituto d’imposta, a pagare è il lavoratore, dipendente o professionista.

Le aliquote della ritenuta d’acconto sono di differenti percentuali di solito sono del 20% o del 30%. Ecco una sintesi delle aliquote delle ritenute d’acconto, in base al tipo di reddito:

Tipo di reddito Aliquota Base imponibile
Compensi per prestazioni di lavoro autonomo anche occasionale 20% 100%
Compensi per l’assunzione di obblighi di fare, non fare e permettere 20% 100%
Compensi ad associati in partecipazione che apportano solo lavoro 20% 100%
Partecipazione agli utili di soci fondatori o promotori 20% 100%
Compensi di qualsiasi natura per prestazioni di lavoro autonomo anche occasionale corrisposti a soggetti non residenti 30% 100%
Compensi per cessione di opere d’ingegno, brevetti industriali, marchi d’impresa, formule, ecc. corrisposti a soggetti non residenti 30% 100%

ll versamento della ritenuta d’acconto tramite modello F24 (per il pagamento si utilizzano i codici tributo identificativi del tipo di reddito corrisposto, reperibili sul sito dell’Agenzia delle entrate), va fatto dal sostituto d’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è avvenuto il pagamento. Se il 16 è sabato o festivo, il versamento è posticipato al primo giorno successivo utile. Fa eccezione il mese di agosto in cui, in genere, la scadenza per il versamento della ritenuta è fissato al giorno 20.

Quando lavorare con ritenuta d’acconto

Lavorare mediante la collaborazione occasionale con ritenuta d’acconto conviene solo quando, non si prevede di poter ottenere altre collaborazioni nel medio termine con lo stesso committente o con altri committenti dello stesso settore, o più in generale, quando si ha una sola e breve collaborazione con un soggetto. Di contro, se il lavoratore ritiene di avere una professionalità in uno specifico settore e poter operare su più collaborazioni, sarà preferibile aprire una partita Iva.

Dettagli ritenuta d’acconto per i redattori, senza limite dei 5000 euro

Rispetto alla ritenuta d’acconto per la cessione dei diritti d’autore normale ovvero quella riferita a titolo d’esempio, per un autore di un libro o di un brano musicale, per quando riguarda i redattori per articoli giornalistici o per articoli da inserire in un blog, si applica una tassazione differente e inoltre, non è previsto il limite della soglia dei 5000 euro annui prevista per il lavoro occasionale con ritenuta d’acconto. Il trattamento fiscale per i contratti del diritto d’autore ove l’utilizzazione economica dell’opera dell’ingegno dell’autore non è immediatamente riconducibile alla prestazione lavorativa, prevede che alla somma spettante all’autore, venga assoggetta una ritenuta alla fonte del 20% sulla base imponibile, che viene elevata al 30% nel caso di soggetto non residente in Italia.

Per quanto riguarda la base imponibile, su cui si applica l’imposizione fiscale, sono previste le seguenti regole:

  • per autori con meno di 35 anni, la base imponibile (a cui si applica l’aliquota IRPEF) è pari al 60% del compenso (viene, quindi, prevista una deduzione forfettaria del 40%);
  • per autori con età pari o superiore ai 35 anni, la base imponibile è pari al 75% del compenso (viene, quindi, prevista una deduzione forfettaria del 25%).

 

Modello Redditi SC: quali novità nel 2021?

Il 29 gennaio scorso, con un provvedimento del direttore, l’Agenzia delle Entrate ha approvato ‘Redditi 2021–Sc‘, il modello di dichiarazione dei redditi, ai fini del pagamento delle imposte, che sono chiamati a presentare non solo le società e gli enti commerciali residenti nel territorio dello Stato italiano, ma anche i non residenti equiparati.

Ecco le novità di Redditi 2021–Sc in estrema sintesi

Rispetto al modello dello scorso anno, per Redditi 2021–Sc ci sono davvero tante novità che spaziano da una una nuova casella che è stata introdotta nel frontespizio a nuovi codici, e passando per il Superbonus nel quadro RS. Così come ci sono le novità del 2021 per il Modello Redditi SC – Società di Capitali – pure per quel che riguarda i quadri di dichiarazione RQ, RU, RN ed RX.

Frontespizio Redditi 2021–Sc, introdotta una nuova casella

Dichiarazione integrativa errori contabili‘. E’ denominata così la nuova casella da barrare che, per il Modello Redditi SC 2021, è stata introdotta nel frontespizio. Si tratta, nello specifico, di una casella da barrare in caso dichiarazione integrativa a favore. Ed in particolare, secondo quanto è stato riportato dal quotidiano telematico dell’Agenzia delle Entrate ‘FiscoOggi’, per la correzione di errori contabili di competenza oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.

Detrazione Superbonus 110% nel quadro RS di Redditi SC

Nel Modello Redditi SC 2021, in corrispondenza del quadro RS, trova invece spazio il Superbonus 110%. Ai fini del calcolo della detrazione, infatti, il prospetto ‘Spese di riqualificazione energetica‘ è stato aggiornato. La detrazione, nella misura del 110 per cento, deve essere ripartita in 5 quote annuali che scenderanno a 4 nel 2022 così come è previsto dal decreto legge numero 63/2013 in corrispondenza dell’articolo numero 14.

Le novità per i quadri RQ ed RU, dalla rivalutazione dei beni ai crediti di imposta

Nel quadro RQ di Redditi SC 2021, in corrispondenza della sezione XXIII, che è quella relativa alla ‘Rivalutazione dei beni e delle partecipazioni‘, il modello è stato rivisto ed aggiornato alla luce delle novità che sono state introdotte con il cosiddetto Dl ‘Liquidità‘.

Per il quadro RU, invece, sono stati introdotti nuovi codici per la fruizione dei crediti di imposta in corrispondenza del rigo RU1. Tra questi, il codice ‘L1’ deve essere utilizzato per la fruizione del credito di imposta per ricerca, sviluppo e innovazione.

Il codice ’01’ da utilizzare invece per il tax credit relativo al teleriscaldamento con biomassa ed energia geotermica. Così come c’è pure il codice ‘E5’ per gli investimenti in beni strumentali/Zes, ed il codice ‘E3’ che, invece, è quello relativo agli investimenti in beni strumentali/Sisma Centro-Italia.

Redditi SC, cosa cambia nel modello 2021 per i quadri RN ed RX

Il Quadro RN di Redditi SC 2021, rispetto al modello dello scorso anno, è stato modificato inserendo delle integrazioni in corrispondenza del rigo RN10 e del rigo RN14. Mentre nel Quadro RX trovano ora posto tre righi nuovi nuovi. Ovverosia il rigo ‘RX33‘, il rigo ‘RX34‘ ed il rigo ‘RX35‘.

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Società: tutte le forme per una scelta consapevole

Aprire una società è possibile, ed è spesso il sogno di molti giovani. Ma prima di farlo è meglio capire realmente le caratteristiche delle varie tipologie offerte dall’ordinamento italiano. Una breve guida per capirne gli aspetti e fare una scelta consapevole.

Società: esistono quelle di capitali e di persone

Attraverso il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune, di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili (Art.2247 c.c.). Pertanto, gli elementi essenziali sono:

  • il conferimento da parte dei soci;
  • l’esercizio in comune di un’attività economica;
  • lo scopo di dividerne gli utili e quindi ottenere un vantaggio patrimoniale per i soci.

Proprio perché sia la società di capitali che di persone sono di tipo lucrativo. Tra queste rientrano le società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice, per azioni, a responsabilità limitata, in accomandata per azioni ed a responsabilità limitata uni personale. In tutti i casi si parla di società dotate di partita iva e proprio marchio.

Società e la figura dell’imprenditore

Prima di ogni cosa è perno di un’impresa la figura dell’imprenditore. Attraverso le aziende individuali vengono gestite le attività di modeste dimensioni. Al suo interno la struttura organizzativa è semplice e concentrata principalmente nella figura dell’imprenditore. Colui che ha spesso avuto l’idea imprenditoriale, che vuole svilupparla ed dedicare ad essa il suo lavoro.

Le scelte gestionali sono molto legate all’esperienza, al coraggio e all’intuizione personale del titolare. Spesso anche il raggio di azione è limitato nello spazio, ma è anche vero che è idee imprenditoriali semplici, sono spesso diventate leader di mercato. Tra le altre forme di piccola impresa vi è:

  • l’impresa familiare, nella quale uno o più membri della famiglia lavorano insieme e collaborano in modo continuativo prestando la loro attività come occupazione principale;
  • l’impresa coniugale, costituita dopo il matrimonio ed esercitata dai coniugi in regime di comunione dei beni;
  • l’associazione in partecipazione, nella quale l’imprenditore associante attribuisce all’associato solo un determinato apporto. In cambio ne ha una partecipazione agli utili.

A volte però le imprese crescono così tanto che si ha bisogno in un assetto manageriale più qualificato e l’ampliamento delle dimensioni rappresenta una necessità. In alcuni casi, se non cresce non sopravvive. In questo caso allora è meglio esaminare altri tipi di società.

Società di persone e capitali: alcune differenze

Le società di persone sono dotate di autonomia patrimoniale. Ciò vuol dire che il patrimonio della società è distinto da quello dei soci e su di esso dovranno innanzi tutto rifarsi i creditori sociali. Ma se il patrimonio risultasse insufficiente, per le obbligazioni sociali, rispondono anche i soci con il loro patrimonio personale, in modo illimitato e solidale. Rientrano in questa categoria: la società semplice, in nome collettivo, ed in accomandita semplice. Mentre le sono nelle società di capitali sono dotate di personalità giuridica e quindi per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società stessa con il suo patrimonio. Fanno parte di questa categoria le società per azioni, a responsabilità limitata ed in accomandita per azioni.

Le società & il principio di responsabilità

Se si considera la posizione di ogni singolo socio nei confronti delle obbligazioni sociali, cioè il loro grado di responsabilità, si può fare un’altra distinzione:

  • Società a responsabilità illimitata: nella quale i soci rispondono illimitatamente per le obbligazioni sociali (società in nome collettivo, identificate con l’acronimo snc);
  • Società a responsabilità limitata: nelle quali per le obbligazioni sociali risponde unicamente la società con il suo patrimonio (società per azioni, cioè S.p.A., e società a responsabilità limitata, cioè Srl);
  • Società a responsabilità mista: in cui alla responsabilità della società si aggiunge quella del singolo soci (società in accomandita semplice, cioè sas, oppure in accomandita per azioni, sapa).

Società cooperative: cosa sono e perchè sono differenti?

Accanto alle società fin ora elencate vi sono anche le società cooperative. Queste a differenza delle precedenti hanno un fine mutualistico. Ciò vuol dire che nell’offrire ai propri soci beni o servizi, ma anche occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose di quelle di mercato. Nelle società cooperative, inoltre, il capitale è detto variabile, in quanto le variazioni del loro capitale sono un fatto di normale amministrazione, mentre nelle società lucrative la situazione è differente. Infatti, nelle società di persone e di capitali, il capitale è detto fisso, perché l’entità del loro capitale è stabilita nel contratto sociale e può variare solo a causa di una sua modifica.

La scelta del tipo di società da cosa dipende?

A questo punto quando si vuole aprire una società occorre chiedersi, quale sia la tipologia che meglio si adatta alle esigenze dell’imprenditore. E’ evidente che la scelta della forma societaria con cui l’azienda si costituisce, va ben ponderata. Alcuni fattori da valutare possono essere:

  • la dimensione dell’impresa, in termini di bisogno finanziario di cui la nuova attività necessita. Se si ha bisogno di grossi capitali, allora la scelta di una società di capitali potrebbe essere scontata. Mentre se si tratta di un’impresa di tipo artigianale, magari basta una snc.
  • la responsabilità dei soci, cioè il grado di rischio che ogni socio vuole assumersi. Questo è sicuramente più alto nelle società di persone, piuttosto che in quelle di capitali;
  • la possibilità di ottenere finanziamenti, ad esempio posizionando le proprie azioni sul mercato. Ad esempio, le sapa possono finanziarsi collocando sul mercato obbligazioni di loro emissione.

Ma attenzione anche a valutare l’organizzazione amministrativa che si vuole adottare, il trattamento fiscale previsto per ogni tipologia, perché ogni società è dotata di caratteristiche specifiche. E se non si conosco bene, c’è il rischio di chiudere bottega subito dopo averla aperta. Pertanto, avere le idee chiare fin da subito e capire, attraverso un buon business plan, dove si vuole arrivare, può essere una scelta ottimale.

Reddito di cittadinanza, requisiti, patrimonio e importi spettanti

In questi tempi in cui si apre e si chiude, si attendono segnali per poter uscire o rientrare, da case e regioni, andiamo a scoprire cosa spetta a chi cerca di risollevarsi col reddito di cittadinanza. Tutto, ma proprio tutto quello che avreste voluto sapere sul reddito, ma non avete mai osato chiedere, per citare Woody Allen.

Reddito di cittadinanza, i requisiti per chiederlo e ottenerlo

Dunque, andiamo a scoprire quali sono i requisiti necessari per poter chiedere il tanto ambito reddito di cittadinanza, in un Italia sempre più sul baratro della disoccupazione e del collasso economico sociale.

  • Occorre essere cittadino italiano o europeo, oppure congiunto ad un italiano o ad un europeo con permesso di soggiorno in Italia. Oppure titolare di protezione internazionale (che, detto così, sembra un membro dei servizi segreti).
  • Bisogna risiedere nel nostro paese da almeno 10 anni, di cui in modo continuativo, gli ultimi due anni.
  • Ovviamente, occorre essere disoccupato o inoccupato ed aver compiuto la maggiore età, di 18 anni, il sussidio è riconosciuto anche al nucleo familiare in cui si lavora, anche a tempo indeterminato, ma con redditi al di sotto di quelli stabiliti per il diritto: si parla, quindi, di eventuali rapporti di lavoro part time.
  • Occorre avere un ISEE inferiore ai 9360 euro annui.
  • Un reddito familiare inferiore ad una soglia di 6.000 euro ed un patrimonio finanziario (mobiliare) non superiore ai 6.000 euro.
  • Non devi essere intestatario, nemmeno uno dei tuoi familiari (cioè del nucleo familiare, s’intende) e non disponete pienamente di autoveicoli immatricolati la prima volta nei 6 mesi precedenti la richiesta del Reddito. Stesso discorso per navi e imbarcazioni da porto.
  • Non bisogna essere sottoposti a misura cautelare e nemmeno portare sul groppone condanne definitive.

Reddito di cittadinanza, importo spettante

Il Reddito vi sarà concesso, qualora vi fosse concesso, per un tempo di 18 mesi, il suo importo sarà mensilmente pari a quello di un decimo del valore annuale. Per calcolare il suo valore, sostanzialmente compreso tra i 480 e 9,360 euro l’anno, sarà utile indispensabile applicare la seguente formula

[(soglia massima di reddito familiare x parametro scala equivalenza – reddito familiare) + contributo locazione o mutuo] / 12 mensilità.

E, se non siete bravi in matematica (o, semplicemente, non è chiara la formula) ve lo riassumiamo così: moltiplicando la soglia massima (6.000 Euro per il RdC) per la scala di equivalenza, sottraendo il proprio reddito familiare otterrete un’importo come integrazione al reddito familiare. L’importo totale sarà diviso in 12 mensilità.

Reddito di cittadinanza, ecco alcuni esempi

Facciamo, in ultimo, alcuni esempi di RdC che potrete percepire, in base al vostro nucleo familiare ed alla vostra (presumibilmente disastrata) situazione economica. Se, ad esempio appartieni ad una famiglia composta da 2 adulti e 2 figli minorenni, il tuo nucleo familiare potrà percepire fino a 1.180 euro al mese di Reddito, di cui fino a 900 euro mensili come integrazione al reddito e 280 euro di contributo per l’affitto, oppure 150 euro di contributo per il mutuo, nel caso abbiate un mutuo in corso.

Se vivi da solo, invece, avrai diritto ad un reddito massimo di 780 euro mensili, dei quali 500 euro come integrazione al reddito e 280 euro di contributo per l’affitto, oppure 150 euro di contributo per il mutuo, sempre se hai un mutuo in corso. Se, invece sei un facente parte di una famiglia composta da 2 adulti, 1 figlio maggiorenne e 2 figli minorenni, il tuo nucleo familiare avrà diritto ad un RdC fino a 1.330 euro al mese, con una integrazione al reddito fino a 1.050 euro e un contributo per l’affitto o per il mutuo pari a, rispettivamente, 280 euro o 150 euro;

Come fare domanda per il Reddito di Cittadinanza

Dunque, se fate parte di tutte quelle categorie indicate nel primo paragrafo ed il vostro quadro economico non è, quindi, dei migliori vi occorre sapere la modalità per esporre la fatidica domanda per il Reddito di Cittadinanza. Potrete fare domanda nei seguenti modi:

  • Attraverso un CAF o un patronato di competenza
  • Facendo richiesta attraverso uno sportello postale
  • Attraverso il portale web www.redditodicittadinanza.gov.it, previa autenticazione per mezzo SPID;
  • Oppure, attraverso il portale online della sempreverde INPS, previa identificazione con PIN Inps o una carta d’identità elettronica 3.0 o con una carta Nazionale dei servizi (CNS).

Si chiarifica, in ultimo, ma non ultimo, che ci sono, poi, delle regole a cui sottostare, per il mantenimento e percepimento del RdC. Di fatto, per poter accedere al beneficio, dovrai, innanzitutto, rendere la Dichiarazione di Immediata Disponibilità al lavoro (DID) entro 30 giorni dall’accoglimento. E quindi attivarti a sostituire, quanto prima, il ricevimento del Reddito, con una adeguata opportunità di lavoro e/o di formazione al lavoro.

Dunque, dopo aver letto tutti i passaggi di questa rapida ma esaustiva guida al Reddito di Cittadinanza, non vi resta che farvi due conti nelle vostre tasche, sperando che ancora non abbiano i buchi e catapultarvi, se ne siete beneficiari a fare domanda per ottenere il tanto ambito Reddito.

Lavoratori autonomi: chi sono e in quali categorie si suddividono

Come si evince dall’art.22 del Codice Civile, il lavoratore autonomo è titolare di partita Iva ed è colui che realizza un’opera o svolge dei servizi per conto di un datore di lavoro che gli riconosce, in cambio, una somma di denaro per la prestazione ricevuta. Il lavoro autonomo differisce dal lavoro subordinato, in quanto il soggetto lavoratore, nel primo caso non è obbligato a seguire le direttive del suo datore, non può essere sanzionato per violazione del contratto, quindi, gode di una certa flessibilità e autonomia per quanto concerne tempi e modalità di esecuzione della prestazione, ma a differenza del secondo caso è legato al risultato. In sintesi, il lavoratore autonomo non è soggetto al vincolo di subordinazione.

I diritti del lavoratore autonomo

Se è vero che il lavoratore autonomo gode di molta più libertà nell’esecuzione del suo lavoro rispetto a quella di un lavoratore subordinato, è altrettanto vero che vengono meno molte tutele. Infatti, non sussiste la norma che prevede per il lavoratore autonomo, una retribuzione proporzionata e sufficiente.

Non ha diritto alle ferie e a riposi, non c’è una durata massima dell’orario di lavoro, nessun diritto sindacale, assente il diritto di essere assegnato a una mansione contrattuale, non è tutelato contro il trasferimento, può essere licenziato dal committente anche in assenza di una giusta causa. Inoltre, il lavoratore autonomo non fruisce di prestazione pubbliche, in caso di infortunio, malattia o maternità. Ciò deriva anche dal frequente mancato versamento dei contributi all’INPS. Di solito, i professionisti versano i contributi alle casse previdenziali specifiche, per accedere alle misure di protezione sociale che esse prevedono.

Qualche tutela a favore del lavoratore autonomo è stata introdotta dal Jobs Act. Per esempio, sussiste il diritto a ricevere un congruo preavviso da parte del committente, in caso di recesso di quest’ultimo. In alcuni casi è previsto anche l’accesso a misure di protezione sociale per malattia, maternità e disoccupazione involontaria.

Le categorie di lavoratori autonomi

Come detto poc’anzi, i lavoratori autonomi sono coloro che svolgono un’attività autonoma o professionale e senza che sussista un vincolo esclusivo verso un datore di lavoro. E’ possibile suddividere i lavoratori autonomi in cinque categorie che si differenziano per caratteristiche.

  • Gli imprenditori che svolgono un’attività organizzata per la produzione o lo scambio di beni o servizi. In questo caso si avvalgono di lavoratori dipendenti retribuiti e di appropriati mezzi di produzione. Gli imprenditori dirigono, coordinano e controllano le attività dell’impresa, affrontando costi importanti e assumendosi i rischi giuridici ed economici.
  • Gli artigiani che portano avanti il proprio lavoro come titolari d’impresa e in piena responsabilità, svolgendo, molto spesso, un lavoro anche manuale nel processo produttivo ed esercitando un’attività diretta alla produzione di beni o alla prestazione di servizi (esclusa quella commerciale e agricola). Gli artigiani sono piccoli imprenditori che devono essere iscritti all’Albo delle imprese artigiane e possono avvalersi dell’aiuto dei familiari, ma possono avere anche più lavoratori dipendenti (da un minimo di 8 nelle attività di trasporti ad un massimo di 32 nelle lavorazioni artistiche). Gli artigiani sono assicurati dall’INAIL contro infortuni e malattie professionali, con l’obbligo di versare all’INPS un contributo per l’assicurazione d’invalidità, di vecchiaia e superstiti. Per le donne è prevista la tutela alla maternità.
  • I liberi professionisti che svolgono un’attività intellettuale e qualificata con una competenza specifica acquisita tramite studi e corsi di formazione inerenti. Spesso, si tratta di persone laureate, iscritte a un albo, ordine, registro o elenco riconosciuto. Rientrano in questa categoria: avvocati, ingegneri, commercialisti, medici, notai, consulenti del lavoro, farmacisti, giornalisti e similari. Esistono anche liberi professionisti che non sono iscritti a un Albo o registro, in quanto svolgono professioni non regolamentate ovvero rappresentate solo dalle relative associazioni. Per esempio: amministratori di condominio, fisioterapisti, oftalmologi, podologi, pedagogisti, psicomotricisti, massofisioterapisti, optometristi, esperti in tecnica ortopedica, geofisici, progettisti architettura d’interni, fotografi professionisti e numerose altre, tra cui i professionisti della mobilità;
  • I soci di cooperativa che sono associati con altre persone per dare vita a una società cooperativa che si prefigge un obiettivo comune, agendo insieme, anziché per proprio conto al fine di ottenere un vantaggio per tutti. Le cooperative devono essere costituite da un notaio, dotate di Statuto e devono essere iscritte al Registro delle imprese e all’albo delle società cooperative.
  • Gli agenti e rappresentanti di commercio che ricevono l’incarico da una o più imprese di chiudere dei contratti in una o più zone assegnate. Si tratta di un lavoro rischioso, in quanto il risultato positivo non è per nulla scontato, ma con la possibilità di adottare la strategia di lavoro ritenuta più consona per il suo raggiungimento. A contratto concluso viene corrisposta una somma di denaro dal preponente con cui è stato instaurato il contratto di agenzia.

Nel caso un lavoro qualificato come autonomo, presenti caratteristiche tipiche di lavoro subordinato, il lavoratore può chiedere a un giudice la trasformazione da lavoro autonomo a un contratto di lavoro subordinato.