Ecco perché salario minimo aiuta anche le pensioni

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La notizia che in Europa iniziano i primi passi per un salario minimo generalizzato, è davvero importante. Facendo seguito ai diktat del governo che seguono quelli della UE (Unione Europea), si va sempre più verso uno stipendio minimo al di sotto del quale nessun lavoratore dovrebbe finire con il percepire. In Italia l’argomento è alquanto spinoso dal momento che in alcuni settori molti credono che con il salario minimo si finirà con il penalizzare i lavoratori. Tralasciando polemiche e discussioni che come sempre in Italia sono molteplici, il presidente dell’INPS, Pasquale Tridico ha prodotto una sua particolare visione. Una analisi completa sull’impatto del salario  minimo che dovrebbe essere positivo anche sulle pensioni.

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A stipendi bassi corrispondono pensioni basse questo ciò che sostiene l’INPS

“A salari bassi corrispondono, con il sistema contributivo, pensioni basse”, il pensiero di Pasquale Tridico, numero uno dell’Istituto nazionale di previdenza sociale italiano è eloquente. Secondo il presidente, l’intenzione di fissare uno stipendio minimo al di sotto del quale non si può scendere, sortirà effetti positivi anche sulle pensioni. Infatti per il gioco del rovescio della medaglia, al salire delle retribuzioni in un sistema contributivo salgono inevitabilmente anche le pensioni. È sempre secondo il presidente dell’INPS, chi trarrà giovamento da questa novità sono sostanzialmente i giovani che hanno scenari pensionistici futuri piuttosto drastici.

Pensioni per i giovani, il futuro non è roseo, ed il salario minimo aiuta

Il precariato e la disoccupazione che, da 2 anni a questa parte sono incrementati di molto per via della pandemia e della crisi economica, portano ad un netto peggioramento della situazione. Infatti i giovani rischiano di prendere pensioni da fame nel prossimo futuro, ancora più basse di quelle che già oggi vengono erogate dall’INPS. L’argomento delle pensioni dei giovani e da sempre al centro anche del dibattito tra governo e sindacati in materia di riforma delle pensioni. Infatti da anni si parla di una pensione di garanzia per i giovani proprio per evitare che questi futuri pensionati paghino il prezzo più alto da un sistema che tutto è tranne che equo. Infatti la pensione di garanzia dovrebbe essere una pensione al di sotto della quale non si potrà andare a prescindere dalla contribuzione versata. Una sorta di trattamento minimo collegato alle questioni lavorative precarie è difficili che i giovani incontrano oggi nel mondo del lavoro. Evidente il connubio, almeno come iniziativa, tra salario minimo e pensione minima di garanzia.

Dalla pensione di garanzia al salario minimo

Fissare una soglia sotto la quale le retribuzioni non possono scendere aiuta a far crescere l’importo delle pensioni future dei giovani, questo è il pensiero di Pasquale Tridico. Pensiero che però non è l’unico positivo nei confronti della novità che il salario minimo. Infatti secondo il numero uno dell’Istituto nazionale previdenza sociale italiano, il salario minimo riuscirà anche a dare sostegno all’economia e soprattutto a combattere le disuguaglianze sociali. Differenze queste che oggi, oggettivamente si manifestano sia nel mondo del lavoro che in quello sociale, e molto più di prima.

La pensione di cittadinanza rischia di diventare uno strumento troppo diffuso in futuro

Come dicevamo anche secondo Tridico, come si legge sul quotidiano Italia Oggi che richiama ad un’intervista dell’altro quotidiano Repubblica, intervenire subito sul salario minimo è importante per evitare di dover intervenire a valle. Infatti il rischio concreto è che in futuro per via delle pensioni troppo basse per poter avere una vita dignitosa, i giovani di oggi e futuri pensionati, finiranno con il richiedere per forza di cose la pensione di cittadinanza. Il sussidio parallelo al reddito di cittadinanza che viene erogato a pensionati con pensioni sotto la soglia della povertà infatti, altro non è che una misura che grava sulle casse dello Stato che non ha ritorni a livelli di utili. Questo è il rischio che secondo il presidente Tridico andrebbe scongiurato.

Le soluzioni di Tridico e il futuro dell’Italia

L’intervista di Tridico va proprio in questa direzione, cioè evitare la “futura ondata di richieste di pensioni di cittadinanza con un esborso importante per le finanze pubbliche”. Non poteva che essere soddisfatto quindi il presidente dell’INPS. Una soddisfazione evidente nel commentare anche solo il fatto che il salario minimo è diventato una priorità nell’agenda politica italiana. Dopo anni in cui il salario minimo è astato argomento centrale nell’agenda europea. Allo stesso tempo però il numero uno dell’INPS auspica che il salario minimo non passi in secondo piano, e cioè che l’occasione non venga persa.

Era meglio un obbligatorietà del salario minimo rispetto al semplice suggerimento

Su questo il presidente dell’INPS è critico nei confronti dell’UE. Critico su Bruxelles che non ha imposto l’obbligo di applicare il salario minimo. Infatti la UE ha solo dato una specie di suggerimento. E dal momento che in Italia anche su questo argomento si fa un un certo discutere, tra contrari e favorevoli, Tridico non nasconde la paura che tutto venga messo come al solito sotto la sabbia.

Il cuneo fiscale non sia alternativa del salario minimo

Una paura questa del presidente dell’INPS avvalorata dal fatto che molti mettono in contrapposizione il salario minimo al taglio del cuneo fiscale.  Secondo il numero uno della previdenza italiana infatti le due cose non sono sovrapponibili e anzi dovrebbero essere introdotte entrambe. La riduzione del costo del lavoro, che tutti conoscono come riduzione del cuneo fiscale è una misura giusta.  Ed equa lo è anche per il presidente dell’INPS. Ma non deve essere sostitutiva del salario minimo di cui tanto si parla. E non deve essere neanche una soluzione alternativa.

Più assunzioni e meno assistenzialismo

In altri termini, due misure che dovrebbero essere introdotte insieme. In modo tale che è una parte si spingono le aziende a assumere lavoratori in pianta stabile, riducendone i costi. E dall’altra parte però si dovrebbe garantire anche tramite delle assunzioni in pianta stabile e retribuite meglio, una pensione propria dei lavoratori degna. In altre parole, senza dover chiedere aiuto allo Stato come accade oggi con la pensione di cittadinanza di cui parlavamo prima. Più diritti propri e maturati e meno assistenzialismo quindi.

 

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Sindacalista, operatore di Caf e Patronato, esperto in materia previdenziale, assistenziale, lavorativa e assicurativa. Da 25 anni nel campo, appassionato di scrittura e collaboratore con diversi siti e organi di informazione.